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Mi sono divertita molto con questo testo, un po’ per il semplice gusto di divertirsi dell’autore, un po’ per le buffe immagini suggerite, un po’ per l’abilità di fare giochi di parole con citazioni storiche, cinematografiche e quant’altro. Tredici invocazioni per invitare a cena (ma a tavola non si sta mai in tredici, vero?) sono davvero un modo per affascinare qualcuno di chiacchiere ed enigmi. Le descrizioni del palazzo, del portone, del cortile e dell’appartamento sono spassose, quelle dell’arredamento e culinarie lasciano basiti e meravigliati. Personalmente mi sono piaciute le scale di corda da lanciare (mai, mai andrò a trovare qualcuno così) e le dita di polvere da scongelare. Eppure, sotto sotto, dopo tanta ironia e risate appare il lato triste di ogni clown che si rispetti: sotto il naso finto, la grande risata, l’abilità di baloccarsi con le parole come un giocoliere c’è quella nota malinconica come la lacrima di Pierrot. Sta nel titolo, che è una parodia come le altre frasi ma che usa il termine “relitto”, unico serio termine in tutto il testo per definire se stesso. È un’interpretazione, non quello che penso di te, tu non sei un relitto! Ti segnalo qualche piccolo refuso: “sfiorato”, “condizionatore”, “staremo”, “un’amica”, “ho”, “perché il televisore”, “un’esperienza”, “in”, “gli ottanta euro nascosti”.
Un umorismo sottile, quasi anglosassone, nascosto dietro a quel continuo invito a venire… È divertente la descrizione di tutte le possibili combinazioni descritte dall'autore, dal monolocale, al portone in ferro battuto, al campanello che non torna prima della mezzanotte, il tutto ambientato "in un suggestivo edificio storico", la cui compattezza strutturale richiama il muro di Berlino, quindi prossimo alla sua distruzione. Spassoso anche il finale, con quel riferimento a una serata indimenticabile, che farà dimenticare ogni cosa a chi già se la sarà dimenticata. Davvero un bel testo. Un caro saluto, Arturo.
Buona sera Ida, l'invito è valido anche per te, al problema delle scale ovvieremo con un sistema di carrucole. Tu ti devi solo preoccupare di portare i tuoi monili e se proprio insisti, anche un paio di bottiglie di refusco. Due bottiglie ci bastano che tanto dopo possiamo sempre stappare i miei refusi
Grazie, Arturo, per averlo evidenziato. Lo sono di nome e di fatto, e quanti mi conoscono, specialmente nel mondo reale, ben sanno che non indosso artificiosità. Un cordiale saluto e nuovamente ringrazio per la risposta. Buon prosieguo di pubblicazioni.
Invece mi devi scusare Arcangelo, non è carino scherzare con i nomi… ma purtroppo è stato più forte di me e non ho saputo resistere. Me ne sono pentito in ritardo, ma per fotuna dal tuo ultimo commento si capisce che non te la sei presa. Meno male.
Ritengo che, non tutto, ma, forse, qualcosa, si possa spesso dire con i giusti modi, dandone il peso meritato. Comprendo perfettamente l'istintiva reazione, dettata dal momento, non mirata a danneggiare nessuno, come nel caso tuo, Arturo. All'occorrenza, so essere divertente anche io, apprezzando quella sana ironia nelle persone, che può giovare, quando si interagisce con qualcuno. Del resto, la vita mi ha insegnato pure che non tutti sanno digerire alcune parole, anche per motivi caratteriali, e poi, il mondo virtuale, è colmo di gente differente. Infine, diciamola tutta: Galante non è il mio nome, ma il cognome, eheheh. Rinnovo il cordiale saluto. Grazie per avermi letto e lieta creatività.
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