22.39
22.39
Maria addentò una mela e, tra un morso e l’altro, sparecchiò la tavola. Era tardi, avevano cenato col buio, ma madre e figlia da quando erano rimaste sole non avevano più orari. Prese due ceppi di legno dalla cassapanca e li gettò nella stufa. Qualche zampillo uscì fuori ma si spense in un istante. La ragazza richiuse la portellina assicurandosi di aver spinto bene la maniglia.
Liberato il tavolo lavò i piatti e il tegame. Rimase per qualche secondo con le mani sotto il getto dell’acqua tiepida a odorare il profumo del detersivo. Poggiò le stoviglie sul lavello in pietra , si asciugò in fretta le mani e salì in camera sua.
Lo scricchiolio delle scale in legno e del ginocchio destro l’accompagnarono fino alla sua stanza. Rimase per un attimo ad osservare la sua immagine riflessa allo specchio. Maria aveva dodici anni e la camicia da notte, per quanto larga, non riusciva più a nascondere le forme che cominciavano ad arrotondare il suo corpo di giovane donna. Si mise di profilo spingendo il petto in fuori e sorrise maliziosa.
Un piccolo rumore fuori la fece sobbalzare, ma non dalla paura, bensì dalla vergogna che qualcuno potesse spiarla mentre si pavoneggiava davanti allo specchio.
Andò alla finestra ma non vide nulla. Probabilmente qualche pezzo di roccia era franato dalla montagna, succedeva molto spesso, soprattutto da quando avevano costruito quell’orribile diga.
Maria si sedette sul letto e carezzò la coperta che la mamma le aveva regalato per Natale quando aveva otto anni; le ci erano voluti due mesi per finirla, ma il risultato era magnifico. La mamma aveva comprato un bel tessuto che sembrava lana e poi ci aveva applicato tanti piccoli pezzi di stoffa che aveva ricamato con il punto catenella. Il risultato era un prato fiorito. Cuciva di sera e poi riponeva la coperta in un ripiano alto nell’armadio della nonna. Quando Maria tornava da scuola e la mamma era al lavoro prendeva lo sgabello dal cucinino e dava un occhiata al lavoro della sera prima.
Poi riponeva la coperta nella stessa posizione in cui l’aveva trovata. Non voleva che la mamma se ne accorgesse e non se ne era mai accorta.
Maria allungò una mano, afferrò la spazzola dal comodino e cominciò a passarsela tra i capelli ciocca per ciocca. Davanti a lei la finestra che dava sul cortile e sull’orto e poco più in là le luci rassicuranti del paese. Posò la spazzola e si alzò per aprire la finestra. Un brivido le percorse il corpo facendola tremare. La temperatura era decisamente autunnale e, vista l’ora, era scesa di qualche grado.
Ma lei adorava spazzolarsi i capelli mentre dalla finestra entrava l’aura della sera, la faceva sentire libera, in completa simbiosi con la natura.
Tornò a sedersi sul letto e riprese a spazzolarsi.
Improvvisamente un lampo verde illuminò la stanza, poi il buio totale, l’inizio della fine. Maria si alzò ed esitante andò verso la finestra cercando di non sbattere contro la sedia dove riponeva i vestiti. Riuscì a fatica a raggiungere l’infisso aperto. Anche fuori il buio totale, tutto il paese era privo di corrente elettrica. Pensò che le candele si trovavano sul mobile del corridoio, troppo distante per arrivarci al buio.
Si spostò un po’ a destra cercando la casa di Rosa, una piccola scheggia di legno le si conficcò sotto il piede.
Si abbassò istintivamente per massaggiarselo. Poi il terrore la invase, la casa cominciò a tremare. Lei non sapeva cosa fosse il terremoto ma ricordava che a scuola glielo avevano spiegato. Si buttò a terra e strisciando cercò di raggiungere il letto. Il suo corpo tremava più della terra. Cominciò a piangere e a gridare. Poi un boato la paralizzò, un fragore assordante amplificato dal silenzio della valle ruppe la pace di Longarone. Tante piccole gocce fredde le schiaffeggiarono il viso. Ebbe appena il tempo di alzare lo sguardo che 270 milioni di metri cubi di acqua la investirono; come un pugno allo stomaco, come se venisse perforata si trovò sbattuta in ogni direzione. Un’asse la colpì alla testa e vide il suo sangue mischiarsi col fango. La bocca si aprì in un grido che non ebbe voce. Un turbinio di colori e odori l’avvolsero trascinandola in un sentiero sconosciuto. Il braccio destro debolmente si allungò e la morbida mano strinse quella che sembrava una rosa. Poi più nulla. Il buio. Il silenzio. La pace.
Maria fu ritrovata due giorni dopo, il corpo ricoperto di fango nascondeva il sangue che la ricopriva. Qualcuno le ripulì il viso e con tenerezza le spostò i capelli che le coprivano gli occhi.
A pochi metri da lei una sudicia e lacera coperta con motivi floreali ricopriva malamente il corpo di un'altra donna che le somigliava molto.
Intorno a loro fango, morte e silenzio interrotti solo dai pianti, dal suono dei passi degli stivali di gomma dei soccorritori e dal rumore delle pale degli scavatori. Non distante il gigante di cemento osservava impietoso e indifferente l’angoscia e il dolore.
Longarone fu distrutta la sera del 09 ottobre 1963, erano le 22.39. Una frana si staccò dal pendio del Monte Toc e si riversò sul bacino idroelettrico contenuto dalla diga del Vajont. Morirono 1917 persone, tra cui più di 500 bambini. Maria era una di questi.
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è vero che il racconto si limita a raccontare la storia di una bimba, quindi un singolo caso, ma non riesce a prendermi come dovrebbe, manca qualcosa.
ci sono anche acune imprecisioni nella scrittura.
in linea di massima si lascia leggere.
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Scritto bene senz'altro manca un po' di trama.
E come se Robert Zemekis avesse ridotto tutto il film "Ritorno al Futuro" nella descrizione accurata della Delorean e nient'altro, giusto per rendere l'idea e per farmi capire. Direi che lo si legge fino alla fine ma non "acchiappa".
Complimenti comunque per le accuratissime descrizioni, quasi dei quadretti.
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Qual è il tuo intento, e quello del racconto? Ricordare? Strappare una lacrimuccia? Troppo facile.
Il racconto è scritto in modo corretto ed è ben strutturato, ma a mio avviso il PdV impersonale, che di sicuro ti è d'aiuto nella cronaca finale, affatica il testo nelle battute iniziali.
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Cambierei questa frase: “Poi riponeva la coperta nella stessa posizione in cui l’aveva trovata. Non voleva che la mamma se ne accorgesse e non se ne era mai accorta.“ accorgeva/accorta
E anche scrivere la quantità di milioni di metri cubi d’acqua secondo me è superfluo. Lo vedrei più opportuno ad esempio se tutta la seconda parte fosse scritta in stile reportage, mentre inserito nel vissuto della bambina stona un po’.
Non conoscevo la vicenda, ma ciò non ha influenzato particolarmente la lettura, che globalmente ho trovato piacevole.
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l'ho letto tutto d'un fiato, non tanto per come hai confezionato la storia ma per l'evento catastrofico che hai riproposto alla nostra attenzione. E' stata una tragedia, da non imputare alla natura, che mi ha sempre colpito.
Hai dato al racconto un taglio giornalistico, soprattutto nella seconda parte che hanno reso il tutto un po' freddo.
Francesco
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Poi arriva il lampo verde e tutto cambia. L'azione si innesca e, finalmente, ora che capiano le stia per capitare qualcosa ci appassioniamo alla piccola Maria.
L'elettriità che manca ce la ritroviamo sui nervi e leggere diventa una necessità.
Cosa accade? Tifiamo per Maria, ma sappiamo che è vano. Lentamente, ancora fomentati, ci accasciamo sulla sconfitta che chiude la narrzione.
Buona anche la nota di cronaca finale, un po' meno la frase "maria era una di questi" che suona già sentita (per essendo un ottimo congedo).
Un racconto sicuramente da leggere, che sa regalare anche dell'adrenalina.
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BReVI AUTORI - volume 5
collana antologica multigenere di racconti brevi
BReVI AUTORI è una collana di libri multigenere, ad ampio spettro letterario. I quasi cento brevi racconti pubblicati in ogni volume sono suddivisi usando il seguente schema ternario:
Fantascienza + Fantasy + Horror
Noir + Drammatico + Psicologico
Rosa + Erotico + Narrativa generale
La brevità va a pari passo con la modernità, basti pensare all'estrema sintesi dei messaggini telefonici o a quelli usati in internet da talune piattaforme sociali per l'interazione tra utenti. La pubblicità stessa ha fatto della brevità la sua arma più vincente, tentando (e spesso riuscendo) in pochi attimi di convincerci, di emozionarci e di farci sognare.
Ma gli estremismi non ci piacciono. Il nostro concetto di brevità è un po' più elastico di un SMS o di un aforisma: è un racconto scritto con cura in appena 2500 battute (sì, spazi inclusi).
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Marco Bertoli, Angela Catalini, Francesco Gallina, Liliana Tuozzo, Roberto Bonfanti, Enrico Teodorani, Laura Traverso, Antonio Mattera, Beno Franceschini, F. T. Leo, Fausto Scatoli, Alessandro Chiesurin, Selene Barblan, Giovanni Teresi, Noemi Buiarelli, Maria Rupolo, Alessio Del Debbio, Francesca Gabriel, Gabriele Iacono, Marco Vecchi, SmilingRedSkeleton, Alessandro Pesaresi, Gabriele Iacono, Gabriele Laghi, Ilaria Motta.
Vedi ANTEPRIMA (263,51 KB scaricato 87 volte).
L'Altro
antologia AA.VV. sulle diversità del Genere Umano
Attraverso il concorso "L'Altro - antologia sulle diversità del Genere Umano", gli autori erano stati chiamati a esprimersi sulle contrapposizioni fra identità, in conflitto o meno, estendibili anche a quelle diversità in antitesi fra di loro come il terreste e l'alieno, l'Uomo e l'animale, l'Uomo e la macchina, il normale e il diversamente abile, il cristiano e il musulmano, l'uomo e la donna, il buono e il cattivo, il bianco e il nero eccetera. La redazione cercava testi provocatori (purché nei limiti etici del bando), senza falsi moralismi, variegati, indagatori e introspettivi. Ebbene, eccoli qua! La selezione è stata dura e laboriosa, ma alla fine il risultato è questo ottimo libro.
A cura di Massimo Baglione.
Copertina di Furio Bomben.
Contiene opere di: Furio Bomben, Antonio Mattera, Maria Letizia Amato, Massimo Tivoli, Vespina Fortuna, Thomas M. Pitt, Laura Massarotto, Pasquale Aversano, Ida Dainese, Iunio Marcello Clementi, Federico Pavan, Francesca Paolucci, Enrico Teodorani, Giorgio Leone, Giovanna Evangelista, Alberto Tivoli, Anna Rita Foschini, Francesco Zanni Bertelli, Gabriele Ludovici, Laura Traverso, Luca Valmont, Massimo Melis, Abraham Tiberius Wayne, Stefania Fiorin.
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L'Animo spaziale
Tributo alla Space Opera
L'Animo Spaziale è un tributo alla space opera. Contiene una raccolta di racconti dell'autore Massimo Baglione, ambientati nella fantascienza spaziale. Un libro dove il concetto di fantascienza è quello classico, ispirato al Maestro Isaac Asimov. La trilogia de "L'Animo Spaziale" (Intrepida, Indomita e Impavida) è una storia ben raccontata con i giusti colpi di scena. Notevole la parentesi psicologica, in Indomita, che svela la complessa natura di Susan, elemento chiave dell'intera vicenda. "Intrepida", inoltre, ha vinto il primo premio nel concorso di letteratura fantascientifica "ApuliaCon 2006" (oggi "Giulio Verne"). I racconti brevi "Mr. Sgrultz", "La bottiglia di Sua Maestà" e "Noi, sorelle!" sono stati definiti dalla critica "piccoli capolavori di fantascienza da annoverare negli annali.
Di Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
La Gara 3 - C'era una volta...
A cura di Bonnie.
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La Gara 15 - Risorse a piccoli sorsi
A cura di Mastronxo.
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La Gara 45 - Due personaggi in cerca d'autore
A cura di Ser Stefano.
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