Un portiere di notte
Moderatore: Il Guru
Un portiere di notte
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I personaggi sono bizzarri e viene voglia di seguirli fino nelle loro stanze.
Adoro il fatto che ogni cliente abbia un suo odore o profumo, questo dà loro una maggiore dimensionalitá.
Se diventasse un libro, io lo comprerei. Ovviamente ogni singola stanza deve avere una storia dove la fantasia spazi ai suoi limite e il caos sia l'inizio di tutto.
Brava Ombra!
VOTO: 5
Commento partecipante
Brava anche quest’Ombra.
Attraverso i pensieri e le parole del portiere entriamo in contatto con un mondo sommerso, rivelato unicamente da indizi minori. È un vedo/non vedo ben condotto, con il protagonista che non perde mai di vista il suo obiettivo: rispondere alle richieste per soddisfare i clienti, senza mai perdere la calma, lasciar trasparire le sue emozioni, andare dove non deve o fare domande che non dovrebbe fare. L’ambiente del Grand Hotel che traspare si rivela inquietante il giusto: si intuisce che possa accadere di tutto, dal traffico di sostanze stupefacenti all’omicidio, passando magari per il traffico di organi, anche senza raccontare davvero: bastano due clienti in arrivo e due telefonate di clienti già presenti, anche se un paio in più non avrebbero guastato.
Alla fine si resta come il portiere: domande ce ne sarebbero, ma non si osa chiedere; si vorrebbe entrare nelle stanze finito il turno, invece si lascia l’Hotel e il racconto, passando il testimone a chi verrà dopo.
Il testo è scorrevole e, in generale, scritto discretamente. Mi permetto tuttavia qualche nota - a discrezione dell’Ombra se accogliere o meno: lo dico per primo, in più di un caso la forma scelta dall’Ombra può avere il suo perché, mentre il suggerimento proposto potrebbe danneggiarne lo stile, dunque è tutto da valutare, da parte dell’autore (o dell’autrice).
“Da una porta nascosta nel muro comparve un gruppo di persone coperte da capo a piedi da delle tute bianche e il viso nascosto dietro a mascherine chirurgiche con il filtro, mostrò loro il numero della stanza dove dovevano andare. Sparirono appena ricevuto l’ordine.”
Propongo:
“Da una porta nascosta nel muro comparve un gruppo di persone, coperte da capo a piedi da tute bianche, il viso nascosto dietro a maschere chirurgiche(*). Mostrò loro il numero della stanza dove dovevano andare; sparirono appena ricevuto l’ordine.”
(*) dopo gli anni che abbiamo passato, si potrebbe omettere anche “maschere” (che si legge meglio di “mascherine” ) e nessuno crede ne esistano col filtro. Piuttosto, si sarebbe potuto scrivere dietro a FFP3, che oggi pure i ragazzini sanno cosa siano. Notare comunque che non è l’unica modifica, in quella frase
“(…) l’arrivo di un ospite.
Indossava una tunica nera che gli copriva anche le scarpe. Si trascinò fino alla reception, il viso era [← toglierei “era”, la frase sta in piedi lo stesso e risulta più spedita]coperto da una maschera con un becco lungo come quello di un uccello.”
“Il portiere allungò la mano verso il tubo pneumatico alla sua destra, estrasse dal bossolo la chiave della stanza, la soppesò nella mano e la rigirò; era d’oro [← virgola] con uno zaffiro incastonato.”
— Ringrazio, i bagagli? disse l’ospite.
Le regole della separazione tra discorso diretto e indiretto/narrazione prevedono che, se la frase che li contiene entrambi è sulla stessa riga, tra il discorso diretto e la narrazione ci sia un trattino lungo, così:
— Ringrazio, i bagagli? — disse l’ospite.
“La sua voce era familiare, il tono profondo, deformato dalla maschera, lo riportava ai viaggi in auto, quando c’erano ancora i suoi genitori, tante estati scandite e marchiate da quella voce.”
Propongo:
“La sua voce era familiare. Il tono profondo, deformato dalla maschera, lo riportava ai viaggi in auto, quando c’erano ancora i suoi genitori; tante estati scandite e marchiate da quella voce.”
Gli porse la chiave,
— I suoi bagagli sono già in camera… Grazie di aver scelto il Grand Hotel.
Qui non sono sicuro: credo che, per andare a capo, dopo chiave ci voglia il punto. La frase però dovrebbe proseguire sulla riga, ma con due punti (o anche un punto) al posto della virgola:
Gli porse la chiave: — I suoi bagagli sono già in camera… Grazie di aver scelto il Grand Hotel.
“Il portiere strinse i denti fino a farsi male.[← due punti?] I ricordi erano dolorosi.”
“L’uomo gli passò a lato e una zaffata lo investì,[←punto e virgola o anche punto] riconobbe lavanda, menta, aglio, aceto e ne venne nauseato per un istante.”
“Inspirò profondamente e tossì, per colpa del lieve odore di fumo. Ascoltò la grigia porta metallica richiudersi,[← due punti?] prima un cigolio[← virgola?] seguito da un sonoro clang. Era di nuovo solo.”
“Poi di piscine interne alle camere, se non saune, [← una “e”, al posto della virgola?] spa.”
“Chissà quale sia la verità, si è chiesto a volte il portiere, ma non ci sono risposte per loro. Comuni mortali.”
Propongo:
“Chissà quale sia la verità, si è chiesto a volte il portiere, ma non ci sono risposte per i comuni mortali.”
Oppure:
“Chissà quale sia la verità, si è chiesto a volte il portiere, ma non ci sono risposte per lui, un comune mortale.”
“Entrò una donna, con un vestito che mostrava più di quello che copriva,[← punto e virgola?] le movenze le aveva viste in televisione, molte molte volte.”
“Scappò alle sue spalle, lasciando una nuvola di biancospino dov’era [aggiungere: “stata”] fino a un secondo prima.”
— Certo, non c’è problema, anche una Beretta…Come dice…[← aggiungere punto interrogativo dopo i tre puntini] della polvere rosa[← aggiungere punto interrogativo prima dei tre puntini] … mi faccia controllare.
“La luce sopra la porta diventò rossa,[← punto, punto e virgola o due punti] entrò un ragazzo quasi identico a lui, con la camicia bianca e i pantaloni neri, il viso rasato di fresco, senza accessori o gioielli e quasi senza un odore.”
"Il portiere di notte [<- ci sta, ma sarebbe più corretto "notturno"] uscì dal Grand Hotel, il sole faceva capolino dalle pareti grezze e sporche della struttura.
Lui [← toglierei “Lui”: non ci si può confondere] alzò gli occhi verso l’astro del mattino. Il tepore si espanse sul suo corpo"
“Aprì gli occhi e guardò il Grand Hotel,[← punto e virgola? Punto?] abbassò la testa.”
“Quando aveva iniziato questo lavoro [← virgola?] spesso vomitava appena era fuori.”
VOTO: 4
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Tuttavia l'idea narrativa è accattivante e lo stile, a volte troppo asindetico, si nota e si apprezza.
Voto: 3
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Re: Un portiere di notte
Commento partecipante
— Ringrazio, i bagagli? disse l’ospite.
Dopo il punto interrogativo avrei chiuso il discorso diretto con il segno grafico adoperato per aprirlo. Alcune case editrici adoperano il tuo sistema, ma quando inserisci la cornice devi indicare la chiusura del discorso diretto. Dopo il punto interrogativo va la maiuscola. Le regole grammaticali non vengono toccate dall'entrata e uscita del discorso diretto.
Basta chiedere al portiere che certamente lo procurerà.
Chissà quale sia la verità, si è chiesto a volte il portiere, ma non ci sono risposte per loro. Comuni mortali.
Qui i tempi verbali li trasporti al presente. È un errore, perché adoperi i tempi al passato nel resto della narrazione.
Sarebbe bastato chiedere... lo avrebbe procurato.
...quale fosse... si era chiesto... non c'erano...
Quel favellare, mi è saltato all'occhio... è un termine desueto e per giunta mal adoperato in quel contesto, di chiacchiere tra colleghi.
Quanto alla struttura, le descrizioni sono preponderanti nel testo narrativo e provano a creare un'atmosfera rarefatta ed esclusiva, quale regna in questo Grand Hotel. Ahimè, non riesci a convincermi e quel riferimento alle sette stanze mi pare peccare di una certa ingenuità, caro autore. Una camera con sette stanze è un appartamento e in un'epoca in cui basta andare su Airbnb per affittare una villa da dieci stanze con piscina e spa annessa per 500 €/die non mi pare poi che sette stanze siano un così esclusivo lusso. A parte la chiave d'oro con zaffiro, quello, te lo concedo, è un lusso esclusivo visto che gli alberghi ormai neanche hanno più le chiavi.
Che poi i portieri di notte non abbiano mai visto le camere mi pare incongruo, ma questa è una mia considerazione personale. Forse perché nelle camere si svolgono operazioni particolari, ma quelle le lasci solo intendere dal tipo di frequentatori e dagli operatori che intervengono; loro sì possono entrare, seppur con tuta bianca e mascherina.
L'impianto potrebbe essere quello di un racconto metaforico. Ci ho pensato a lungo, ho letto e riletto, ma francamente la metafora, o l'allegoria, non mi è balzata agli occhi. La maschera col becco sappiamo a cosa si riferisce, ma i profumi, e ciò che si svolge dentro le camere? Cosa rappresentano. Cosa rappresenta il Grand Hotel?
E soprattutto, perché quel titolo? Un, dico, un portiere di notte. Non il portiere di notte. Quindi un portiere qualsiasi, non quello del racconto in particolare. E perché mai? E perché quando usciva gli veniva da vomitare? Per quello che si svolgeva all'interno? Mah.
Dunque non metaforico o allegorico, ma onirico e surreale? Ma anche qui, mi sfugge il senso, se il senso c'è. Mi riesco a comprendere ciò che l'autore vuole significare con questo racconto, che per me, lettore, rimane oscuro.
Mi spiace
Voto: 2
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VOTO: 4
Commento partecipante
VOTO: 4
B.A.L.I.A.
Buona Alternativa alla Lunga e Illogica Anzianità
Siamo nel 2106. BALIA accudisce gli uomini con una logica precisa e spietata, in un mondo da lei plasmato in cui le persone nascono e crescono in un contesto utopico di spensieratezza e di bel vivere. BALIA decide sul controllo delle nascite e sulle misure sanitarie da adottare per mantenere azzerato l'incremento demografico e allungare inverosimilmente la vita di coloro che ha più a cuore: gli anziani.
Esiste tuttavia una fetta di Umanità che rifiuta questa utopia, in quanto la ritiene una distopia grave e pericolosa.
BALIA ha nascosto il Passato ai suoi Assistiti, ma qualcuno di questi ha conservato i propri ricordi in un diario e decide di trascriverli in una rischiosa autobiografia. Potranno, questi ricordi, ripristinare negli Assistiti quell'orgoglio di vivere ormai sopito? E a che prezzo?
Di Ida Dainese e Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
Le radici del Terrore
Antologia di opere ispirate agli scritti e all'universo lovecraftiano
Questa antologia nasce dalla sinergia tra le associazioni culturali BraviAutori ed Electric Sheep Comics con lo scopo di rendere omaggio alle opere e all'universo immaginifico di Howard Phillips Lovecraft. Le ventitrì opere selezionate hanno come riferimento la narrativa "lovecraftiana" incentrata sui racconti del ciclo di Cthulhu, già fonte di ispirazione non solo per scrittori affermati come Stephen King, ma anche in produzioni cinematografiche, musicali e fumettistiche. Il motivo di tanto successo è da ricercare in quell'universo incredibile e "indicibile", fatto di personaggi e creature che trascendono il Tempo e sono una rappresentazione dell'Essere umano e delle paure che lo circondano: l'ignoto e l'infinito, entrambi letti come metafore dell'inconscio.
A cura di Massimo Baglione e Roberto Napolitano.
Copertina di Gino Andrea Carosini.
Contiene opere di: Silvano Calligari, Enrico Teodorani, Rona, Lellinux, Marcello Colombo, Sonja Radaelli, Pasquale Aversano, Adrio the boss, Benedetta Melandri, Roberta Lilliu, Umberto Pasqui, Eliseo Palumbo, Carmine Cantile, Andrea Casella, Elena Giannottu, Andrea Teodorani, Sandra Ludovici, Eva Bassa, Angela Catalini, Francesca Di Silvio, Anna Rita Foschini, Antonella Cavallo, Arianna Restelli.
Special guests: gli illustratori americani e spagnolo Harry O. Morris, Joe Vigil and Enrique Badìa Romero.
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Blue Bull
Poliziesco ambientato a Chicago e Nuovo Messico
Un poliziesco vecchio stile, cazzuto, ambientato un po' a Chicago e un po' in New Mexico, dove un poliziotto scopre di avere un figlio già adulto e, una volta deciso di conoscerlo, si accorgerà che non sarà così semplice. Una storia dura e forse anche vera.
Frank Malick, attempato sergente della polizia di Chicago, posto finalmente di fronte alle conseguenze d'una sua mancanza commessa molti anni prima, intraprende un viaggio fino in Nuovo Messico alla ricerca di qualcosa a metà tra il perdono delle persone che aveva fatto soffrire e la speranza di un'improbabile redenzione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
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