L'agguato

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'autunno 2023.

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Sondaggio concluso il 23/12/2023, 23:00

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Amalia Brunora
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L'agguato

Messaggio da leggere da Amalia Brunora »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

La serratura scattò e la porta iniziò a spalancarsi. A tastoni cercò l'interruttore e lo pigiò: tre palpiti e poi il bagliore della luce artificiale squarciò il buio di quella stanza.
"Finalmente", disse lei tra sé.
Lei però non sapeva che lui si trovava lì. Nascosto nell'angusto ripostiglio. Era ossessionato da quella ragazza fin dalla prima volta in cui l'aveva vista e negli ultimi giorni non aveva fatto altro che seguirla, per cercare di conoscere con precisioni tutti i suoi abituali spostamenti, finché non avesse trovato il modo di congiungere le orbite delle loro strade. E ora c'era riuscito. Lì, in quello spazio di pochi metri quadrati. Solo loro due, nello stesso luogo e momento. Ma lei questo non lo sapeva. Nessuno lo sapeva e nessuno l'avrebbe sentita urlare quella notte. E per sincerarsi dell'assenza di falle, velocemente richiamò alla mente ogni punto di quel piano perverso.
Marta, intanto, si avvicinò al primo cassetto di metallo e cercò di aprirlo. Chiuso. "Strano!" pensò. Provò con quello successivo: chiuso anche quello. Sbuffò seccata e con irritazione colpì col dorso della mano i piccoli cassetti usati per riporre i cambi d'abito, uno dopo l'altro, in modo che se ce ne fosse stato uno aperto si sarebbe mosso per contraccolpo. Arrivò fino in fondo alla stanza, all'ultimo, quello attiguo al ripostiglio delle scope. Quando rimbalzò indietro, sentì come un brivido, nulla più. Vi poggiò dentro la borsa sportiva aprendone la zip e per un attimo si guardò attorno. Le finestre polverose con le inferriate arrugginite si affacciavano su una notte senza luna e l'unico suono appena percepibile in quel silenzio inquietante era il ronzio del neon che a stento la illuminava dal soffitto, lasciando il resto nell'oscurità. Quella squallida palestra abbandonata, per lei che non poteva permettersi le rette di una scuola di ballo, era l'unico posto in cui poteva affinare la sua tecnica di ballerina. Dopo che una lieve increspatura amareggiata le solcò il viso, iniziò a spogliarsi per indossare tuta e scarpette da ballerina. A mani incrociate afferrò lungo l'orlo la maglietta leggera a maniche corte, sollevandola lungo la bianca schiena per raccoglierla fra le braccia tese in alto – allora il cuore di lui, che con un occhio la osservava da un piccolo foro dall'anta della porta alle sue spalle, prese a battere con violenza - e quando ne cavò fuori la testa, un lampeggiare di lunghi capelli color del rame ricadde su quella valle immacolata. Scalzò poi via le scarpe da ginnastica, slacciò i jeans e con rapidi movimenti li fece scivolare lungo le gambe. Restando in reggiseno e mutandine, rivelando così il morbido profilo dei seni, le gambe slanciate e le curve sottili e aggraziate della vita e dei fianchi.
Lui a quel punto, sempre osservandola, non sapeva più bene cosa pensare e da predatore era adesso in preda dei suoi istinti più carnali, e per ogni centimetro che quella maglietta e quei jeans avevano scoperto quel corpo, più aveva sentito il sudore imperlargli la fronte, e più la sua mente era penetrata con cattiveria nei tetri abissi della depravazione. Quasi come se il suo sguardo avesse potuto tramutarsi in mani fameliche e affondare le proprie unghie peccaminose nella sua pelle liscia e delicata. Ed era per lui difficile non perdere il controllo e cedere per davvero alla tentazione di quelle immagini che nella sua follia già possedevano quelle membra. In una lascivia fatta di capelli, pelle, carne, unghie, labbra, ansimi e sudore, mentre mille diavoli dalle lingue di serpente e la testa di maiale danzavano intorno al fuoco della libidine. Ma ecco che di improvviso il cellulare dell'uomo squillò – si era dimenticato di spegnerlo. Marta ebbe come un sussulto, poi si paralizzò, voltò la testa sul lato sinistro, guardò di sbieco la porta del ripostiglio, e voltandosi disse:

"Esci da lì, stupido!"

"Merda", fece lui stizzito.

Sentì la porta spalancarsi e la sagoma di lui avanzare da quel buco polveroso e appena emerse alla luce, lo baciò teneramente. Ancora una volta lo sguardo di lui percorse il suo corpo, meravigliandosi di come, nonostante fossero passati anni, gli fremesse dentro lo stesso desiderio di sempre. Ora erano soli. Insieme e finalmente soli. Sorrise maledettamente compiaciuto quando il bacio di lei divenne più osceno, perché, a parte qualche dettaglio, il suo piano era andato come doveva e quella notte nessuno l'avrebbe sentita urlare.
Roberto Di Lauro
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Il titolo del racconto mi aveva fatto pensare a qualcosa di violento, ma quando la donna dice - "Esci da lì, stupido!" - sembra che stesse aspettando l'uomo. Per cui perché la parola "Agguato" ?
Il testo tutto sommato mi è piaciuto.
Se inserisci il sondaggio per i voti, posso dargli una valutazione.
Amalia Brunora
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Re: Commento

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Roberto Di Lauro ha scritto: 02/12/2023, 9:39 Il titolo del racconto mi aveva fatto pensare a qualcosa di violento, ma quando la donna dice - "Esci da lì, stupido!" - sembra che stesse aspettando l'uomo. Per cui perché la parola "Agguato" ?
Il testo tutto sommato mi è piaciuto.
Se inserisci il sondaggio per i voti, posso dargli una valutazione.
Agguato: solo perché volevo creare una contraddizione tra ciò che si presuppone leggendo l’inizio del racconto e il finale che ribalta le impressioni iniziali. Quindi pure il titolo è di scopo a questo.

Grazie di avermi commentata, ciao Roberto
Camilla Palzileri
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Credevo di leggere un thriller o qualcosa del genere. In realtà la storia mi è piaciuta molto. Hai creato la giusta suspense, tale da tenere il lettore sulle spine in attesa di un colpo di scena che stravolge piacevolmente. Complimenti
Amalia Brunora
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Re: Commento

Messaggio da leggere da Amalia Brunora »

Camilla Palzileri ha scritto: 02/12/2023, 20:14 Credevo di leggere un thriller o qualcosa del genere. In realtà la storia mi è piaciuta molto. Hai creato la giusta suspense, tale da tenere il lettore sulle spine in attesa di un colpo di scena che stravolge piacevolmente. Complimenti
Sono solo una maestra d'asilo e di solito scrivo favole molto semplici per bambini. O riadattando quelle che già esistono, per renderle più sintetiche (perché non tutti i mie piccoli discoli hanno la stessa pazienza nel seguirne la trama) o inventandole di sana pianta di mie. Ma anche facendole inventare ai bambini stessi: come gioco di fantasia. Di rado scrivo racconti, per bambini e bambine un po' più cresciuti: che restano in una cartella del mio PC senza che mai nessuno li legga.
Sono contenta, Camilla, che ti è piaciuto il mio piccolo racconto.
Grazie, e ti auguro di trascorrere una buona domenica
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Maria Spanu
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Ciao, Amalia. Ho letto con piacere il tuo racconto fino a "esci da lì, stupido." L'ho veramente amato fino a quel punto, il colpo di scena, a mio parere, non è degno del racconto che, invece, è meraviglioso sotto tutti i punti di vista. Sia della struttura, che della suspense, non ho praticamente respirato per sentire il battito del cuore di lui e le goccioline di sudore quando si creano sulla fronte, nascosto nel buio e le pulsazioni che si percepisocno. Quei piccoli dettagli dei jeans, la maglietta e i suoi movimenti hanno reso la lettura idilliaca. Peccato per il finale, non dico che doveva finire male, ma è troppo "positivo" rispetto agli antefatti. Osa, rischia, su questo racconto ne vale la pena. potrebbe anche diventare un loro gioco, magari i genitori non approvano questo rapporto, o magari ci sono dei retroscena interessanti, come un marito/moglie, un contesto sociale che non gli permettono di stare insieme e allora si rifugiano nella palestra abbandonata (un luogo simbolo che potrebbe diventare il protagonista della storia), insomma di idee ce ne sono a iosa. Anche perché il titolo è troppo fuorviante e crea nel lettore un pregiudizio non di poco conto.

A presto.
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Namio Intile
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Ciao, Amalia. Apprezzo il ribaltamento finale. Hai tentato quindi di scrivere una storia breve come si deve. Però la voce narrante ha barato. E ti spiego perché: "Ed era per lui difficile non perdere il controllo e cedere per davvero alla tentazione di quelle immagini che nella sua follia già possedevano quelle membra."
Qui la voce narrante fa credere al lettore ciò che non è, che il protagonista è un folle assetato di..., quindi viola il patto tacito tra lettore e autore, di essere sempre verosimile. Se, fino a quel momento, la voce narrante era riuscita a mantenersi abilmente sul filo, facendo credere al lettore di avere a che fare con una certa persona (era ossessionato da quella ragazza, ad esempio fa credere quel che non è, ma il termine è giustificato dalla passione perversa tra i due amanti come vien fuori nel finale), quando, invece, parli di follia non mi pare che il termine sia giustificato dal ribaltamento finale.
Basterebbe qualche piccolo aggiustamento per trasformarlo in un ottimo racconto.
A rileggerti
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