Ma chi è Clelia?
Ma chi è Clelia?
- Tutto bene cara?- la fastidiosa vocetta della signora Clelia arrivò ridondante dalla cucina.
- Sì, tutto bene… ora scendo!
Decise di non fermarsi oltre, avrebbe potuto insospettire la vecchia Clelia rischiando di non farsi più aprire la porta di casa.
Ripose il bauletto nella mensola di legno, tra una cesta in vimini e un vecchio manuale sulla potatura degli alberi. Si diresse verso la porta dando un’ultima rapida occhiata all’ambiente fatiscente: non aveva nulla di diverso dalle soffitte di una qualsiasi casa di inizio secolo scorso…eppure, in quella soffitta, nulla pareva essere comune. Non sapeva spiegarsi il perché, forse era suggestione, forse le storie raccontate dai ragazzini del paese e prima ancora dai loro padri e dai padri dei loro padri non l’avevano lasciata totalmente neutrale, sebbene si fosse imposta di non credere a certe blasfeme dicerie.
- Cara, ci sei? Il the è pronto!
Chiuse velocemente la porta, si sistemò il cappotto e si assicurò di aver ben nascosto la foto nella tasca. Le si era smagliata la calza e una piccola striscetta rossa si intravedeva attraverso la maglia della microfibra.
Mentre scendeva le scale si detestò per aver indossato il tailleur nero e la scarpa col tacco per una simile visita, ma pensava che sarebbe stata solamente una visita di cortesia. Poi la vecchietta le aveva parlato dei ricordi che conservava in soffitta e non aveva saputo resistere alla tentazione di dare un occhiata. Per un attimo aveva dimenticato Marco e la sua ricerca. Erano giorni che ormai era scomparso e dentro di lei nasceva sempre più la convinzione che l’allontanamento fosse stato volontario. Pensò alla lite furibonda che avevano avuto nel pomeriggio della scomparsa, ricordò il suo viso paonazzo per la rabbia e tutte le peggiori parole che le aveva scagliato addosso e si rivide mentre con un’innaturale tranquillità e fermezza richiudeva la porta della camera alle sue spalle. La loro storia era giunta al capolinea ancora prima che se ne rendessero conto. Forse era meglio così, che se ne fosse andato prima lui, prima che potesse succedere il peggio… o forse il peggio era già successo?
Il volto sorridente della signora Clelia la ridestò dai suoi pensieri. Più che un sorriso pareva un ghigno, ma ancora una volta si obbligò ad allontanare i pregiudizi che poteva avere su quella donna.
- Cara, il thè si fredderà! Coraggio lo beva subito, la riscalderà prima di uscire.
Scese l’ultimo scalino e afferrò la tazza che Clelia le stava porgendo. Si sentiva un po’ a disagio a sorseggiare il thè in piedi con uno sguardo fisso che la scrutava con invadenza. Per un attimo le parve di essere violata nella sua intimità e per la prima volta si chiese perché si trovasse lì, perché avesse suonato quel campanello, cosa potesse centrare quella donna con la scomparsa di Marco.
Non le piaceva affatto quello che stava provando. Bevve velocemente l’ultimo sorso con l’intenzione di congedarsi frettolosamente, quando vide che l’anziana donna stava osservando la piccola ferita alla gamba.
Si affrettò a levarle la tazza dalle mani e, poggiandola sul comodino impolverato, gracchiò: - Tesoro… ma ti sei ferita, lascia che ti medichi.
Ester si affrettò a dissuaderla, non voleva farsi toccare da quelle mani rugose ed infime, ma non fece in tempo a protestare che Clelia aveva già agguantato un fazzolettino dalla tasca del grembiule e le stava tamponando la ferita.
Non riusciva più a sopportare quell’inspiegabile malessere. La testa le girava e le mancava l’aria. Sgusciò via dalla presa della vecchia che rimase ammutolita con il fazzolettino in mano. Si precipitò verso l’ingresso ed afferrò la maniglia della porta convinta che non si sarebbe aperta, come nei più spaventosi film horror. Ovviamente non fu così, la porta si aprì senza alcuno sforzo e in un attimo si trovò nel cortiIe. Inspirò voracemente l’aria, come se fosse rimasta in apnea fino a quel momento. La temperatura era glaciale. L’imbrunire stava avanzando e i lampioni della strada cominciavano ad accendersi rischiarandosi con una flebile luce. Il cielo era incredibilmente stellato e lasciava intravedere una luminosa luna rotonda. Sollevò il bavero del cappotto e volò fino al cancello di ferro battuto, lo oltrepassò e si trovò in strada.
Arrivò a casa in una manciata di minuti e mai come in quel momento apprezzò il suo covo, piccolo ma confortevole. Fece una doccia calda godendo di ogni singola goccia e, mentre faceva scorrere l’acqua lungo il collo, si ritrovò nuovamente a chiedersi perché diamine avesse suonato al campanello di quella casa…proprio non riusciva a ricordare. Si asciugò in fretta e, ancora umida, si infilò il pigiama e si fiondò sotto le coperte. Fu quando allungò un braccio per spegnere la luce che si ricordò della foto. Scese dal letto e aprì l’armadio, infilò una mano nella tasca del cappotto. Si lanciò sul letto e si rimise sotto le coperte. La foto era un po’ ingiallita dal tempo ma i volti erano abbastanza nitidi. A giudicare dagli elementi doveva essere stata scattata nei primi anni del novecento: un gruppo di baldi giovani guardavano sorridenti e spensierati il fotografo sotto una pianta di vite, probabilmente era settembre,durante la vendemmia. Alla destra un trattore e un carro incorniciavano il quadretto. Uno dei giovani accarezzava un cane da caccia, un altro stringeva la spalla dell’amico che posava al suo fianco, un altro ancora pareva tenere una sigaretta tra le mani, ma non ne era sicura. Fu mentre osservava il giovane sulla destra, quello che sollevava un grappolo di uva che rimase pietrificata. Prese gli occhiali che teneva sul comodino e li indossò, sgranò gli occhi e guardò meglio. Ancora una volta le mancò l’aria e un senso di stordimento la pervase. L’acconciatura era quella che andava in voga nei primi anni del novecento, così come i folti baffi, ma quel giovane, quello col grappolo d’uva, era proprio lui… quel ragazzo che sorrideva all’obiettivo era sicuramente il suo Marco.
***
Clelia armeggiava in cucina con una foga quasi animale, sapeva che non aveva molto tempo. Afferrò la scatola di latta e la aprì, prese un pizzico di nepeta cataria e muschio. Aprì un vasetto di miele e ne versò tre cucchiai su un pentolino, infine infilò una mano nella tasca del grembiule, afferrò il fazzoletto con il sangue ormai rappreso e lo spezzettò nel tegame. Sapeva esattamente cosa fare, oramai erano secoli che ripeteva sempre lo stesso rituale. Quando ebbe finito il sole stava sorgendo. Si strinse lo scialle sulle spalle e, sorseggiando una tazza di thè, si lasciò cadere sulla poltrona della sala da pranzo. Sorridendo chiuse gli occhi ed aspettò.
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C’è un solo passaggio che non mi convince:
...Le si era smerigliata la calza e una piccola striscetta rossa si intravedeva attraverso la maglia della microfibra.
Mentre scendeva le scale si detestò per aver indossato il tailleur nero e la scarpa col tacco per una simile visita, ma pensava che sarebbe stata solamente una visita di cortesia....
Nella prima frase non mi piace molto la scelta dei vocaboli “smerigliata” e la descrizione della ferita (trovo che nel resto del racconto hai saputo descrivere in modo più efficace situazioni e “immagini”) e nella seconda frase non ripeterei due volte “visita”... è però solo una mia opinione e comunque il testo non ne risente eccessivamente.
Globalmente come dicevo il racconto mi è piaciuto, voto 4 (e mezzo). Non do il voto massimo solo perché “Demonite” mi è piaciuto di più.
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1) Perché la protagonista (non mi pare che tu ci abbia fornito il nome, giusto?) è andata a trovare Clelia?
2) Che cosa l’ha indotta a pensare che nella soffitta della vecchia Clelia ci debba essere qualche traccia del ragazzo che se ne è andato? (e tra parentesi, perché è così interessata se sembrava non aver risentito poi troppo della rottura?)
3) Come può in una foto degli inizi del novecento (non è specificato l’anno del momento in cui si svolge la storia, ma alcuni particolari fanno pensare al nostro presente, o poco lontano) esserci Marco, il ragazzo in questione, perfettamente riconoscibile, o quasi?
4) La vecchia Clelia è chiaramente qualcosa di simile a una strega, ma quali sono le sue intenzioni? Quale effetto il suo incantesimo avrà sulla ragazza, e soprattutto perché lo fa?
Ora, io credo che le domande 3 e 4 tu le abbia volute consapevolmente lasciare senza risposta, altrimenti non avresti usato quel titolo.
Alle domande 1 e 2, io però avrei preferito trovare una spiegazione, proprio in fase di incipit. Io presumo che la ragazza sia andata da Clelia perché lei ha un qualche grado di parentela con Marco, il che spiega la soffitta e la foto (in parte). Poi l’infuso della vecchia le ha fatto dimenticare. Però credo che specificare meglio l’inizio della ricerca non avrebbe tolto nulla al finale, lasciando girare le domande soltanto intorno alla foto e alla fattura.
Ovviamente è solo la mia opinione. Ciao. Non posso votare ma sarei indeciso tra il 3 e il 4, perché il racconto mi ha intrigato.
Per quanto riguarda il termine “smerigliato” credo sia un refuso e che il vocabolo giusto sia “smagliato”.
Re: Commento
Wow! Quante domande.Roberto Ballardini ha scritto: ↑01/01/2020, 20:51 Anche questo è un racconto intrigante e scritto bene, ma che però lascia qualche punto interrogativo aperto. Qualcuno probabilmente voluto, è il titolo stesso a dichiararlo, ma qualcuno forse di troppo, ma soltanto per il mio gusto. Provo a infilare tutte le domande aperte che a me sono rimaste in mente:
1) Perché la protagonista (non mi pare che tu ci abbia fornito il nome, giusto?) è andata a trovare Clelia?
2) Che cosa l’ha indotta a pensare che nella soffitta della vecchia Clelia ci debba essere qualche traccia del ragazzo che se ne è andato? (e tra parentesi, perché è così interessata se sembrava non aver risentito poi troppo della rottura?)
3) Come può in una foto degli inizi del novecento (non è specificato l’anno del momento in cui si svolge la storia, ma alcuni particolari fanno pensare al nostro presente, o poco lontano) esserci Marco, il ragazzo in questione, perfettamente riconoscibile, o quasi?
4) La vecchia Clelia è chiaramente qualcosa di simile a una strega, ma quali sono le sue intenzioni? Quale effetto il suo incantesimo avrà sulla ragazza, e soprattutto perché lo fa?
Ora, io credo che le domande 3 e 4 tu le abbia volute consapevolmente lasciare senza risposta, altrimenti non avresti usato quel titolo.
Alle domande 1 e 2, io però avrei preferito trovare una spiegazione, proprio in fase di incipit. Io presumo che la ragazza sia andata da Clelia perché lei ha un qualche grado di parentela con Marco, il che spiega la soffitta e la foto (in parte). Poi l’infuso della vecchia le ha fatto dimenticare. Però credo che specificare meglio l’inizio della ricerca non avrebbe tolto nulla al finale, lasciando girare le domande soltanto intorno alla foto e alla fattura.
Ovviamente è solo la mia opinione. Ciao. Non posso votare ma sarei indeciso tra il 3 e il 4, perché il racconto mi ha intrigato.
Per quanto riguarda il termine “smerigliato” credo sia un refuso e che il vocabolo giusto sia “smagliato”.
1) Il nome della protagonista è Ester, lo menziono una sola volta più o meno a metà racconto.
Per quanto riguarda il motivo della visita a Clelia, c'è un tratto in cui lei si chiede perché mai avesse suonato a quel campanello, proprio non se lo sapeva spiegare.
Va in soffitta perché Clelia gliene parla, soprattutto dei ricordi che conserva. Faccio intuire, ma forse effettivamente dovevo specificarlo meglio, che la curiosità la spinge a chiederle di vedere la soffitta. Ammetto che non ho trattato bene questo punto. Giustamente mi fai notare cosa la induce a pensare di trovare una traccia di Marco in quella soffitta. Qui ho proprio fatto un errore grande.
Il colpo di scena dovrebbe essere proprio la foto, infatti non è proprio possibile che ci sia Marco in una foto dei primi del novecento, qui sta il mistero. Quindi nessuna parentela con Marco, ma le capacità della strega di appropriarsi a suo modo, in questo caso imprigionanfo, la sua vittima in una foto.
Grazie per la segnalazione del refuso.
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prima di commentare realmente, vorrei segnalare che una buona revisione non guaterebbe. ci sono delle virgole da sistemare, mancano alcuni spazi e, per le regole che conosco, dopo i tre punti ci vuole uno spazio, se sono a fine frase.
allo stesso modo, a inizio dialogo, dopo il trattino va uno spazio.
detto questo, la storia è intrigante e molto misteriosa. forse anche troppo, visto che parecchie cose restano in sospseso.
però mi piace l'idea di ritrovare una strega ai giorni nostri.
le scene sono abbastanza ben esposte, soprattutto a livello descrittivo.
livello emozionale un po' carente, invece.
alla prossima.
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Oltre a qualche imprecisione nella punteggiatura, già segnalata, ho trovato questo: "cosa potesse centrare quella donna…", film e non films, "si trovò sul cortile…" scriverei "nel cortile", qualche d eufonica di troppo.
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Io mi sono dato alcune risposte e come al solito mi sono divertito a fantasticare.
Tornando al racconto in sé non mi è piaciuto come hai gestito la presenza della protagonista a casa di Clelia, mi sembra inverosimile che riesca a intrufolarsi nella soffitta di una sconosciuta e che la sconosciuta, a meno che non lo abbia voluto e fatto di proposito, non abbia obiettato.
Altro punto di discusisone è quel "Per un attio aveva dimenticato Marco..." come può essere? Credo che sia andata a casa di Clelia proprio per quel motivo e non così, tanto per far visita a una vicina di casa, perché se a piedi torna a casa in una manciata di minuti, vuol dire che non doveva abitare poi così lontano.
Secondo me andava gestito meglio il momento post doccia. Come ha fatto a dimenticarsi anche della foto, quel pomeriggio non fu per nulla normale, considerando anche il fatto che si era pentita di andare dalla signora Clelia, quindi doveva avere una certa concitazione.
La scena finale mi è piaciuta molto.
Il racconto si lascia leggere.
A presto.
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Déjà vu - il rivissuto mancato
antologia poetica di AA.VV.
Talvolta, a causa di dinamiche non sempre esplicabili, uno strano meccanismo nella nostra mente ci illude di aver già assistito a una scena che, in realtà, la si sta vivendo solo ora. Il dèjà vu diventa così una fotocopia mentale di quell'attimo, un incontro del pensiero con se stesso.
Chi non ha mai pensato (o realmente vissuto) un'istantanea della propria vita, gli stessi gesti e le stesse parole senza rimanerne perplesso e affascinato? Chi non lo ha mai rievocato come un sogno o, perché no, come un incubo a occhi aperti?
Ventitrè autori si sono cimentati nel descrivere le loro idee di déjà vu in chiave poetica.
A cura di Francesco Zanni Bertelli.
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Copertina di Riccardo Simone
di Mary J. Stallone e Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
Idra Loop
la strana verità di una fotografia che non dovrebbe esistere
In una tranquilla cittadina del Nord Italia, gli abitanti rivedono se stessi da giovani. Il CICAP vuole vederci chiaro e ingaggia un reporter specializzato in miti e misteri. Però anch'egli viene suo malgrado coinvolto in qualcosa di altrettanto assurdo, infatti appare dal nulla una misteriosa fotografia Polaroid che lo ritrae in una circostanza mai esistita.
Cosa lega questi due misteri?
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.