Le lacrime dei distratti
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Le lacrime dei distratti
“Guarda chi si rivede!”, distraendo gli altri che si voltarono.
“Ma quella è la figlia”
“Si, è lei, non si vedeva da un pezzo.”
Scese dall’auto e si predispose alla quiete, il CD che aveva ascoltato a basso volume, l’ultimo lavoro inciso da suo padre vent’anni prima, era bello ma già raccontava malinconia dal titolo – The River of Dolls – e a lei occorreva pace. Non l’aveva avvisato del suo arrivo. Aveva con sé la borsa della spesa e una piccola valigia, conteneva il necessario per quattro giorni. Lo trovò riparato dal sole sotto la pergola nel retro, in giardino. Dormiva sulla sedia a dondolo, teneva un libro poggiato sulle magre gambe scoperte, il portacenere sopra il tavolino era sconsolatamente pieno. Uno sciame di moscerini dell’uva silenziosi muoveva una danza disordinata vicino al cesto della frutta, pensò che fosse un ambiente d’abbandono. Buck arrivò scodinzolando felice: “Woof woof”.
Gli strinse affettuosamente il muso: “Shhh! Non svegliare Papi”, sorrise e gli diede un bacio sulla fronte. Suo padre non si svegliò – bene! – entrò in casa dall’ingresso posteriore e anche là c’era un contenuto disordine: un po’ di ragnatele agli angoli, tende ingiallite, libri e quaderni dappertutto. Lesse alcune pagine dei quaderni, pur non calcando più le scene il grande rocker continuava a scrivere canzoni. I testi erano sempre belli, erano poesie, le scriveva per Lilith e su Lilith. Forse in altre pagine aveva anche scritto una canzone su di lei. Probabilmente no. Mise in ordine la stanza, libri e quaderni al proprio posto. Entrò nella sua camera da letto e volse gli occhi all’orsacchiotto della sorella appoggiato sul letto vuoto. Cacciò in gola il pianto, risolse di non aprire subito quel cassetto appena socchiuso della memoria, sapeva che sarebbe giunto quel momento, era tornata a casa anche per quello.
Buck si strusciò addosso al suo padrone, si erse sulle zampe appoggiandosi alla sedia a dondolo e lo leccò col suo vezzo canino di baciare. Lui si svegliò e, ancora intontito, percepì una presenza e un profumo di cipolla caramellata, carne alla brace e rosmarino stufato nelle patate al forno. Capì e malinconicamente si sorprese: “Dove sono gli occhiali? Sarà in cucina? Cosa le dico?”.
Lei stava apparecchiando la tavola, sentì nelle reni il silenzio di suo padre e si voltò, si guardarono, lui con la schiena dritta ma le spalle che cadevano pesanti, lei con una espressione involontaria che s’accordava con le spalle del padre. Non parlarono per un istante, che certi istanti durano immensi ricordi. Non si abbracciarono, lei sorrise:
“Non mi fermo molto, sai, fra sei giorni ho il volo per Roma”.
Zeph osservò la stanza in ordine, i quaderni, e gli scattò qualcosa: ”Hai letto i quaderni?”. Lei esitò un attimo di troppo a dirgli che no, non li aveva letti, le spalle scesero ancora più pesanti. Passarono una serata tranquilla, poche parole di circostanza, silenzi nascosti guardando il cielo stellato. Buck li tirava per i pantaloni e poi si rassegnava e si stendeva ai piedi di uno e dell’altra, di volta in volta.
Dormì poco e male, alle 06:30 suo padre ancora era a letto e lei già in cammino con a tracolla la chitarra, Buck scodinzolando la seguì. Le bastarono cinque minuti per raggiungere il fiume e sedersi a guardar scorrere l’acqua, a farsi violentare da ricordi e sensazioni. Era l’anniversario. Trent’anni erano trascorsi.
“Anche tu hai i tuoi ricordi Buck? Ricordi quando morì tua madre? Quando ti staccarono dai fratellini?”, Buck dormicchiava incurante, lo accarezzò.
Rivide se stessa e Lilith piccoline, con il sogno di cantare un giorno sul palco insieme al loro idolo, loro padre. E poi quella bambola a cui lei e Lilith volevano fare il bagnetto: “Papà, dai! Andiamo al fiume!”
Non aveva tempo, si mise le cuffie alle orecchie e riascoltò ancora gli arrangiamenti delle ultime canzoni, voleva far uscire il suo disco per dicembre. Quando Lilith cadde nel fiume Zeph non sentì le urla, aveva le cuffie, stava limando gli arrangiamenti, era distratto, non sentì, non arrivò a salvarla. Parlò con sua sorella, parlò alle increspature dell’acqua là dove la vide per l’ultima volta. Le raccontò del suo gatto Oliver e del suo nuovo fidanzato taciturno, che era riuscita a diventare cantante di successo, che l’avrebbe portata con sé sul palco a Roma per quel concerto. Prese la chitarra: “Dimmi cosa ne pensi Lilith, vorrei cominciare il concerto con questa”. E iniziò a suonare alcuni accordi, poi a cantare. Finita la canzone Lilith e l’acqua non le risposero. Ancora non pianse.
Sentì un frusciare, si voltò, era suo padre: “Sapevo che ti avrei trovata qui” e si sedette al suo fianco, assieme guardarono le increspature dell’acqua che brillavano del sole ormai sorto.
“È molto bella la canzone che stavi cantando, non la conoscevo, stai preparando un nuovo disco?”
Lei non rispose.
“Ti scriverò una bella canzone, sai? Parlerà di te, di quanto sei bella.”
Ecco, era arrivato il momento. Voleva perdonarsi e perdonarlo ma non sapeva se ci sarebbe riuscita. Pensò a una frase che aveva letto il giorno prima nei quaderni del padre:"Nel fiume si sperdono le lacrime dei distratti". Non avrebbe dovuto scriverla, complicava tutto.
“Sto andando via, papà”, lo decise nello stesso momento in cui glielo disse, “sto andando via”. Lui restò sorpreso, ci stava provando.
“Di già? Volevo… ” e gli morì la frase sentendola ribadire che:“Si, andrò via”. Lei si alzò e tornò a casa a preparare le sue cose, Buck la seguì, Zeph restò solo a guardare le increspature dell’acqua. La raggiunse mentre lei stava caricando nel baule la piccola valigia, appena aperta, giusto lo spazzolino da denti e il pigiama. Lei volse lo sguardo lontano, un velo di malinconia negli occhi, la carne verso il fiume.
“Papà, quando ero piccola ho smesso di amarti”, poi lo guardò dritto, sorrise con dolcezza come a dirgli che non doveva preoccuparsi “ma ormai sembra proprio un romanzetto da quattro soldi, non trovi? Tipo l’unica figlia del grande rocker, del grande Zephyr Hale Dillard”.
Lo abbracciò, provò a credere in quel gesto, lui triste e incurvato, le spalle cadenti:
“Ti scriverò una canzone, promesso”.
Un’altra The River of Dolls…pensò. Si sarebbe perdonata, l'avrebbe perdonato, non era ancora il momento. Salì in auto e partì. Guardò i vigneti pensando che quell’anno sarebbe venuto un buon vino e, finalmente, pianse.
- Laura Traverso
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Re: The River of Dolls
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In sottofondo un rapporto naufragato (in un fiume) tra il padre (persona di successo) e la figlia, fatto di poche parole ma di intensissime emozioni. Il paesaggio ci mette del suo a creare un'atmosfera consona e adeguata nel creare ancora più sensazioni. Non molto movimentato (a parte la coda del cagnolino) ma componimento più che discreto. Bel lavoro. 4.
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Re: commento
Ciao Marcello, sei persona modesta e per ciò ti apprezzo, ti sei definito scrittore tra virgolette ma le virgolette credimi che ci crescono. Sei scrittore bravo e sensibile e non borioso, dote, quest'ultima, che a volte qui sfugge… Ma lasciamo perdere. Circa il voto devo avere fatto qualche errore, in realtà volevo mettere il massimo, ossia il 5, ma devo aver cliccato il 4 e una volta fatto non si può più correggere (se per caso Massimo mi leggesse, mi farebbe piacere cambiare il mio 4 con un 5).Marcello Rizza ha scritto: ↑25/09/2020, 9:29 Grazie Laura. Hai colto e descritto con poche parole appropriate tutto il significato del racconto. Sei lettrice attenta e sensibile. Sai anche incoraggiare chi scrive, e in un mio momento di insicurezza come "scrittore" il tuo incoraggiamento consapevole mi motiva.
Ti consiglio di esprimere almeno un commento su di un altro racconto così da potere essere in graduatoria: certamente avresti un'ottima posizione. Ciao
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Re: The River of Dolls
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Re: The River of Dolls
Ti dirò... molte volte leggo in giro cose che temo siano frutto di questo eccessivo "buonismo"Marcello Rizza ha scritto: ↑25/09/2020, 16:39 Penso che chi scrive debba essere incoraggiato o evitare di scoraggiarlo.
L'autore, come qualsiasi altro artigiano, deve sapere la verità, specialmente se negativa ma costruttiva: gli serve per migliorarsi (se lo desidera).
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Re: The River of Dolls
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Re: The River of Dolls
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Sullo stile, da un lato ti assegnerei un bel 5: un paio di frasi sono portentose, sublimi e te le invidio. Mi hai ricordato "Viaggio al termine della notte" di Celine. Però, personalmente non amo lo stile "flusso libero e caotico di coscienza" e nel tuo caso ogni tanto mi sono perduta tra narratore esterno e focalizzazione interna, con qualche virgola che depistava portando il voto a 3 o anche meno.
Un prova più che discreta, tutto sommato.
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Re: The River of Dolls
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Re: The River of Dolls
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abbastanza ben scritta, con pochi refusi e buone descrizioni, soprattutto a livello emozionale.
il finale non lascia grandi speranze, mi pare, al rapporto tra padre e figlia.
ma almeno lei ci ha provato.
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Re: The River of Dolls
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Re: The River of Dolls
Leggendola mi immaginavo i profumi, gli odori i sapori e un cielo azzurro, sembra quasi l'inizio di un film che poi arriva a descrivere il personaggio in entrata.
Il racconto è davvero molto triste, probabilmente è stata proprio una tua scelta renderlo così.
Ma proprio questa malinconia verso la fine forse era troppa.
Ribadisco che questo mio pensiero è soggettivo.
Io leggendolo avrei voluto che la figlia anche se non ha mai perdonato il padre, in questo piccolo ritorno gli facesse capire che l’avrebbe superato e forse quel giorno sarebbe stato il più importante per il padre perche' dopo tutti questi anni finalmente era arrivato il perdono agognato.
Ma quando ho letto la frase "Papà, quando ero piccola ho smesso di amarti” è stata davvero spiazzante...
Forse dopo avrei aggiunto qualcosa di commovente, ma che li univa di più, invece così mi è rimasto un nodo e un forte dispiacere per il padre in quelle condizioni.
Ovviamente le emozioni si sentono, la scrittura è articolata bene, i dettagli non mancano e Buck sembra un cane vero Woof , veramente dolce.
Spero di leggere altre tue opere, hai un'ottima sensibilità il racconto è bello
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Re: The River of Dolls
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Re: The River of Dolls
Non sapevo che fosse qualcosa di personale, ad ogni modo l'amore e la riflessione si sentono.Marcello Rizza ha scritto: ↑06/10/2020, 23:52 Ciao Giulia. Ti leggo. C'è molto di personale in quello che ho scritto. Non voglio, così scelgo, di approfondire perché questo sito è accessibile anche a mio figlio che mi ama ma che sceglie di non sapere alcune cose. C'è tanti amore in questo racconto, c:è tanta riflessione.
A me è piaciuto, alla prossima opera!
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Re: Commento
Si, so già che che la figlia lo perdonerà. Prima o poi scriverò il seguito. Grazie del tuo commento.Andr60 ha scritto: ↑07/10/2020, 10:11 Un racconto scritto bene che rende in pieno la tristezza di un rapporto padre/figlia distrutto da una tragedia. Sono passati trent'anni, ma i ricordi fanno ancora male: la figlia riuscirà a perdonarlo ? L'acqua del fiume dovrà scorrere ancora un po', e allora, forse...
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Buona la scrittura, verosimili i personaggi, curato nella forma. complimenti e voto alto
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Se lui ha lasciato sola lei, lei non mi pare che faccia di meglio. Una contrapposizione secondo me è necessaria tra i due caratteri.
Il cane, che ricorda Jack London, e woffeggia e non abbaia, il gatto, il fidanzato, gli addii e il vino buono. Ma il vino non lo fanno in California?
Inserire un elevato numero di elementi (e anche una piccola metastoria) ha tolto, a mio avviso, centralità al rapporto tra padre e figlia che è il cardine del testo.
Ti segnalo:
“Guarda chi si rivede!”, distraendo gli altri che si voltarono.
“Ma quella è la figlia”
Dopo il punto esclamativo non va la virgola
E dopo figlia avrei messo un punto fermo.
Successivamente metti tra trattini il titolo, è anche quello un errore. Avresti dovuto usare le virgolette, ma le hai adoperate in precedenza per circoscrivere i dialoghi, o il corsivo.
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Re: The River of Dolls
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Re: The River of Dolls
Non so se mi spiego.
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Re: The River of Dolls
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Re: Commento
Puoi, puoi.Marcello Rizza ha scritto: ↑07/11/2020, 14:11 Chiedo agli amministratori. Sarebbe possibile cambiare il titolo del racconto anche se è già stato votato e commentato in concorso?
Dovresti poterlo fare da te, altrimenti fammi sapere.
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Vedi ANTEPRIMA (730,53 KB scaricato 99 volte).
Il Bestiario del terzo millennio
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Direttamente dal medioevo contemporaneo, una raccolta di creature inventate, descritte e narrate da venti autori. Una bestia originale e inedita per ogni lettera dell'alfabeto, per un bestiario del terzo millennio. In questa antologia si scoprono cose bizzarre, cose del tutto nuove che meritano un'attenta e seria lettura.
Ideato e curato da Umberto Pasqui.
illustrazioni di Marco Casadei.
Contiene opere di: Bruno Elpis, Edoardo Greppi, Lucia Manna, Concita Imperatrice, Angelo Manarola, Roberto Paradiso, Luisa Gasbarri, Sandra Ludovici, Yara Źagar, Lodovico Ferrari, Ser Stefano, Nunzio Campanelli, Desirìe Ferrarese, Maria Lipartiti, Francesco Paolo Catanzaro, Federica Ribis, Antonella Pighin, Carlotta Invrea, Patrizia Benetti, Cristina Cornelio, Sonia Piras, Umberto Pasqui.
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"...come se dal cielo fosse calata la mano divina di un Dio stanco e dispiaciuto dei propri errori, o come se tutte le altre grandi divinità finora inventate dal Genere umano per compensare la propria inconsapevole ignoranza tribale e medievale verso i misteri della Natura e della Vita, si rivoltassero ai propri Creatori e decidessero di governare le loro fantasie".
La storia è leggermente erotica, vagamente fantasy, macchiata di horror e forse un po' comica.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.