Bussando alle porte del cuore

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'estate 2023.

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Marcello Rizza
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Bussando alle porte del cuore

Messaggio da leggere da Marcello Rizza »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Dolore. Muto, intenso, profondo. È quello che resta del tempo trascorso con te, Constance.

E la musica, la lirica …

Ti ho protetta con tutto l’amore che ho potuto e con la forza datami dai creatori, dagli
ingegneri, dagli assemblatori. Mi è sorto quel coraggio che nasce dalla comprensione e che
contiene la distruzione. Sono cresciuto col vigore che diventa fermezza capace di pietà e così
tanto tenera di compassione. Proprio all’ultimo ho mancato ai miei principi, per questo in
qualche modo sto piangendo e avvilisco il plutonio senza risultati. Quanti dubbi e rimorsi mi
tormentano quaggiù. Perché mi hai reso cosciente? A te non serviva e mi hai trasmesso solo
tormenti.

La musica, quella che ci era caduta addosso, che avevamo riconosciuto, riusciva a placarci,
ma tutto ciò che posso fare, ormai, è tremare affranto nel ricordarla. Era dannatamente bella,
maledizione! Ma non sembra più la stessa qui, in questo soffocato limbo sotterraneo dove non
trovo né umani e nemmeno miei pari. Dove sono solo.

Amavamo quel disco, quella melodia tanto imponente, catastrofica, profetica. Ci avevano
raccontato di una band che si era ispirata alla nostra storia per intitolare il nuovo album.
Trovasti la circostanza curiosa ma sembrò che in fondo non fosse così importante; ma tu,
come poche volte ti accadeva, brillasti e il giorno dopo tornasti a casa con un trentatré dalla
copertina che non si era mai vista prima: una mucca frisona in primo piano, sul prato verde,
senza l’indicazione del nome degli autori.

Non c’era settimana che non l’ascoltassi, Constance, e io con te: attraverso te. E, non puoi
saperlo, l’ho trascritto a modo mio, con i battiti del tuo cuore e con le mie parole commosse.
Era un mix di nostre pulsazioni, di uno strano canto viscoso che sentivo scorrere nelle tue
vene. Mi era venuto bene: nuovo, differente, bello e compiuto, anche senza le trombe che
s’interrogavano su un’alba funesta, imitando l’inquietudine delle ambulanze, le grida
disperate verso un cielo grigio, l’urgenza di una fine inesorabile. Non dico che quelle trombe
non mi piacessero. Le ricordo ma ho dei limiti e ancora mi dispero per la mia incapacità. Mio
malgrado non potevo replicarle. Mi riuscivano il canto rosso e le percussioni del cuore.
In quel garage, quella sera, ho provato con la voce che posso a farti ascoltare la partitura. Ho
provato a bussare forte al tuo cuore, quel luogo che consideravo l’unico paradiso che mi era
concesso.

La nostra musica aveva bisogno di un unico strumento e di un luogo esclusivo…tu. Eri la
cassa di risonanza e l’eco, la voce e il solco dove dimorava il groove, la sala dove tenere un
concerto aperto e dedicato, esclusivo. Con le mie note, la mia costante cadenza, ti parlavo,
amavo e cantavo. Ma tu, tu non ascoltavi. Il tuo debole cuore, dove avevo provato a infondere
una nuova energia, era tormentato da mille insicurezze. Le stesse incertezze che mi hai
trasmesso, che proprio ora provo. Te lo chiedo ancora, Constance: perché mi hai reso
cosciente?

Un amore disperato il mio, nato dal compito e dal destino, a cui non avrei mai potuto sottrarmi.
Potevo farti vivere serena, una lunga vita che toccava a te progettare ma non hai mai creduto
in me, mi hai sempre mancato di rispetto. Ho provato a cantare il sentimento nobile, fino
all’ultimo, anche quando ho capito che desideravo un amore che non era e non poteva essere
corrisposto. Ma perché non poteva? Perché?

Coloro che mi hanno creato non crederebbero mai che io, proprio io, so pensare e sono stato
capace di comporre musica per donare la speranza di una vita migliore, per vivere meglio la
mia condizione.
Forse fu tutto inevitabile dal principio. Posto così vicino al tuo cuore non potevo che subirne
l’incanto. Sì è trattato di un contagio dell’anima.

“Caro mio, anche un lupo è intelligente per natura, cosa c’entra l’anima? E la natura, con
te…?”

Ecco, vedi? Vedi? Ora, oltre a discutere con chi non può rispondere mi ritrovo a parlare e
avvelenarmi da solo. Come facevi tu nei pomeriggi piovosi quando, davanti allo specchio, lo
sporcavi con il rossetto perché ti vedevi brutta.

Per salvarti mi trasformai fino a sentirmi nuovo, diverso, non solo cosciente ma anche degno
di autodeterminazione.

Purtroppo, col senno di poi.

Fu per questo che volli cambiare il nome datomi dai creatori, quel troppo studiato e banale
‘Coratomic’ inciso sulla ceramica che doveva essere isolante; non era veramente un nome,
era un titolo freddo, posto sulla materia inerte. Avevo pensato di chiamarmi HAL, come il
potente cervello elettronico che temeva di restare solo, che una sera avevo visto con te in un
film. In lui riconobbi una disperazione meccanica e consapevole, affine alla mia, cosi
prossima alla umana solitudine. Eppure non lo sentivo ancora mio perché sono diverso,
capace senza scampo di amare. Di amare te e nessun altro. Ne ho avuto di tempo, sono
trascorsi poco più di otto anni, per pensare a una valida alternativa.

Dallo psicologo, e sai che ascoltavo, hai raccontato di come è nato il tutto: imbottita di farmaci
e droghe ti sei data a uno sconosciuto sull’Isola di Wight. Era il momento dello sballo, del
Peace&love. In quegli attimi concitati un menestrello cantava sul palco “Mr. Tambourine
Man”, parole senza tempo soffiate nel vento da una melodia incantevole. Parole e melodia
che nel mentre non ascoltasti. Lo sconosciuto confuso chiamò i soccorsi, poi il codardo sparì,
ti portarono in ospedale. Fu lì che, preda delle tue intemperanze, avesti il primo attacco
cardiaco, ripetutosi poi, con conseguenze quasi fatali, a distanza di poche settimane.
Mr.Tambourine... decisi di chiamarmi così, a tua insaputa.

Furono due le ragioni che ti tennero in vita.

Syd, il bastardo che portavi in grembo.

E io.

- Dottore, è sicuro che il bimbo non avrà conseguenze, che non nascerà malformato?
- La tecnica è ancora sperimentale, qui in Inghilterra non abbiamo ancora una casistica.
Le maternità portate a termine negli altri continenti si possono contare sulle dita di una
mano, ma mi risulta che i bambini nati in America siano tutti in perfetta salute.
- Si, ma temo il peggio. Quel “coso” è radioattivo.
- Signora Adell, ne avevamo già parlato prima dell’intervento. Il dispositivo è
schermato. Stia tranquilla, sarà un bambino sano. Ciò che deve fare ora è mettere la
testa a posto.
- Lo sa, non sono serena. Sto provando a curarmi, sono seguita da uno psicologo.
- Forse dovrebbe guardare a una soluzione più incisiva. Se vuole, le indico un valido
psichiatra.

Lo psichiatra non bastò, come non bastò il mio amore, come non bastò il bastardo, non avevo
dubbi. Anzi, dovetti infine spingermi a odiarti. Quella notte, dentro il garage della tua casa,
hai escogitata un’altra umiliazione ai miei confronti, hai ascoltato altro, una canzone dal testo
inadatto. Il disco di sempre no, il nostro LP non andava bene: sembrava troppo premonitore.
C’erano quei suoni veri e minacciosi a infastidire violoncelli, tastiere e chitarre: il motore di
una motocicletta che scappa, gli spari, l’ambulanza, l’aereo pronto a sganciare una bomba. E
quel coro pieno d’angoscia: “Rapateeka, rapashaaa - rapateeka, rapashaaa…”

Presi coscienza di esistere quando ti risvegliasti dall’anestesia. Fu curioso e fastidioso
percepire il tuo primo dubbio, così diverso da quello di chiunque altro si fosse trovato nella
stessa condizione: “Sono un mostro che partorirà un mostro?”.
In quel mentre è nato il nostro rapporto, tu a temermi, io imprigionato a spendere ogni energia
per tenerti in vita, lanciando impulsi potenti e silenziosi.
E tutto questo nonostante il tuo disprezzo, la paura, perfino le imprecazioni contro di me. Non
dovevo poi essere così schermato se riuscivo a sentire tutto di te.

Poco dopo si parlò di noi sull’Evening Standard. Ricordo, l’articolo s’intitolava Atom Heart
Mother Named: ma in fondo Constance sapevi che, prima o poi, sulle pagine di un giornale
ci saresti finita.

- Ma quel “coso” come funziona? Ha una batteria che si consuma? Dovrò essere operata
ogni volta per sostituirla?
- Signora Adell, il dispositivo è stato progettato per durare almeno dieci anni. Non
rappresenta un problema oggi: piuttosto, si concentri sul bambino. E per far questo,
dovrà prendersi cura di sé. Lei sa di cosa parlo.

La meditazione, lo yoga, l’espansione della coscienza, gli psicofarmaci. Gli incontri
settimanali con lo psicologo. Le parole rivolte a Syd, quando ancora si muoveva nel grembo.
Ho odiato quel bastardo: lui a ricevere amore ed energie vitali, io assegnato solo a donare.
Perché l’hai fatto? Perché non ci hai protetti? Presto tornasti ai tuoi vizi, alla vita sregolata, le
fissazioni di una mente bacata, dopata dalle sostanze che avrebbero invece dovuto espanderla.
Potevo agire sul cuore, sulla vita, ma non mi hai permesso di intervenire sul pensiero. Non mi
hai mai veramente ascoltato.

Non sei morta in quell’autorimessa per gli abusi con cui infierivi sul tuo corpo. Quantomeno
non direttamente. Fin lì ti ho sostenuta e protetta con ogni mia particella, ti ho curata malgrado
te. Non lo sai, non volevi saperlo, ma ti ho amato più di quanto tu abbia amata te stessa.

Continuo a funzionare quaggiù anche ora che non sei più. Nessuno ha pensato a spegnermi:
condannato a agire oltre me stesso. Una maledizione il cui castigo è il rimorso e il ricordo.
Ancora mi chiedo il perché. Non avresti dovuto farlo in quella stanza piena di chiavi inglesi,
locale spoglio e odorante di benzina, pieno di ragnatele che non hai mai spazzato, nella Dyane
di latta mezza scassata, con il tubo incerottato allo scappamento che terminava dentro
l’abitacolo. Ascoltavi il nastro, tenevi malferma la bottiglia di bourbon ormai vuota, tossivi,
scuotendo forte il cuore, e cantavi a squarciagola per trovare il coraggio di arrivare fino in
fondo:

- Come on, baby, light my fire. Come on, baby, light my fire. Try to set night on fire.

Sapevo che non avrei potuto salvarti. Lo compresi dopo che provai con ogni mia risorsa a
bussare al tuo cuore, a farti ascoltare, inutilmente, la mia versione del nostro disco, quel mio
suono dedicato e che speravo salvifico. Ho provato a cantarti la vita, quella che, quando è il
momento, sa morire e muore, ma non era il giusto tempo. Mi hai costretto a ucciderti, a
rinunciare al conforto del tuo cuore debole col quale ero in simbiosi. Non fu solo un gesto di
pietà ma molto più di stranamore, avvelenato dalla rabbia per non aver accettato il mio dono,
quello di una vita nuova. “Come on, baby, light my fire”. Quel fuoco alla fine non me l’hai
acceso, hai scelto di accendere il motore di un’auto scassata e ho dato il peggio di me: ho
scaldato il plutonio al massimo. In un sol colpo mi sono liberato di un amore malato,
sofferente come un cuore malconcio, e del bastardo.

Ora sono sepolto con ciò che resta di te. Suicidio, così hanno stabilito… non potrebbero mai
immaginare la verità.

E ora a chi posso chiedere conforto, se ho fatto bene, se sia stata pietosa eutanasia, se
veramente è stato un gesto d’amore o piuttosto una vendetta per un amore non corrisposto?

Ecco, sopravvengono le insicurezze con cui mi hai inquinato da subito e che ora trovano
forma.

Solo, dimenticato, il mio cuore radioattivo ora sente il dubbio, il pentimento, s’interroga. Mi
macero. In qualche modo piango. Tu non sei più, sono come un Sole che ha smarrito i suoi
pianeti, che irradia sterilmente luce ed energia.

- The time is gone, the song is over, thought l’d something more to say.

Finiva così quella canzone dal ritmo di un cuore accelerato. Ma a chi racconto ora tutto
quanto?

So di umani che in questi frangenti si tolgono la vita. A me la scelta non è concessa. So che
non potrò mai più bussare alla porta del paradiso.

Vorrei terminare ma non mi consumo, non mi consumo, non mi consumo…
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Marino Maiorino
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Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Interessante questa personificazione di un pacemaker atomico che prende il posto di un amante in carne e ossa.
Si può sentire, quest'amante che non può far niente per evitare l'autodistruzione dell'amata.
Il sentimento peggiore non è quello che si sente durante la caduta, ma dopo: quando vorresti finire anche tu e non puoi e non ci riesci, e senti che la tua vita non ha più senso.
Posso perciò trovare una sola pecca, in questo racconto: la scelta del protagonista. Un amore così non va fatto vivere ed esprimere da un oggetto: per quanto un pacemaker possa vivere in simbiosi con un cuore, esso resta un oggetto. Anche la metafora del "spinge il cuore di lei a vivere", non regge: lei resta durante tutto il racconto insensibile all'amore di lui, quindi l'unica forma di vita che lui le dà è puramente meccanica. Lui NON l'aiuta a vivere, ma solo a sopravvivere.
A me è piaciuto.
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Marcello Rizza
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Re: Bussando alle porte del cuore

Messaggio da leggere da Marcello Rizza »

Ciao Marino. Parto dal tuo commento. La letteratura, molto prima di me e molto meglio di quanto io possa, ha scelto di far parlare "oggetti", animali, anime. Inoltre è di moda, e soprattutto d'attualità, parlare e ragionare sull'intelligenza artificiale. Ho voluto pensare a una intelligenza artificiale ante litteram, coi dubbi etici e filosofici che tanto progresso comporta. Poi arrivo al mio proponimento: scrivere di musica tentando originalità. In questo racconto ho immaginato un "percorso" (che in verità non conosco, è solo fantasia) su presupposti acceduti veramente nel '70, quando un famosissimo gruppo rock ha scelto il titolo del suo album leggendo un articolo sull'Evening Standard. La storia finisce con quell'articolo e non so nulla della vera vita di Constance Adell, donna veramente esistita. In questo mio "atto d'amore" ho inserito, con differenti registri, tributi a musicisti, registi, filosofi. Ma ho voluto anche inserire il problema del femminicidio. Poco importa che sia una "cosa" che decida la sorte di una donna. Nel momento che la "cosa" si umanizza, ecco che emerge il "difetto". Anche oggi c'è stato un femminicidio - suicidio, mi sembra in Sicilia. Al mio protagonista ho tolto la consolazione di potersi suicidare. Grazie di essere passato a trovarmi.
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Marino Maiorino
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Re: Bussando alle porte del cuore

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Il femminicidio? Nel tuo racconto? Perché il cuore le toglie la vita mentre lei cerca di suicidarsi?
Non credi di aver messo troppa carne a cuocere e che qualche ingrediente possa non percepirsi?
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Re: Bussando alle porte del cuore

Messaggio da leggere da Marcello Rizza »

Marino Maiorino ha scritto: 07/09/2023, 21:09 Il femminicidio? Nel tuo racconto? Perché il cuore le toglie la vita mentre lei cerca di suicidarsi?
Non credi di aver messo troppa carne a cuocere e che qualche ingrediente possa non percepirsi?
La tentazione sarebbe di invogliarti a rileggere tutto il racconto, sulle giustificazioni che fin dall'inizio il "personaggio" cerca per giustificare il suo gesto, la sua gelosia nei confronti del figlio, la sua frustrazione per non essere amato, anzi, addirittura odiato. Ma poi, sai, hai ragione. Sto imparando. Provo a scrivere e so che devo migliorare per giungere. Grazie per i tuoi consigli.
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Marino Maiorino
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Re: Bussando alle porte del cuore

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Marcello, le tue tentazioni sono state le mie prima che tu le esprimessi! :D
Tutto quello che scrivi sul cuore è verissimo: la frustrazione, la gelosia, ecc. Nondimeno, ne fai un percorso così ben descritto (e ciò va a lode della tua penna) che il lettore (io, almeno) persino giustifica il gesto, tanto più che accade mentre lei cerca di suicidarsi. Sono arrivato a quel punto e l'omicidio quasi non aveva importanza, quasi sembra un dettaglio, in quel momento: lei sarebbe morta comunque, e lui non può fare nulla per salvarla. Anche il suicidio (opzione alla quale un umano avrebbe pensato) non è contemplato: il pacemaker NON può morire, e il suo suicidio finirebbe comunque con la morte di lei.
Il fatto che il protagonista sia un oggetto giustifica ancora più il gesto: nessuno si aspetta un'emotività matura da parte di un oggetto! A quel punto il tuo racconto sembra piuttosto indicare il paradosso di mettere la vita degli esseri umani in mano alle macchine, il paradosso di fornire un cuore artificiale a qualcuno tanto autolesionista come la protagonista, la dubbia giustezza del creare oggetti coscienti che ci sopravviveranno e sentiranno la solitudine dopo che noi non ci saremo più.
Inoltre, anche l'autopsia punta al suicidio perché nemmeno nel mondo dell'oggetto qualcuno ha pensato che l'omicida possa essere il protagonista! E nelle cronache siamo abituati (purtroppo) a trovare il mostro nel vicino tanto silenzioso e conosciuto appena di sfuggita... Se nel tuo mondo fosse pensabile che il pacemaker possa fare quello che racconti, gli ispettori avrebbero almeno battuto quella pista, no?
Ecco perché, fin dal principio, ho ritenuto di indicarti quelle cose: con tanta carne a cuocere, era quasi inevitabile che qualche sfumatura non coincidesse esattamente con ciò che volevi trasmettere.
E un'ultima considerazione: il lettore. Non importa quanta cura tu possa mettere nela stesura di un testo, il lettore è un'altra persona col suo vissuto, e inevitabilmente il tuo scritto risuonerà con note della tua opera che tu non hai nemmeno notato. È per questo che credo (fermamente) che chi scrive è (almeno parzialmente e incoscientemente) in stato di trance medianica, perché davvero funge da medium tra l'opera (come genio/demone che ha vita propria) e il lettore.
Ma hai poco da imparare e da migliorare, davvero: quando si scrive questa roba e la si scrive così, si ha davvero poco da imparare.
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Namio Intile
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Messaggio da leggere da Namio Intile »

Ciao, Marcello. Conosco la tua disaffezione alle questioni tecniche, quindi non mi metterò a discutere di punti e di virgole, di io narrante e di periodi paratattici, di punti di vista e sequenze descrittive, perché non troverei orecchie attente. Ma sin dalle prime righe il racconto è in grado di suscitare emozioni, e credo ti faccia piacere, di solletica le corde di quegli stessi sentimenti accarezzati dalla tua musica, sempre presente quando scrivi.
E tu scrivi per affrontare dei temi emotivi: l'amore non corrisposto, il rimpianto, l'inadeguatezza; insieme a dei temi sociali: l'eutanasia, il suicidio, l'interazione tra uomo e macchina e la possibilità che questa diventi cosciente di sé. Ma forse è proprio questo il punto debole del racconto, perché la tua macchina è alla fine un aggeggio, un mero apparato meccanico, e la sua umanizzazione, a chi legge come me, è risultata difficile se non impossibile. Si chiama sospensione dell'incredulità. Insomma, il cuore, è qui la metafora è evidente e l'invenione narrativa singolare, meccanico, atomico, quel che sia, alla fine sostiene di essere cosciente; ma chi legge deve crederci, deve riporre assoluta fiducia, non solo nella possibilità della metamorfosi, ma persino nella sua manifesta verità. Con me non ha funzionato. Tuttavia, se leggessi il testo pensando alla macchina, non dico come a un uomo (perché alcuni temi verrebbero meno), ma a una persona non umana, una qualsiasi, le emozioni si materializzerebbero e il testo narrato diventerebbe vero, anzi verosimile. Ecco, l'antropomorfizzazione della macchina è il primo requisito per la verosomiglianza, come quella degli animali nelle favole, e quindi per il coinvolgimento del lettore e la sospensione dell'incredulità.
Ecco, sono diventato tecnico. Ma ciò non toglie che questo sia un racconto intenso, a tratti struggente, a tratti commovente, e abbia tutte le potenzialità per diventarlo ancora di più.
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Marcello Rizza
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Re: Bussando alle porte del cuore

Messaggio da leggere da Marcello Rizza »

Ciao Namio. Ti rispondo dal cellulare, quindi con dei limiti che mi appartengono, da Mykonos dove sono giunto dopo una levataccia dalle 23 di sera (il volo alle sei del mattino da Malpensa è una tragedia). Nel mio scrivere c'è cinismo, cattiveria, esperienza di vita triste per il lavoro che ho svolto. Ma c'è anche poesia. Per me, far parlare un cuore atomico come un umano, renderlo imperfetto com'è un umano è la poesia triste dell`essenza umana. Nessuno, finora, ha colto che parlavo di uno dei dischi più belli del rock mondiale, un capolavoro dei Pink Floyd. Nessuno ha colto le citazioni a Bob Dylan (già dal titolo), a Kubrick col suo "2001" e col suo Dottor Stranamore, e nemmeno i riferimenti a una cultura hippie e ai Doors. La mia, nella primigenia idea, era di scrivere di musica in maniera differente, descrivendo come potevo un'opera musicale che credo diventerà la musica classica tra cento anni (Atom Heat Mother) e inserendoci il dubbio sulla necessità di una intelligenza artificiale (ante litteram) e il vizio umano del femminicidio che trova mille giustificazioni e altrettanti dubbi che spesso portano al suicidio. Scrivere di un oggetto cosciente, dal punto di vista dell'autore, è poesia (in questo caso drammatica). Ma poi, come anche Marino ha giustamente specificato, il lettore fa sua ogni considerazione e se non riesco a "guidarlo" vuol dire che ho ancora molto, molto da imparare. Per questo mi sottopongo. Grazie per i tuoi preziosi appunti Namio.
Namio Intile
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Re: Bussando alle porte del cuore

Messaggio da leggere da Namio Intile »

Quindi il racconto, a partire dal titolo, è una gigantesca citazione dell'album omonimo dei Pink Floyd, compresa la mucca in copertina. E, all'interno di questa citazione, come fosse una cornice, hai inserito una storia, la tua storia, la tua interpretazione del titolo dell'album. Ma, se non ho colto i riferimenti musicali, spero di aver colto almeno il senso della narrazione, al di là della citazione, o delle citazioni. Anche io dissemino i miei racconti di citazioni e indizi letterari e non, ma so che pochi, per la verità quasi sempre nessuno, li coglierà. Ma di questo mi importa poco. La storia deve reggersi da sé e per sé sola, a prescindere dalle fonti di ispirazione, altrimenti la dovrebbe leggere solo un ristretto pubblico di iniziati. Quindi, tu hai scritto una storia intellegibile solo agli amanti del rock anni Settanta, o l'hai scritta per tutti?
Credo che i temi che hai trattato possano essere apprezzati da ciascuno di noi, non solo dai vecchi rocchettari, a prescindere dall'individuazione delle tue fonti di ispirazione.
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Alberto Marcolli
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commento: Bussando alle porte del cuore

Messaggio da leggere da Alberto Marcolli »

La prima lettura, come mio costume, la faccio di getto ed è stato faticoso. Le altre letture le farò in seguito e tenterò anche di esprimere il mio voto, se ci riuscirò.
Per ora ho solo una domanda, sciocca probabilmente.
"il dispositivo è stato progettato per durare almeno dieci anni." scrivi, quindi il "coso" finirà anche lui! Non è vero che non si consumerà. E meno male!
Ho capito bene?

Mi dimentico della domanda, e passo alla seconda lettura. Il racconto inganna parecchio. Si intuisce che si tratta di un dispositivo costruito da ingegneri e assemblatori, ma per arrivare a un pacemaker, oltretutto cosciente, ce ne corre.
La storia si sviluppa in una serie di singolarità che mi ha reso faticosa la lettura, come già ho detto.
Contesto la frase “Coloro che mi hanno creato”. Gli umani non creano. Progettano, sviluppano, scoprono, ecc. ma non creano. E meno male. Di disastri ne hanno già fatti un casino anche senza creare, purtroppo.

Il mio voto è 4 – soprattutto per la scrittura, sostanzialmente impeccabile (post terza lettura)
Marcello Rizza
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Re: Bussando alle porte del cuore

Messaggio da leggere da Marcello Rizza »

Ciao Alberto. Rispondo subito alla prima domanda. Il peacemaker vive una contraddizione "simile" a quella umana. Come se non bastassimo noi, che purtroppo primeggiamo nel femminicidio. Si giustifica per il suo gesto, accusa colei che lo ospita, le vomita rancore e vive quel senso di colpa del "dopo". Vero che il dispositivo è stato studiato per durare almeno dieci anni, quindi forse anche più a lungo, ma sono passati solamente otto anni e, nella condizione "fisica" e soprattutto psicologica che vive l'oggetto "umanizzato" vorrebbe suicidarsi subito. Infatti non dice "Non mi consumerò mai", bensì "Non mi consumo" (cioè, non riesco a morire nell'immediato). Nel tuo proseguo, oh! stiamo parlando di un discorso di fantasia, dove ho gradito far parlare una intelligenza artificiale "ante litteram" che si è presa la licenza discutibile di prendere una decisione sull'umana senza darle una possibilità di ripensamento. Constance, fino all'ultimo, avrebbe potuto tornare indietro sui suoi passi. Quindi, uno dei temi è la paura su un oggetto che decida al posto dell'uomo e anche sulle difficoltà che concernono l'eutanasia (argomento su cui sono ancora molto confuso, combattuto da retaggi religiosi e pietà atea). Sul fatto che gli uomini non creino, ci sta che tu interpreti così, eppure, in un racconto di fantasia, come forse è anche plausibile (perché è di fantasia) mi sembra di discutere sul sesso degli angeli. 🙂 Grazie di essere passato a trovarmi. Se gradissi rispondere, potrei tardare molto a ricambiare perché sono impegnato per un mese a fare a piedi il Cammino di Santiago (800 km.) e mi è faticoso scrivere da cellulare. Ciao!
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Il libro è un collage di opere grafiche e testuali pubblicate sul portale www.BraviAutori.it e selezionate tenendo conto delle recensioni ricevute, del numero di visualizzazioni e, concedetecelo, il nostro gusto personale. L'antologia non segue un determinato filone letterario e le opere sono state pubblicate volutamente in ordine casuale.
A cura di Massimo Baglione.

Contiene opere di: Dino Licci, nwAnnamaria Trevale, nwSara Palladino, Filippo C. Battaglia, nwGilbert Paraschiva, Luigi Torre, Francesco Vespa, Luciano Somma, Francesco Troccoli, nwMitsu, Alda Visconti Tosco, Mauro Cancian, nwDalila, Elisabetta Maltese, Daniela Tricarico, nwAntonella Iacoli, Jean Louis, nwAlessandro Napolitano, Daniela Cattani Rusich, Simona Livio, nwMichele Della Vecchia, Giovanni Saul Ferrara, Simone De Foix, Claudia Fanciullacci, nwGiorgio Burello, Antonia Tisoni, nwCarlo Trotta, Matteo Lorenzi, nwMassimo Baglione, Lorenzo Zanierato, Riccardo Simone, Monica Giussani, nwAnnarita Petrino, nwLuigi Milani, Michele Nigro, nwPaolo Maccallini, nwMaria Antonietta Ricotti, Monica Bisin, Gianluca Gendusa, Cristiana, Simone Conti, nwSynafey, Cicobyo, Massimiliano Avi, Daniele Luciani, nwCosimo Vitiello, Mauro Manzo.

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Storie Gotiche, del Terrore e del Mistero

Storie Gotiche, del Terrore e del Mistero

antologia di opere ispirate alla paura dell'ignoto

Nella ricerca di un tema che potesse risultare gradito a più autori, ci è sembrato infine appropriato proporre un'antologia di opere il cui fattor comune fosse il brivido. Un termine per molti versi ingannevole, almeno quanto lo sono certe credenze e immagini che la ragione volutamente ignora, o perfino deride. Eppure, l'ignoto ci aspetta al varco, silenzioso e paziente, per catapultarci nello strapiombo degli incubi o nel vortice di ansie e desideri repressi.
A cura di Roberto Virdo'.

Contiene opere di: nwIda Dainese, nwFrancesca Paolucci, nwMarcello Rizza, nwFausto Scatoli, nwAnnamaria Ricco, Francesco Cau, Valentino Poppi, nwMario Flammia, Essea, nwUmberto Pasqui, nwEnrico Teodorani, Roberto Masini, Maria Perrella, Giacomo Baù, nwEliseo Palumbo, nwSelene Barblan, Stefano Bovi, nwIbbor OB, nwAndrea Teodorani, Simona Geninazza, Lidia Napoli, Mario Malgieri, Michele Silvi, nwIda Daneri, nwAlessandro Mazzi.

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La Paura fa 90

La Paura fa 90

90 racconti da 666 parole

Questo libro è una raccolta dei migliori testi che hanno partecipato alla selezione per l'antologia La Paura fa 90. Ci sono 90 racconti da non più di 666 parole. A chiudere l'antologia c'è un bellissimo racconto del maestro dell'horror Danilo Arona. Leggete questa antologia con cautela e a piccole dosi, perché altrimenti correte il rischio di avere terribili incubi!
A cura di Alessandro Napolitano e Massimo Baglione.

Contiene opere di: Maria Arca, Pia Barletta, Ariase Barretta, nwCristiana Bartolini, Eva Bassa, Maria Cristina Biasoli, Patrizia Birtolo, Andrea Borla, Michele Campagna, Massimiliano Campo, Claudio Candia, Carmine Cantile, Riccardo Carli Ballola, nwMatteo Carriero, Polissena Cerolini, Tommaso Chimenti, Leonardo Colombi, Alessandro M. Colombo, Lorenzo Coltellacci, Lorenzo Crescentini, Igor De Amicis, Diego Di Dio, nwAngela Di Salvo, nwStefano di Stasio, nwBruno Elpis, Valeria Esposito, Dante Esti, nwGreta Fantini, Emilio Floretto Sergi, Caterina Franciosi, Mario Frigerio, Riccardo Fumagalli, Franco Fusè, Matteo Gambaro, Roberto Gatto, Gianluca Gendusa, Giorgia Rebecca Gironi, Vincenza Giubilei, Emiliano Gotelli, Fabio Granella, Mauro Gualtieri, nwRoberto Guarnieri, Giuseppe Guerrini, Joshi Spawnbrød, Margherita Lamatrice, Igor Lampis, nwTania Maffei, Giuseppe Mallozzi, Stefano Mallus, Matteo Mancini, Claudia Mancosu, Azzurra Mangani, Andrea Marà, Manuela Mariani, Lorenzo Marone, nwMarco Marulli, Miriam Mastrovito, Elisa Matteini, Raffaella Munno, nwAlessandro Napolitano, Roberto Napolitano, Giuseppe Novellino, Sergio Oricci, Amigdala Pala, Alex Panigada, Federico Pergolini, Maria Lidia Petrulli, Daniele Picciuti, nwSonia Piras, Gian Filippo Pizzo, nwLorenzo Pompeo, nwMassimiliano Prandini, Marco Ricciardi, Tiziana Ritacco, Angelo Rosselli, Filippo Santaniello, Gianluca Santini, Emma Saponaro, Francesco Scardone, Giacomo Scotti, nwSer Stefano, Antonella Spennacchio, Ilaria Spes, Antonietta Terzano, Angela Maria Tiberi, Anna Toro, Alberto Tristano, Giuseppe Troccoli, nwCosimo Vitiello, nwAlain Voudì, Danilo Arona.

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Alcuni esempi di nostri ebook gratuiti:


La Gara 52 - Colpo di fulmine

La Gara 52 - Colpo di fulmine

(maggio/giugno 2015, 19 pagine, 422,19 KB)

Autori partecipanti: nwPatrizia Chini, nwGloria D. Fedi, nwLaura Chi, nwAlberto Tivoli, nwRicci Giuliana, nwMaddalena Cafaro,
A cura di Giorgio Leone.
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Calendario BraviAutori.it "Year-end writer" 2017 - (in bianco e nero)

Calendario BraviAutori.it "Year-end writer" 2017 - (in bianco e nero)

(edizione 2017, 2,39 MB)

Autori partecipanti:
A cura di Tullio Aragona.
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Gara d'estate 2020 - Anniversari, e gli altri racconti

Gara d'estate 2020 - Anniversari, e gli altri racconti

(estate 2020, 45 pagine, 516,87 KB)

Autori partecipanti: nwAndrepoz, nwMariovaldo, nwNamio Intile, nwSelene Barblan, nwRoberto, Roberto Virdo', nwLodovico, nwCarol Bi, nwFausto Scatoli, nwLaura Traverso,
A cura di Massimo Baglione.
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