Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.Oggi i gabbiani sapevano
che sarebbe arrivata presto
la missiva,
che i nostri sguardi
si sarebbero detti
addio;
oggi loro
seduti al tramonto
sapevano scrutare
i nostri destini,
oggi è da un canto
di un disadattato,
dalla melodia
di un piano
arrugginito,
dalla pace
di gabbiani seduti sui tetti
che ho capito
che non ti avrei rivisto,
che abbiamo fatto bene
a vivere senza morire,
a godere fino all’ultimo
di ogni attimo.
Forse ha senso ancora farlo,
forse è meglio andare oltre,
fare finta
che nulla sia accaduto,
che quella lettera non fosse mai giunta,
che avesse
un recapito sbagliato.
E invece neanche un uomo
l’ha portata:
è viaggiata
per il vento
su onde invisibili,
e alle 18:40 eravamo vivi
alle 18:41 lo eri tu,
e io forse.
Ma dicono di proseguire,
di essere più forti,
di godersi ogni istante;
si è aperto un varco,
uno squarcio in una malinconia
già troppo viva,
e non ci sono parole,
non ci sono luci
per evitare l’ombra,
per evitare
i buchi di parole,
i buchi di un linguaggio
che ora
da solo
è stato condannato a morte
e mi logora ogni giorno di più.
Arriverà un tempo
che rinuncerò a scrivere,
a scriverti,
a scrivermi;
arriverà un tempo
in cui avrò trovato
il segreto della comunicazione
nei silenzi,
il segreto della vita
nella morte.
