L'uomo che spazza
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L'uomo che spazza
Non il mio quartiere, uno limitrofo che raggiungo in pochi minuti, nelle mie ormai abituali passeggiate urbane.
In breve tempo l'ho esplorato tutto, si trova in una tranquilla zona residenziale; la strada principale che l'attraversa si interseca con angoli retti alle tante traverse, a loro volta ramificate a formare un complicato disegno labirintico fra le villette, le case unifamiliari e qualche spazio verde attrezzato, utile per le passeggiate dei cani, molto più numerosi dei bambini, da queste parti.
L'uomo è anziano, di più non so dire riguardo alla sua età, potrebbe essere un settantenne in ottima forma o un ottantenne in forma straordinaria. Ha movimenti svelti, decisi, direi nervosi, usa la scopa e la paletta con maestria, è quasi ipnotico nella sua azione di pulizia. Niente lo distrae dalla sua missione – non saprei con quale altro nome definire la sua attività – ben diversa dal lavoro di un netturbino, anche del più solerte. Il suo spazzare non è semplicemente pulire i marciapiedi e badare al decoro del vicinato, ha un che di ascetico, di indaffarata meditazione.
Lo avevo già notato passando in macchina, ma l'attenzione che richiede la guida ci permette solo un quadro grossolano dell'ambiente che attraversiamo, i dettagli sfuggono; la velocità ci dà qualcosa e ci toglie tanto.
Passeggiando, invece, ho iniziato a prestare attenzione a questa figura singolare, alla sua opera insistita. È un po' come quando vediamo un modello di auto che non avevamo notato prima e poi ci accorgiamo che ce ne sono molti in giro. Oppure come ascoltare distrattamente una nuova canzone alla radio e alla lunga iniziare a canticchiare il ritornello a ogni nuovo passaggio. In questo modo l'uomo che spazza ha conquistato la mia attenzione. Lo osservo a distanza, giro intorno a un isolato e quando l'ho di nuovo a tiro ne studio i progressi, fingo disinteresse mentre valuto i risultati del suo operare che, è questa la cosa sorprendente, sono ineccepibili: niente sfugge alla sua scopa. Mi sembra di avvertire il suo disappunto quando non trova qualcosa da raccogliere e vaga con lo sguardo in cerca di un rimasuglio da spazzare via, allora procede velocemente in avanti, sempre con gli occhi puntati verso il basso incurante del caos che lo circonda, la vita mentre si svolge, attento a cancellarne le tracce inevitabili che lascia dietro di sé.
Passeggiare, per come lo intendo io, non ha niente a che vedere con il footing, lo jogging, il walking o qualsiasi altra attività che finisca con –ing, è un esercizio più filosofico che fisico. Lascio vagare i miei pensieri e perdo la cognizione del tempo; ora, però, ho iniziato a fare una tabella mentale degli orari e dei luoghi dove lo incontro, cercando di indovinare i nostri incroci prima che avvengano. A volte ci riesco, altre volte no, probabilmente deve seguire un complicato piano operativo che per il momento non mi è del tutto chiaro.
Credo di aver individuato la sua casa, una villetta a un piano con giardino – curatissimo, ça va sans dire – perché è in quei paraggi che lo incontro più di frequente.
Ammetto di aver atteso con una certa impazienza e una punta di sadismo – di carattere puramente scientifico, per carità – che arrivasse la stagione del vento e delle foglie gialle, solo per vederlo alle prese con quella contingenza. A riprova della mia buonafede posso vantarmi di aver affrontato il freddo e le raffiche della tramontana, quando potevo starmene rintanato in casa al caldo in compagnia di libri e caffè, giusto per spiarne l'opera. L'uomo che spazza ha ripagato i miei sacrifici, l'ho visto intrepido sfidare gli elementi, caparbio nella sua missione, solo un po' rallentata dai più frequenti viaggi verso i cestini pubblici per svuotare la paletta ricolma del fogliame raccolto. Mi sono chiesto anche come avrebbe affrontato la neve, rara da queste parti, ma il clima mi è stato avverso in questo inverno mite e la mia curiosità è rimasta insoddisfatta.
Queste giornate di pioggia primaverile sottile e persistente, invece, mi invogliano a rimanere a casa e quasi mi dimentico dell'uomo che spazza. Ma è in quel "quasi" che abita la mia ossessione; basta un mattino di sole perché mi venga la smania di uscire e andare a cercarlo.
Che questa sia un'ossessione ormai mi è chiaro, la conferma l'ho avuta stanotte, in sogno. Lui non faceva niente di diverso da quello che fa nella realtà, spazzava la via e i marciapiedi, ma mi sembrava più cupo, per qualche indefinibile ragione meno concentrato nel suo compito, come se ci fosse un pensiero che lo distraeva. Ho visto che dopo il suo passaggio uno scontrino accartocciato era rimasto per terra, l'ho raccolto e gliel'ho mostrato. Mi ha guardato come se non capisse l'importanza di quella piccola mancanza, come se fosse una cosa da nulla, mentre per me era il segno di una sconfitta inaspettata, una crepa nella monolitica stabilità degli eventi.
Nel mondo delle cose reali non abbiamo dialogo, in questa dimensione, invece, è stato fin troppo loquace.
Mi ha tediato con una filippica sulle onde elettromagnetiche e sui loro effetti sull'organismo, forse per giustificare il grosso cavo nero che, ho notato, gli spuntava dall'orlo dei pantaloni e si avvolgeva in spire ronzanti, come un serpente in agguato, nell'erba del giardino di quella che credo essere casa sua.
Poi mi ha parlato a lungo – per ore? Il tempo onirico non si misura con l'orologio – della vita e della morte, ma non ha detto niente di nuovo, di interessante e rivelatore, niente che chiunque con una certa esperienza non sappia già.
Mi sveglio un po' demoralizzato, mi ci vuole del tempo per realizzare pienamente che il fascino di quella figura non sia uscito ridimensionato dalla sua deludente versione che mi è apparsa in sogno.
Ma la luce del giorno ristabilisce l'ordine naturale delle cose: lui non è cambiato, è la mia fase REM che mi ha teso un tranello, tentando di sminuire la sua ortodossia.
Con la bella stagione le mie passeggiate si fanno sempre più mattutine, qualche volta mi capita di anticipare le sue uscite, ma di solito lo trovo già al lavoro, in pantaloncini e scarpe da ginnastica, a torso nudo, con la pelle del colore del cuoio, come quella dei vecchi marinai bruciati dal sole.
A volte vorrei sapere perché fa quello che fa. Mi aspetto una complicata teoria filosofica secondo la quale l'ordine e l'armonia dell'esistenza si conquistano con un rito quotidiano di purificazione; ognuno deve trovare il proprio e quello è il suo.
Andando avanti in questo dialogo immaginario gli chiedo perché si limiti a pulire una zona circoscritta quando potrebbe estendere il suo compito ad altri quartieri, a tutta la città e poi, in un delirio metafisico, al mondo intero.
"Un uomo dovrebbe conoscere i propri limiti" è la sua risposta. Sorrido per la citazione e per questo gioco fra di noi. Il mio gioco, lui ne è del tutto ignaro.
Questa terza versione, tutta mia personale, dell'uomo che spazza si pone un po' a metà fra quella ciarliera e fatua del sogno e quella rigorosa e distaccata che vedo tutti i giorni. Probabilmente è il mio bisogno di diventare parte del suo mondo, di esserne attore, seppure comprimario, e non semplice spettatore.
Forse è proprio questo quello che temo, che non voglia rispettare il copione che scrivo per lui, che mi deluda con spiegazioni del suo comportamento banali e fuori dai miei schemi e aspettative. Meglio rimanere nel non detto, in una zona nebulosa del dubbio, dove il mistero conserva intatto il suo fascino.
Peggio ancora sarebbe scoprire che il suo agire deriva da una tara caratteriale o cognitiva. È facile immaginare quanta preoccupazione ne deriverebbe per i suoi familiari. Mi figuro l'imbarazzo di un nipote che paga l'eccentricità del nonno con gli sfottò degli amici, la pena di una figlia impotente di fronte a quella mania incomprensibile, la rassegnazione di una moglie ormai messa da parte nelle priorità e negli affetti.
Ma, in fondo, della sua vicenda umana poco m'importa, la cosa che mi affascina è la sua azione: spazzare non è come passeggiare, del mio vagare non rimane segno tangibile né ricordo, quello che fa lui lascia una traccia per sottrazione. Dove prima c'erano mozziconi di sigaretta, cartacce e foglie ingiallite ora non rimane più niente, la strada ha ritrovato la sua verginità.
Stamattina c'è uno sfaccendato che osserva l'uomo che spazza. Lo noto mentre passo e sulle prime spero che sia intento a guardare qualcos'altro, invece no, mi volto a controllare e non ci sono dubbi, è qui proprio per lui. Se ne sta lì con le mani in tasca, nella posizione del fenicottero, cioè in equilibrio su una gamba, mentre l'altra è ripiegata ad appoggiare il piede a un muretto di cinta. Lo studia con una sfrontatezza che mi irrita, io non ho mai osato arrivare a tanto. Vado avanti per qualche decina di metri e poi torno sui miei passi, rallento quando sono davanti a questo tipo, fingo di armeggiare con il cellulare e mi soffermo frapponendomi fra lui e il mio protetto. Lo sconosciuto mi ignora e si sposta un poco per non perdere la visuale dell'uomo che spazza, aumentando il mio fastidio. Riprendo il cammino e devo far appello al mio autocontrollo per non tornare indietro e dirgliene quattro, come meriterebbe. Più tardi, a mente fredda, rifletto sui motivi del mio disappunto.
Mi fa male ammetterlo, ma devo accettare questa irritazione per quello che è: gelosia. L'uomo che spazza è mio, l'ho scoperto io! Che cosa vuole questo intruso, questo parvenu del voyerismo antropologico? Perché non si cerca un soggetto tutto per sé, che diamine!
Sono turbato da questo sentimento, forse per una ragione più profonda che, finora, non ho afferrato in pieno.
Talvolta mi chiedo se l'uomo che spazza, tutto preso in un'attività che per lui dev'essere dilettevole e terapeutica come lo è per me camminare, segretamente spii il mio vagare senza che me ne renda conto; magari mi ha anche definito l'uomo che passeggia. O forse, semplicemente, vorrei che il nostro rapporto avesse questa natura speculare, ma temo che sia solo una mia chimera, perché lui, ostinatamente, a capo basso, spazza e non si cura di me.
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Commento : L'uomo che spazza
Pochissime segnalazioni:
1 - Sorrido per la citazione e per questo gioco fra di noi. - Forse è meglio: per questo gioco fra noi.
2 - incurante del caos che lo circonda, la vita mentre si svolge, attento a cancellarne le tracce inevitabili che lascia dietro di sé.
Mi sembra che il periodo: "la vita mentre si svolge, " zoppichi un po', ma potrei sbagliare.
3. "con spiegazioni del suo comportamento banali. " Io direi: con spiegazioni banali del suo comportamento.
4 – "cioè equilibrio su una gamba, " forse sarebbe meglio - cioè in equilibrio su una gamba,
Concludendo:
Non so. Questo uomo che spazza spicca talmente nel racconto, che alla fine mi sarei aspettato un azzardo dell'autore sul significato del suo personaggio.
È evidente come il racconto rappresenti l'eterna metafora umana. Ci diamo tanto da fare per tutta una vita, ma alla fine cosa resterà del nostro incessante agire? Una folata di vento ne cancellerà ogni traccia, proprio come per l'uomo che spazza?
Ci tengo a precisare che la mia speranza personale non è esattamente quella di finire come l'uomo che spazza. Io sono un credente. Ma questo è un altro discorso.
La mancanza di un finale mi costringe a ridurre il voto a 4.
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Re: L'uomo che spazza
Per quanto riguarda la mancanza di finale che hai avvertito, ho preferito rimanere in quella zona grigia che ho riassunto nella frase del dubbio, del mistero. Come hai giustamente detto si parla di metafora della vita, io non sono credente e forse per questo non mi aspetto sempre un disegno compiuto.
Si sa, i testi appartengono a chi li scrive e a chi li legge, la tua analisi è molto gradita.
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Se vogliamo dire qualcosa di più, direi che si potrebbe scavare di più nella psicologia della voce narrante e caratterizzare l'antagonista che appare a un certo punto. Ma appare veramente o è frutto della mente del narrante? E l'uomo che spazza, esiste veramente?
Vogliamo dare un finale (di cui non sento la mancanza)? L'uomo che spazza e la voce narrante sono la stessa persona!
Vogliamo rubare una idea a Matheson in "Regola Per Sopravvivere"? Allarghiamo la scena: la città è distrutta e lui è l'ultimo uomo che spazza fra le macerie.
- Roberto Bonfanti
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Re: L'uomo che spazza
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Commento: L'uomo che spazza
Partire da un tema così semplice e "quotidiano" e tirar fuori un racconto che funziona alla perfezione e non è per niente banale merita complimenti sinceri.
Non ho ben capito la cosa del grosso cavo che, nel sogno, sbuca fuori dall'orlo dei pantaloni dell'uomo che spazza.
La "gelosia" verso il terzo incomodo che osserva l'uomo che spazza, perchè il narratore lo vorrebbe "tutto per sè", è stata il massimo.
Nel mio isolato c'è una donna che spazza: dopo aver letto il tuo racconto la guarderò in modo diverso...
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Re: L'uomo che spazza
Il cavo, potrei dire che simboleggia un legame, un controllo di qualche volontà oscura che lo manovra, cose del genere, in fondo siamo dentro a un sogno… la verità è che mi piaceva quell'immagine e ce l'ho messa.
Il mio personaggio si ispira un vero uomo che spazza e, per certi tratti, gli assomiglia. Osservare le piccole crepe della normalità è una cosa che mi piace molto.
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Re: L'uomo che spazza
Quello che citi è un ottimo racconto, come tutta l'opera del grande Poe.
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Re: L'uomo che spazza
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Re: L'uomo che spazza
Grazie per l'apprezzamento, ancora più gradito visto che il racconto non è nelle tue/sue (ora sono un po' confuso) corde, quindi complimenti per l'obiettività.
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Re: L'uomo che spazza
Ciao e comunque un caro saluto,
Roberto
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Re: L'uomo che spazza
Grazie per il tempo che mi hai dedicato e ricambio il caro saluto.
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Hai ragione Roberto. Sono io che sono confuso. Proseguiamo col "tu". Mi sono trovato a chiedermi se fosse corretto usare il "tu", per rispetto. Non farci caso, sono un po' in cerca di correttezza.Roberto Bonfanti ha scritto: 28/09/2021, 12:36 Buongiorno Marcello, ma non eravamo già al "tu", com'è normale su un forum, tempo addietro? Perché tornare al "lei"? Mi sono perso qualcosa?
Grazie per l'apprezzamento, ancora più gradito visto che il racconto non è nelle tue/sue (ora sono un po' confuso) corde, quindi complimenti per l'obiettività.
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Re: L'uomo che spazza
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Come scrittura non ho niente da dire, sempre ottima.
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E il protagonista, nel tentativo di comprendere l'uomo che spazza, prova a capire sé, a riflettere su di sé e sul mondo. Questo è lo scambio più riuscito, davvero ben fatto, del racconto, che ho trovato del resto un po' pirandelliano, da Così è se vi pare. Dove ciascuno assume le forme e la sostanza che gli altri, a torto o a ragione, gli affibbiano, immaginano, perfino sognano.
Si è ciò che gli altri assumono noi siamo?
Dal punto di vista formale nulla da segnalare, eccetto forse uno o due imperfetti di troppo. In un racconto al presente l'imperfetto si può usare, non siamo latini, l'italiano sui tempi verbali è accomodante. Sarà che io sono maniacale e mi scervello per trovare la soluzione che meglio mi suona.
Bel racconto, Roberto, pieno anche di speranza, e questo tuo ritorno spero che sia il segno di una sorte meno avversa.
Un caro saluto e voto massimo.
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Re: L'uomo che spazza
Grazie mille per gli apprezzamenti di forma e contenuto.
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Re: L'uomo che spazza
Fai bene a essere maniacale, le osservazioni sono sempre preziose, io imparo molto da tutte e dalle tue in particolare.
Per il resto, diciamo che la nottata sta passando e non aggiungo altro, non vorrei sfidare la sorte.
Un carissimo saluto anche a te.
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ognuno gli può dare un significato diverso (se non è esplicitato), in fondo è questo il fascino della letteratura.
Un saluto
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Trama esile, ma fa riflettere
- sempre con gli occhi puntati verso il basso incurante del caos che lo circonda, la vita mentre si svolge, attento a cancellarne le tracce inevitabili che lascia dietro di sé.
La trama è abbastanza esile, le considerazioni mi appaiono invece più profonde e tendenti al filosofico è per questo che ho dato un 4, interessante il sogno con il non senso che si porta dietro, intrigante l'aspetto della gelosia, surreale l'ipotesi del ribaltamento: l'uomo che spazza osserva l'uomo che passeggia.
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Re: L'uomo che spazza
Ricambio il saluto.
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Re: L'uomo che spazza

Grazie davvero per tutte le belle parole, sono molto contento che tu abbia apprezzato il mio racconto.
Aspetto una storia delle tue, a presto!
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Re: L'uomo che spazza
Riguardo a quel periodo, sei il secondo che me lo segnala come difettoso, evidentemente ci devo rimettere mano, accetto suggerimenti.
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Re: L'uomo che spazza
Anch'io credo che la scrittura sia spesso ispirata alla realtà che ci circonda, poi ognuno la filtra come vuole.
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- sempre con gli occhi puntati verso il basso incurante del caos che lo circonda, la vita mentre si svolge, attento a cancellarne le tracce inevitabili che lascia dietro di sé.
La trama è abbastanza esile, le considerazioni mi appaiono invece più profonde e tendenti al filosofico è per questo che ho dato un 4, interessante il sogno con il non senso che si porta dietro, intrigante l'aspetto della gelosia, surreale l'ipotesi del ribaltamento: l'uomo che spazza osserva l'uomo che passeggia.
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Intimista? Soggettivo? Eppure capace di oggettivizare quella soggettività e quell'intimismo, e quindi far sentire il lettore nella mente del protagonista: colui che "spia" l'uomo che spazza.
In effetti, forse questo sarebbe un titolo più indicato, dal momento che dell'uomo che spazza alla fine continuiamo a non sapere niente.


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L'arca di Noel
Da decenni proviamo a metterci al riparo dagli impatti meteoritici di livello estintivo, ma cosa accadrebbe se invece scoprissimo che è addirittura un altro mondo a venirci addosso? Come ci comporteremmo in attesa della catastrofe? Potremmo scappare sulla Luna? Su Marte? Oppure dove?
E chi? E come?
L'avventura post-apocalittica ad alta tensione qui narrata proverà a rispondere a questi interrogativi.
Di Massimo Baglione.
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Franco Giori, Valentino Poppi, Stefania Paganelli,
Selene Barblan, Caterina Petrini,
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Rosso permissivo
Una bambina e alcune persone subiscono una crudele e folle violenza. Cosa potrebbe fare una donna per vendicarsi e scongiurare la possibilità che anche sua figlia cada vittima dei carnefici? Lo scopriremo in questo racconto, dato che il rosso ce lo permette.
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La Gara 52 - Colpo di fulmine






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La Gara 11 - Parole in padella












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La Gara 13 - Per modo di dire













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