Lettera a un padre
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Lettera a un padre
Istintivamente allungo il braccio cercando di raggiungerti ma sei troppo distante.
Dormi, un sonno agitato; sento il tuo respiro profondo e mi viene da sorridere. Solo tu puoi addormentarti in una situazione del genere.
Mi domando da quanto tempo siamo dentro questa stanza.
Guardo l’orologio appeso al muro e mi accorgo che è quasi un nuovo giorno.
Buona notte, papà.
Il sonno per me non arriva e la mente è intasata di pensieri.
Sento rumori lontani mentre guardo assorta i giochi di luci ed ombre che danzano attorno a noi. Sdraiata in questo comodo letto bianco cerco di tirare alcune somme, cerco il più razionalmente possibile di fare un bilancio della mia vita.
Ne ho fatti tanti di errori e sono consapevole di non essere stata la figlia che tu, forse, avresti meritato.
Al solo pensiero le lacrime iniziano a rigarmi il volto. Così mi ritrovo a piangere silenziosamente cercando di soffocare i singhiozzi nella coperta di lana. Piango per te. Per noi.
Come abbiamo fatto ad arrivare a questo punto?
Da troppo tempo non siamo che sconosciuti; con lo stesso sangue, con gli stessi tratti somatici e, nonostante nessuno dei due lo ammetterà mai, con lo stesso schifoso carattere.
Alcune volte ti ho odiato e di questo, solo ora, mi vergogno immensamente.
Odiavo la tua assenza quando per giorni interi eri lontano da casa, odiavo la tua presenza quando tornavi.
In alcune occasioni ti avrei voluto accanto, speravo ti sedessi accanto a me e mi chiedessi come stessi, che cosa mi passasse per la testa. Ma non facevo altro che risponderti stizzita non ho niente le poche volte che lo facevi.
Credevo, insomma, di essermi abituata alla tua assenza, a non vederti quasi fossi un fantasma. Ero proprio una stupida.
Il tempo non passa mai. Mi rimbomba nella testa l’odioso ticchettio dei secondi che trascorrono. Mi manca l’aria e così guardo la finestra come se potessi aprirla con la forza della mente.
Nonostante la stagione il cielo è limpido; riesco a vedere alcune stelle luminose, la scia di un aereo diretto chissà dove e una bianca luna. Il suo chiarore illumina la stanza evidenziando tutte le imperfezioni e le rughe che ormai segnano il tuo volto.
Per la prima volta mi soffermo ad osservarti con attenzione e mi stupisco nel vederti così invecchiato. Quanto tempo che abbiamo sprecato a litigare per piccole, stupide inezie.
Anche se nonostante i miei malumori e i miei silenzi mi hai sempre guardata da lontano e protetta. Come una roccia che non vedi, sommersa dall’ acqua, ma alla quale sai che puoi aggrapparti per trarti in salvo laddove il mare si increspi improvvisamente.
Tu un osservatore lontano, discreto. Tu che chiedevi agli altri cosa facessi. Ed io che scioccamente mi disinteressavo di come il mio atteggiamento potesse farti stare.
Ma ora il destino mi ha dato un’opportunità.
Quando il medico annunciò che c’era compatibilità e che il trapianto poteva essere eseguito capii che era giunta la mia occasione per dimostrarti il mio amore. È l’ora di mettere da parte l’orgoglio, senza scuse. Perché la vita è una e noi meritiamo una seconda possibilità. Non ti lascerò andare senza averci provato. Perché, di fatto, non sono pronta a stare senza di te.
E chissà; usciti da qui noi due soli potremmo sederci ad un tavolo qualunque di un anonimo bar a raccontarci. Per cercare di ricominciare. Perché non è mai troppo tardi, non ci sono tempi giusti o luoghi perfetti per dare un abbraccio.
Li sento arrivare. I loro passi rimbombano nel corridoio silenzioso. È arrivato il momento mi dico.
Tu mi guardi e mi sussurri a dopo tesoro. Una lacrima ti riga la guancia e imbarazzato come un ragazzino colto con le mani nella marmellata la scacci velocemente come se ci fosse vergogna nel manifestare emozioni.
Mentre ci portano via riesco a sfiorarti la mano.
Neanche in questo momento riusciamo a dircelo ma, forse, per la prima volta, non occorre. Ci guardiamo e tutti gli errori di questi anni magicamente svaniscono.
A dopo, papà.
Commento: Lettera ad un padre
- Massimo Baglione
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Re: Lettera a un padre
Se invece state solo rispondendo, non serve specificare.
Ricordatevi anche che il testo del commento deve essere lungo almeno 200 battute.
Vi rimando alle istruzioni delle Gare letterarie.
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Dal titolo mi sarei aspettato altro, non so, un padre defunto oppure lontano da casa per un motivo o un altro, più che una lettera a me sono sembrate riflessioni, dettate forse dall'ansia e dalla paura di non rivederlo più dopo l'intervento per complicanze che spero non siano avvenute. Il rimorso nasce sempre nei momenti più bui e lontani, quando è troppo, o quasi, tardi; quando il famoso film dei ricordi scorre inesorabile nelle nostri menti.
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Racconto molto intimo, ben scritto, poco coinvolgente per chi legge, a meno che non abbia provato le stesse cose.
La punteggiatura forse è un pochino da rivedere.
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È vero, ci sono delle incongruenze però, come ha fatto notare Stefyp, fanno parte del normale rapporto padre/figli.
Ben scritto, migliorabile solo in certi dettagli di punteggiatura, un po’ retorico ma nel complesso non male.
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peccato per i refusi. ci sono d eufoniche, spazi di troppo (dopo l'apostrofo non vanno), ripetizioni.
e qualche punteggiatura da rivedere.
il finale è fin troppo scontato, sebbene comprensibile, vista la storia.
comunque si lascia leggere.
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Formalmente, il racconto è scritto bene, mi pare.
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La Gara 48 - Stelle
A cura di Marina Paolucci (con la supervisione di Lodovico Ferrari).
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GrandPrix di primavera 2024 - L'ultima volta - e le altre poesie
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BReVI AUTORI è una collana di libri multigenere, ad ampio spettro letterario. I quasi cento brevi racconti pubblicati in ogni volume sono suddivisi usando il seguente schema ternario:
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La brevità va a pari passo con la modernità, basti pensare all'estrema sintesi dei messaggini telefonici o a quelli usati in internet da talune piattaforme sociali per l'interazione tra utenti. La pubblicità stessa ha fatto della brevità la sua arma più vincente, tentando (e spesso riuscendo) in pochi attimi di convincerci, di emozionarci e di farci sognare.
Ma gli estremismi non ci piacciono. Il nostro concetto di brevità è un po' più elastico di un SMS o di un aforisma: è un racconto scritto con cura in appena 2500 battute (sì, spazi inclusi).
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Fausto Scatoli. Giorgio Leone, Annamaria Vernuccio, Luca Franceschini, Alphaorg, Daniel Carrubba, Francesco Gallina, Serena Barsottelli, Alberto Tivoli, Giuseppe C. Budetta, Luca Volpi, Teresa Regna, Brenda Bonomelli, Liliana Tuozzo, Daniela Rossi, Tania Mignani, Enrico Teodorani, Francesca Paolucci, Umberto Pasqui, Ida Dainese, Marco Bertoli, Eliseo Palumbo, Francesco Zanni Bertelli, Isabella Galeotti, Sandra Ludovici, Thomas M. Pitt, Stefania Fiorin, Cristina Giuntini, Giuseppe Gallato, Marco Vecchi, Maria Lipartiti, Roberta Eman, Lucia Amorosi, Salvatore Di Sante, Valentina Iuvara, Renzo Maltoni, Andrea Casella.
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"La spina infinita" è stato scritto quasi vent'anni fa, quando svolgevo il mio servizio militare obbligatorio, la cosiddetta "naja". In origine era una raccolta di lettere, poi pian piano ho integrato il tutto cercando di dare un senso all'intera opera. Quasi tutto il racconto analizza il servizio di leva, e si chiude con una riflessione, aggiunta recentemente, che riconsidera il tema trattato da un punto di vista più realistico e maturo.
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A cura di Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
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Il titolo di questo libro vuole sintetizzare ciò che spesso la Natura è costretta a fare quando utilizza il suo strumento primario: la Selezione naturale. Non sempre, infatti, "evoluzione" è sinonimo di "passo avanti", talvolta occorre rendersi conto che fare un passettino indietro consentirà in futuro di ottenere migliori risultati. Un passo indietro, in sostanza, per compierne uno più grande in avanti.
Di Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.