La buona scuola
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La buona scuola
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Ho trovato il racconto ben scritto, segnalo un piccolo refuso: rimproverato al posto di rimproverarlo, nella frase "vecchio riusciva a farlo sentire peggio senza nemmeno rimproverato".
I sentimenti, e le situazioni descritte, sono molto realistiche e coinvolgono il lettore. Sì prospetta un lieto fine per questo amore giovanile. Ho apprezzato molto la maturazione di Reska, soprattutto su ciò che potrebbe essere il suo futuro. Voto 5.
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Re: La buona scuola
per l'apprezzamento, e anche per aver individuato il refuso: in una prima stesura il periodo recitava "senza averlo nemmeno rimproverato", stavo togliendo caratteri (circa 3000: so scrivere davvero tanto senza dire niente), e l'"averlo" è caduto.
Non posso che ringraziare per il commento e il voto generosi.
A presto!
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Voto 5, saluti
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Re: La buona scuola
Sì, mi è uscito un villaggio tra celti e germani, una specie di Asterix, con Wossama nella parte del druido Panoramix.
Il problema, credo, e perciò ho introdotto anche la madre di Reksa, non è solo quanto sia inadeguata la scuola, ma anche le famiglie, che pretendono che i loro pargoli siano destinati a chissà quale destino quasi per diritto di sangue (il figlio del medico che non diventa medico? OVVOVE! Ma chi opererá, il padre o il figlio?)
La madre di Reksa, sì, naturalmente soffre un po' il fatto che il figlio rinunci a diventare capo, ma sa che più importante è per il figlio e per il villaggio che ciascuno possa fare ciò che è al meglio di sé.
Reksa come figlio di capo l'abbiamo visto: l'idea di aspirare al comando lo rendeva un po' spaccone e presuntuoso. Il suo nuovo sé avrà la possibilità di dedicarsi a ciò che farà, piuttosto che vivere nell'ombra del padre, o nell'angustia di dover raggiungere quel traguardo, o nella paura di non riuscire a dare il meglio di sé... (la taglio qui ma ho un'altra decina di punti, tutti ugualmente importanti).
E poi... la felicità: nel racconto non c'è (o c'è solo come risultato della vicenda), ma la scuola dovrebbe insegnare a essere felici di sé. Noi non siamo più felici e non ci insegnano a essere felici; al contrario, ci insegnano l'angustia, la preoccupazione, il timore, l'inadeguatezza. Per cosa, poi? Per andare in fabbrica? Ma che bella aspirazione!
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Re: La buona scuola
Invidia no, per carità! A Napoli diciamo che "ll'uocchie sicche so' peggio d'e scuppettate" (gli "occhi stretti", l'in-vidia, è peggio delle fucilate), e io sto già così ben combinato...
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Colgo l'occasione per scusarmi, in quanto su una delle gare avevi risposto ad un mio racconto e non ti ho dato riscontro. Ti volevo ringraziare per i consigli perché mi hanno permesso di modificare il racconto e adesso "si scrive da solo" come tu giustamente hai asserito.
Veniamo al dunque: neanche a dirlo i colleghi mi hanno preceduto nei commenti quindi posso solo complimentarmi con te per la scrittura (magari saper scrivere come te! A detta di Antonio, ma anche mia).
Oltre alla scrittura, di valore inestimabile, il significato lo è altrettanto, attuale, reale e molto più profondo di quanto sembri.
Ti saluto e ti ringrazio per queste piccole gemme che ci regali. A presto!!
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Re: La buona scuola
Dovevo mettere in ordine alcune cose... anche nello scrivere.
Queste gare sono stimolanti, ma non devono diventare un obbligo: ne risentirebbero le storie. E infatti l'ultima volta che ho partecipato, Merceds mi ha rivolto osservazioni talmente pertinenti che sarebbe stato ipocrita non ammetterne la verità.
Acque chete (che rovinano i ponti...), tempo, tornare ad ascoltare le storie.
Questa è la seconda. Un'altra, abbastanza più lunga, non può partecipare perché di circa 40'000 caratteri. Per certi versi è più emotiva, per altri meno... La posto sul mio profilo appena ne termino la revisione dialettale.
E insomma... Grazie per l'entusiasmo, davvero.
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Re: La buona scuola
sono "tornato"? Sì e no. Forse ho messo qualcosa a posto e posso tornare a scrivere, ma non lo farò ad ogni gara. Chi è tornato non è del tutto chi era andato via: l'acqua di un fiume non è mai la stessa.
Insomma, non solo Reksa, ma anche io devo seguire le mie "voci", e per il passato ho raramente fatto ciò che dicevo/scrivevo. Non va bene.
Felici... Come ogni stolto, ora corro a chiudere la stalla dopo che le bestie ne sono scappate.
Grazie ancora per il gradimento, a rileggerci presto!
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Per questo amore per il Mito sei un Siciliano ad honorem.
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Re: La buona scuola
L'ispirazione per questo racconto era venuta a settembre (addirittura), seguendo in rete il rantolo di un docente universitario a proposito del... sistema universitario.
Non avrei potuto mettere l'uomo, peraltro una persona abbastanza corretta, di fronte ad alcune delle sue evidenti contraddizioni, e quindi ho preferito idealizzare una soluzione positiva invece di rimproverargli quelli che ormai sembrano peccati veniali.
Ma sto imparando a scrivere solo se c'è la storia, altrimenti lascio stare: non invento un racconto che non c'è. Da qui tutto il tempo per passare dall'ispirazione al testo (peraltro buttato giù quasi di getto, quando il racconto si è finalmente presentato).
Dovrei dire che non c'era tutto quello che hai visto tu? Questa volta c'era (e meno male, altrimenti non avrei avuto il coraggio di risponderti).
Sì, aspiro a una scuola che, di comune intendimento con la società, e con le famiglie che di questa società fanno parte, e con gli individui che faranno parte di questa società, faccia maturare gli individui affinché possano aspirare ad essere sé stessi al meglio di sé stessi, senza curarsi del "diritto di sangue" (ad esempio, figli di medici che diventeranno medici ma che sarebbe più sicuro se si dedicassero ad altro...)
Una soluzione condivisa tra tutte le parti, dunque, che è l'unico modo di vedere l'animale sociale uomo: nella società.
In ciò, un amico citava la frase (credo a spanne) a proposito del ruolo degli insegnanti: "Non devo trasferire me in voi, ma voi in voi". Credo si adatti bene a indicare il valore di tutta la scuola, e di tutta la società, per quel che all'istruzione/educazione compete.
Ma queste diventano fole e sogni, dal momento che la "societas" (rapporto tra "socii") non esiste più, nel mondo turbocapitalista e ultraliberista. Oggi siamo tutti consumatori esclusivi (ciò che consumo lo sottraggo inevitabilmente a qualcun altro, spesso ai figli).
Paradossalmente, noi italiani queste idee le abbiamo raccolte nella Costituzione ("la Repubblica rimuove gli ostacoli", "promuove" e compagnia cantando), ma poi diventano carta straccia nel quotidiano. Si tacciano spesso certe idee come sovversive, "comuniste" o addirittura anarchiche, ma guarda un po': sono riuscito a esporle in un'ambientazione tribale...
Pure i primitivi ci arrivano, ma non i leader mondiali nel 2024...
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Re: La buona scuola
Il modello, naturalmente, non sono le nostre scalcagnate scuole e università, mai in grado di formare cittadini e oggi certo non in grado di elargire competenze spendibili sul mercato del lavoro, ma le scuole e università dell'Europa centro settentrionale. Il sistema tedesco, in particolare, con le sue scuole tecniche e gli istituti tecnici superiori, con un apparato produttivo al servizio della più grande potenza mercantile del pianeta. Naturalmente nei paesi autocratici questo sistema è più avanti e funzionale, penso alla Cina, o anche alla Russia. Certo esistono anche altre strutture, più grandi e in competizione, e l'esplosione dei due gasdotti nel Baltico ne sono una prova. L'uomo comune è schiacciato e inserito in un sistema di strutture, di gabbie, in cui il suo libero arbitrio vale sempre più meno di nulla.
La struttura è sempre quella del dominio. Governare dei cittadini è faticoso, alle volte controproducente, altre inutile, ma oggi è forse pericoloso. Coi sudditi si fa prima, specie se i sudditi neanche lo sanno di esser sudditi e pensano di essere loro i depositari della sovranità. Il nemico è alle porte, non è un caso se da decenni non ci dicono altro.
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Re: La buona scuola
Ma in quello che dici trovo un'assurda speranza: tutta la retorica e il fumo negli occhi che stanno creando per separare il cittadino dalla sovranità, al punto che nemmeno ci accorgiamo di quanto siamo realmente lontani dal potere, nemmeno ci accorgiamo di quanto potere ci hanno realmente sottratto, gioca in realtà contro di loro.
Questa differenza, questa separazione tra parole e realtà la vedo come una molla che si carica. E che accadrà quando la differenza tra lo stato reale delle cose e quello solo propagandato si paleserà, quando sarà di pubblico dominio?
Io temo una grande rivoluzione mondiale che coinvolgerà realmente ogni aspetto della società, e che rifonderà anche il modo di parlare delle persone, perché sarà evidente che la grande arma al servizio delle elite è stata il linguaggio, piegato a dire quello che non era reale (ma già ora ce ne accorgiamo col femminismo, con la cultura woke, con l'ambientalismo e il pacifismo d'accatto).
"In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio, e il Verbo era Dio". Questa gente non ha capito bene cosa ha cercato di pervertire...
Da questo punto di vista, adoro le fiabe per il loro linguaggio semplice: il pane al pane e il vino al vino. In un certo senso, con malizia lavoro su me stesso per curare la mia percezione delle cose dalle distorsioni imposte dal resto del mondo. E se nel mentre riesco a comunicare qualche campanello d'allarme, ben venga!
Insomma, loro stanno tirando la corda dall'alto. Io non sono nessuno, ma ho tutta l'intenzione di tirarla dal basso. Se deve venire, che venga presto!
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Re: La buona scuola
come commentavamo più su con Namio, non ha senso vedere la scuola diversamente.
C'è una presupponenza, in giro, il "lei non sa chi sono io" basato sul successo economico, sullo "status" apparente del possesso di un'automobile (ad esempio) quando si parla coi docenti, di esagerazioni insensate (concerti rock a 13 anni, viaggi esotici, abiti griffati, cellulari da dirigenti d'azienda) che rende assai chiaro il nodo della questione, ed è un nodo sociale: l'animale uomo è sempre stato sociale, e non ha certo deposto questo tratto, ma a causa del consumismo l'ha pervertito!
Passare dalla società dell'essere a quella dell'avere è significato esattamente questo: nei rapporti degli uni con gli altri (e col resto della società) docenti e genitori degli studenti assumono oggi ruoli che dipendono dal loro rispettivo valore sociale. Nella società dei consumi, chi più dimostra di poter spendere, ha l'ultima parola! Il docente si pone severo col figlio del poveraccio, ma sviolina il genitore impellicciato. Poi il poveraccio può essere un'ottima persona e l'impellicciato un noto delinquente, ma quest'è.
Non è ciò che accadeva quando il docente (e pure era sbagliato) si rapportava col buon panettiere, col giornalaio, col pizzicagnolo, col contadino e anche col nobile o con la moglie del carcerato. Allora si rapportava con le persone per quello che erano, oggi per quello che hanno.
Perché dico che pure era sbagliato? Perché il dialogo i docenti devono averlo con gli alunni! Sono gli alunni che loro formano, non i loro genitori! Ma almeno, se una volta parlavi col panettiere perché da brava persona faticatrice si mettesse a indirizzare il figlio col suo esempio da panettiere, oggi è tutto ridotto a un: toglietegli il cellulare, indistintamente. Toglietegli questo, toglietegli quello, perché i ragazzi hanno troppo, e non sanno cosa significhi (se è per questo, neanche i genitori).
Il troppo avere non lascia spazio all'essere, soprattutto nella crescita dell'individuo: non c'è maturazione perché si è troppo distratti da altro.
A questo punto mia moglie partirebbe con una filippica sui cellulari. Normalmente divergiamo su molti argomenti, ma è da ammettere che l'uso dei cellulari in giovane età è un disastro: i ragazzi apprendono che tutto è alla loro portata e tutto è facile. "Videogiochi" stupidi, dove le loro capacità vengono esercitate al livello di un criceto sulla ruota, permettono loro di tentare e ritentare sfide di nullo spessore o importanza. Applicazioni social li espongono a esempi di vita senza capo né coda, e danno loro come massima aspirazione quella di fare il gamer o l'influencer... Ma chi? Ma cosa?
Ecco, sono partito da una cosa e sono finito da tutt'altra parte, ma credo sia ovvio: stiamo parlando di fenomeni sociali, e tutto quello che accade nella società torna a riflettersi anche sull'insegnamento.
Bisogna ripartire dalle cose fondamentali e togliere da mezzo un bel po' di fronzoli di contorno: a che serve la scuola? A chi serve? Perché? Rispondere a queste semplici domande in maniera semplice e diretta, e conformarsi a queste risposte è l'unica soluzione ai problemi che stiamo vedendo.
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molto coinvolgente e carico di significati, con descrizioni davvero pregevoli.
non ho trovato refusi, pertanto mi permetto di dire che è scritto molto bene.
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Re: La buona scuola
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Fausto Scatoli ha scritto: ↑11/03/2024, 12:28 era bello il mondo, era bello il villaggio ed è bello il racconto.
molto coinvolgente e carico di significati, con descrizioni davvero pregevoli.
non ho trovato refusi, pertanto mi permetto di dire che è scritto molto bene.
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Human Takeaway
(english version)
What if we were cattles grazing for someone who needs a lot of of food? How would we feel if it had been us to be raised for the whole time waiting for the moment to be slaughtered? This is the spark that gives the authors a chance to talk about the human spirit, which can show at the same time great love and indiscriminate, ruthless selfishness. In this original parody of an alien invasion, we follow the short story of a couple bound by deep love, and of the tragic decision taken by the heads of state to face the invasion. Two apparently unconnected stories that will join in the end for the good of the human race. So, this is a story to be read in one gulp, with many ironic and paradoxical facets, a pinch of sadness and an ending that costed dearly to the two authors. (review by Cosimo Vitiello)
Authors: Massimo Baglione and Alessandro Napolitano.
Cover artist: Roberta Guardascione.
Translation from Italian: Carmelo Massimo Tidona.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.