Lo Hobbit, una noia inaspettata!
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Lo Hobbit, una noia inaspettata!
non so voi ma io fatico a risparmiarmi, anzi in effetti lo cerco, l'ormai istituzionale appuntamento cinematografico festivo o prefestivo. Premesso che passerei una serata a leggere il dizionario piuttosto che sborsare dei soldi per un cinepanettone all'italiana che, stando agli incassi, rappresentano gli amari picchi di affluenza di pubblico nei nostri cinema, ammetto senza vergogna la ricerca di un fantasy che mi cali nell'atmosfera giusta: leggi utopico ritorno all'infanzia.
Dopo questa lunga premessa avrete capito che ero destinato a vedere "Lo Hobbit", forse lo avevate leggermente sospettato leggendo il titolo dell'argomento, purtroppo gli appuntamenti carmici, spesso carichi di aspettative, vengono facilmente delusi. Anche questo credo l'abbiate intuito dal titolo.
Peter Jackson è reduce dall'enorme successo del "Signore degli Anelli", più che meritato mi permetto di sottolineare, condizione che introduce una pericolosa insidia: la sindrome dell'onnipotenza. La pellicola anche se apparentemente fedele al testo si concede lunghe digressioni noiose, nonché premesse e introduzioni che sembrano destinate solo a procrastinare l'inizio della vicenda. Il prologo del "Signore degli Anelli", spero ricordiate l'introduzione narrata dalla voce di Galadriel e da immagini potenti e suggestive, è stato malamente clonato nello "Hobbit": la narrazione è sfilacciata e lenta, le immagini sono spettacolarizzate, anziché spettacolari, creando il pathos da aspettativa nello spettatore che, almeno per me, si è sgonfiato come una bolla di sapone.
Nella prima ora di film, che ne dura quasi tre, assistiamo alla guitta e anche un po' pleonastica comparsa dei nani a casa di Bilbo Baggins, evento che l'autore descrive per introdurre il lettore all'astuzia di Gandalf: lo stregone incastra l'amico Hobbit sfruttando la sua accoglienza, tipica del suo popolo. Nel film questo lunghissimo momento, puntellato di umorismo secondo me un po' scontato e prevedibile, non contrasta con il resto della pellicola, si assiste ad un aumento della tensione preparatoria dell'azione, purtroppo questa risulta spesso caotica rendendola poco apprezzabile. Quando le scene dinamiche risultano poco chiare obbligano lo spettatore ad uno sforzo interpretativo, che pregiudica il coinvolgimento dello stesso nei momenti più salienti.
In conclusione per me è stata una pessima trasposizione: lenta, sfilacciata, ricca di interludi che precedono momenti deludenti.
Aspetto di sapere la vostra opinione.
- Massimo Baglione
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Re: Lo Hobbit, una noia inaspettata!
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Re: Lo Hobbit, una noia inaspettata!
- Claudio Lei
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Re: Lo Hobbit, una noia inaspettata!
La Gara 48 - Stelle
A cura di Marina Paolucci (con la supervisione di Lodovico Ferrari).
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La Gara 62 - La famiglia
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La Gara 9 - Un racconto per un cortometraggio
A cura di Alessandro Napolitano.
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Noir + Drammatico + Psicologico
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La brevità va a pari passo con la modernità, basti pensare all'estrema sintesi dei messaggini telefonici o a quelli usati in internet da talune piattaforme sociali per l'interazione tra utenti. La pubblicità stessa ha fatto della brevità la sua arma più vincente, tentando (e spesso riuscendo) in pochi attimi di convincerci, di emozionarci e di farci sognare.
Ma gli estremismi non ci piacciono. Il nostro concetto di brevità è un po' più elastico di un SMS o di un aforisma: è un racconto scritto con cura in appena 2500 battute (sì, spazi inclusi).
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