Port Elizabeth
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Premetto che, per ora, non ho dato e non darò un voto finché non lo avrò metabolizzato. Renato Saviani pare essere il protagonista del racconto e, insieme l'autore. Sarà autobiografica come suggerisce il nome? Spero di no, per Renato Saviani. Ma, andiamo al di là del problema. L'autore, che ne sia protagonista oppure no, apre uno sguardo su quello che è essere straniero in terra straniera, al di là del fatto che si sia africani in terra europea, europei in terra africana o altro. Saviani (scusa se ti chiamo così, ma è il tuo nick) esprime il suo disagio per il fatto di trovarsi in una "Terra" non sua, ma, questa volta, vista dal nostro punto di vista, di chi, per qualche motivo, dalla ricca Europa si sposta in sudafrica (credo di aver capito che sia stato uno spostamento).
Dal punto di vista "letterario" mi aveva preso più il primo paragrafo degli altri, secondo me più sentito. Ma quello che mi è piaciuto di più è tutto il resto della storia che non racconti, ma fai capire con i paragrafi " Poi il", "Poi il".
Come ti ho detto il voto non l'ho ancora dato, ci penso (e non mi capita spesso).
Al di là di questo, complimenti!
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Straniero in terra straniera, con le differenze e le diffidenze da superare, il duro percorso di formazione che il ragazzo deve affrontare è disegnato in maniera avvincente. Parteggio per lui che, in qualche modo, si sta adattando.
Mi piace lo stile e quell’insistere su parole ripetute per rafforzare i concetti; nel contesto funziona bene. Apprezzabile anche il cambio di tempo passato-presente, rende più dinamica la narrazione, ma perché lo utilizzi solo nell’episodio del primo giorno di scuola?
Diversi refusi, per esempio “disinfetto”, “disinfettò” e ci vedrei bene una virgola, “finché” con l’accento grave invece che acuto, qualche nome proprio con la minuscola, alcune imprecisioni nella punteggiatura.
L’elenco finale sembra la scaletta di un romanzo che si preannuncia molto interessante.
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Re: Port Elizabeth
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Nell’estate 1991 andai a stare da un amico tedesco in Namibia. Prima, però, feci un lungo giringiro in Sud Africa. Spostandomi da Capetown a Durban, passai solo per Port Elizabet, dedicando molta più attenzione alla Garden Route e alla ferrovia storica, ora in disuso, da George a Knysna via Wilderness. Questo a dire che i posti un po’ li conosco e, anche se Mandela era libero da un anno e l’apartheid ufficialmente finita il 27 aprile, ricordo bene il clima di odio, la sensazione palpabile di violenza repressa, la tensione e il rancore che aleggiavano nell'aria. Per cui non ho nessuna difficoltà a immaginare questo ragazzino, spaesato e impaurito che cammina pensando al tram undici – se si parla di Milano lo stesso che prendevo io a Città Studi quando mi veniva a noia il ventuno – verso il suo destino con un caldo pazzesco. Per sei mesi, infatti, le petroliere che doppiano il capo di Buona Speranza - dove l’Oceano Atlantico "scontra" quello Indiano -, a partire da di Port Elisabeth sentono gli effetti dei monsoni che arrivano dall’India. In città arrivano abbastanza “scarichi”, ma c’è poco da scherzare.
Venendo al racconto mi è piaciuto moltissimo, sia per il contenuto che per la forma. È stupendo avere tante cose da raccontare e avere il dono di raccontarle così bene.
L’elenco finale dei “poi”, sembra un promemoria per altrettanti racconti, magari da cucire infine in un libro. Speriamo di leggerli presto!
Re: Port Elizabeth
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Re: Port Elizabeth
Sei arrivato/a e hai sparato questo tuo testo nella sezione del calendario, dando prova di non esserti minimamente speso/a nel capire cosa, come e perché esistesse quel concorso.
Ti ho scritto in quella sezione del calendario e hai rimediato spostando qui il racconto, senza rispondere nulla in merito al mio messaggio, né chessò, scusarti, o roba simile.
Di solito, ovunque si vada per partecipare a qualsiasi cosa, ci si informa su come fare e ci si presenta.
Così, lo dico solo perché lo hai chiesto, e te lo dico in amicizia, senza alcun tipo di rancore o di attacco personale. Siamo una comunità libera e gioviale, ma seria. Un minimo di etichetta, insomma, è auspicata ovunque, sia qui che nel mondo reale.
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Tieni in scarsa considerazione i tempi verbali, e passi di continuo dal presente al passato e viceversa.
Adoperi il PdV del protagonista, e quindi anche il narratore, la voce narrante, è quella del protagonista. Non so però fino a che punto sia un scelta consapevole.
Ti ricordo che il protagonista è un bambino, mentre le considerazioni sembrano essere sempre quelle di un adulto.
Nel finale infatti abbandoni la scelta del PdV del protagonista, e lo fai con quella serie di "Ricordo", dove è appunto l'adulto, in modo definitivo, che ricorda, che sa, considera e interpreta a posteriori, da adulto per l'appunto.
Molta confusione quindi. Ti consiglio una revisione radicale: o il bambino o l'adulto a narrare.
Re: Port Elizabeth
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"Mi infilò una matita nella schiena per parecchi centimetri" difficile da credere...
Re: Commento
Purtroppo Renato paga ancora le conseguenze di quel gesto insano e violentò.
A volte è difficile credere a cose che sono o lontane dal nostro modo di vedere o semplicemente narrate, a volte è solo più semplice non accettarlo. Grazie ogni commento è una crescita.
Re: Port Elizabeth
ho scritto questo pezzo di getto, come spesso succede. Cerco di scrivere secondo l'emozione che il racconto mi suggerisce nel momento stesso in cui lo butto giù. Riconosco i miei forti limiti, ma a volte penso che l'ignoranza sia una parte sottile dell'emozione quando non è stupida. L'emozione è quello che cerco di trasferire e ovviamente non sono uno scrittore, smile. Non so se si capisce. Insieme ad una amica ho rivisto il testo secondo indicazioni da te e da altri ricevute. Ora vi chiedo una cortesia, vorrei sapere da voi se in questo modo, cioè nella versione rivista e corretta, provate lo stesso feeling o se il colore è cambiato. Sarebbe per me un onore sapere cosa ne pensate.
ciao e grazie
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Re: Port Elizabeth
Quando si trasportano le proprie esperienze personali in un racconto - mi pare questo il tuo caso - , è necessario seguirne le regole. Ho già scritto qualcosa in proposito nel commento al racconto di Isabella Galeotti. Prima di cominciare bisogna aver ben chiaro come si articolerà la narrazione, chi sarà il protagonista e come racconterà la voce narrante, che nel tuo racconto coincidono (l'io narrante). Simili, però non uguali, e pertanto andranno tenuti distinti graficamente; la loro unione genera sempre confusione in chi legge.
E poi, nel racconto biografico, si annida sempre la tentazione di intervenire in prima persona.
Per esempio: "La cravatta allentata per il caldo asfissiante, ma devo dire che tra i miei ricordi al caldo non do un peso negativo, anzi."
Quel devo dire significa che l'autore, tu stesso, aggiungi un'informazione. Non il protagonista, o l'io narrante, ma tu. Se proprio non puoi evitarlo - secondo me nuoce sempre al racconto - inseriscilo tra trattini.
Altro punto debole è quello della concordanza dei tempi. I tempi verbali devono allinearsi tra loro in questo modo: passato e passato, presente e presente. Sebbene in italiano la sua osservanza non sia così tassativa come in latino, è comunque sbagliato passare dal presente al passato (imperfetto, passato remoto, ecc.) e viceversa.
Quanto alle emozioni, concordo con te: l'arte (un racconto in questo caso) deve evocare emozioni; ma saper raccontare è già di per sé un'emozione, anzi è la prima, dietro la quale vanno tutte le altre.
Re: Port Elizabeth
osservazioni che terrò in considerazione, tutto aiuta a crescere e dovrò sicuramente pensare di unire le emozioni ad una giusta e corretta narrazione. Mi sento più portato alla poesia. Generalmente non condivido nulla di quello che scrivo. Di norma scrivo, rileggo e butto. Questo è un tentativo di condivisione e se sarò all'altezza continuerò, altrimenti sarà come sempre un privato report.
I will take note
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Re: Commento
[/quote]
Selene grazie, ho letto il tuo racconto e per questo apprezzo ancora di più la tua analisi. Temo di snaturare il mio racconto rettificandolo ancora, ho fatto una revisione ma secondo me ha perso un poco di colore anche se ora è meglio di prima in tutto.Mi puoi spiegare meglio cosa intendi per ripassata?
Cosa faresti?
Grazie
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Re: Port Elizabeth
Pensavo ai miei amici a migliaia di kilometri, pensavo al mio quartiere, al tram, l’undici, al palazzo Lamperini e così facendo la mente si annebbiava e poco realizzavo di quello che mi circondava, come se fossi in una specie di sogno o forse un incubo.
—> Pensavo ai miei amici a migliaia di chilometri (non kilometri), pensavo al mio quartiere, al tram, l’undici, al palazzo Lamperini. Così facendo la mente si annebbiava e poco realizzavo di ciò che mi circondava, come se fossi in una specie di sogno o forse un incubo.
A piedi nudi con indosso la mia giacca pesante, mi sembra di ricordare di un colore rosso intenso e verde come la cravatta, pantaloncino grigio - sotto un sole accecante. La cravatta allentata per il caldo asfissiante, ma devo dire che tra i miei ricordi al caldo non do un peso negativo, anzi.
Qui mescoli un racconto al passato ad un pensiero presente; io metterei ad esempio così:
—->A piedi nudi sotto un sole accecante con addosso dei pantaloncini grigi e la mia giacca pesante, di un colore rosso intenso e verde, come la cravatta allentata per il caldo asfissiante. Non davo però a quel caldo un peso negativo, anzi.
Questo però è un grosso cambiamento e non sono neanche tanto sicura che la mia versione sia corretta... Nel senso che non avendo basi teoriche mi baso più sulla mia esperienza di lettrice e sull’istinto. Non so se mi spiego...
Quanto dolore nell’anima in quello sconfinato supplizio tra il chi ero e perché ora sono lì e chi sono ora, cosa devo fare, come mi devo comportare. Ma non posso solo evaporare, no, non posso, mia madre ne morirebbe dal dolore. Questo non è il mio mondo, non è la mia gente. Solo, solo, solo. Solo dovrò affrontare la sfida. Solo dovrò combattere le mie paure, mentre mia madre versa fiumi di lacrime, sola, in una casa sconosciuta. Sola, in una sconosciuta vita, sola, in una sconosciuta città.
—> Quanto dolore nell’anima in quello sconfinato supplizio, mi interrogavo su chi ero e su chi fossi in quel momento, sul perché fossi lì, cosa dovevo fare e come mi dovevo comportare. Ma non potevo solo evaporare, no, non potevo; mia madre sarebbe morta dal dolore. Quello non era il mio mondo, quelle persone non erano la mia gente. Solo, solo, solo. Solo avrei dovuto affrontare la sfida. Solo avrei dovuto combattere le mie paure, mentre mia madre versava fiumi di lacrime, anche lei sola, in una casa sconosciuta. Sola, in una sconosciuta vita, sola, in una sconosciuta città.
Ecco qualcosa del genere, cosa ne pensi?
Riguardo il finale non capisco se la ripetizione delle ultime cinque strofe è voluta o c’è stato un problema nel copia incolla...
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Re: Port Elizabeth
Re: Port Elizabeth
Alcune delle correzioni che hai suggerito le trovo giuste e quindi appena posso mi metto lì e sistemo, altre invece credo che possano allentare quel senso di disagio che Renato prova in quel mondo e in quella situazione.
Grazie, questo tipo di consigli mi aiutano a riflettere, migliorare e crescere.
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Re: Port Elizabeth
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Dopo una prima e una seconda rilettura, la conclusione è la stessa: racconto autobiografico dove l'autore si è messo a nudo, elencando alla fine una serie di eventi che lo hanno reso quello che è oggi, non so se per incuriosire il lettore o semplicemente perché ne sarebbe venuto fuori un romanzo autobiografico.
Scritto molto bene, è bello
Edit: non sono due mesi pieni, a distanza di 50 giorni
Re: Port Elizabeth
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Calendario BraviAutori.it "Year-end writer" 2019 - (a colori)
A cura di Tullio Aragona.
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GrandPrix d'autunno 2022 - Endecasillabo di un impostore - e le altre poesie
A cura di Massimo Baglione.
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La Gara 8 - La vendetta dei cattivi
A cura di Miriam.
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B.A.L.I.A.
Buona Alternativa alla Lunga e Illogica Anzianità
Siamo nel 2106. BALIA accudisce gli uomini con una logica precisa e spietata, in un mondo da lei plasmato in cui le persone nascono e crescono in un contesto utopico di spensieratezza e di bel vivere. BALIA decide sul controllo delle nascite e sulle misure sanitarie da adottare per mantenere azzerato l'incremento demografico e allungare inverosimilmente la vita di coloro che ha più a cuore: gli anziani.
Esiste tuttavia una fetta di Umanità che rifiuta questa utopia, in quanto la ritiene una distopia grave e pericolosa.
BALIA ha nascosto il Passato ai suoi Assistiti, ma qualcuno di questi ha conservato i propri ricordi in un diario e decide di trascriverli in una rischiosa autobiografia. Potranno, questi ricordi, ripristinare negli Assistiti quell'orgoglio di vivere ormai sopito? E a che prezzo?
Di Ida Dainese e Massimo Baglione.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
Storie Gotiche, del Terrore e del Mistero
antologia di opere ispirate alla paura dell'ignoto
Nella ricerca di un tema che potesse risultare gradito a più autori, ci è sembrato infine appropriato proporre un'antologia di opere il cui fattor comune fosse il brivido. Un termine per molti versi ingannevole, almeno quanto lo sono certe credenze e immagini che la ragione volutamente ignora, o perfino deride. Eppure, l'ignoto ci aspetta al varco, silenzioso e paziente, per catapultarci nello strapiombo degli incubi o nel vortice di ansie e desideri repressi.
A cura di Roberto Virdo'.
Contiene opere di: Ida Dainese, Francesca Paolucci, Marcello Rizza, Fausto Scatoli, Annamaria Ricco, Francesco Cau, Valentino Poppi, Mario Flammia, Essea, Umberto Pasqui, Enrico Teodorani, Roberto Masini, Maria Perrella, Giacomo Baù, Eliseo Palumbo, Selene Barblan, Stefano Bovi, Ibbor OB, Andrea Teodorani, Simona Geninazza, Lidia Napoli, Mario Malgieri, Michele Silvi, Ida Daneri, Alessandro Mazzi.
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Biblioteca labirinto
Cinque scaffali di opere concatenate per raccontare libri, biblioteche e personaggi letterari
Riportare la lettura e la biblioteca al centro dell'attenzione dovrebbe essere un dovere di ciascuno di noi. Se in qualche misura ci riesce una raccolta di racconti non si può che gioirne, nella speranza che possa essere contagioso, come deve esserlo tutto ciò che ci spinge a riflettere e a interrogarci sull'essenza del nostro esistere.
A cura di Lorenzo Pompeo e Massimo Baglione.
introduzione del Prof. Gabriele Mazzitelli.
Contiene opere di: Alberto De Paulis, Monica Porta, Lorenzo Pompeo, Claudio Lei, Nunzio Campanelli, Vittoria Tomasi, Cristina Cornelio, Marco Vecchi, Antonella Pighin, Nadia Tibaudo, Sonia Piras, Umberto Pasqui, Desirée Ferrarese.
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