Libellula
Libellula
Sono certa che a quest’ora, mentre percorro a piedi nudi il sentiero che conduce al Balzo della Libellula, tu sarai già morto, mio adorato Ryu. Come richiede l’onore, avrai già affondato la lama nel tuo ventre per lavare l’onta dell’offesa al tuo signore.
Anzi, al nostro signore.
Sapevamo di offenderlo agendo così, eppure non abbiamo potuto fare nulla per evitarlo. È una brutta creatura, la passione: ha il bel volto di un angelo, all’apparenza innocente, ed è seducente come una voluttuosa cortigiana, ma ha il cuore di una bestia feroce. Adesso non resta che l’espiazione.
Per te, e per gli uomini come te, è facile ottenerla: bastano una lama e un taglio, come se il sangue fosse un fluido benedetto che sciacqua via ogni patina di disonore. Per lungo tempo ho pensato a quanto fosse stupido procurarsi la morte per sciocchezze del genere, ma adesso che anche io sperimento l’ignominia e la vergogna, inizio a capire quanto possa essere seducente la prospettiva del seppuku.
Come donna e come sposa di un nobile, anche io avrei potuto darmi la morte in quel modo. Ma sono debole, ho peccato di troppo poco coraggio. Rabbrividisco al solo pensiero del freddo metallo che recide la carotide, e ancor di più inorridisco al pensiero del mio corpo scosso dai fremiti della morte. Non voglio che mio marito, l’uomo che insieme abbiamo tradito, si prenda l’ulteriore soddisfazione di ritrovare il mio cadavere scomposto e sanguinolento sul tatami.
Anzi, voglio che nessuno trovi il mio corpo.
Sono sgattaiolata via dalla casa senza voltarmi. Ho percorso per l’ennesima volta, per l’ultima volta, la strada che tu e io abbiamo fatto infinite volte, quando volevo fare una passeggiata nei boschi e tu mi seguivi come un’ombra furtiva e gentile per proteggermi. Solo che questa volta sono da sola, con l’unica compagnia della carezza di seta della brezza estiva, e sto andando a morire.
Mi chiedo cosa abbia pensato Nobuhito-sama quando ha scoperto la nostra passione. Come si sarà sentito di fronte alla consapevolezza di averti scelto come mia guardia del corpo, di aver preparato il terreno per l’adulterio! Chissà che piaga gli ha aperto nell’animo! Chissà quanto soffrirà! È una magra consolazione, ma pur sempre una consolazione.
Prima di inoltrarmi nella parte più folta della foresta, ho levato le mie preghiere ai kami, sperando di non essere diventata una reietta almeno ai loro occhi. Ho pregato perché ci concedano, se davvero esistono degli Inferi in attesa delle nostre anime immortali, di rivederci lì e di essere uniti almeno nella morte, non importa in mezzo a quali tormenti. E se invece siamo destinati a reincarnarci, ho pregato perché ci permettano anche dopo dieci, anche dopo cento, anche dopo mille rinascite di ritrovarci e di vivere insieme. E se invece dopo la morte c’è solo il nulla, ho pregato perché rendano quanto più rapida e indolore la mia caduta.
Quando l’ultima parola è uscita dalle mie labbra, ho ripreso il cammino. Ho pensato e ripensato a te, al tuo sorriso, al tuo volto illuminato dalla gioia e poi ottenebrato dal dolore, alle tue mani forti e insieme gentili, ai muscoli frementi sotto la tua pelle, alle tue cicatrici di guerra, che ho contato una ad una mille e più volte. Ho rimembrato i tuoi baci, le tue carezze, i tuoi sussurri, i versi d’amore che componevi per me. Già, le tue poesie: così goffe, così rudimentali, così banali, eppure così vere, così vibranti di autentico amore. Mi hanno detto più quelle parole sgraziate ma messe insieme con il cuore che tutti i capolavori del Manyoshu.
Alla fine ho raggiunto la roccia che si affaccia sullo strapiombo, lì dove tutto si confonde in un caos informe e oscuro. Il caos in cui annegherò il mio dolore e la mia misera esistenza tra qualche secondo. Abbassare lo sguardo nel ventre del precipizio è inutile, l’oscurità è così fitta che non si vede quasi niente, i raggi lunari illuminano a malapena le rocce più vicine all’orlo. Semmai sollevo gli occhi al cielo e urlo, sì, urlo contro il destino, dicendogli che può avere la mia e la tua vita, i nostri corpi, che potrà separarci, ma non avrà mai i giorni felici trascorsi insieme.
Sono pronta. Non c’è più motivo per indugiare. Un ultimo respiro, poi apro le braccia e spicco il volo, infelice libellula senza ali. Sarà la fine? O forse solo un misericordioso inizio in un’esistenza più vera?
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storie di adulterio che terminano col suicidio dei protagonisti, per salvare il proprio onore.
tutto sommato si lascia leggere bene, anche se ci sono alcune ripetizioni (per es. Ho percorso per l’ennesima volta, per l’ultima volta, la strada che tu e io abbiamo fatto infinite volte).
le descrizioni sono buone, anche se migliorabili.
non ho notato refusi.
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Segnalo che all'inizio la frase non è corretta dal punto di vista naturalistico: le cicale friniscono solo di giorno e le lucciole si illuminano solo di notte, le due cose non avvengono mai contemporaneamente!
- Eliseo Palumbo
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Racconto scritto molto bene, solo due annotazioni se mi posso permettere: 1. avrei scritto Signore con la maiuscola considerato che er ail loro "padrone"; 2. i termini giapponesi li avrei messi in corsivo.
Per il resto non ho nulla da aggiungere, mi è piaciuto moltissimo.
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Non ho nulla da segnalarti dal punto di vista formale, il testo è ben scritto.
ElianaF ha ragione circa grilli e lucciole.
Circa il titolo, hai cercato un facile aggancio. A mio modo di vedere però, un suicidio con un salto nel vuoto non si sposa per niente con l'immagine di una libellula che inizia a volare.
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Poi ho riletto il tuo testo e mi son reso conto del tuo desiderio e della tua applicazione nel rendere l'atmosfera giapponese. Però, secondo me, ci sei riuscita solo in parte, esagerando e usando termini e frasi come "mio adorato", "lavare l’onta", "reietta", "voluttuosa cortigiana", "ho rimembrato i tuoi baci" che sembrano medioevali, piuttosto che giapponesi. Mi piacerebbe invece leggere qualcosa di veramente tuo, che magari hai già scritto, ma questa è la prima volta che ti leggo.
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Carosello
antologia di opere ispirate dal concetto di Carosello e per ricordare il 40° anniversario della sua chiusura
Nel 1977 andava in onda l'ultima puntata del popolare spettacolo televisivo serale seguito da adulti e bambini. Carosello era una sorta di contenitore pubblicitario, dove cartoni animati e pupazzetti vari facevano da allegro contorno ai prodotti da reclamizzare. Dato che questo programma andava in onda di sera, Carosello rappresentò per molti bambini il segnale di "stop alle attività quotidiane". Infatti si diffuse presto la formula "E dopo il Carosello, tutti a nanna".
Per il 40° anniversario della sua chiusura, agli autori abbiamo chiesto opere di genere libero che tenessero conto della semplicità che ha caratterizzato Carosello nei vent'anni durante i quali è andato felicemente in onda. I dodici autori qui pubblicati hanno partecipato alle selezioni del concorso e sono stati selezionati per questo progetto letterario. Le loro opere sono degni omaggi ai nostri ricordi (un po' sbiaditi e in bianco e nero) di un modo di stare in famiglia ormai dimenticato.
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Giorgio Leone, Enrico Teodorani, Cristina Giuntini, Maria Rosaria Spirito, Francesco Zanni Bertelli, Serena Barsottelli, Alberto Tivoli, Laura Traverso, Enrico Arlandini, Francesca Rosaria Riso, Giovanni Teresi, Angela Catalini.
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Scene da coronavirus
antologia di racconti, testi teatrali brevi e sceneggiature di cortometraggi di carattere umoristico e satirico che raccontano la permanenza in casa legata alla pandemia del Covid-19
A cura di Lorenzo Pompeo e Marco Belocchi.
Contiene opere di: Eliana Farotto, Stefano D'Angelo, Lidia Napoli, Alessandro Mazzi, Enrico Arlandini, Ida Dainese, Gabriella Pison, Gerardo Porciani, Mariana Ugrica, Lorenzo Pompeo.
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Metropolis
antologia di opere ispirate da un ambiente metropolitano
Cosa succede in città? - Sì, è il titolo di una nota canzone, ma è anche la piazza principale in cui gli autori, mossi dal flash-mob del nostro concorso letterario, si sono dati appuntamento per raccontarci le loro fantasie metropolitane.
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Gianluigi Nardo, Andrea Pozzali, Antonella Jacoli, Roberto Virdo', Francesco Pino, Giulia Rosati, Francesca Paolucci, Enrico Teodorani, Ibbor OB, Umberto Pasqui, Annamaria Ricco, Eliana Farotto, Maria Spanu, Eliseo Palumbo, Andrea Teodorani, Stefania Paganelli, Alessandro Mazzi, Lidia Napoli, F. T. Leo, Selene Barblan, Stefano Bovi, Alessia Piemonte, Ida Dainese, Giovanni Di Monte.
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La Gara 54 - Sotto il cielo d'agosto
A cura di Giorgio Leone.
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Gara d'estate 2022 - Il circo - e gli altri racconti
A cura di Massimo Baglione.
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La Gara 53 - Metamorfosi
A cura di Laura Chi (con la supervisione di Giorgio Leone).
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