La vita della gente
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La vita della gente
Vivono un'esistenza che non può essere definita vita.
Loro esistono. Sopravvivono. Stop.
Pieni di rimpianti e di recriminazioni.
Nulla che potesse far germogliare in loro uno stimolo all'azione, al mettersi in gioco. Una volta, una. Mai.
C'è chi vive sulla cresta dell'onda sempre, dovunque e comunque. Gli opposti. Non occorre essere cosi'. Ma esiste una via di mezzo.
Come fa una persona ad avere l'ambizione di una vita piatta e indifferente. A tutto, a tutti.
Che gusto possono provare a condurre una tale sciatteria esistenziale.
Persone vuote indifferenti completamente disinteressate ad ogni aspetto umano.
eppure mi sono reso conto che di queste persone ve ne sono molte. Molte di più di quelle che se ne possono immaginare.
È vero il detto che alcuni sono già morti, ma ancora non lo sanno.
Il fatto è che non saprei nemmeno che cosa se ne faccia la morte di persone cosi'.
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Re: LA VITA DELLA GENTE
Ogni tanto ci provo e sempre resto deluso. Quasi sempre; rarissime volte resto piacevolmente sorpreso. Troppo poche volte.
Di che parlo?
Di come le persone a cui mi rivolgo non sappiano rispondere a domande tipo: "sai perché vivi?"
Prima mi guardano come se non capiscano l'italiano, poi come se stia scherzando, in ultimo come se io sia un po' matto.
Sicuramente la domanda è mal posta. Cosa potrebbe rispondere una persona che volesse prendermi sul serio? Intanto i pensieri che suscita sono intimi e subito le persone si chiudono guardinghe. Quindi se questo succede, significa che colgo nel segno ma significa che la gente non vuole raccogliere la sfida.
E se ho la fortuna di poter tenere saldamente il controllo della conversazione mi devo scontrare con reazioni di scherno o di fuga in tentativi di sviare l'argomento verso citazioni religiose o filosofiche spesso con fare saccente e arrogante; tutto pur di non rispondere. Cos'è questa paura di affrontare il senso della vita confrontandosi con altri?
Ma di solito questo non succede: la maggior parte della gente non capisce davvero!
Fatto sta che questo mio vezzo di importunare la gente è diventato nel tempo un vero hobby.
Ho capito che la maggior parte delle persone che vivono accanto a me non si pongono problemi esistenziali e a me pare incredibile. Possibile che a nessuno importi sapere come mai sta vivendo la propria vita, con i suoi piaceri e i suoi dolori e le ansie e le gioie, e il passato e il futuro, la vita e la morte?
Diffido naturalmente di chi porta immediatamente il discorso sulla fede religiosa; non appena ci si addentra nei ragionamenti viene fuori un'inconcludenza evidente, una mancanza di consapevolezza del proprio essere, un arido deserto interiore.
È come se le persone, anche quelle istruite che sanno tutto di tutto, non conoscano nulla di quello che più è vicino al loro vivere: se stessi. Incredibile!
Qualcuno mi risponde: "Ma che ne sai tu? Chi credi di essere per dare simili giudizi?"
E naturalmente allora sto zitto.
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Re: LA VITA DELLA GENTE
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Re: LA VITA DELLA GENTE
Posso dire che io a differenza tua non ci provo nemmeno a "stuzzicare" la gente per vedere le loro reazioni oppure per sondare il terreno cercando di comprendere se si sono chiesti che senso abbia la loro vita.
Senza rivolgere domande precise si capisce benissimo che c'è una mancanza totale non solo di domande esistenziali ma anche di obiettivi concreti di vita terrena, reali e tangibili. Penso però che queste due cose vadano a braccetto e siano direttamente correlate.
Poi ti do ragione sul fatto che appena cerchi di cogliere, di sondare, di comprendere anche superficialmente una persona che percezione abbia della vita (anche con modi gentili e molto oculati), la chiusura a riccio è totale! Sembra che gli chiedi chissà che. Pazzesco. Forse perchè lo sanno che "stanno a zero"? oppure perchè queste domande vanno a scavare nell'intimità più profonda di una persona e creano quindi "esposizione" con conseguente imbarazzo? o forse perchè - correggetemi se sbaglio - in questa società ormai "prostituta" del consumismo si debba solo ed esclusivamente parlare di beni materiali e del possesso di qualcosa di materiale?
Vai a capire tu. Comunque in una società "matura" mi pare illogico che molte persone non abbiamo cognizione della loro esistenza, non abbiano cognizione dei loro obiettivi tangibili di vita e che oltretutto ne sia praticamente vietato il parlarne.
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Re: LA VITA DELLA GENTE
perciò prima di porre un veto su certe questioni, anche le più assurde che siano, bisogna prima però fare almeno un'analisi dei motivi per cui esse ci sono o ci saranno sempre totalmente precluse, quindi motivare concretamente il perchè esse lo siano. Se poi le argomentazioni riportate tornano secondo una logica applicata, anche se astratta , quindi non solo secondo il singolo personale sentire, ma vanno ad abbracciare una realtà appartenente a tutti, allora in questo caso disporremo comunque di almeno una motivazione tangibile data come risposta su un nostro limite insito ,non da noi, ma dalla realtà stessa. Si è così facendo almeno concretamente risposto al perchè non si può avere o cercare una reale risposta.
A parte Giancarlo e pochi altri, per lo più molti, anche qui sul sito, quasi tutti, danno invece già per scontato o date già come impossibili risposte o termini che scontati invece non lo sono per niente, come anche non sono poi così impossibili da dare alcune risposte. Questo si collega e si può collegare ripeto ad il nostro sistema di istruzione che porta a dare per buoni solo i risultati già espressi o non espressi in passato, soprattutto se si parla di filosofia.
poi entrano anche in gioco altri fattori, se uno si convince che la terra è piatta per dire, per lui è piatta e probabilmente sempre essa lo sarà, quindi non accetta e non prova nemmeno a contestualizzare od analizzare come possibile frutto di un suo o altri errore, la sua stessa convinzione ( per chiusura/riparo/speranza/dubbio/fede/mentale ) .
Dico questo perchè, seppur già in partenza arrivando qui con atroci dubbi, ma anche determinate convinzioni, in sei mesi qui sul sito, gran parte dei quali passati a riflettere e dibattere profondamente con Giancarlo su questi argomenti, applicandoli poi al mio sentire, sono passato da una reale fede posta in Dio, anche con tutte le contraddizioni ben chiare e presenti in me sulla stessa, derivate in gran misura dai testi sacri e da alcune metodologie , sono passato dal sentire questa presenza come reale in me, ad un concreto e reale ateismo, non derivato inizialmente dal dubbio in quella che era la mia fede (ora invece dubito fortemente anche di una possibile volontà creativa di cui sei mesi fa ero invece pienamente convito), ma il tutto derivato solo da una semplice logica: se infinito ed eterno significa sempre presente, il presente è un tempo di per sé totalmente fermo, non avendo di suo, se è effettivamente per sempre, né un passato né tantomeno un futuro, cioè un sistema aperto, quindi come può da questo ora scaturire una volontà che quindi implica come qualsiasi altra azione astratta un pensiero ?. Se Dio è eterno ed infinito, non necessita allora essendo sempre presente in ogni spazio e in ogni tempo di nessun movimento, quindi di nessun corpo, di nessuna materia, di i nessuna mente, di nessuna volontà, di nessuna emozione, di nessun sentimento, di nessuna comprensione, di nessuna vita, di nessuno scopo e di nessun senso, perché tutto ciò, come nella nostra realtà risiede e pone il suo essere nel movimento, nel divenire, quindi nel divenire nel tempo e in uno spazio determinato, chiuso, ma se è determinato allora non può essere anche infinito ed eterno. Perciò se così fosse sarebbe un processo di creazione partendo da un in essere Nulla completamente fermo ad un in essere Nulla (se le cose fossero comunicanti, non potendo essere entrambe all'unisono, ma solo una delle due) invece relativo, perciò a diventare un sistema chiuso e in tutto e per tutto in divenire. Questa realtà quindi sarebbe allora una volontà divina, pervenuta a noi da un suo in essere precedentemente, assolutamente fermo, infinito ed eterno, dato da e per nostra stessa definizione, senza bisogno cioè di divenire Nulla da ciò che è, per poi alla fine di tutto questo processo creativo cosa fare, ritornare ad essere "insieme" a noi tramite sua essenza in noi riposta, ciò che era già? Comprendete il paradosso insolubile? lo perciò posso stabilire questa percependola come verità data, solo per fede, cioè abbandonando totalmente la ragione in virtù di essa (ma più realisticamente forse è solo per un bisogno di salvare o avere una speranza di salvezza, personale, su ciò che reputo e definisco erroneamente come la mia vera essenza che guarda caso è sempre spirituale, ma dettato inizialmente come per tutti, solo da un sentimento umanissimo e naturalissimo di paura e quindi egoismo di mantenimento o omeostasi mentale indotto e/o auto indotto da me stesso, quello che definisco ora come inganno dell'io, tramite una fede o un dubbio verso una possibile mia o nostra sopravvivenza alla morte fisica) bene, il problema è che anche se crediamo per convenienza che fosse successo esattamente questo a noi però ad ogni modo questo non ci tocca direttamente, non è possibile che ci tocchi, perchè esso (Dio) se è infinito ed eterno come noi vorremmo che sia, esso è così in essere il/un sistema aperto, noi invece siamo vivi e consci di ciò che viviamo in un sistema chiuso, quindi questi per forza non sono e non possono essere comunicanti (infatti possiamo stabilire tramite la nostra situazione/realtà solo cio che non è infinito ed eterno, non ciò che lo è). Perciò mi domando, cosa è in realtà la fede? se la comprendiamo e viviamo in noi, essa è per forza un sentimento; cosa è un sentimento? uno stimolo interno od esterno a noi che interagendo con il nostro corpo ci porta altrettanti stimoli interni, le emozioni, e risposte fisiche dirette a/da queste che vengono comprese attraverso mappature e memoria di continue mappature dal corpo effettuate su di sè ( sè = corpo), quindi dov'è lo spirito/anima in tutto questo processo? Esso è solo fisico, quindi materia/energia in movimento nel corpo stesso. Morale nessuna anima o spirito presente nella realtà. Vedi basta applicare la logica su questa o qualsiasi altra fede e viene giù tutto il costrutto su cui si basa la fede stessa, il che mi ha spinto inizialmente a pormi, una sola domanda, perchè ho bisogno di questo? Perchè questa mi dà una sensazione fisica, assolutamente reale, così rasserenante e consolatoria? Da lì, dalla risposta che mi sono dato a questa precisa domanda mi si è aperto poi un mondo nuovo da me rimasto precedentemente sempre inesplorato nonostante percepissi già chiaramente da tempo che molte cose sulle mie precedenti convinzioni non tornassero. questo solo perchè non volevo accettare di volerle o doverle realmente smentire a me stesso.
Questo, per rispondere alla tua domanda, sarebbe già o potrebbe essere il punto di partenza sul quale aprire un dibattito con e su se stessi e sulle proprie convinzioni, seconde te ora però quanti sarebbero disposti a fare questo nella realtà?, quanti saprebbero o vorrebbero fare autocritica logica? quanti minerebbero alle basi il proprio sentire confortevole e rassicurante/consolatorio per andarsi realmente a mettersi in totale discussione? Ecco perchè è una fortuna poi trovare altra gente come te o Giancarlo che non si limitano solo alle risposte semplici date da altri o studiate/lette da qualche parte, ma hanno almeno la voglia e la forza di provare a cercarle anche dentro di loro queste risposte, qualunque esse poi siano.
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Re: La vita della gente
TUTTO sta nella voglia e nella capacità ovviamente di mettersi in gioco. Concordo.
Mi piacerebbe farti (e fare a tutti quelli che vorranno partecipare alla discussione) una domanda:
chi non si mette in gioco, credi che sia più una questione di "spirito" oppure che dipenda dall'intelligenza sociale del soggetto?
nel senso, la risposta va ricercata in un fattore di una certa elevatura spirituale/morale oppure è semplicemente il cervello delle persone che latita? Non ci arrivano in pratica… La tara è spirituale o intellettiva?
Io un'idea ce l'ho ma attendo altri pensieri (sparsi ovviamente)
Giancarlo tu cheddici?
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Re: La vita della gente
Se osservi come si comporta la gente noterai subito che la caratteristica più evidente è che non si sofferma a pensare. Tranne quando qualcuno si ferma a fumare una sigaretta o a guardare un panorama in solitudine, in genere pare che nessuno dedichi tempo in riflessioni silenziose.
E un’impressione non vera: la gente pensa e pensa molto. Ma a cosa pensa?
L’attenzione è sempre rivolta alle cose, agli altri, agli avvenimenti, alle proprie disgrazie, agli amori o agli odi per le persone intorno.
Difficilmente, immagino io, le persone pensano a se stesse come persone, non come oggetti.
Intendo che se penso alla mia malattia e mi compiango, penso a me come se fossi un malato, cioè penso alla malattia come a una cosa che mi si è attaccata addosso ma che non mi dovrebbe appartenere e allora la rifiuto e ne ho paura. Ho fatto un esempio per dire che altra cosa sarebbe pensare a me come persona che ha una vita interiore e che può essere alla prese con una “modifica” di me stesso.
Ma mi spiego meglio. Se dico a una persona : “chi sei tu?” Mi risponde con nome e cognome.
Allora ripeto: “sì, d’accordo, ma chi sei ?” lui mi guarda e ripete. Non capisce quello che vorrei sapere. Allora dovrei dire: “ti sei mai chiesto chi sei?” E qui lo sguardo si perde nel vuoto!
“Come, chi sono!” e io spero che in quel momento nella sua mente scocchi la scintilla.
Già perché la scintilla si chiama "coscienza si sé".
Se pensi che la gente abbia la coscienza di sé come persona ti devo deludere. Nella maggioranza dei casi questo stato mentale è saltuario e dipende dagli avvenimenti della vita quotidiana.
Uno stato mentale di continuativo di consapevolezza di sé è molto raro. E alla base dell’atteggiamento di cui stiamo parlando, quello dell’introspezione, non ci può essere che la consapevolezza continua di esistere, dove il pensare alle cose esterne diventa saltuario.
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Re: La vita della gente
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Re: La vita della gente
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Re: La vita della gente
Complessa la questione degli stimoli esterni. Quanto da zero a cento questi stimoli influiscono sul conoscersi attivamente? Ci portano verso la passività o verso l'attività? La conoscenza attiva di se stessi è dentro di noi? E' innata? Per tutti?
Mi fa piacere (e contemporaneamente mi conforta) sapere che tra gli stimoli esterni ci sia anche questo forum ad esempio, che ci da occasione per parlarne, per scambiarci le diverse visioni o posizioni. E se il parlarne (come sostiene la psicologia ad esempio) è un modo per "metabolizzare" la questione, siamo già a buon punto.
Sono un sostenitore della teoria dello scambio umano. Ma questa teoria ha diversi nomi con cui la potete trovare, sui testi o sul web ed è molto semplice (riassumo)
"Se due uomini si incontrano e si scambiano una moneta, entrambi torneranno a casa con una moneta in tasca;
ma se due uomini si incontrano e si scambiano un'idea, entrambi torneranno a casa con due idee in testa."
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Re: La vita della gente
Per rispondere alle tue domande:
"Complessa la questione degli stimoli esterni. Quanto da zero a cento questi stimoli influiscono sul conoscersi attivamente? "
Sono la base su cui si costituisce e costruisce emozionalmente poi anche la comprensione su quelli interni, pensa solo ai primi anni di vita, ogni aspetto emozionale viene assimilato e in parte inizialmente già compreso solo di riflesso.
"Ci portano verso la passività o verso l'attività?"
Inizialmente come ti ho detto formano e costituiscono la base su/con cui poi possiamo comprendere/ci sia attivamente che passivamente.
Crescendo, aumentando così esponenzialmente sia gli stimoli dati, ma soprattutto quelli da noi recepiti, il cervello, quindi la mente, quindi la conoscienza e la possibile presa di coscienza su questi, attiva o passiva, avviene sempre di più tramite scelta e quindi scrematura, a seconda degli interessi, attivi o passivi riguardo a queste scelte. Questo avviene anche autonomamente, a volte, quando siamo molto concentrati su qualcosa, basta un "niente" (solitamente una voce, una musica, un profumo o qualsiasi altra cosa o aspetto sensoriale che scavalca la nostra concentrazione, e che a sua volta catturi interesse o chiami in causa la memoria su di esso) per distrarci.
"La conoscenza attiva di se stessi è dentro di noi? E' innata? Per tutti?"
La conoscenza di sé stessi e quindi coscienza, non è innata, non è nel DNA, ma per come ora la stai intendendo tale è un processo mentale attuato o meno tramite scelta in favore o sfavore di essa.
Tutti possiamo allo stesso modo (salvo complicanze cognitive) cioè, averla o non averla.
Quello che invece tutti abbiamo (salvo sempre complicanze cognitive importanti e rilevanti, basta pensare all' alzheimer ) è la conoscienza e quindi coscienza del corpo sul corpo, sia a livello conscio, ma soprattutto in larga misura inconscio, altrimenti il cuore non batterebbe, i reni non potrebbero espellere tossine, il sangue non circolerebbe, il cervello non elaborerebbe informazioni né comprenderebbe mappando sentimentalmente, quindi emozionalmente e continuamente, le stesse informazioni venute e pervenute nel corpo tramite e dal corpo stesso che non sono altro quindi che questi continui stimoli interni ed esterni del corpo verso il corpo.
Quindi tutti hanno, tramite questi processi, poi la possibilità data o scelta conscia, di attuare o meno una profonda o meno comprensione di sé. Ma essa rimane in questo caso sempre una scelta, una opportunità data e posta che io addirittura reputo invece anche come l'unico reale senso che si possa dare alla vita (lo scopo è la vita stessa), perché senza comprensione, senza la comprensione di noi stessi, possibile solo tramite comprensione di questi stimoli interni (consci ed inconsci) e per mezzo di questi anche la comprensione possibile degli stimoli esterni, ogni altro diverso senso dato alla vita poi, pone comunque il suo essere in divenire a partire da questa.
Senza la comprensione sentimentale ed emozionale che comprende sia gli automatismi interni, che le percezioni ed elaborazioni emozionali interne/esterne, più o meno conscie, attive o passive che siano, e con/su cui ci rapportiamo continuamente, non potremmo dare alcun altro senso a niente di ciò che è in noi o fuori di noi (nel/dal corpo).
Morale, noi, il nostro essere pensante e decisionale, (l'io o sé) non è altro che il corpo che risulta essere cosciente e quindi può comprendere sé stesso, il tutto frutto e risultato dell'evoluzione in noi avvenuta in essere e divenire.
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Re: La vita della gente
ma se due uomini si incontrano e si scambiano un'idea, entrambi torneranno a casa con due idee in testa."
Interessante comparazione, ma essa presenta un inganno se pur apparentemente realistico di tipo percettivo. Vero, per una moneta scambiata è sempre una a restare nella tasca di ciascuno. Vero anche che lo scambio di idee essendo binario (il discorso che facevo/vi prima) raddoppia ad entrambi il possibile (non sempre questo avviene, perché poi non sempre la si accetta o la si prende anche, come possibile alternativa al nostro diverso punto di vista e in seguito quindi sottoposta a reale valutazione, come dicevo prima) il guadagno in "saccoccia". E quindi mi dirai,
-bene, allora dov'è l'inganno percettivo?-
L'inganno percettivo è che noi reputiamo una idea, o qualsiasi altro scambio emozionale che viene a interagire con noi presumibilmente, come un processo apparentemente non fisico, ma "spirituale" , quando in realtà, se hai letto e compreso con attenzione analizzando parola per parola quello che ho scritto in precedenza, dovresti ora renderti conto che ogni processo mentale o scambio di esso viene compreso ed espresso solo fisicamente, sia dal corpo/io che lo mette in piano, sia dal corpo/io che lo riceve. Quello che tu comprendi in realtà nelle parole o emozioni sensoriali che vengono scambiate o a crearsi tra/in uno, due o più individui, e verso cose, contesti ambientali o sociali,situazioni, o ricordi di essi, qualsiasi cosa insomma, è solo la mappatura sensoriale/emozionale di queste tramite immagini/sonore, immagini/visive, immagini/olfattive, immagini/tattili e infine interpretazione e lettura delle stesse, tutto avvenuto solo dentro il tuo corpo, tramite un processo elaborativo derivato da un sentimento già immagazzinato in te, nell'arco di tutta la tua vita, a partire da quando eri infante e attuavi questo stesso processo solo per riflesso imitativo, ma sempre per immagini visive,sonore,tattili e olfattive, quindi informazioni sensoriali, originate, elaborate e processate da mappature continue nel tuo corpo, dal tuo corpo, e poi interiorizzate/immagazzinate all'interno di esso dove, tramite il rievocamento o memoria delle stesse, poi il corpo ti permetterà in seguito una nuova, simile, ma sempre diversa, futura/presente e quindi sempre passata lettura delle/sulle stesse emozioni sensoriali, ritornate così percepite di nuovo "presenti" quando esse interagiscono nuovamente tramite altre immagini sensoriali arrivate e percepite nuovamente tali da ulteriori stimoli interni/esterni al corpo, di nuovo pervenuti, e quindi nuovamente elaborati e memorizzati.
Mappature. Questa è la coscienza di sé stessi, il corpo che emozionalmente si comprende e agisce in base a suddetta comprensione conscia e inconscia, di e verso sé stesso. La riflessione ulteriore che facciamo o possiamo fare, per scelta in favore o sfavore di questo, è
invece il grado di consapevolezza che abbiamo singolarmente raggiunto o disvelato di/in noi stessi, cioè la realizzazione ora conscia alla nostra mente (che in un dato momento della vita, diverso o simile, ma per tutti prima poi "presente" dovuto a omeostasi, la mente realizzando il suo futuro divenire e quindi cessare, si dissocia parzialmente da questo aspetto creando una forma concettuale percepita di dualismo interno tra l'io/sé ed il corpo fisico) di essere essa stessa corpo e quindi parte funzionale di esso, cioè sull'in essere percepito in noi come " io o sé" (in nostra normale percezione a comando dei processi mentali agenti sul corpo, ma rimanendo e sentendosi però da questo distaccati) , come invece essi stessi corpo, e parte funzionali ed espressivi di esso, quindi in ogni singolo aspetto del nostro essere in divenire, sia questo mentale o fisico, sempre però come processi facenti parte del corpo, originati e attuati dal/sul corpo stesso si trattano, e solo per questo poi resi possibili in essere e divenire, quindi "solo" ( ma quanta meraviglia c'è in esso?) di materia e non "spirito" oppure "anima/essenza di Altra origine in gioco che dir si senta o si voglia, di/in/su, questi stessi processi.
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Re: La vita della gente
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Re: La vita della gente
Quindi tutti hanno, tramite questi processi, la possibilità di attuare una profonda comprensione di sé. Ma essa rimane in questo caso sempre una scelta, una opportunità che io addirittura reputo come l'unico reale senso che si possa dare alla vita (lo scopo è la vita stessa). La comprensione di noi stessi è possibile solo tramite comprensione di questi stimoli interni (consci ed inconsci) e per mezzo di questi anche la comprensione degli stimoli esterni.
Morale, noi, il nostro essere pensante e decisionale, (l'io o sé) non è altro che il corpo che risulta essere cosciente e quindi può comprendere sé stesso, il tutto risultato dell'evoluzione in noi avvenuta, quindi "solo" ( ma quanta meraviglia c'è in esso!) di materia e non "spirito" oppure "anima/essenza di Altra origine in gioco che dir si senta o si voglia, di/in/su, questi stessi processi.
Usando le stesse parole di Gabriele ho riassunto il punto fondamentale di disaccordo con il mio pensiero. La descrizione che lui fa del meccanismo psicofisiologico dell’acquisizione degli stimoli fino alla formazione del Sé cosciente è assolutamente corretta. Però Gabriele non accetta che quello che descrive sia solo il meccanismo con cui il corpo lavora e definisce la consapevolezza del Sé un inganno psicofisiologico dovuto al funzionamento dei sistemi neurali. Lui si ferma lì e poco male sarebbe se questo ragionamento si fermasse alla descrizione teorica della realtà umana.
Invece Gabriele traspone il suo materialismo nella scelta etica e morale della vita riducendo lo scopo della vita di ciascuno alla mera sopravvivenza individuale e di specie.
L’esistenza di un essere spirituale consapevole, per altro sfortunatamente non dimostrabile scientificamente (religione moderna che non ammette obiezioni filosofiche),viene presentata come un inganno, un sdoppiamento dell’io assolutamente illusorio. Tanto dovevo precisare per esprimere il nostro disaccordo.
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Re: La vita della gente
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Re: La vita della gente
La Gara 64 - L'amore e le sue sfumature
A cura di Massimo Tivoli.
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La Gara 17 - Non è vero ma ci credo
A cura di VecchiaZiaPatty.
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La Gara 46 - Non più in vita
A cura di Ser Stefano.
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77, le gambe delle donne
ovvero: donne in gamba!
Antologia di 77 opere e 10 illustrazioni per esplorare, conoscere e rappresentare la complessità e la varietà dell'universo femminile. Ognuno dei testi presenti in questa antologia riesce a cogliere tanti aspetti, anche contrastanti, di questa creatura affascinante e sorprendente che assieme agli uomini per millenni ha contribuito, nell'ombra o sul palco della storia, all'evoluzione della civiltà così come la conosciamo oggi. è inutile aggiungere che 77 opere soltanto non hanno la presunzione di fornire una rappresentazione esaustiva, ma lasciamo che la parte di questo "iceberg" femminile ancora sommerso rimanga pronto per emergere in prossime indagini e, perchì no, per costituire ancora la materia prima di altre future opere di ingegno.
A cura di Massimo Baglione.
Contiene opere di: Tullio Aragona, Maria Basilicata, Mara Bomben, Alessandro Borghesi, Emanuela Bosisio, Nunzio Campanelli, Paolo Caponnetto, Alessandro Carnier, Gino Centofante, Polissena Cerolini, Antonio Ciervo, Luigi Andrea Cimini, Giacomo Colosio, Cristina Cornelio, Marika Davoli, Stella Demaris, Maria Rosaria De Simone, Cetta de Luca, Cristoforo De Vivo, Roberta Eman, Luca Fadda, Lorella Fanotti, Lodovico Ferrari, Raffaella Ferrari, Virginia Fiorucci, Anna Rita Foschini, Franco Frainetti, Manuela Furlan, Nicola Gaggelli, Isabella Galeotti, Rebecca Gamucci, Lucilla Gattini, Michela Giudici, Antonino R. Giuffrè, Alessandro Kabon, Concita Imperatrice, Carlotta Invrea, Greta Leder, Silvia Leuzzi, Yuleisy Cruz Lezcano, Libero, Marina Li Volsi, Rosalia Maria Lo Bue, Diego Luci, Sandra Ludovici, Verdiana Maggiorelli, Marino Maiorino, Angelo Manarola, Myriam Mantegazza, Germana Meli (geMadame), Roberta Michelini, Samuele Mocellin, Maurizio Nequio, Teresa Pace, Marina Paolucci, Roberto Paradiso, Umberto Pasqui, Viviana Picchiarelli, Daniela Piccoli, Anna Pisani, Luciano Poletto, Monica Porta, Pietro Rainero, Gianluigi Redaelli, Maria Rejtano, Stefania Resanfi, Franca Riso, Massimo Rosa, Francesca Santucci, Libera Schiano Lomoriello, Daniele Schito, Veronica Sequi, Salvatore Stefanelli, Stella Stollo, Paola Tomasello, Sonia Tortora, Liliana Tuozzo, Alessandro Zanacchi.
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Human Takeaway
(english version)
What if we were cattles grazing for someone who needs a lot of of food? How would we feel if it had been us to be raised for the whole time waiting for the moment to be slaughtered? This is the spark that gives the authors a chance to talk about the human spirit, which can show at the same time great love and indiscriminate, ruthless selfishness. In this original parody of an alien invasion, we follow the short story of a couple bound by deep love, and of the tragic decision taken by the heads of state to face the invasion. Two apparently unconnected stories that will join in the end for the good of the human race. So, this is a story to be read in one gulp, with many ironic and paradoxical facets, a pinch of sadness and an ending that costed dearly to the two authors. (review by Cosimo Vitiello)
Authors: Massimo Baglione and Alessandro Napolitano.
Cover artist: Roberta Guardascione.
Translation from Italian: Carmelo Massimo Tidona.
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Nota: questo libro non proviene dai nostri concorsi ma è opera di uno o più soci fondatori dell'Associazione culturale.
Downgrade
Riduzione di complessità - il libro Downpunk
è probabilmente il primo libro del genere Downpunk, ma forse è meglio dire che il genere Downpunk è nato con questo libro. Sam L. Basie, autore ingiustamente sconosciuto, presenta una visione dell'immediato futuro che ci lascerà a bocca aperta. In un futuro dove l'individuo è perennemente connesso alla globalità tanto da renderlo succube grazie alla sua immediatezza, è l'Umanità intera a operare su se stessa una "riduzione di complessità", operazione resa necessaria per riportare l'Uomo a una condizione di vita più semplice, più naturale e più... umana. Nel libro, l'autore afferma che "anche solo una volta all'anno, l'Essere umano ha bisogno di arrangiarsi, per sentirsi vivo e per dare un senso alla propria vita", ma in un mondo dove tutto ciò gli è negato dall'estremo benessere e dall'estrema tecnologia, le menti si sviluppano in maniera assai precaria e desolante, e qualsiasi inconveniente possa capitare diventerà un dramma esistenziale.
Di Sam L. Basie
A cura di Massimo Baglione.
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