Aspettare - Una Notte Dell'Estate 2008
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Aspettare - Una Notte Dell'Estate 2008
La notte era blu scuro screziato di nuvole nere. Appariva cupa, nonostante le luci del campo sportivo che torreggiavano sopra di me lanciassero sull’erba fasci di luce nei quali insetti vari si incontravano e davano vita ad una danza probabilmente mortale.
Le mie spalle erano appoggiate ad un palo del capannone scalcagnato sotto il quale avevo appena cenato. Mi stavo sporcando tutta la canottiera, ma non me ne importava poi tanto. Ero cullata dalla musica che proveniva da dietro di me, musica di gente sconosciuta.
Non male.
Sorseggiai lo sgroppino. Il sapore metallico inumidì le mie labbra, facendomi trasalire. L’alcool si sentiva forte, per essere un sorbetto al limone atto a chiudere in bellezza una cena a base di costicine, salsicce e polenta. Anche se quest’ultima non mi è mai piaciuta.
Chiusi gli occhi, passandomi la lingua sulle labbra. Respirai a fondo l’aria fresca della sera.
L’erba era alta e mi entrava nei sandali bianchi in pelle. Suoni. Rumori. Voci. Un gruppo di ragazzi mi osservava. Quello lo conoscevo. Almeno credo.
Il buio rendeva tutto più difficile da delineare. Volti, persone, auto, biciclette, alberi. Tutto era più nascosto, confuso. Mi accorsi di amare quel buio. Ne ero avvolta, lo sentivo addosso e dentro di me, nei muscoli, nelle ossa.
Sì, freddo. Respirai anche quello. Le foglie umide mi sfiorarono la testa. Deglutii.
Non sapevo se sentirmi bene o male. Guardai l’orologio. Un giorno di schifo. Ma forse con quella serata mi stava passando la sbornia da letto che avevo accumulato nel pomeriggio.
Afferrai il palo. Strinsi. Inspirai profondamente. Desiderai…che cosa?
Qualsiasi cosa.
Che la mia vita andasse meglio.
Che i casini di famiglia dei miei amici si mettessero a posto.
Desiderai smetterla una volta per tutte di combattere contro me stessa e contro la mia natura.
Smetterla di piangermi addosso inutilmente.
Di parlare per niente.
Di pensare, soprattutto. Volevo piantarla di pensare una volta per tutte.
Visualizzai nella mente Alaska, il mio micio bianco. Non so perché proprio lui. Forse perché è il più pauroso.
Quasi quasi, meglio essere un gatto: dormire, mangiare, andare in cerca di coccole, perdere pelo sui divani, guardare i padroni con occhioni dolci.
Però è sbagliato. Non potrò mai essere come un gatto, perché non so avere un padrone. Non ne sono capace. Forse è proprio questo il mio problema.
Volevo una risposta, in realtà.
Dal buio. Da una telefonata che non stavo aspettando. Da Dio. Da quella Citroen rossa che fissavo senza un motivo particolare.
Chiunque. Chiunque avesse una risposta.
Chiunque avesse una buona o anche una cattiva notizia.
Semplicemente, aspettavo.
La luna era nitida e arancione, e mi osservava. Io la guardavo. Sfidavo la luna. La sua falce affilata sembrava quella della morte in persona.
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L'arte è il diritto dell'anima di respirare
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Re: Aspettare - Una Notte Dell'Estate 2008
I gatti infatti non hanno padroni ed è proprio questo il motivo per cui li adoro hai mai visto in un circo gatti ammaestrati? puoi vedere i cani, le foche, i leoni e le tigri ma i gatti non li vedrai mai, è un animale troppo libero e per questo erroneamente si dice che sia infido. I realtà sa essere anche più affettuoso di un cane ma libero semplicementeExlex ha scritto: Quasi quasi, meglio essere un gatto: dormire, mangiare, andare in cerca di coccole, perdere pelo sui divani, guardare i padroni con occhioni dolci.
Però è sbagliato. Non potrò mai essere come un gatto, perché non so avere un padrone.
- Massimo Baglione
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Re: Aspettare - Una Notte Dell'Estate 2008
Un cane resta con te anche senza cibo, anche senza coccole, fino alla tomba, e oltre.
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Re: Aspettare - Una Notte Dell'Estate 2008
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Re: Aspettare - Una Notte Dell'Estate 2008
beh, insomma avevo una cagnetta che mio papà non sopportava e quando lo faceva incazzare le tirava bastonate con i manici di scopa.pia ha scritto:il cane resta con te anche se lo maltratti e questo non va bene, sconfina nel masochismo
Le cure e le attenzioni mie e di mia mamma non sono bastate, e se n'è andata.
Finché non l'abbiamo trovata morta e mezza mangiata dalle mosche.
Quanto mi dispiace, Dio.
Però è vero, non ci avevo pensato al fatto che alla fine i gatti sono liberi in quasi tutti i sensi.
Boh. Forse in quel momento avevo solo in mente la loro innocente dipendenza da cibo e coccole
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Déjà vu - il rivissuto mancato
antologia poetica di AA.VV.
Talvolta, a causa di dinamiche non sempre esplicabili, uno strano meccanismo nella nostra mente ci illude di aver già assistito a una scena che, in realtà, la si sta vivendo solo ora. Il dèjà vu diventa così una fotocopia mentale di quell'attimo, un incontro del pensiero con se stesso.
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Ventitrè autori si sono cimentati nel descrivere le loro idee di déjà vu in chiave poetica.
A cura di Francesco Zanni Bertelli.
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La Gara 32 - MOM - Storie di Madri (e figli)
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La Gara 67 - Cavalieri di ieri, di oggi e di domani
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