Turi, Elena e il Gattopardo
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Turi, Elena e il Gattopardo
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Procedo per gradi. A parte qualche refuso (punti non messi alla fine dei dialoghi, virgole mancanti qua e là ecc.) di piccola entità, mi è dispiaciuto vedere l'uso del siciliano azzoppato dalla stampella delle "traduzioni". E' una questione complicata, ma dal mio punto di vista hai usato termini che già di loro sono comprensibilissimi, e il doverne spiegare il significato ha depotenziato molte delle battute. Io ti consiglierei di andare full sicilian e di lasciare "picciotte" o "acchiananu" i nervi senza alcuna spiegazione accanto. Purtroppo quando si usa il vernacolo non si può tenere il piede in due scarpe, e te lo dico per esperienza.
Secondo punto: l'intento allegorico del pezzo è chiaro almeno dal titolo, anche se ci vuole un po' prima di ritrovarlo nel testo. La storia contemporanea italiana che da oggi si snoda indietro nel tempo, in una circostanza ben precisa e con un grande stratagemma ironico, è una bella intuizione, perché rende ogni livello del racconto "fisiologico" e "organico" rispetto agli altri. Il problema però è che, a volte, ho avuto l'impressione che a parlare fosse l'autore e non i personaggi. Ho percepito un certo sconfinamento, ecco, ma può essere stata solo una mia impressione. Salta fuori uno spirito invettivo, ogni tanto, che l'ironia avrebbe già stemperato di suo senza calcare troppo la mano.
Questo racconto mi ha sorpreso, ripeto, e penso che determinate mentalità di chi legge qui - premio brevità o no - vadano un attimo riviste. Se non arrivate alla fine di un testo perché vi stancate, e parlo in generale, non leggete, nessuno vi costringe, ma almeno abbiate l'accortezza di non votare, dato che basta un solo "uno", col sistema di punteggio attuale, per mandare a monte l'intera gara di un autore.
A rileggerti.
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Sui punti deboli del racconto Draper mi ha tolto le parole di bocca (non è vero, lui l’ha detto meglio), anche se, lo ammetto, quella “stampella” al dialetto mi ha fatto comodo.
Per quanto mi riguarda trovo che il modus che hai scelto sia coraggioso; per quanto filtrata dall’allegoria e dall’ironia hai preso una posizione su temi concreti (condivisibile o meno, ma non importa), hai infranto una specie di tabù: quello di schierarsi, dichiararsi, uscire dall’astratto. Pratica fin troppo sdoganata in altri ambienti social, ma che sembrava un dogma, almeno per la mia limitata esperienza (e se mi sbaglio chiedo venia), nell’ambito di questi contest, anche parlando di massimi sistemi o dell’ideologia. Tu l’hai fatto (sono sempre incerto se rivolgermi a te o al tuo personaggio).
Mi sbaglierò, ma credo che anche il voto minimo che ha preso il tuo racconto dipenda da questo. Auspicherei un contraddittorio per chiarire il mio dubbio.
Al netto delle considerazioni di cui sopra trovo che ci sia anche un apprezzabile valore letterario.
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Re: Turi, Elena e il Gattopardo
gli inserimenti in siciliano sono ridotti all'osso e ho aggiunto, cercando di creare il minor danno possibile, una traduzione degli stessi. Si tratta di un male, lo riconosco, ma voluto. Esistono poi dei termini siciliani ormai entrati a far parte della lingua italiana e quindi ormai invisibili, come minchia.
Mi fa sempre riflettere quanto Il dialetto si noti, mentre inserimenti in lingua inglese del tutto gratuiti, come cordless, sembrano del tutto invisibili e organici, se non dovuti.
Un paio di considerazioni: il racconto l'ho scritto anni or sono e per questo contest ho solo inserito i fatti più recenti se non la cronaca. Che funzioni a distanza di anni e faccia discutere allo stesso modo dimostra quanto siamo sempre fermi allo stesso punto in questo paese.
La malattia, le coliche, è un modesto omaggio al Bell'Antonio di Brancati, ed ha un chiaro intento allegorico. Come il riferimento al Gattopardo del titolo, che poi si ritrova nel testo.
L'autore non interviene mai, la voce dei protagonisti è interrotta dalla sola voce narrante. Il finale cileno che un po' confonde, lo ammetto, è un pensiero di Turi. Provo a organizzarlo meglio.
Spetta, infine, al lettore giudicare se l'autore sia riuscito ad andare oltre l'invettiva fine a se stessa e a costruire un racconto in cui magari rintracciare qualcos'altro.
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Mi è parso di leggere un monologo, più che un racconto. La protagonista femminile andava avanti per la sua strada, ossia parlare al telefono con la sorella, lei aveva quel problema e poco le importava di rispondere a tutto quel sciorinare incazzoso di Turi.
Per fortuna ogni tanto ho incontrato un pò di sano umorismo che mi ha fatto sorridere. Sia qualche parola in dialetto, sia il mal di pancia del protagonista.
Per terminare, secondo il mio modestissimo parere, non lo ritengo un racconto da gara.
Hai osato, e bisogna sempre provarci.
Voto3 per il lavoro di stesura degli episodi politici.
La Gara 32 - MOM - Storie di Madri (e figli)
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