Cielo nero
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Cielo nero
La voce, concitata, scuote Sergio dal torpore. Non l’ha neppure sentita entrare.
«Sì» risponde quasi con noncuranza.
«E non dici niente? Non fai niente? Te ne stai chiuso in casa a pensare? E cosa pensi, poi, cerchi una via di fuga che non esiste?»
È arrabbiata, delusa.
«Bimba…»
«Non chiamarmi bimba, non è il momento!»
«Va bene, Livia, scusami. Ma secondo te che dovrei fare? Disperarmi? A cosa servirebbe se non a nascondersi dietro la rabbia…»
Livia lo guarda, sorpresa; non è il Sergio che conosce lei, quello è combattivo, non cede, s’infuria, mentre questo è remissivo in maniera assoluta.
«Ma ci hanno tenuta nascosta la cosa fino a oggi, ti rendi conto? Dobbiamo andare a prenderli, giustiziarli in pubblico, devono pagare questo inganno con la vita, per la miseria.»
Si alza dalla poltrona, Sergio, le si mette di fronte e le prende le mani: «E poi? Una volta uccisi cosa abbiamo risolto? Niente, perché poco dopo toccherà a noi, quindi lo ritengo inutile, superfluo.»
Stupita che il suo uomo faccia simili ragionamenti, si stacca ed esplode: «In tutto il mondo si stanno ribellando, fanno saltare i governi e tu… tu diventi passivo in questo modo? Ma che ti è accaduto, Sergio, ti ha dato di volta il cervello o qualcosa di simile? Svegliati, andiamo anche noi!»
Un sorriso triste appare sul viso di Sergio: «Se vuoi possiamo andare, gioia, ma non nelle piazze, non ora. Prendiamo la moto e partiamo per un ultimo giro insieme. Abbiamo poco più di ventiquattr’ore tutte per noi. Vieni?»
Lei rimane spiazzata, sguardo stranito e bocca aperta. Vorrebbe dire qualcosa ma le parole non escono.
D’improvviso lo abbraccia ed esplode in un pianto liberatorio.
Sergio sente il corpo della donna scuotersi per i singhiozzi e viene colto a sua volta dall’emozione. La stringe a sé. Forte.
La moto corre lungo le deserte strade di campagna, provocando uno dei pochi rumori che spaccano la quiete del luogo.
Hanno scelto apposta l’entroterra, visto che la gente si sta riversando nelle grandi città, impaurita e inferocita al contempo, del tutto fuori controllo. Le forze dell’ordine neppure provano a fermare quei corpi impazziti, e spesso si mescolano a loro nella caccia ai governanti, i mentitori, “quelli che hanno nascosto tutto”.
Campi lavorati si alternano a radi boschetti e osservano passare la coppia. Una casa ogni tanto spezza il paesaggio, ma oltre a qualche gallina che scorrazza nei dintorni, gatti furtivi e cani che abbaiano, nessun segno di vita.
Rallenta, Sergio, fino a fermarsi in una stradina sterrata laterale. Scendono dalla moto e tenendosi per mano vanno verso gli alberi poco distanti, osservando i colori che li circondano: il verde dell’erba, il marrone delle piante, l’azzurro del cielo.
Senza dire una parola si spogliano e fanno l’amore, dolcemente, sotto il sole settembrino. Si appisolano.
È pomeriggio pieno quando Livia dice: «Torniamo, amore. Se quanto ci hanno detto è vero, tra poche ore sarà finita e voglio essere al mio paese.»
Sergio annuisce. Si vestono, salgono sul mezzo e partono. Verso casa, verso la fine.
Poco dopo sono nelle vie che conoscono bene, dove qualcuno corre, scappando da chissà cosa, altri sono a terra. Morti, forse. Livia piange mentre attraversano la strada principale, piange per quanto sta accadendo al mondo.
Passano indenni, ignorati da tutti, e arrivano alla loro abitazione.
Una volta dentro, Sergio stappa una bottiglia di vino e lo versa in due bicchieri, porgendone uno a lei.
«A noi» sussurra alzando il calice.
«A tutti» risponde Livia.
Bevono.
«Sergio, credo manchi meno di mezz’ora. Voglio andare in piazza.»
«Va bene, un posto vale l’altro.»
Non è grande la piazza del loro paese, ma pare enorme ora che è deserta.
«Sono scappati tutti…»
E invece, nel giro di pochi minuti arrivano una decina di persone e si uniscono a loro, guardandosi l’un l’altro senza parlare. Qualcuno alza gli occhi al cielo.
Senza quasi rendersene conto si prendono per mano e formano un cerchio. Da lontano arriva il nero a coprire un po’ di cielo. Sempre più.
«Dicono che bruci, che scotti tanto» esterna qualcuno, «ma sarà un attimo.»
Il cielo nero li avvolge. Per sempre.
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La nota secondo me positiva è la capacità dell'autore di tenere il lettore in apprensione, quel detto-non detto che fa continuare a leggere per cercare un numero maggiore di informazioni, di dettagli; che però non arrivano (volutamente? Ce lo dirà l'autore) e ci si ritrova alla fine della storia. Comunque sufficienza piena, crea una discreta tensione.
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Re: commento
il testo è volutamente scarno e con poche informazioni sul disastro in atto.Macrelli Piero ha scritto: ↑22/09/2020, 13:23 Il tema è già stato visto con R. Matheson, F. Brown, J.G. Ballard e altri, ma non stanca mai di piacere e ben si presta per racconti brevi. Qui il testo è formalmente corretto e il cerchio si chiude bene. Si poteva, però, pensare ad un approfondimento, attraverso i dialoghi , della personalità dei personaggi, della loro interiorità, Bene, invece, la mancanza di informazioni sul disastro in atto.
sì, forse si poteva approfondire la descrizione dei personaggi, ma mi è parso superfluo, in un testo così breve
grazie del commento
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sì, la cosa è voluta, MauroMauro Conti ha scritto: ↑22/09/2020, 13:37 Componimento basato sullo sfondo di un fatto tragico. Mi associo a chi ha rilevato una poca enfasi nella descrizione dei personaggi. Sia il fatto in se che i personaggi si muovono su uno scenario non molto ben definito, non collocabile nello spazio temporale ma molto realistico. Se la cosa è voluta allora cambia tutto.
La nota secondo me positiva è la capacità dell'autore di tenere il lettore in apprensione, quel detto-non detto che fa continuare a leggere per cercare un numero maggiore di informazioni, di dettagli; che però non arrivano (volutamente? Ce lo dirà l'autore) e ci si ritrova alla fine della storia. Comunque sufficienza piena, crea una discreta tensione.
tutto il testo è volutamente scarno
grazie per il commento
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Personalmente avrei preferito una maggiore contestualizzazione dei personaggi (e della loro caratterizzazione psicologica) e, soprattuttoto, dell'accadimento atteso. Hai voluto essere parco di informazioni, ed è l'autore che sceglie cosa dire e non dire: secondo me, però, qualche dettaglio che facesse lambiccare il cervello al lettore nel tentativo di capire/indovinare avrebbe reso più interessante la lettura. Certo, il testo era corto e si poteva star lì ad aspettare la conclusione, ma in questo modo la mia lettura è stata per forza passiva.
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A ogni modo, il racconto è un ottimo racconto, merito di quel lasciare il cielo nero sullo sfondo e di concentrarsi su Livia e Sergio. Soprattutto Sergio, il quale affronta la fine con la calma con cui si affronta un evento comune della vita. Forse perché la morte è sempre e comunque l'epilogo della vita.
Mi piace questo Fausto malinconico e introspettivo.
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Uno stile curato ci accompagna verso questo breve epilogo di cui sappiamo poco (e proprio per questo ci racconta tanto).
Ma non abbiamo il tempo di affezionarci a nessuno davvero. Ci sono letteralemnte tutti in queste piazze, ma non li conosciamo... e forse per questo non ci immedesiamo come dvoremmo.
Un buon racconto, che mette angoscia e timore per la vicenda narrata. Complimenti.
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Sono anche su Inchiostrodiverso!
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Illustrazioni: @novelle.vesperiane
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Re: Cielo nero
La brevità delle frasi contribuisce a rendere drammatica l'atmosfera del racconto che si dipana in modo lineare.
Non è chiara la collocazione spazio-temporale, tuttavia si può immaginare che la fine coinvolga l'intero universo.
Scritto molto bene. Bravo.
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Re: Cielo nero
Se invece state solo rispondendo, non serve specificare.
Ricordatevi anche che il testo del commento deve essere lungo almeno 200 battute.
Vi rimando alle istruzioni delle Gare letterarie.
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Re: Cielo nero
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Déjà vu - il rivissuto mancato
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