Il tempo è mistificatore
Il tempo è mistificatore
Era già in piedi, chino sulla scrivania, pronto ad andare; spense il monitor. Infilò la giacca che pendeva dalla spalliera della sedia e si girò per uscire dal suo cubicolo.
“Che c’è? Cos’è tutta questa fretta? E’ un po’ di giorni che ti osservo. A mezzogiorno in punto esci di corsa, quasi non saluti”.
Giorgio, il suo collega, non finiva mai di sfotterlo per la sua indolenza, per quel suo ‘lasciar stare’. Lui che, al contrario, passava con disinvoltura da una all’altra.
“Chi è la ragazza? Dev’essere speciale perchè non ti ho mai visto così…così preso? Innamorato? Allora? non dici niente?”
“Scusa, Giorgio, ho fretta, devo andare. E poi non saprei cosa dire e mi prenderesti per matto. Magari un giorno…”
“Già, già un giorno. Ciao, vai dalla tua bella, ci sentiamo dopo pranzo.
Il parco distava un paio di chilometri, prese la macchina.
La primavera era inoltrata e nell’abitacolo faceva caldo. Allentò il nodo alla cravatta, mentre cominciava a sudare; aprì il finestrino. L’aria entrava calda, ma pareva rinfrescare comunque.
Parcheggiò a lato del marciapiede, scese e si avviò correndo verso la grande quercia, messa quasi a guardia del parco un centinaio di metri più avanti.
Sedette fra due grosse radici che sporgevano, poggiò la schiena sul tronco rugoso, mentre con una mano coglieva una ghianda caduta l’anno prima.
Un paio di respiri profondi, occhi chiusi, liberò la mente e lasciò che i pensieri fluissero.
Ecco…la sentiva, era lì. I pensieri di lei bussavano delicatamente alla porta della sua mente, quasi una carezza.
Erano passati due mesi da quando, appena iniziata la bella stagione, s’era seduto in quello stesso posto e aveva iniziato a scartare il panino preparato a casa.
Dapprima ci fu lo stupore, poi un senso di smarrimento.
Stava forse impazzendo? Cosa gli stava accadendo?!
Gli parve di sentire delle parole nella testa, frasi, la percezione di una presenza. Allucinazioni? Dissociazione della personalità? Fra non molto l’avrebbero rinchiuso chissà dove e lui non avrebbe nemmeno saputo chi era?
<Ciao…>
Una semplice parola, chiara come fosse stata pronunciata da qualcuno lì vicino. Ma non c’era nessuno, solo una donna che teneva per mano un bimbo di pochi anni molto più in là.
<Ciao, ti sento… c’è qualcuno?…Chi sei?>
‘Io dovrei chiedere chi sei, pensava lui. Che succede?’
<Ti ho sentito, ti ho sentito benissimo>.
Di nuovo parole chiare, come fluttuanti nell’aria.
<Anch’io ti sento, anch’io penso di stare impazzendo. Chi sei tu!?>
<Sono Lisa, ho paura! E’ forse il demonio che parla? devo correre subito a casa!>
<No, aspetta, aspetta…Lisa. Non sono il demonio. Mi sono seduto sotto la quercia del parco e all’improvviso sento le tue parole nella testa. E’ tutta una mia fantasia? Che sta succedendo!>
<Anch’io sono seduta su una seggiola sotto la quercia. Ma non c’è nessuno qui, sono sola!>
Erano nello stesso posto, si disse, ma non si vedevano. Riuscivano, per qualche stranezza, a sentire ciò che pensavano.
Il suo cervello lavorava frenetico, pensieri assurdi gli attraversavano la mente. Sentiva, nel frattempo, che questa Lisa era consapevole del fatto che lui stesso stava pensando e sentiva i pensieri di lei; così come lui avvertiva la sua presenza come se fosse lì davanti.
Se erano nello stesso posto e non si vedevano, l’unica spiegazione che gli si presentava alla mente era… assurdo, era essurdo!
<Che dici, che significa?> era lei che aveva ‘parlato’.
<Come sei vestita?>
<E’ una domanda indiscreta, direi>
<Ti prego, Lisa, non voglio essere indiscreto. Dimmi, per favore: come sei vestita?>
<Ho la gonna lunga a piegoni. E larga e la crinolina la tiene vaporosa tutto intorno>
<Oddio, in che anno sei?>
Anche lei cominciava a essere allarmata.
<Sono nel 1500, che vuoi dire?>
Così tutto era cominciato. Per qualche strana ragione quel luogo, proprio e solo quello, lì presso la quercia, metteva in comunicazione le loro menti.
In nessun’altra parte era possibile, avevano provato più volte da allora.
Il loro era diventato un appuntamento fisso, ormai, poco dopo mezzogiorno.
<Guardati nello specchio, vuoi? Portane uno piccolo con te, proprio qui, sotto la quercia>
<Perché?>
<Perché così vedrò nel tuo pensiero l’immagine che tu stessa stai vedendo e saprò come sei>
< D’accordo, domani lo porto. Ma tu fai lo stesso , va bene?>
Era bellissima, capelli lisci lunghi e quasi neri; occhi scurissimi lievemente orientaleggianti, dolci.
Ma, meglio di tutto, era il suo animo, dispiegato come un libro aperto nella sua mente ed era buono, gentile. Allo stesso modo l’anima di lui non aveva segreti per lei.
Parlavano e parlavano e il tempo passava veloce.
<Devo rientrare, mio padre mi sta chiamando. Ci vediamo domani?>
<Sì, stessa ora!>
Si stava alzando a fatica tutto anchilosato. Nel mettersi in piedi lo sguardo cadde sul tronco di quella pianta maestosa.
Non ci aveva mai fatto caso prima: su un lato la corteccia era stata intagliata a forma di cuore, trapassato da una freccia. Il solito graffito di due innamorati. C’erano anche le iniziali dei nomi, due L. Chi sarà stato? L’incisione era vecchissima, a malapena visibile. Ne avrebbe parlato con Lisa.
<No, diceva lei, qui non vedo proprio nessun cuore nel punto che indichi. Non c’è niente>
Possibile? Possibile che quelle fossero le iniziali dei loro nomi?
La vecchia indovina del luna park gli aveva preso la mano e l’aveva fissato negli occhi.
Una lunga treccia grigia le pendeva dal lato destro e scendeva sul davanti, oltre la spalla. Sopracciglia folte, trasandate, facevano da guardia a due occhi quasi ciechi, vinti dalla cataratta.
Non aveva fatto domande, in compenso aveva parlato: ‘solo la forza del tuo amore e del tuo spirito possono riuscire a superare i confini del tempo’.
Cosa voleva dire?
Quella notte non riuscì a chiudere occhio.
A mezzogiorno, il dì seguente, era di nuovo sotto le fronde della quercia.
<Verrò da te, le diceva, aspettami>
<Come farai? Come ti riconoscerò?> chiedeva lei.
<Mi riconoscerai, saprai che sono io>
Il suo pensiero era saldo, ora. Concentrato. Solo un’idea, chiara nella sua mente.
“Mamma, mamma, vieni c’è un uomo addormentato sotto l’albero!”
Il bambino tirava la mamma per un braccio e indicava col dito.
“Aspetta qui, non ti muovere”
Sembrava proprio che dormisse, sul viso quasi un sorriso sereno. Ma non respirava più.
Il suo spirito fluttuava libero. Sul bordo della strada assolata un giovane stava morendo.
L’anima l’aveva appena abbandonato e lui veloce ne prese il posto. Quel corpo, morto da poco, si riscosse, si alzò da terra e si avviò.
Lei era lì, all’ombra dell’albero. Adesso era reale, la vedeva e la poteva toccare.
“Ciao Lisa”
Si girò e seppe subito che era lui.
“Sei tu, sei venuto!”
Le prese una mano e la baciò sulle labbra.
Qualche anno dopo erano nella sua officina.
“Cosa disegni? Cosa sono queste cose?”
“Sono ali, Lisa, ali con cui volare”
“Ma…solo gli uccelli volano, no?”
“Già, ma tutto cambierà. Voglio farti un ritratto, ti spiace?”
“Sei bravo a dipingere. Questo vuol dire che dovrò stare ferma per giorni e giorni, Leonardo?” era un po’ imbronciata, come i bambini quando fanno i capricci.
“No cara Lisa, ti prometto che sarò velocissimo”.
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Il racconto è scritto bene. Rilevo un refuso, una "è" non accentata a inizio frase, ma è una quisquilia a fronte di una scrittura valida, ovviamente una svista. È il racconto in sé, con validi spunti, che però non mi convince. Anche il titolo non lo vedo azzeccato, è pretenzioso, che cerca l'effetto senza incidere. È un racconto "vintage", scritto come lo scrivevano i proto scrittori di fantascienza. Vale a dire, spero l'autore mi possa perdonare, ingenuo. L'autore parte con un accenno al lavoro del protagonista, che avrà un senso quando si scoprirà quando lo stesso si incarnerà (?) in Leonardo da Vinci (?) . Sempre l'autore presume (ci può stare, seppure senza riscontri storici) una passione con Monna Lisa, seppure ci siano indizi di omosessualità (legittima, ma stiamo parlando della credibilità del racconto) sulle inclinazioni del Sommo. Ma oggi, quando si scrive, anche di fantascienza, anche di fantasia, ci sono parametri di credibilità anche nell'incredibile che vanno innanzitutto spiegati e poi rispettati, o innanzitutto rispettati e spiegati. Inoltre riscontro una poca originalità nel tema, a prescindere dal Sommo, perché è stato usato e super codificato nel passato in molti racconti di genere. Concludendo, vedo una buona stoffa, una buona e corretta scrittura, una trama debole se il racconto viene visto da chi conosce il genere. A rileggere l'autore, in una prova più completa. Voto "3" perché chi ha scritto il racconto maneggia la scrittura con evidenti capacità.
- Alberto Marcolli
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Commento Il tempo è mistificatore
Che posso dire? Siamo anche qui nel racconto fantastico che costringe il lettore a tenere il fiato sospeso sperando che arrivi presto la spiegazione dell’enigma.
Forse potrebbe esserci anche una forzatura delle regole che pur sono da rispettare anche nel racconto fantastico. Esempio, secondo me, la quercia che già esisteva alta e rigogliosa nel 1500, ma non è un racconto in cui ci si devono fare troppe domande, altrimenti si rovina l'incanto.
Rispetto ad altri ha il pregio di scorrere bene e per me è ben scritto.
Voto dal 3 al 4. Mi riservo di decidere in seguito. Prometto comunque che farò prevalere la correttezza della forma. Per mia sventura non vado matto per questo genere.
Inviterei tutti a comportarsi in questo modo. Ognuno ha i suoi gusti, ma non siamo obbligati a comperare il racconto in libreria, basta commentarlo con sincerità, onestà e impegno.
Se giudico il racconto ben scritto, ma non è il mio genere: voto 4, voto 5 se lo ritengo anche particolarmente ricco di genialità.
Se il racconto è ben scritto e in più appartiene al mio genere: voto 5
A scalare verso il basso se la forma è zoppicante.
HO SCIOLTO IL DUBBIO. VOTO 4
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È un racconto fantastico, quindi si possono perdonare alcune debolezze (la quercia, "siamo nel 1500" – scusami ma mi ricorda Benigni-Troisi: 1400, quasi 1500 – le parole un po' troppo moderne di Monna Lisa).
Oltre alle cose già segnalate ho trovato un "perché" con l'accento invertito, alcuni difetti di formattazione (lo spazio dopo i tre punti… ecc.), i <> al posto dei caporali nei dialoghi.
Lo stile è scorrevole e la lettura è simpatica.
Questo è il secondo racconto in gara che, in qualche modo, cita la Gioconda; a me, che sono nato nel paese del Genio, non può che fare piacere.
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Quando il racconto finalmente decolla, è anche già finito, senza aver perfettamente limato alcuni dettagli, alle volte introdotti in maniera estemporanea, artefatta, e senza aver considerato del tutto i loro effetti sul flusso della vicenda.
Carina l'idea, un po' breve lo svolgimento, soprattutto in considerazione della grandezza del personaggio coinvolto.
Racconti alla Luce della Luna
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simpatica l'idea, buona la stesura ma deboluccio il contenuto, nonostante alcuni discreti spunti.
non ho notato refusi particolari, ma non sono riuscito a entrare completamente nella narrazione.
lo trovo incompleto, anche se non ti saprei dire cosa manca, onestamente.
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Quindi ho letto il racconto soprattutto per guardare alla scrittura.
Che, a mio parere, è abbastanza fluida e adatta al genere.
Penso che Leonardo approverebbe!
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