La ciambella del giovedì

Spazio dedicato alla Gara stagionale d'inverno 2023/2024.

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Maria Spanu
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La ciambella del giovedì

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leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Quella mattina si svegliò con un senso di pace interiore profonda, in lui nacque una voglia smisurata di una ciambella al pistacchio, che comperava ogni giovedì. Il giorno prima, però, mentre andava al supermercato, un acquazzone lo aveva fermato al sottopassaggio della metro A.
-Chissà quanto durerà, qui è sempre un problema quando piove – lo approcciò una signora dietro di lui.
-Lasciamo perdere signora, l'anno scorso mi sono trovato nella stessa metro ad aspettare e alla fine sono tornato a casa alle dieci, tutto zuppo – rispose, con tono rassegnato, sapendo dentro di sé che anche quella sera non gli sarebbe andata meglio.
-Certo, se non puliscono le fogne, questa città prima o poi si allagherà del tutto - ribatté la signora.
Aveva le scatole piene di quelle frasi fatte, trite e ritrite, che lo infastidivano fino all'orripilazione; non rispose alla signora, fece solo un cenno con la testa in segno di approvazione.
Di lì a poco ebbe uno strano senso di calore e dovette uscire di corsa, sotto la pioggia, per respirare, rendendosi conto di essere diventato claustrofobico. D'un tratto aveva capito perché aveva sempre detestato le piccole stanze, i luoghi affollati. Si poggiò a un corrimano del passaggio pedonale per riprendersi, ma non riuscì neanche a respirare quando da lontano sentì:
-Nicola! Ciao, stai bene?
La collega invasiva del quarto piano, ufficio contabilità, che più di quindici anni fa ebbe una cotta per lui.
-Ciao, Alda! Io bene, tu, come stai? - esclamò con un sorriso ipocrita Nicola, sapendo che la conversazione si sarebbe dilungata a sproposito.
-Bene, sapessi cosa mi è successo...
-Scusami, cara, sono uscito di fretta e temo di aver lasciato sul fuoco il pentolino del latte, dovevo stare via solo un minuto, devo scappare, ci si vede in ufficio!
Alda rimase sconcertata, con la mano tesa, guardando Nicola allontanarsi, ma si promise di andarlo a trovare nel suo ufficio; nessuno aveva mai osato scaricare la Alda, colei che emanava luce e ottimismo quando passava per i corridoi, coi suoi tacchetti battenti a ritmo sul laminato scivoloso.
Nicola, preso da un senso di colpa, si recò direttamente al lavoro, molto presto quella volta.
Si sedette alla scrivania e tutto cio a cui riusciva a pensare era quella ciambella mancata, quell'appuntamento del giovedì ormai svanito.
Uno squillo di telefono infranse quel silenzio sordo, e Nicola dovette riordinare le idee.
Quel giorno doveva consegnare l'ultimo rapporto sui rendimenti di fine trimestre; non aveva alcuna ispirazione, le formule e i numeri che stava leggendo non avevano alcun senso, e quel desiderio di uscire si fece pian piano più incombente.
-Gabriella, per favore portami un bicchiere d'acqua e una zolletta di zucchero. Chiese alla sua assistente all'interfono.
-Certo, Nicola. È quasi mezzogiorno, vuoi che ti porti qualcosa da mangiare?
-No, non ti preoccupare, basta l'acqua e lo zucchero.
Gabriella entrò con il suo fare silenzioso, un passo felino quasi impercettibile.
Gli porse il bicchiere e lo guardò bere come se non avesse mai bevuto.
L'acqua scese giù veloce, fredda e leggermente frizzante, come piaceva a Nicola, irrorando dentro di lui un senso di piacere.
Decise di continuare il suo lavoro e lasciare i pensieri per la sera, quando poteva essere quel che voleva.
Le ore passarono e il report era quasi completo, giusto qualche controllo finale su qualche grafico; mentre la stampante era al lavoro, Nicola pensava alla figuraccia fatta con Alda. Nonostante il suo carattere, in fin dei conti, non era poi così male come persona, "meglio di tanti altri qui che sono ipocriti e falsi" farfugliò tra sé e sé.
Prese quel fascicolo, lo spillò e lo mise nella cartella da consegnare al dottor Eraldi, il suo supervisore. Un uomo alto e secco; si era chiesto spesso come facesse a stare in piedi, sembrava come, in un attimo, il vento lo portasse via. Immaginò il dottore volare per il giardino dell'ufficio e si fece una risatina, quasi diabolica.
Mentre apriva la porta per uscire si ricordò che doveva spegnere il computer, non poteva lasciarlo acceso fino al giorno dopo, sapeva si sarebbe bloccato; quel catorcio neanche rispondeva più ai comandi, un dinosauro con quattro schede di archiviazione, da lui installate, che arrancava sempre più. Un giorno decise di sbarazzarsene, ma doveva prima ricopiare tutto sui floppy e non ne aveva voglia, così rimandava, giorno dopo giorno.
Lungo il corridoio ormai non si sentiva tanto chiasso, le voci erano più nitide.
Erano quelle di chi rimaneva fin tardi al lavoro, come Nicola ogni sera.
Prese l'ascensore e salì all'ultimo piano dal dottor Eraldi, intento a consegnare il lavoro e filare via prima delle sette.
Uno scricchiolio preoccupante accese in Nicola un disagio, una sensazione che gli cingeva la gola. Si guardò attorno e l'abitacolo sembrò più piccolo e angusto, sentiva l'odore della moquette sotto i piedi e, non riuscendo più a muoversi, si poggiò allo specchio con la mano sulla testa per riposare.
Lo scatto delle porte gli portò sollievo e uscì di fretta per riprendere fiato.
Giunto di fronte alla porta bussò lentamente ed entrò salutando il dottore, seduto in fondo alla stanza, alle prese con un funzionario.
-Prego, entri e si sieda. Arrivo in un istante. Pronunciò gesticolando Eraldi.
Si sedette sulla poltrona di fronte la scrivania, e si guardò intorno con fare distaccato. Osservò come il dottore avesse una passione smisurata per le monete, tutte incastonate in quadri minuziosamente confezionati e catalogati; più vicino, sullo scrittoio, teneva una cinquecento lire del 1957 d'argento. Quella con le caravelle di Colombo. Pensò dentro di sé quanto fosse scintillante, non se ne vedevano tante in giro.
-Anche tu ne sei appassionato?
-Non come lei, vedo che è un assiduo collezionista.
-Diciamo che ho una modesta conoscenza delle monete, ma vedi, caro Nicola, questa moneta? Questa fu per me il primo passo, la mia prima paga. Quel giorno, ancora ricordo, ne fui entusiasta. Un lavoro svolto da me che veniva retribuito, dando un valore intrinseco al mio operato. Ero considerato abile nel farlo, mi ha permesso di poter valere qualcosa. Capisci, Nicola?
Quelle cinquecento lire, all'epoca, non valevano un granché, eppure avendole tenute quale ricordo personale e intimo, trascorsi oltre 40 anni, valgono tantissimo; se guardi bene le vele delle navi, noterai che sono controvento.
-Che significa? Chiese Nicola con interesse.
-Significa che quella moneta è il risultato di un errore di conio, che la rende unica nel suo genere.
-Chissà quanto varrà?
-Inestimabile valore affettivo, non c'è cifra eguagliabile.
Hai portato il fascicolo?
Nicola rimase un po' di tempo fermo, per poi porgere il fascicolo ed esprimere la sua stima verso l'Eraldi, pensando di averlo da sempre frainteso. L'atteggiamento duro del suo supervisore non era dovuto al suo carattere ma, al suo essere introverso e non adatto ad una socialità moderna, non concepibile dal suo punto di vista.
Si salutarono, e Nicola uscì dalla stanza pieno di pensieri, quei blocchi di granito che giacevano nella sua mente si sgretolarono di getto, lasciando spazio a nuovi e scintillanti blocchi da ricostruire, alla luce di quanto udito nella stanza.
Questa volta, per scendere, prese le scale; non poté neanche avvicinarsi all'ascensore, nonostante pensasse che fare otto piani a piedi fosse assai scomodo.
Uscì dall’androne dell’ufficio con la sua ventiquattro ore in mano, e salì in macchina per tornare a casa. Nel viaggio si rifugiò nei suoi pensieri, il tempo era relativo e non lo sentiva più scorrere. Sapeva che qualcosa in lui era cambiato per via dell’Eraldi, aveva scosso tutte le sue certezze sull’uomo e si meravigliò di quanto fosse difficile crederci, eradicare un’idea, rivoluzionarla.
Giunse di fronte alla sbarra del garage, ma il telecomando non funzionava; dovette scendere dalla macchina e azionare il comando da dentro, pensò che un giorno avrebbe preso un’ascia e spaccato quel maledetto arnese. Da quando lo avevano installato, otto anni fa, non aveva funzionato mai pienamente e ne aveva le scatole piene delle cose che funzionavano a metà.
Furioso e contrariato, salì e si gettò sul divanetto con ancora il trench addosso; cinque minuti di riposo, un attimo per non pensare a niente. Chiuse gli occhi e cercò di rilassarsi, ma un tarlo iniziò a rosicchiargli il cervello.
Con un vago rantolo, si recò in cucina per mangiare qualcosa, non poteva più stare sul divano, le gambe avevano iniziato a formicolare.
Mangiò quella tristissima cena fatta di una scatoletta di tonno e dei pomodori che aveva nel frigo, intrisi di maionese, quella delicata della Calvè, che a lui piaceva oltremodo. Aprì una rosetta e ci schiaffò dentro quel miscuglio ormai indistinto, che divorò in quattro bocconi, dissetandosi con una Ichnusa non filtrata, ghiacciata. Pensò che le meraviglie del mondo, talvolta, risiedessero nelle cose più stupide e ridicole, come bere una birra ghiacciata e osservare dalla finestra una coppia, che si lascia andare in effusioni amorose, sulla panchina della fermata del bus.
In una serata uggiosa e noiosa, decise di lavarsi i denti e mettersi a dormire, non avendo neanche voglia di guardare il suo programma serale, quella trasmissione di politica, in cui gli ospiti sono intenti a fare polemiche sterili per aumentare l’audience: aveva le scatole piene anche di quella roba.
La notte infine giunse e la città si silenziò gradualmente, permettendogli di addormentarsi in pochi secondi.
L’orologio ticchettava: cinque e trenta del mattino.
Nicola di colpo si svegliò zuppo di sudore, e con un gran mal di testa. Sognò quella pasticceria dietro Piazza di Spagna, che aveva sempre le ciambelle calde al mattino e le farciva a volontà con ogni ben di Dio.
Pensò di non riuscire più a dormire, e si vestì di fretta, indossò il trench, quello marrone e concio come uno straccio; era affezionato a quell’abito, nonostante fosse abbruttito dal tempo, gli fu regalato in giovane età dalla sua mamma, quando discusse la tesi di laurea.
Pensò che gli avesse portato fortuna, e decise di tenerlo per lungo tempo, talmente tanto che diventò un pezzo di Nicola.
Arrivò alla pasticceria e chiese tre ciambelle con la crema al pistacchio, doveva riempire quel vuoto, che si era portato dentro per tutto il dì.
Si sedette sulla panchina di marmo davanti la fontana della Barcaccia, ammirandone la rara bellezza, nel mentre gustava la sua tanto agognata ciambella.
Da dietro senti una voce che riconobbe familiare e mentre si voltava capì che si trattava del dottor Eraldi.
-Cosa ci fa qui, dottore, a quest’ora?
-Potrei farti la stessa domanda - Disse ridendo.
-Non riuscivo a dormire e, mentre passeggiavo, avevo voglia di una ciambella calda.
-Idem, io ci vengo tutti i giovedì, a prendere la mia ciambella alla crema.
Nicola era sconcertato, non poteva crederci. Il dottore era lì, i due si guardavano, legati da un comune denominatore. Nessuno parlò più, si sedettero sulla panchina, zitti; il solo rumore che si poteva udire era quello dei granelli di zucchero che cadevano nella bustina cerata, e quello delle loro mascelle che gustavano, avide, quelle piccole meraviglie profumate. Ogni problema svanì, come la notte, con l’alba in divenire, e quel freddo affilato che pungeva le guance, ma che in fondo era sopportabile.
Rimasero seduti, senza dire più niente, solo il canto degli uccellini e qualche clacson.
Ultima modifica di Maria Spanu il 09/01/2024, 13:54, modificato 2 volte in totale.
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Re: Commento

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A. Giordano ha scritto: 24/12/2023, 16:57 Piccoli fatti della vita, appunto, solo in apparenza di poco valore ma non meno preziosi. Come mangiare una ciambella al pistacchio, bere un bicchiere d'acqua o una birra ghiacciata, osservare dalla finestra una coppia che si abbandona in piccole effusioni amorose...
Sono lusingata dalle tue parole, soprattutto per il significato che vuole trasmettere questo piccolo raconto. Per gli errori, appena ho modo di fermarmi, correggerò senz'altro e ti ringrazio per le segnalazioni.
Ritengo di fondamentale importanza, in quest'epoca di superficialità dilagante, osservare e dare il giusto peso alle piccole cose, che poi tanto piccole non sono. Siamo sommersi da informazioni, più o meno attendibili, che creano pregiudizi, false convinzioni, dove il web è aula, giudice, boia e ghigliottina. Dove anche esprimere un pensiero è divenuto impossibile, rendendoci degli individui esposti alla gogna pubblica. Un frammento di vita, apparentemente insignificante quello del protagonista, che, invece, nel suo quotidiano significa molto.
Rinnovo i miei ringraziamenti e ti auguro splendide e serene Feste. 😊☺️
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Messaggio da leggere da Jacopo Serafinelli »

Non pensavo di leggerlo, il titolo non mi attirava ma poi mi sono detto: ma sì và!
Scritto bene e con un significato che non è affatto banale e trito… come potrebbe sembrare il parlare dell'importanza delle piccole cose.
Le piccole cose… quelle che ci sembrano sempre dovute e che quindi derubrichiamo dalla lista delle cose importanti ma… ma che, in determinati momenti della vita, assumono un ruolo quasi salvifico… salvagenti nella depressione, solitudine o quando riusciamo ad osservare con occhi interiori il mondo che ci circonda.
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Re: Commento

Messaggio da leggere da Maria Spanu »

Jacopo Serafinelli ha scritto: 28/12/2023, 13:19 Non pensavo di leggerlo, il titolo non mi attirava ma poi mi sono detto: ma sì và!
Scritto bene e con un significato che non è affatto banale e trito… come potrebbe sembrare il parlare dell'importanza delle piccole cose.
Le piccole cose… quelle che ci sembrano sempre dovute e che quindi derubrichiamo dalla lista delle cose importanti ma… ma che, in determinati momenti della vita, assumono un ruolo quasi salvifico… salvagenti nella depressione, solitudine o quando riusciamo ad osservare con occhi interiori il mondo che ci circonda.
Jacopo
Grazie, Jacopo, per le tue parole. Il titolo è appositamente improntato su una cosa semplice, apparentemente insignificante. E' proprio quello il punto cardine di tutto il racconto, un frammento di vita quotidiana in superficie appare banale, ma per ognuno di noi puo' avere peso.
Andando avanti nella vita ho capito che le cose che diamo per scontato o dovute sono quelle che, nel momento in cui non ci sono, mancano di più. Eppure le lasciamo lì abbandonate finchè non svaniscono per poi pentircene. Ahh, siamo proprio strani come esseri...
Rinnovo i miei ringraziamenti per aver speso 11.000 caratteri, apparentemente insignificanti sulla carta, per leggermi! :)
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Messaggio da leggere da Andr60 »

Condivido le osservazioni di chi mi ha preceduto, sia nei contenuti che nelle annotazioni formali, forse in alcune frasi avrei usato il trapassato prossimo. Quasi sempre ci fermiamo alla prima impressione nel giudicare il prossimo, e spesso ci sbagliamo. L' uso compulsivo dei social purtroppo ha generalizzato la tendenza a offrire un'immagine di sé stereotipata e rassicurante, col risultato di una dilagante ipocrisia e terrore di esprimere opinioni discordanti. Alla fine, non c'è niente di meglio di una ciambella ripiena per scordare tutti i guai 😋
Ultima modifica di Andr60 il 09/01/2024, 11:58, modificato 2 volte in totale.
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Commento La ciambella del giovedì

Messaggio da leggere da Alberto Marcolli »

Refuso - tutto cio a cui

alla fine sono tornato a casa alle dieci, tutto zuppo – rispose, con tono rassegnato, sapendo dentro di sé che anche quel giorno sarebbe tornato a casa tardi.
Non volendo ripetere la frase - tornato a casa - propongo - alla fine sono tornato a casa alle dieci, tutto zuppo, – rispose, con tono rassegnato, sapendo dentro di sé che anche quella sera non gli sarebbe andata meglio.

poi si allagherà del tutto – preferisco: poi si allagherà del tutto, -

Decise di poter continuare il suo lavoro e lasciare i pensieri per la sera, quando poteva essere e decidere quel che voleva - - poter … poteva - - decise … decidere

supervisore. Un uomo alto e secco, si era chiesto – proposta - - supervisore: un uomo alto e secco. Si era chiesto...

decise di sbarazzarsene, ma doveva prima ricopiare tutto sui floppy e non ne aveva voglia, così rimandava, giorno dopo giorno, senza decidersi mai - - decise … decidersi

dottor Eraldi, intento a consegnare il lavoro e filare via prima delle sette. - - proposta - - dottor Eraldi, consegnargli il lavoro e filare via prima delle sette.

pensò che fare otto piani a piedi fosse assai scomodo. Volle stare nei suoi pensieri, - -pensò … pensieri

refuso - - e si vesti di fretta - - vestì

refuso - - Da dietro senti - - sentì

stessa domanda- Disse, ridendo. - - proposta - stessa domanda, - disse ridendo.

- - concludendo:
Dovresti vedere di ridurre l’uso del vocabolo pensieri e affini: ne avrei contati una quindicina.

Commento
Un racconto di piccole cose che spesso chiamiamo banalità, ma è un errore. Sono proprio loro, infatti, a riempirci la vita, donandoci quella serenità che il nostro mondo frenetico ha smarrito.
Voto 4
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Re: Commento

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Raffaella villaschi ha scritto: 28/12/2023, 19:27 Bellissima, mi piace molto come hai descritto Nicola il personaggio essenziale del racconto, parole veramente soddisfacenti, un racconto che solo il titolo mi ha incuriosito, infatti il protagonista mi è piaciuto molto, anche il suo capo ha avuto per lui una reazione positiva nel suo essere, quindi il mio voto è 5.
Grazie mille, Raffaella. Non smettiamo mai di stupirci e soprattutto non fermiamoci mai alle apparenze.
A presto!!! ☺️
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Re: La ciambella del giovedì

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Andr60 ha scritto: 29/12/2023, 10:17 Condivido le osservazioni di chi mi ha preceduto, sia nei contenuti che nelle annotazioni formali, forse in alcune frasi avrei usato il trapassato prossimo. Quasi sempre ci fermiamo alla prima impressione nel giudicare il prossimo, e spesso ci sbagliamo. L' uso compulsivo dei social purtroppo ha generalizzato la tendenza a offrire un'immagine di sé stereotipata e rassicurante, col risultato di una dilagante ipocrisia e terrore di esprimere opinioni discordanti. Alla fine, non c'è niente di meglio di una ciambella ripiena per scordare tutti i guai 😋
Ti ringrazio molto per le tue parole, hai proprio ragione sull'ipocrisia dilagante. Su argomenti importanti non basterebbe mai una ciambella per scordare chi ti ha denigrato, chi ti ha escluso (vedasi ultimi anni), chi ha cacciato il proprio figlio perché contrario, chi è stato zitto di fronte alle ingiurie e mi fermo perché la lista diventerebbe troppo lunga. Non si scordano certe cose, si possono solo modellare e fare tesoro di quanto appreso (un sasso tirato potrebbe diventare un gioiello di alta fattura, nelle mani di un artigiano paziente).
Rinnovo il mio ringraziamento e ti prego, quando hai un momento, di mettere "commento" nel titolo affinché il tuo voto risulti valido☺️😊
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Re: Commento La ciambella del giovedì

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Alberto Marcolli ha scritto: 02/01/2024, 13:52 Refuso - tutto cio a cui

alla fine sono tornato a casa alle dieci, tutto zuppo – rispose, con tono rassegnato, sapendo dentro di sé che anche quel giorno sarebbe tornato a casa tardi.
Non volendo ripetere la frase - tornato a casa - propongo - alla fine sono tornato a casa alle dieci, tutto zuppo, – rispose, con tono rassegnato, sapendo dentro di sé che anche quella sera non gli sarebbe andata meglio.

poi si allagherà del tutto – preferisco: poi si allagherà del tutto, -

Decise di poter continuare il suo lavoro e lasciare i pensieri per la sera, quando poteva essere e decidere quel che voleva - - poter … poteva - - decise … decidere

supervisore. Un uomo alto e secco, si era chiesto – proposta - - supervisore: un uomo alto e secco. Si era chiesto...

decise di sbarazzarsene, ma doveva prima ricopiare tutto sui floppy e non ne aveva voglia, così rimandava, giorno dopo giorno, senza decidersi mai - - decise … decidersi

dottor Eraldi, intento a consegnare il lavoro e filare via prima delle sette. - - proposta - - dottor Eraldi, consegnargli il lavoro e filare via prima delle sette.

pensò che fare otto piani a piedi fosse assai scomodo. Volle stare nei suoi pensieri, - -pensò … pensieri

refuso - - e si vesti di fretta - - vestì

refuso - - Da dietro senti - - sentì

stessa domanda- Disse, ridendo. - - proposta - stessa domanda, - disse ridendo.

- - concludendo:
Dovresti vedere di ridurre l’uso del vocabolo pensieri e affini: ne avrei contati una quindicina.

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Un racconto di piccole cose che spesso chiamiamo banalità, ma è un errore. Sono proprio loro, infatti, a riempirci la vita, donandoci quella serenità che il nostro mondo frenetico ha smarrito.
Voto 4
Grazie mille, Alberto. Il tuo occhio vigile è come un farò nella buia vallata della scrittura. Per questo servono i consigli, le critiche, le correzioni.
Le piccole cose, infatti, fanno la differenza. Quelle ripetizioni che per noi sembrerebbero irrilevanti costituiscono delle, metaforicamente parlando, "chiazzette" sullo schermo che ci disturbano la vista.
Corro a correggere, a presto!!👋😊
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Messaggio da leggere da Marirosa »

Il titolo mi ha incuriosito, il testo mi ha catturato. È proprio vero: le "piccole" cose della quotidianità, che quasi si danno scontate, sono fondamentali e possono fare davvero la differenza nella vita di una persona. Spesso non si bada ai dettagli, e ci si crea dei preconcetti sulle situazioni ed anche sulle persone, che invece possono sorprenderci, se gliene diamo la possibilità, proprio come accaduto in questo racconto, che è più uno spaccato di vita semplice ma per nulla banale. Mi è piaciuto molto, davvero, i miei complimenti, sia per l'idea che per il messaggio di fondo ma soprattutto per il modo in cui è esposto il tutto e per la scrittura fluida. Voto 5.
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Re: Commento

Messaggio da leggere da Maria Spanu »

Marirosa ha scritto: 06/01/2024, 15:50 Il titolo mi ha incuriosito, il testo mi ha catturato. È proprio vero: le "piccole" cose della quotidianità, che quasi si danno scontate, sono fondamentali e possono fare davvero la differenza nella vita di una persona. Spesso non si bada ai dettagli, e ci si crea dei preconcetti sulle situazioni ed anche sulle persone, che invece possono sorprenderci, se gliene diamo la possibilità, proprio come accaduto in questo racconto, che è più uno spaccato di vita semplice ma per nulla banale. Mi è piaciuto molto, davvero, i miei complimenti, sia per l'idea che per il messaggio di fondo ma soprattutto per il modo in cui è esposto il tutto e per la scrittura fluida. Voto 5.
Grazie infinite, Marirosa. Condivido con te quanto detto finora, a presto!! :D
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Messaggio da leggere da Selene Barblan »

Buongiorno Maria, ho letto a più riprese il tuo racconto e quello che mi è piaciuto è come hai trasmesso il messaggio o forse si può dire l’anima del racconto. Non amo quando in modo esplicito e come in un manuale l’autore cerca di “convincere” il lettore di qualcosa, primo perché non lo trovo piacevole da leggere e secondo perché trovo fastidioso il tentativo di imporsi, con le proprie idee. Qui, appunto, non succede e trovo parlante il fatto che due persone che, apparentemente molto distanti, per coincidenze o avvenimenti semplici e quotidiani si ritrovano più simili di quanto non si sarebbero mai immaginati. Anche alcuni passaggi che riguardano più l’interiorità del protagonista sono efficaci e permettono di immedesimarsi nel suo vissuto. Complessivamente trovo il racconto ben strutturato e coerente; a livello stilistico invece ci sono degli aspetti che non mi convincono e riguardano in generale il fatto che secondo me alcune parti sono „di troppo“ e distolgono l’attenzione dal flusso narrativo, inoltre a me pare ci siano delle imprecisioni e delle scelte di termini che potrebbero essere rivisti. Faccio qualche esempio:

Aveva le scatole piene di quelle frasi fatte, trite e ritrite, che lo infastidivano fino all'orripilazione;

Il termine orripilazione non mi suona bene.

Si poggiò a un corrimano del passaggio pedonale per riprendersi, ma non riuscì neanche a respirare quando da lontano sentì:

La seconda parte della frase secondo me andrebbe rivista

La collega invasiva del quarto piano, ufficio contabilità, che più di quindici anni fa ebbe una cotta per lui.

Il termine invasiva per quanto immagine vivida di pianta infestante secondo me stona, poi, ma forse sbaglio, sarebbe meglio „aveva avuto“ anziché „ebbe“.

Alda rimase sconcertata, con la mano tesa, guardando Nicola allontanarsi, ma si promise di andarlo a trovare nel suo ufficio; nessuno aveva mai osato scaricare la Alda, colei che emanava luce e ottimismo quando passava per i corridoi, coi suoi tacchetti battenti a ritmo sul laminato scivoloso.

Questo passaggio secondo me è un po‘ fuori contesto, ha una vena ironica che però per come la vedo io non coincide con lo stile del racconto e inoltre mi sembra una digressione che non serve tanto alla storia.

Prese quel fascicolo, lo spillò e lo mise nella cartella da consegnare al dottor Eraldi, il suo supervisore. Un uomo alto e secco; si era chiesto spesso come facesse a stare in piedi, sembrava come, in un attimo, il vento lo portasse via.

L‘ultima parte della frase andrebbe riformulata.


Mentre apriva la porta per uscire si ricordò che doveva spegnere il computer, non poteva lasciarlo acceso fino al giorno dopo, sapeva si sarebbe bloccato; quel catorcio neanche rispondeva più ai comandi, un dinosauro con quattro schede di archiviazione, da lui installate, che arrancava sempre più. Un giorno decise di sbarazzarsene, ma doveva prima ricopiare tutto sui floppy e non ne aveva voglia, così rimandava, giorno dopo giorno.

Secondo me tutto questo passaggio potrebbe venire sforbiciato…

Nicola rimase un po' di tempo fermo, per poi porgere il fascicolo ed esprimere la sua stima verso l'Eraldi, pensando di averlo da sempre frainteso.

Qui secondo me non si capisce bene come „esprime la sua stima“

Si salutarono, e Nicola uscì dalla stanza pieno di pensieri, quei blocchi di granito che giacevano nella sua mente si sgretolarono di getto, lasciando spazio a nuovi e scintillanti blocchi da ricostruire, alla luce di quanto udito nella stanza.

Qua il paragone tra pensieri e blocchino granito viene presentato come fosse già chiaro, penso che sarebbe meglio riformulare magari togliendo „quei“, ad esempio uscì dalla stanza pieno di pensieri, che, come blocchi di granito, giacevano nella sua mente…

Giunse di fronte alla sbarra del garage, ma il telecomando non funzionava; dovette scendere dalla macchina e azionare il comando da dentro, pensò che un giorno avrebbe preso un’ascia e spaccato quel maledetto arnese. Da quando lo avevano installato, otto anni fa, non aveva funzionato mai pienamente e ne aveva le scatole piene delle cose che funzionavano a metà.

Anche questo passaggio secondo me non è tanto funzionale al racconto, inoltre mi suona meglio otto anni prima e non otto anni fa.

Mangiò quella tristissima cena fatta di una scatoletta di tonno e dei pomodori che aveva nel frigo, intrisi di maionese, quella delicata della Calvè, che a lui piaceva oltremodo. Aprì una rosetta e ci schiaffò dentro quel miscuglio ormai indistinto, che divorò in quattro bocconi, dissetandosi con una Ichnusa non filtrata, ghiacciata. Pensò che le meraviglie del mondo, talvolta, risiedessero nelle cose più stupide e ridicole, come bere una birra ghiacciata e osservare dalla finestra una coppia, che si lascia andare in effusioni amorose, sulla panchina della fermata del bus.

Questo passaggio secondo me è molto bello.

In una serata uggiosa e noiosa, decise di lavarsi i denti e mettersi a dormire, non avendo neanche voglia di guardare il suo programma serale, quella trasmissione di politica, in cui gli ospiti sono intenti a fare polemiche sterili per aumentare l’audience: aveva le scatole piene anche di quella roba.

In una serata uggiosa… messa così sembra che parli di un’altra giornata, metterei in quella serata uggiosa, o altro.. e snellirei tutto il passaggio.

La notte infine giunse e la città si silenziò gradualmente, permettendogli di addormentarsi in pochi secondi.

Sì silenziò… mi da l’impressione di un cellulare, secondo me starebbe meglio riformulata, ad esempio la città si fece gradualmente silenziosa

Pensò di non riuscire più a dormire, e si vestì di fretta, indossò il trench, quello marrone e concio come uno straccio; era affezionato a quell’abito, nonostante fosse abbruttito dal tempo, gli fu regalato in giovane età dalla sua mamma, quando discusse la tesi di laurea.

Rivedrei i tempi verbali dell’ultima parte, e “pensò di non riuscire più a dormire” lo direi in altro modo

Sono comunque mie opinioni, prendile per quello che sono.

Globalmente trovo che la storia sia bella ma gli aspetti di cui ti ho parlato la penalizzano un po’, il mio voto sarebbe , così com’è adesso, un 3 e mezzo, arrotondo al 4 perché do più importanza al contenuto e, inoltre, con qualche modifica se vorrai farla sarà ancora più armonioso.
Scusa il romanzo!
Voto 4
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Marino Maiorino
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Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ciao Maria,
ti restituisco la visita.
Dov'è la storia? Non sempre è necessaria (sebbene è quella, che cerco sempre), o meglio, non deve essere una "storia" di quelle con principio e fine: può essere una giornata come quella di Nicola, e allora va letta diversamente.
Attimi semplici richiedono una lettura semplice, e tu riesci a renderla tale con una scrittura semplice.
Alle volte infili virgole (interruzioni nella lettura) dove non le vorresti, come in
osservare dalla finestra una coppia, che si lascia andare in effusioni amorose, sulla panchina della fermata del bus.
Qui le virgole di troppo sono addirittura due. È una faccenda di ritmo, di tempi, di accenti: stacchi la coppia dalle loro effusioni, e le loro effusioni dalla panchina... Perché? È una bellissima immagine, senza virgole.
Altre volte ti sei persa nella scrittura:
Aveva le scatole piene di quelle frasi fatte, trite e ritrite, che lo infastidivano fino all'orripilazione;
Non so cosa volessi scrivere, ma era davvero "orripilazione" il termine? Come scrittore (posso sbagliare) ho sentito che cercassi un altro termine (in ciò confortato da quel "che lo infastidivano") e ci hai infilato "orripilazione". Datti il tempo per trovare il termine giusto: quando trovi il termine giusto, il lettore "risuona" con te.
Altre volte ti perdi dietro il ricreare un effetto:
Uno scricchiolio preoccupante accese in Nicola un disagio, una sensazione che gli cingeva la gola. Si guardò attorno e l'abitacolo sembrò più piccolo e angusto, sentiva l'odore della moquette sotto i piedi e, non riuscendo più a muoversi, si poggiò allo specchio con la mano sulla testa per riposare.
Lo scatto delle porte gli portò sollievo e uscì di fretta per riprendere fiato.
Sì, ok, ma in cosa risulta questa sensazione? Se è un contraltare alla "riscoperta" del capo come persona, per me è un po' sopra le righe, un po' esagerato. Ma il punto è che lo fai spesso, più come un'interessante excursus letterario, che come un elemento della trama. Purtroppo, per il lettore ogni sbavatura può essere una distrazione.
Oppure, i due paragrafi sul trench:
Pensò di non riuscire più a dormire, e si vestì di fretta, indossò il trench, quello marrone e concio come uno straccio; era affezionato a quell’abito, nonostante fosse abbruttito dal tempo, gli fu regalato in giovane età dalla sua mamma, quando discusse la tesi di laurea.
Pensò che gli avesse portato fortuna, e decise di tenerlo per lungo tempo, talmente tanto che diventò un pezzo di Nicola.
"era affezionato a quell'abito" è una sensazione che restituisci già con l'immagine della mamma e della tesi di laurea. Che l'abbia tenuto per lungo tempo l'hai già detto quando scrivi cos'è che l'ha "abbruttito", quindi "decise di tenerlo, talmente a lungo che..." sarebbe sufficiente.
Alda. Che fine ha fatto? Lui, perché non ci va più? Hai indotto nel lettore una curiosità abbastanza forte, e ora la lasci appesa così?
Insomma, se devo essere sincero, sono perplesso: dimostri di saper studiare le situazioni, anche complicate, e in modo profondo, ma siccome non segui un filo conduttore, lasci che sia la scrittura (non la storia) a portarti per mano. Segui la storia, lasciati raccontare la storia, raccontaci la storia, e sono sicuro che avremo delle belle cose da leggere.
A presto!
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Selene Barblan ha scritto: 14/01/2024, 8:28 Buongiorno Maria, ho letto a più riprese il tuo racconto e quello che mi è piaciuto è come hai trasmesso il messaggio o forse si può dire l’anima del racconto. Non amo quando in modo esplicito e come in un manuale l’autore cerca di “convincere” il lettore di qualcosa, primo perché non lo trovo piacevole da leggere e secondo perché trovo fastidioso il tentativo di imporsi, con le proprie idee. Qui, appunto, non succede e trovo parlante il fatto che due persone che, apparentemente molto distanti, per coincidenze o avvenimenti semplici e quotidiani si ritrovano più simili di quanto non si sarebbero mai immaginati. Anche alcuni passaggi che riguardano più l’interiorità del protagonista sono efficaci e permettono di immedesimarsi nel suo vissuto. Complessivamente trovo il racconto ben strutturato e coerente; a livello stilistico invece ci sono degli aspetti che non mi convincono e riguardano in generale il fatto che secondo me alcune parti sono „di troppo“ e distolgono l’attenzione dal flusso narrativo, inoltre a me pare ci siano delle imprecisioni e delle scelte di termini che potrebbero essere rivisti. Faccio qualche esempio:
...
Scusa il romanzo!
Voto 4
Ti ringrazio molto per le tue considerazioni, sei una lettrice attenta e sensibile.
Non ti rispondo punto per punto, sono d'accordo con maggior parte delle tue osservazioni e correggerò delle frasi magari formulate in modo non corretto.
Il termine "orripilazione" è stata una scelta voluta, ho utilizzato appositamente questa parola proprio per far sentire le sensazioni che ho percepito io nella scelta.
(orripilazione: Fenomeno per il quale la pelle presenta transitoriamente numerosi piccoli rilievi conici in corrispondenza dei follicoli piliferi, e insieme tendenza dei peli a drizzarsi; è provocato dal freddo o da emozioni.) ho utilizzato questo termine primo per il suo significato letterale e, in secondo luogo, per le sensazioni che scatena: anche mio marito quando ha letto il racconto, la prima cosa che mi ha sottolineato è una sensazione negativa nel leggere questa parola, ed era proprio quello che volevo intendere. Ovviamente essendo soggettivo, puo' piacere o non, sinceramente non ho riflettuto sul fatto stilistico, ma piuttosto sul dare un'immagine del grado di fastidio che si prova (a leggere la parola, e il fastidio che Nicola prova, come tutti noi quando ne abbiamo veramente le scatole piene delle solite frasi. Oggi a maggior ragione, ti trovi a parlare con la maggioranza delle persone che neanche sembrano reali, parlano solamente per frasi fatte, battute da bar, intellettualoidi da wikipedia, completamente assoggettati ad un vortice di pensieri non propri, imboccati come i bambini.
Questo sentimento dilagante sta contagiando il mondo, per questo motivo ho voluto dare questa nuance al racconto.
Per quanto riguardano le altre osservazioni le trovo giuste, rileggendo c'è qualcosa che va armonizzato, qualche frase da riformulare e qualche verbo da modificare.
I tuoi commenti sono sempre preziosi, la sensibilità con cui approcci un racconto permette di carpire le tue sensazioni e farle proprie, per questo ti ringrazio di cuore.
A presto, Selene! :D
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Re: Commento

Messaggio da leggere da Maria Spanu »

Marino Maiorino ha scritto: 06/02/2024, 19:07
Ciao, Marino.

Ti ringrazio per le tue osservazioni, sempre attente e utili.
Sul termine "orripilazione" ho risposto nel commento precedente; la scelta è stata ragionata e ricercata, appunto per creare la sensazione che sia tu che Selene avete provato. Ha funzionato? secondo me sì, ovviamente poi la soggettività giuoca un ruolo fondamentale, ma l'intento era scatenare nel lettore quella sensazione di diniego, disappunto (lo stesso che prova Nicola) e non ci sarei riuscita se avessi utilizzato un termine diciamo un o' più "soft".
Sull'argomento virgole, purtroppo mi sono fatta prendere la mano, ma mi occuperò di fare una sforbiciata per armonizzare il tutto. (questo racconto è nato nell'Officina di Namio, è stato per me una piccola vittoria. Namio mi ha permesso di ampliare le mie conoscenze e osare. Finalmente non scrivevo più solo quello che mi passava per la mente, ma ho studiato prima la storia, lo scheletro del racconto, i personaggi per poi lasciarmi andare al flusso della scrittura. Sono autodidatta, ma i preziosi consigli di Namio mi hanno permesso di vedere oltre, avere il coraggio di sabotarmi e cambiare prospettiva. Non dico di aver trovato tutte le risposte, anzi sono solo all'inizio, ma mi sono in qualche modo "sbloccata")
Per quanto riguarda Alda; beh, non ci crederai, anche io avrei voluto dire di più, ma mi sembrava una scelta giusta lasciarla lì (misteriosa, una storia mai conclusa come il cambio del computer di Nicola, promesse promesse(tant'è che Nicola si ripromette di andarla a trovare, senza farlo), mai mantenute o situazioni mai concluse. Come spesso capita nella vita di tutti i giorni, si lascia per strada qualcosa, si lasciano in sospeso molti rapporti ecc ecc.) Questo è stato il sentimento che mi ha portato a lasciare in sospeso Alda.

"Sì, ok, ma in cosa risulta questa sensazione? Se è un contraltare alla "riscoperta" del capo come persona, per me è un po' sopra le righe, un po' esagerato. Ma il punto è che lo fai spesso, più come un'interessante excursus letterario, che come un elemento della trama. Purtroppo, per il lettore ogni sbavatura può essere una distrazione."
Se ci fai caso già dall'inizio del racconto Nicola prova queste sensazioni (alla metro, nell'ascensore), visto che io stessa sono in difficoltà nei spazi angusti e affollati, ho regalato al racconto un piccolo pezzo di me, rendendo Nicola claustrofobico. Non si tratta della soggezione del capo, bensì una sua "patologia" diciamo.

Nel mentre ho pubblicato questo racconto, la storia si è allargata. Ho scritto due "costole", stessa giornata vista da Eraldi e vista da Alda, che potenzialmente potrebbero unirsi al racconto principale ed essere suddivisi in capitoli. ( ho in mente di dare la stessa sensazione che provai quando vidi "Signori, il delitto è servito." con Tim Curry. Alla fine del film ci sono una serie di intrecci, visti dai vari personaggi. Credo che possa essere una buona idea, ma ci sto lavorando ancora)
Ovviamente sono andata fuori con il limite delle battute, ma quando lo finirò credo di pubblicarlo qui.
Ti ringrazio nuovamente per le tue parole e mi farà piacere se leggerai questo mio commento.
A presto!
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Re: La ciambella del giovedì

Messaggio da leggere da Marino Maiorino »

Ciao Maria,
ovviamente sì, rileggo sempre le risposte degli autori, anche perché lì comincia lo scambio di idee!
Antonio ha scomodato la Treccani (io non l'avevo fatto per pigrizia: è accessibile su internet, quindi non usarla è davvero pigrizia) e ha restituito il senso che, in effetti, "orripilazione" suscita. Ovviamente la Treccani deve elencare tutti i casi nei quali il termine può essere usato, e ciascuno di noi ha invece il proprio particolare rapporto con ciascuna parola, ma il motivo perché in comune l'abbiamo trovata non azzeccatissima è ora evidente: sì, è da far rizzare i peli (accapponare la pelle), ma per lo spavento o il raccapriccio (io avrei aggiunto il disgusto come quello causato da un massacro efferato, ma qui entriamo nel regno delle percezioni personali, e scrivere bene ha a che vedere con la comunicazione, non solo con l'espressione).
Sono invece molto moltissimo convinto quando dici che hai scelto di non approfondire cosa succede ad Alda e altri momenti del racconto per i motivi che hai indicato: è una scelta coraggiosa (la tentazione di chiudere tutto è sempre lì in agguato) e ti è ben riuscita, soprattutto in considerazione del fatto che invece riprendi gli stessi momenti altrove, in un lavoro più ampio. Lo spazio di queste gare è spesso tiranno, quindi valuto positivamente il peso che hai dato ai momenti scelti o esclusi, oltre al fatto che effettivamente, grazie anche a una buona scrittura (e trama), danno voglia di saperne di più.
Sulla claustrofobia, non avevo realizzato che le sensazioni di Nicola fossero dovute a quello. Non so come, ma qualcosa che leghi insieme i momenti di espressione di questa sua fobia chiarirebbe la cosa, tipo "un'altra volta" o "la stessa sensazione di..." Il prossimo incontro col capo aveva diretto la mia attenzione su questo momento e non sull'altro.
A rileggerti presto!
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Messaggio da leggere da Fausto Scatoli »

premetto che la storia mi è piaciuta parecchio per svariati motivi.
intanto per la sua semplicità. sembra che in ogni momento possa accadere qualcosa di particolare e invece va tutto liscio.
e questo fatto sorprende il lettore.
poi l'argomento, cioè la quotidianità delle persone.
e poi anche il rendersi conto che il superiore non è come pensavi tu, ossia che l'apparenza spesso inganna.
devo però sottolineare che vi sono un po' di errori da sistemare, parecchie virgole in eccesso e la mancata chiusura di un dialogo (si passa dal parlato al raccontato senza trattino).
però, ripeto, mi è piaciuto e lo premio
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Re: Commento

Messaggio da leggere da Selene Barblan »

Maria Spanu ha scritto: 16/02/2024, 13:12 Ti ringrazio molto per le tue considerazioni, sei una lettrice attenta e sensibile.
Non ti rispondo punto per punto, sono d'accordo con maggior parte delle tue osservazioni e correggerò delle frasi magari formulate in modo non corretto.
Il termine "orripilazione" è stata una scelta voluta, ho utilizzato appositamente questa parola proprio per far sentire le sensazioni che ho percepito io nella scelta.
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Ciao Maria, capisco il tuo discorso, anche a me sembra che pian piano (o forse veloce veloce) scivoliamo sempre più nella superficialità. Quel termine che tu hai scelto e che a me non è piaciuto, sicuramente spicca e quindi in sé è efficace. Perciò fai bene a lasciarlo così com’è. Anche a me spesso capita, in questo contesto ma anche altrove, dii ricevere suggerimenti che ritengo per lo meno in parte opportuni, ma che decido di non seguire. Perché ciò che scriviamo fa parte di noi e abbiamo le nostre ragioni per fare in un modo piuttosto che in un altro. Sono felice che tu abbia apprezzato il mio commento, a presto, buon lavoro :)
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