A passo d'uomo
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A passo d'uomo
Abito a San Martino della Battaglia dalla nascita. Ho spento quaranta candeline una settimana fa, il 31 dicembre 1996. È stato il Signore a spingermi fuori dalla pancia di mamma allo scoccare della mezzanotte, ha voluto darmi un segnale chiaro. Mamma mi ha raccontato un'infinità di volte di quel tizio ubriaco che ha fatto irruzione in nursery e si è messo a scoppiare petardi per festeggiare il Capodanno. Ne ha esplosi due proprio accanto a me, poi è stato allontanato a forza. I dottori sostengono che è per quei due botti che io parlo un pochetto peggio delle altre persone e che ragiono più piano.
Non lo so, non mi interessa, io sono contento di essere così. Contento e fortunato. Gli amici mi prendono un po' in giro, dicono che penso "a passo d'uomo", che faccio delle cose strane perché il mio cervello lavora a bassa velocità.
Da bambino ho dato martellate a tutti i Ken delle mie compagne di classe e ho avuto ottime ragioni per farlo, altro che stranezze. Ho dato la possibilità ai bambolotti meno palestrati di intortare le Barbie.
Dio non mi ha mai preso in giro, trovandomi il giusto posto nel mondo. Sono una guardia forestale da vent'anni e da quindici svolgo una missione importantissima per Lui: abbatto le nutrie. Lo faccio anche per la mia terra, per mia moglie, i miei due figli, per tutto ciò che amo.
Odio le nutrie. Proliferano come topi e, quel che è peggio, arrecano danni gravi alla rete idrica. La loro fame insaziabile di radici e le loro tane profonde infliggono ferite da paura agli argini dei nostri canali e dei nostri fiumi. Gli argini cedono, durante le piene nei giorni di pioggia, proprio per la mancanza di vegetazione e per i buchi delle tane.
"Non abbattere i castorini", mi supplicano quelli che non si sono mai sporcati le mani, i sempre bravi-sempre buoni. Fingono di non sapere che senza una rete di irrigazione decente riempirebbero i piatti di verdura solo disegnandola sulla ceramica. Le nutrie sono nemici naturali dell'uomo; nella mia classifica "Wanted: dead or alive"si giocano il primo posto con le zanzare e le cimici. Per fortuna ci sono io a sistemarle, almeno qui dalle mie parti. Mi considero un patriota, faccio un sacco di bene al mio villaggio.
San Martino conta poco più di duemila abitanti, è una piccola realtà della provincia di Brescia che il destino ha reso celebre: qui ci fu una battaglia, il 24 giugno del 1859, tra truppe piemontesi e austriache.
All'alba di quel giorno il generale Mollard mandò in avanscoperta le sue brigate e gli uomini del generale avversario Benedeck respinsero l'attacco a colpi di cannone. Altri assalti nel pomeriggio misero in fuga l'esercito austriaco. Sul campo rimasero oltre duemila dei nostri; il loro sacrificio non deve essere dimenticato, la loro memoria non deve essere calpestata. Mai.
Dopo essersi nascosto per quasi centosessant'anni ai mezzi d'informazione come un fagiano in mezzo al mais, il mio paese è tornato a fare parlare di sé. Sta per dirci addio il ricchissimo Xiao Ping, che proprio da queste parti ha preso residenza, dopo averci regalato quel discount di vestiti sintetici e cianfrusaglie di plastica che è il centro commerciale XP. Si è beccato il saturnismo, la malattia dovuta all'assunzione di piombo dalle vie respiratorie o dall'apparato digerente.
La gente è convinta che sia stato avvelenato e pensa di sapere chi è il colpevole.
La gente pensa in fretta, non si sofferma sui particolari come faccio io. È manipolabile come i criceti dentro le ruote. Se un giorno, per esempio, io decidessi di mettere in giro un sospetto, nient'altro che un sospetto, questo prenderebbe forza di ora in ora. Crescerebbe da bocca ad orecchio, da bocca ad orecchio, da bocca ad orecchio e basta così, sennò vado avanti una settimana. Diventerebbe inestirpabile quanto l'edera.
Sto divagando, torno al cinese.
Xiao Ping era, lo è ancora per poco, un imprenditore assetato di successo come un'oca di acqua. L'XP riempie le nostre case di ogni tipo di merce, tutta rigorosamente "made in China". Milioni di mutande, canottiere e magliette XP si intrufolano nei cassetti dei nostri armadi, migliaia e migliaia di piccoli giocattoli di plastica XP si presentano alle feste di compleanno dei nostri bimbi, per essere liberati da enormi confezioni (di plastica). I prezzi sono sempre molto bassi, come la qualità. Ogni tanto mia moglie mi regala un paio di mutande XP, e dopo dieci lavaggi le passa al nostro Luigino, di otto anni, perché si restringono. "Così le ricicliamo" mi dice soddisfatta.
All'XP lavorano quasi trecento persone, miei compaesani che hanno preferito uno stipendiuzzo magro ma sicuro all'attività che svolgevano.
Sono piccoli agricoltori che hanno strappato le piante da frutto alla terra, artigiani e bottegai che hanno chiuso esercizi portati avanti da generazioni, disposti a chinare la testa di fronte al muso giallo. Ad aiutare Xiao Ping nella conduzione del centro commerciale sono stati i sette figli, ora provvede la moglie Huan. Vorrei rimuoverla dall'incarico ma non posso farlo.
Xiao Ping è diventato in pochi anni il signore incontrastato della nostra terra, ingordo e insaziabile.
L'appetito di quel pezzo di mandarino, negli ultimi tempi, si è soffermato sul plastico del Museo Risorgimentale di San Martino, l'unica attrazione turistica della nostra comunità. Il plastico di Gino Minghetti è una roba da matti; riproduce nel dettaglio le fasi cruciali della battaglia del 1859, su un'area di cartapesta di quaranta metri quadrati.
Soldatini, cavalli e cannoni sono curati nei minimi particolari e dipinti a mano uno a uno. Gino produce soldatini di piombo da quarant'anni, è un maestro. I suoi soldati hanno conquistato centinaia di scaffali di collezionisti in tutta Europa.
Il cinese, però, voleva rompere i coglioni anche in affari che con lui c'entrano come gatti in un canile. Ha convinto Minghetti e la Regione Lombardia a rifare il plastico del Museo Risorgimentale. Il governatore ha incaricato Minghetti di insegnare all'orco le tecniche di produzione dei soldatini per mandare in pensione i piccoli veterani di piombo. Il Museo Risorgimentale dovrebbe diventare lo Xiao Ping Museum, in onore dell'uomo dagli occhi a mandorla.
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Vidi Xiao Ping l'ultima volta otto mesi fa. Era mercoledì Primo Maggio 1996.
Stavo percorrendo il solito stradone di campagna che gira attorno al paese. Sono un missionario, non ho bisogno di "staccare" da ciò che Dio mi ha suggerito di fare. Lo stradone era stato rasato due giorni prima da un trattore con l'attrezzo apposito. Un fiore di tarassaco, più giallo di un limone, disturbava come un grattacielo di cemento in mezzo a casette di legno. Era cresciuto a dismisura in quarantotto ore e presto sarebbe diventato un grande soffione pieno di semi da affidare al vento.
Attorno al gigante c'erano piccoli fiori e soffioni, spelacchiati dalle lame del tagliaerba. Pestai il fiore grande e mi resi conto che lo strato di fango sotto le suole era davvero troppo.
Abbandonai lo stradone e presi il sentierino ghiaiato poco distante per alleggerirmi della zavorra accumulata. Non era giusto avvantaggiarmi più del necessario. Ripresi dunque il cammino sul sentiero di campagna.
Giunsi alla villetta di Xiao Ping, come tutti i santi giorni, sempre a quell'ora di mattina. Il muso giallo, indaffarato nell'orto, zoppicava vistosamente: non si voleva arrendere al saturnismo, tantomeno alla Festa dei Lavoratori. Arrivò alla pompa di irrigazione dopo quattro ruzzoloni e aprì l'acqua per le pianticelle di pomodori. Non sarebbe stato necessario, data l'abbondante pioggia del giorno prima, ma lui è (oramai era) incredibilmente tenace. Mi aveva già salutato col consueto cerimoniale orientale che a me puzza tanto di presa per il sedere. Non ebbe alcun soprassalto quando udì gli spari, nonostante fossimo a nemmeno venti metri di distanza.
"Tu semple qui a ploteggelci, signol Masotti. Mia moglie Huan dice che vedele te tutte mattine da nostlo olto. Beccato bestiaccia?"
"Mi sa di no. Vado a controllare, se me lo permette."
"Celto. Non pestale in mezzo a due sentielini perché ho seminato ladicchi, pel favole."
"Grazie, signor Ping."
"Xiao Ping. Comunque salà difficile eliminale nutlie, signol Masotti."
"Non ne sarei così sicuro, signor Ping."
"Xiao Ping, pel favole. Dovlesti dile tutti e due nomi cinesi. Qui da voi basta nome o cognome, in Cina dovlesti dile tutti e due."
"Capito, signor Ping. Scusi, ma qui non siamo in Cina. A dire il vero, ieri ho usato quattro cartucce e tutte sono andate a buon fine."
"Allola ti dico blavo! Blavo a fale tuo lavolo."
"Non è un lavoro, è una missione."
Xiao Ping incespicò di nuovo su un ciuffo d'erba, rotolando goffamente tra due piante di pomodori. La malattia stava logorando il suo corpo. Vidi i giovani figli nel cortile di casa. Anche i ragazzi avevano movimenti da orsi ubriachi, il saturnismo si era impadronito dei loro muscoli e dei loro nervi.
Mi fece pena vederli così, non si erano scelti loro un padre del genere.
Nessuno dovrebbe pagare per le colpe dei suoi genitori.
"So cosa stai pensando, signol Masotti"disse il cinese. "Consola tuoi amici: mia moglie sta impalando, diventelà implenditlice e poltelà avanti azienda dove lavolano."
Non dissi nulla, feci solo un cenno col capo.
Proseguii il giro sullo stradone di campagna per arrivare da Gino Minghetti. Ogni tanto mi concedevo il piacere di andarlo a salutare. Ho smesso. Il giorno prima il terreno aveva bevuto più acqua di un gregge di dromedari e quel mattino continuava dispettosamente ad attaccare zolle di fango alle suole dei miei stivali. Arrivai alla casa dell'artigiano col fiatone.
Gino aveva in mano un sacchetto di concime, così pure la moglie.
"Sandro! Pensavo non arrivassi più. Dura camminare col fango, eh?"
"Buongiorno Gino, buongiorno Mara. L'artigiano più bravo d'Italia e la degna moglie sono sempre gioia ed orgoglio per i miei occhi ed il mio cuore"dissi, con una certa difficoltà nell'articolare a voce una frase tanto lunga. Faccio più fatica a parlare che a scrivere.
"Dai, non esagerare, ci fai arrossire. Hai fatto vittime?"
"Quasi. Ho sparato un paio di volte anche oggi. Vuoi che vada a dare un'occhiata attorno al vostro campo?"
"Si, grazie. L'altro ieri ho visto due nutrie brutte brutte proprio dai radicchi, là in fondo. Avevano la pelliccia stranissima, un po' marrone e un po' gialla."
"Gialla perché erano cinesi"scherzò Mara.
"Forse"annuii, sorridendo.
"A proposito di Cina, ti avrò già raccontato cento volte che ho insegnato a Xiao Ping a fare i soldatini, no? Beh, mi ha telefonato e mi ha detto che all'inizio del prossimo anno avrà pronte tutte le riproduzioni. Sai, un po' mi dispiace."
"Secondo me non le avrà affatto pronte, amico."
"Cosa intendi dire?"
"L'ho visto poco fa: zoppica come un cane appena investito."
L'espressione di Gino cambiò improvvisamente.
"Questo non lo sapevo"commentò.
"E poi si muove proprio male anche con le braccia, con il collo. Anche i suoi ragazzi si muovono male"dissi. "Solo la moglie è in ordine: l'ho vista al bar della piazza alcuni giorni fa mentre divorava il banco dei pasticcini"e mi fermai un attimo per prendere fiato e dare ossigeno al cervello. "Altro che insalata e pomodori, quella"aggiunsi.
"Sandro, Sandro, questo non lo sapevo"continuava a dire l'artigiano.
"Ti vedo dispiaciuto, Gino."
"Frastornato."
"Dai, Gino, non fare così. È venuto da noi una decina di giornate soltanto. Gli hai fatto vedere come si fonde il piombo e come si fanno gli stampi, tutto qua"disse Mara.
"Gli hai procurato la mascherina, durante le lezioni?"chiesi. Non ebbe il tempo di rispondere perché udimmo tutti e tre il rumore di qualche animale, proveniente dal fondo dell'orto.
La mente dei "normali", dicevo, viaggia ad una velocità impressionante e non coglie alcun particolare, come fosse a bordo di una Ferrari che mangia l'autostrada a trecento chilometri orari. Guarda solo dritto davanti a sé e si perde il paesaggio circostante; tralascia la casetta diroccata e ridotta ad un cumulo di pietre quanto il castello in perfetto stato di conservazione. Se andasse a passo d'uomo come la mia vedrebbe il castello e ne noterebbe ogni particolare, soffermandosi sui torrioni, sul fossato e sulle feritoie.
"Forse non è con qualche ora di respirazione del piombo che si contrae il saturnismo, forse occorre ingerirlo"disse Mara ad alta voce, per essere udita anche da me.
"Forse"pensai, senza girarmi verso la donna.
Attorno ai radicchi di Gino non c'erano nutrie, solo due lucertole. Non sparai. Tornai verso la villa di Xiao Ping, raggiungendola dalla parte dell'orto. L'imprenditore si era rintanato in casa con ragazzi al seguito, li avevo visti da lontano varcare l'uscio.
Esplosi altre due cartucce piene di piombo nella terra attorno ai pomodori, come ogni giorno. Veleno fresco che i miei complici vegetali, con le loro radici, avrebbero assorbito e portato nei piatti dei Ping. Non della moglie di Xiao, golosa di pasticcini e infatti in salute. Basterebbe considerare questi particolari per scagionare Minghetti, se si pensasse a passo d'uomo. Invece un paio di mie frasi al bar della piazza sulla mancanza di mascherina a Ping, durante le lezioni, stanno lavorando alla grande.
Va benone così, lascio che i ragionamenti dei miei compaesani corrano veloci e le chiacchiere distorte crescano come piante dopo una pioggia. La giungla di sospetti inghiottirà quel mentecatto di Gino, che per qualche banconota ha infangato la memoria dei nostri patrioti.
Per quanto riguarda il centro commerciale XP, prego Dio, e per sicurezza pure Zeus e Odino, che chiuda. Voglio che i miei amici tornino a fare i mestieri che conoscono, uscendo dall'autostrada su cui stanno sfrecciando. Non si accorgono che l'autostrada li porta dritti alla schiavitù.
Ho fatto tutto quello che potevo, in questa faccenda. Se la moglie del mandorlone non si mette a masticare verdura mica posso spararle addosso. E neppure ai figli, che si stanno ripigliando da quando ho smesso di scaricare piombo a terra. Spero solo che siano meno affamati di potere del padre. Ora devo completare la missione più importante che mi ha dato il Signore. Le nutrie si sono imbarcate sull'arca da clandestine, si vede che Noè era distratto.
Sandro Masotti è attualmente rinchiuso in un ospedale psichiatrico, dove combatte con le unghie contro i muri colorati, senza spiegare il perché. L' autore si dissocia dalle strategie di Masotti, ma invita i lettori ad acquistare prodotti fatti in Italia.
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la storia è particolare, abbastanza ben scritta, con pochi refusi.
buone le descrizioni, anche se si ha l'impressione di saltare qua e là un po' troppo rapidamente.
bella l'idea del pensare a passo d'uomo, un po' meno bello il comportamento del protagonista, ma è un'opinione.

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Re: A passo d'uomo

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La cosa che mi convince meno, o forse mi sembra superflua, è già nel titolo: quel pensare "a passo d'uomo" (pur apprezzando l'intenzione di evocare una dimensione più umana, meno frenetica e consumistica, le radici contadine, in contrapposizione al magnate Ping, metafora del "mondo nuovo" rapido, di plastica e a basso costo che 25 anni fa si stava affermando e che oggi è la norma) mi sembra forzato se attribuito al protagonista. In realtà Masotti è un cinico e scaltro genio del male, assai più lucido e rapido di pensiero sia dei suoi nemici che dei suoi compaesani, al punto di tenere tutti in scacco, almeno fino all'immancabile conseguenza finale.
Detto questo, ripeto, il racconto mi è piaciuto, ben scritto, per niente banale e con vari piani di lettura.
Un refuso (riclicliamo) e qualcosa da aggiustare nella formattazione dei dialoghi.
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