La sfumatura che separa l'affabulatore dal grande autore

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Claudio Lei
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La sfumatura che separa l'affabulatore dal grande autore

Messaggio da leggere da Claudio Lei »

Ciao a tutti,
recentemente ho parlato con un amico di Alessandro Baricco e, come mi accade quasi sempre, è nata immediatamente una discussione con posizioni diametralmente opposte.
La mia personale esperienza di lettura con le sue opere annovera: Oceano Mare, City e Novecento. Testi meravigliosamente scritti, chiunque abbia letto un romanzo di Baricco dubito sia rimasto indifferente al suo stile, personalmente lo reputo un funambolo della prosa. Usa termini inusuali per descrizioni comuni, spiazzando e, contemporaneamente, allettando il lettore con i suo accostamenti originali. I suoi personaggi sono sempre molto caratterizzati, non solo dal linguaggio studiato per ognuno di loro, ma sopratutto dai piccoli episodi, sempre molto fantasiosi sia nei contenuti che nella forma, di cui sono protagonisti.
Una premessa che sembrerebbe precludere una conclusione scontata, ma proverò anch'io ad essere originale, perché in ultima analisi il mio giudizio è quanto meno sospeso. Come premesso sono scritti meravigliosamente bene e i personaggi descritti a tuttotondo, ma qual'è il messaggio dell'autore, il suo punto di vista, in sostanza cosa vuole comunicare con quell'opera?
Come ho scritto all'inizio le discussioni, a cui mi è capitato di partecipare, nascono quasi sempre da una frase più o meno come questa: " Si, bello, ma cosa vuol dire?"

Voi cosa ne pensate?
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Bludoor
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Re: La sfumatura che separa l'affabulatore dal grande autore

Messaggio da leggere da Bludoor »

Non ho (ancora) mai letto niente di Baricco per cui farò riferimento solo alle tue parole per esprimere un mio parere generale, riferibile anche ad altri autori che amano eccedere con termini inusuali, caratterizzazioni e altre preziosità stilistiche.
Io penso che il primo compito dello scrittore sia raccontare delle storie, cercando di farsi capire dal maggior numero possibile di persone. Gli orpelli, i preziosismi stilistici penso vengano dopo e solo se funzionali alla narrazione, altrimenti si rischia di scrivere testi che non trasmettono alcuna emozione. Come costruire edifici bellissimi all'esterno, ma all'interno desolatamente vuoti e inabitabili.
Molti autori si preoccupano più di come raccontare una storia, di stupire il lettore con invenzioni mirabolanti, dimenticando a volte di comunicare con il lettore. Stile bellissimo, parole ricercate, ma zero contenuto, nessuna emozione trasmessa.
Anche se poi nessuno oserà ammetterlo perchè non si può criticare un autore di grido dallo stile ricercato per non palesare la propria (presunta) ignoranza, non si può ammettere di non aver capito niente e non aver ricevuto alcuna emozione dall'autore del momento.

Riguardo alla caratterizzazione dei personaggi penso che a volte si tenda ad esagerare, introducendo ogni sorta di tic o mania, solo per inserirlo in uno stereotipo o farlo distinguere dalla massa mentre a volte la particolarità di una persona reale può essere proprio la sua normalità.
Per esempio oggi in tutte le fiction televisive abbiamo schiere di poliziotti dal passato tormentato, con mille manie e scheletri nell'armadio.
Alla fine paradossalmente l'unico normale nella sua genuinità risulta Coliandro.

Spero di aver dato ulteriori spunti per questa interessante discussione.
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Massimo Baglione
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Re: La sfumatura che separa l'affabulatore dal grande autore

Messaggio da leggere da Massimo Baglione »

Io ho letto Seta e Novecento. Li ho amati entrambi, persino le loro trasposizioni cinematografiche.
Anzi, per quanto riguarda Novecento (il film è "La leggenda del pianista sull'oceano"), ho visto prima il film e poi mi è capitato di leggere il testo. Ricordo il mio enorme stupore nel constatare che praticamente tutte le battute, parola per parola, alla lettera, coincidevano sia nel film che nel testo. C'è solo una differenza nel nome del trombettista, che nel libro si chiama Tim, se non ricordo male, mentre nel film è Max (e mi sembra il minimo!). Nel film c'è qualche scena in più, ma il testo originale è stato preso e portato sullo schermo così com'è tato scritto. Memorabile!

Ne approfitto per ringraziare pubblicamente Claudio, che mi ha beccato in fallo nel mio romanzo "Time City": in una nota avevo infatti erroneamente spiegato che Novecento è stato scritto da Niccolò Ammaniti. Una gaffe che penso mi marchierà a vita ehehe
Ma sì, chissenefrega, l'importante è averlo letto, no? ;-)
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Claudio Lei
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Re: La sfumatura che separa l'affabulatore dal grande autore

Messaggio da leggere da Claudio Lei »

Ma sì, chissenefrega, l'importante è averlo letto, no?
Assolutamente no! :twisted: Per punizione in ginocchio sui cyber-ceci! (che potrai scegliere tra legumi virtuali e una ragazza digitale di nome Cecilia)

Grazie infinite a Massimo, ma non era necessario, è stato un piacere... beccarti in fallo!

Tornando in topic Novecento, nella mia esperienza, fa storia a sé. Lo stile è quello inconfondibile di Baricco, la cui prosa, come ho già detto, è affascinante, ma non si ferma qui. Per me è stata una storia toccante sull'emarginazione degli individui fuori dagli schemi, il cui rapporto ambivalente con la propria peculiarità li porta a soffrire per essa, ma anche a non poterne fare a meno.

Per gli altri romanzi concordo con Bludoor che le alchimie letterarie stanno alla narrativa come gli effetti speciali stanno al cinema, sono sicuramente belli, ma solo se abbelliscono il contorno, non possono essere l'ossatura della trama.

Io ho sempre vissuto i romanzi come rapporti in differita con l'autore, lui mi racconta una storia che gravita intorno a un messaggio sul quale ci confrontiamo. I temi che vengono sollevati nel testo dovrebbero, sempre nel mio ideale letterario, stimolare una sorta di dibattito interno tra le opinioni dell'autore e quelle del lettore. La storia è quasi uno stratagemma con cui le esperienze personali di chi legge e gli episodi con cui si sviluppa la trama si confondano, affinché i fruitori dell'opera si immedesimino in essa e formulino una propria opinione, attraverso una esperienza che potremmo definire pseudo-virtuale.

Detto questo non si può prescindere dai romanzi di puro intrattenimento, sicuramente io non potrei farne a meno, però bisogna essere consapevoli che si parla di categorie ben distinte, in cui, sempre secondo me, difficilmente si ha a che fare con l'arte.
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Massimo Baglione
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Re: La sfumatura che separa l'affabulatore dal grande autore

Messaggio da leggere da Massimo Baglione »

Claudio Lei ha scritto:Per gli altri romanzi concordo con Bludoor che le alchimie letterarie stanno alla narrativa come gli effetti speciali stanno al cinema, sono sicuramente belli, ma solo se abbelliscono il contorno, non possono essere l'ossatura della trama.
Senza contare chi, per raggiungere l'obiettivo di scrivere un romanzo, annacqua quello che potrebbe restare un buon racconto lungo, con centinaia di pagine sterili e perfettamente inutili.
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Ventitrè autori si sono cimentati nel descrivere le loro idee di déjà vu in chiave poetica.
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"Human Take Away" è un racconto corale dove gli autori Alessandro Napolitano e Massimo Baglione hanno immaginato una prospettiva insolita per un contatto alieno. In questo testo non è stata ideata chissà quale novità letteraria, né gli autori si sono ispirati a un particolare film, libro o videogioco già visti o letti. La loro è una storia che gli è piaciuto scrivere assieme, per divertirsi e, soprattutto, per vincere l'Adunanza letteraria del 2011, organizzata da BraviAutori.it. Se con la narrazione si sono involontariamente avvicinati troppo a storie già famose, affermano, non era voluto. Desiderano solo che vi gustiate l'avventura senza scervellarvi troppo sul come gli sia venuta in mente.

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