La vita della gente

Una zona dedicata alle riflessioni e alle idee.
Questa sezione è per i "pensieri", quelli cioe del tipo "Oggi mi è venuto in mente che... cosa ne pensate?", non per postare poesie od opere personali e chiedere poi di discuterne. Per pubblicare tue opere online, usa l'apposita funzione del nostro sito, grazie alla quale potrai farti leggere ed essere commentato.
Mauro Conti
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La vita della gente

Messaggio da leggere da Mauro Conti »

Non capisco certa gente.
Vivono un'esistenza che non può essere definita vita.
Loro esistono. Sopravvivono. Stop.
Pieni di rimpianti e di recriminazioni.
Nulla che potesse far germogliare in loro uno stimolo all'azione, al mettersi in gioco. Una volta, una. Mai.
C'è chi vive sulla cresta dell'onda sempre, dovunque e comunque. Gli opposti. Non occorre essere cosi'. Ma esiste una via di mezzo.
Come fa una persona ad avere l'ambizione di una vita piatta e indifferente. A tutto, a tutti.
Che gusto possono provare a condurre una tale sciatteria esistenziale.
Persone vuote indifferenti completamente disinteressate ad ogni aspetto umano.
eppure mi sono reso conto che di queste persone ve ne sono molte. Molte di più di quelle che se ne possono immaginare.
È vero il detto che alcuni sono già morti, ma ancora non lo sanno.
Il fatto è che non saprei nemmeno che cosa se ne faccia la morte di persone cosi'.
Giancarlo Rizzo
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Re: LA VITA DELLA GENTE

Messaggio da leggere da Giancarlo Rizzo »

Come ti capisco!

Ogni tanto ci provo e sempre resto deluso. Quasi sempre; rarissime volte resto piacevolmente sorpreso. Troppo poche volte.
Di che parlo?
Di come le persone a cui mi rivolgo non sappiano rispondere a domande tipo: "sai perché vivi?"
Prima mi guardano come se non capiscano l'italiano, poi come se stia scherzando, in ultimo come se io sia un po' matto.
Sicuramente la domanda è mal posta. Cosa potrebbe rispondere una persona che volesse prendermi sul serio? Intanto i pensieri che suscita sono intimi e subito le persone si chiudono guardinghe. Quindi se questo succede, significa che colgo nel segno ma significa che la gente non vuole raccogliere la sfida.
E se ho la fortuna di poter tenere saldamente il controllo della conversazione mi devo scontrare con reazioni di scherno o di fuga in tentativi di sviare l'argomento verso citazioni religiose o filosofiche spesso con fare saccente e arrogante; tutto pur di non rispondere. Cos'è questa paura di affrontare il senso della vita confrontandosi con altri?
Ma di solito questo non succede: la maggior parte della gente non capisce davvero!
Fatto sta che questo mio vezzo di importunare la gente è diventato nel tempo un vero hobby.
Ho capito che la maggior parte delle persone che vivono accanto a me non si pongono problemi esistenziali e a me pare incredibile. Possibile che a nessuno importi sapere come mai sta vivendo la propria vita, con i suoi piaceri e i suoi dolori e le ansie e le gioie, e il passato e il futuro, la vita e la morte?
Diffido naturalmente di chi porta immediatamente il discorso sulla fede religiosa; non appena ci si addentra nei ragionamenti viene fuori un'inconcludenza evidente, una mancanza di consapevolezza del proprio essere, un arido deserto interiore.
È come se le persone, anche quelle istruite che sanno tutto di tutto, non conoscano nulla di quello che più è vicino al loro vivere: se stessi. Incredibile!
Qualcuno mi risponde: "Ma che ne sai tu? Chi credi di essere per dare simili giudizi?"
E naturalmente allora sto zitto.
Gabriele Pecci
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Re: LA VITA DELLA GENTE

Messaggio da leggere da Gabriele Pecci »

Sottoscrivo tutto il commento di Giancarlo.
Mauro Conti
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Re: LA VITA DELLA GENTE

Messaggio da leggere da Mauro Conti »

Ottima riflessione Giancarlo.
Posso dire che io a differenza tua non ci provo nemmeno a "stuzzicare" la gente per vedere le loro reazioni oppure per sondare il terreno cercando di comprendere se si sono chiesti che senso abbia la loro vita.
Senza rivolgere domande precise si capisce benissimo che c'è una mancanza totale non solo di domande esistenziali ma anche di obiettivi concreti di vita terrena, reali e tangibili. Penso però che queste due cose vadano a braccetto e siano direttamente correlate.
Poi ti do ragione sul fatto che appena cerchi di cogliere, di sondare, di comprendere anche superficialmente una persona che percezione abbia della vita (anche con modi gentili e molto oculati), la chiusura a riccio è totale! Sembra che gli chiedi chissà che. Pazzesco. Forse perchè lo sanno che "stanno a zero"? oppure perchè queste domande vanno a scavare nell'intimità più profonda di una persona e creano quindi "esposizione" con conseguente imbarazzo? o forse perchè - correggetemi se sbaglio - in questa società ormai "prostituta" del consumismo si debba solo ed esclusivamente parlare di beni materiali e del possesso di qualcosa di materiale?
Vai a capire tu. Comunque in una società "matura" mi pare illogico che molte persone non abbiamo cognizione della loro esistenza, non abbiano cognizione dei loro obiettivi tangibili di vita e che oltretutto ne sia praticamente vietato il parlarne.
Gabriele Pecci
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Re: LA VITA DELLA GENTE

Messaggio da leggere da Gabriele Pecci »

credo che il motivo di fondo nelle masse sia fondamentalmente uno insieme alla pigrizia mentale poi del singolo associata, un sistema di istruzione che non porta al ragionamento né proprio nè associato a quello di altri, si sofferma solo sul ripetere e continuare a ripetersi le stesse filastrocche già ampiamente dibattute e comprese. Se uno studia filosofia per dire penso che per quanto possa avere una mente libera pensante, essa sarà sicuramente indottrinata o portata ad approvare e fare propri concetti già elaborati da altri storicamente prima di lui, senza però il tempo di avere una propria cognizione di causa personale prima di questo studio e solo tramite questa, una reale comprensione data. Questo comporta si un altissimo livello di istruzione magari che, sia esso di tipo storico, moderno o ambedue poco importa però, perché questa non viene poi espressa e quindi compresa a livello personale e quindi ci si ferma solo su concetti già analizzati cercandone poi solo eventuale conferma con sovrapposizione mentale del proprio pensiero o sentire. Del tipo se storicamente nessuno è riuscito a comprendere il senso o lo scopo della vita, esso a noi ci sembra solo per questo già automaticamente precluso, anche se su questo invece, come ho provato a espletare tramite il mio punto di vista, giusto, sbagliato, condivisibile o meno che sia, una risposta data poi sono riuscito effettivamente a darmela, perché esso è sicuramente parte di ciò che deve essere a noi comprensibile.

perciò prima di porre un veto su certe questioni, anche le più assurde che siano, bisogna prima però fare almeno un'analisi dei motivi per cui esse ci sono o ci saranno sempre totalmente precluse, quindi motivare concretamente il perchè esse lo siano. Se poi le argomentazioni riportate tornano secondo una logica applicata, anche se astratta , quindi non solo secondo il singolo personale sentire, ma vanno ad abbracciare una realtà appartenente a tutti, allora in questo caso disporremo comunque di almeno una motivazione tangibile data come risposta su un nostro limite insito ,non da noi, ma dalla realtà stessa. Si è così facendo almeno concretamente risposto al perchè non si può avere o cercare una reale risposta.


A parte Giancarlo e pochi altri, per lo più molti, anche qui sul sito, quasi tutti, danno invece già per scontato o date già come impossibili risposte o termini che scontati invece non lo sono per niente, come anche non sono poi così impossibili da dare alcune risposte. Questo si collega e si può collegare ripeto ad il nostro sistema di istruzione che porta a dare per buoni solo i risultati già espressi o non espressi in passato, soprattutto se si parla di filosofia.

poi entrano anche in gioco altri fattori, se uno si convince che la terra è piatta per dire, per lui è piatta e probabilmente sempre essa lo sarà, quindi non accetta e non prova nemmeno a contestualizzare od analizzare come possibile frutto di un suo o altri errore, la sua stessa convinzione ( per chiusura/riparo/speranza/dubbio/fede/mentale ) .

Dico questo perchè, seppur già in partenza arrivando qui con atroci dubbi, ma anche determinate convinzioni, in sei mesi qui sul sito, gran parte dei quali passati a riflettere e dibattere profondamente con Giancarlo su questi argomenti, applicandoli poi al mio sentire, sono passato da una reale fede posta in Dio, anche con tutte le contraddizioni ben chiare e presenti in me sulla stessa, derivate in gran misura dai testi sacri e da alcune metodologie , sono passato dal sentire questa presenza come reale in me, ad un concreto e reale ateismo, non derivato inizialmente dal dubbio in quella che era la mia fede (ora invece dubito fortemente anche di una possibile volontà creativa di cui sei mesi fa ero invece pienamente convito), ma il tutto derivato solo da una semplice logica: se infinito ed eterno significa sempre presente, il presente è un tempo di per sé totalmente fermo, non avendo di suo, se è effettivamente per sempre, né un passato né tantomeno un futuro, cioè un sistema aperto, quindi come può da questo ora scaturire una volontà che quindi implica come qualsiasi altra azione astratta un pensiero ?. Se Dio è eterno ed infinito, non necessita allora essendo sempre presente in ogni spazio e in ogni tempo di nessun movimento, quindi di nessun corpo, di nessuna materia, di i nessuna mente, di nessuna volontà, di nessuna emozione, di nessun sentimento, di nessuna comprensione, di nessuna vita, di nessuno scopo e di nessun senso, perché tutto ciò, come nella nostra realtà risiede e pone il suo essere nel movimento, nel divenire, quindi nel divenire nel tempo e in uno spazio determinato, chiuso, ma se è determinato allora non può essere anche infinito ed eterno. Perciò se così fosse sarebbe un processo di creazione partendo da un in essere Nulla completamente fermo ad un in essere Nulla (se le cose fossero comunicanti, non potendo essere entrambe all'unisono, ma solo una delle due) invece relativo, perciò a diventare un sistema chiuso e in tutto e per tutto in divenire. Questa realtà quindi sarebbe allora una volontà divina, pervenuta a noi da un suo in essere precedentemente, assolutamente fermo, infinito ed eterno, dato da e per nostra stessa definizione, senza bisogno cioè di divenire Nulla da ciò che è, per poi alla fine di tutto questo processo creativo cosa fare, ritornare ad essere "insieme" a noi tramite sua essenza in noi riposta, ciò che era già? Comprendete il paradosso insolubile? lo perciò posso stabilire questa percependola come verità data, solo per fede, cioè abbandonando totalmente la ragione in virtù di essa (ma più realisticamente forse è solo per un bisogno di salvare o avere una speranza di salvezza, personale, su ciò che reputo e definisco erroneamente come la mia vera essenza che guarda caso è sempre spirituale, ma dettato inizialmente come per tutti, solo da un sentimento umanissimo e naturalissimo di paura e quindi egoismo di mantenimento o omeostasi mentale indotto e/o auto indotto da me stesso, quello che definisco ora come inganno dell'io, tramite una fede o un dubbio verso una possibile mia o nostra sopravvivenza alla morte fisica) bene, il problema è che anche se crediamo per convenienza che fosse successo esattamente questo a noi però ad ogni modo questo non ci tocca direttamente, non è possibile che ci tocchi, perchè esso (Dio) se è infinito ed eterno come noi vorremmo che sia, esso è così in essere il/un sistema aperto, noi invece siamo vivi e consci di ciò che viviamo in un sistema chiuso, quindi questi per forza non sono e non possono essere comunicanti (infatti possiamo stabilire tramite la nostra situazione/realtà solo cio che non è infinito ed eterno, non ciò che lo è). Perciò mi domando, cosa è in realtà la fede? se la comprendiamo e viviamo in noi, essa è per forza un sentimento; cosa è un sentimento? uno stimolo interno od esterno a noi che interagendo con il nostro corpo ci porta altrettanti stimoli interni, le emozioni, e risposte fisiche dirette a/da queste che vengono comprese attraverso mappature e memoria di continue mappature dal corpo effettuate su di sè ( sè = corpo), quindi dov'è lo spirito/anima in tutto questo processo? Esso è solo fisico, quindi materia/energia in movimento nel corpo stesso. Morale nessuna anima o spirito presente nella realtà. Vedi basta applicare la logica su questa o qualsiasi altra fede e viene giù tutto il costrutto su cui si basa la fede stessa, il che mi ha spinto inizialmente a pormi, una sola domanda, perchè ho bisogno di questo? Perchè questa mi dà una sensazione fisica, assolutamente reale, così rasserenante e consolatoria? Da lì, dalla risposta che mi sono dato a questa precisa domanda mi si è aperto poi un mondo nuovo da me rimasto precedentemente sempre inesplorato nonostante percepissi già chiaramente da tempo che molte cose sulle mie precedenti convinzioni non tornassero. questo solo perchè non volevo accettare di volerle o doverle realmente smentire a me stesso.


Questo, per rispondere alla tua domanda, sarebbe già o potrebbe essere il punto di partenza sul quale aprire un dibattito con e su se stessi e sulle proprie convinzioni, seconde te ora però quanti sarebbero disposti a fare questo nella realtà?, quanti saprebbero o vorrebbero fare autocritica logica? quanti minerebbero alle basi il proprio sentire confortevole e rassicurante/consolatorio per andarsi realmente a mettersi in totale discussione? Ecco perchè è una fortuna poi trovare altra gente come te o Giancarlo che non si limitano solo alle risposte semplici date da altri o studiate/lette da qualche parte, ma hanno almeno la voglia e la forza di provare a cercarle anche dentro di loro queste risposte, qualunque esse poi siano.
Mauro Conti
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Re: La vita della gente

Messaggio da leggere da Mauro Conti »

Analisi veramente al microscopio la tua Gabriele.
TUTTO sta nella voglia e nella capacità ovviamente di mettersi in gioco. Concordo.
Mi piacerebbe farti (e fare a tutti quelli che vorranno partecipare alla discussione) una domanda:
chi non si mette in gioco, credi che sia più una questione di "spirito" oppure che dipenda dall'intelligenza sociale del soggetto?
nel senso, la risposta va ricercata in un fattore di una certa elevatura spirituale/morale oppure è semplicemente il cervello delle persone che latita? Non ci arrivano in pratica… La tara è spirituale o intellettiva?
Io un'idea ce l'ho ma attendo altri pensieri (sparsi ovviamente) :-)
Giancarlo tu cheddici?
Giancarlo Rizzo
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Re: La vita della gente

Messaggio da leggere da Giancarlo Rizzo »

Mi tiri in causa dunque ti dico come la penso.
Se osservi come si comporta la gente noterai subito che la caratteristica più evidente è che non si sofferma a pensare. Tranne quando qualcuno si ferma a fumare una sigaretta o a guardare un panorama in solitudine, in genere pare che nessuno dedichi tempo in riflessioni silenziose.
E un’impressione non vera: la gente pensa e pensa molto. Ma a cosa pensa?
L’attenzione è sempre rivolta alle cose, agli altri, agli avvenimenti, alle proprie disgrazie, agli amori o agli odi per le persone intorno.
Difficilmente, immagino io, le persone pensano a se stesse come persone, non come oggetti.
Intendo che se penso alla mia malattia e mi compiango, penso a me come se fossi un malato, cioè penso alla malattia come a una cosa che mi si è attaccata addosso ma che non mi dovrebbe appartenere e allora la rifiuto e ne ho paura. Ho fatto un esempio per dire che altra cosa sarebbe pensare a me come persona che ha una vita interiore e che può essere alla prese con una “modifica” di me stesso.
Ma mi spiego meglio. Se dico a una persona : “chi sei tu?” Mi risponde con nome e cognome.
Allora ripeto: “sì, d’accordo, ma chi sei ?” lui mi guarda e ripete. Non capisce quello che vorrei sapere. Allora dovrei dire: “ti sei mai chiesto chi sei?” E qui lo sguardo si perde nel vuoto!
“Come, chi sono!” e io spero che in quel momento nella sua mente scocchi la scintilla.
Già perché la scintilla si chiama "coscienza si sé".
Se pensi che la gente abbia la coscienza di sé come persona ti devo deludere. Nella maggioranza dei casi questo stato mentale è saltuario e dipende dagli avvenimenti della vita quotidiana.
Uno stato mentale di continuativo di consapevolezza di sé è molto raro. E alla base dell’atteggiamento di cui stiamo parlando, quello dell’introspezione, non ci può essere che la consapevolezza continua di esistere, dove il pensare alle cose esterne diventa saltuario.
Mauro Conti
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Re: La vita della gente

Messaggio da leggere da Mauro Conti »

Apprezzabilissimo e profondo punto di vista, oltre che ulteriore spunto. Molto interessante. Ti ringrazio per averlo condiviso.
Gabriele Pecci
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Re: La vita della gente

Messaggio da leggere da Gabriele Pecci »

Concordo in gran parte con l'analisi di Giancarlo, e ripeto che questi presupposti non sono insiti nel DNA, ma sono scelte personali che vanno di volta in volta stimolate, ma è più comodo o rilassante però vivere in mezzo e per mezzo di tutte le distrazioni, o informazioni possibili già date o poste, piuttosto che affrontare o ricercare queste in sé stessi, perché quelle esterne sono poi le convinzioni o "certezze" già date in dote e su cui gran parte delle masse, chi più chi meno, forma e poi poggia la propria conoscenza e quindi coscienza che rimane però, così facendo, solo passiva, sulla reale e possibile conoscenza e coscienza di sé. Quindi per trasformare tutto ciò in coscienza attiva esiste un unico modo, perché nessun libro, nessun sito, nulla di esterno al tuo stesso corpo può dare una coscienza specifica e quindi risposta attiva su di esso ( cioè nessun libro può rispondere alla domanda "chi sei tu?", che è molto diversa da "cosa sei tu?"), quindi per conoscere sé stessi è solo su di sé che bisogna riflettere profondamente, un bisogno tendenzialmente derivato e alimentato poi dalla curiosità sulla comprensione stessa presa in analisi, e dal senso di piacere e soddisfazzione che essa rilascia nel riuscire a comprendere di essere perfettamente in grado di conoscersi e quindi ri-conoscersi o prendere coscienza attiva in ciò che più si sente vicino ad un concetto o risposta di realtà o verità personale. Perciò coscienti della possibile e soggettiva comprensione di questa, e con essa, pure su ciò che la circonda, cioè tutto ciò che è esterno a questa, quindi tutto ciò di esterno che interagisce con il corpo, e con il quale il corpo interagisce a sua volta (da questo nasce la possibile lettura empatica). Concetto che avevo già espresso, senza entrare però nel dettaglio, sul commento precedente. Quindi la mia risposta è semplicemente che la gente, come diceva anche Giancarlo, tende solo a conoscere passivamente e non attivamente sé stessa, poggiando gran parte della propria conoscenza e quindi anche coscienza, su comprensioni solo lette, studiate, riportate da altri, quindi espressioni non comprese in maniera attiva, ma solo passiva, non rapportate realmente al proprio io, perciò non realmente vissute e quindi neanche realmente comprese. Io su ogni cosa su cui mi capita di riflettere (lo faccio continuamente , che siano questioni apparentemente semplici o complesse già in partenza ), è sempre però rapportata in primis sul mio vissuto la riflessione, oppure compresa o cercata di comprendere a livello empatico, ma per essere veramente empatici bisogna saper però comprendere e quindi già conoscere molto bene le emozioni che vengono a porsi in questione, quindi averle già comprese in essere e divenire sul proprio vissuto. Altrimenti è lettura, riflessione, studio o analisi solo passiva.
Ultima modifica di Gabriele Pecci il 03/09/2022, 14:03, modificato 1 volta in totale.
Gabriele Pecci
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Re: La vita della gente

Messaggio da leggere da Gabriele Pecci »

Praticamente la gente in larga parte si accontenta di capire,studiare, riportare,riflettere solo superficialmente (a volte neanche questo) , ma non di comprendere profondamente in realtà ciò che riesce a capire o re-cepire. Senza stare a guardare il dizionario penso che il termine "comprendere" sia un proprio, o fare poi proprio, un determinato concetto, uno studio, una riflessione, che sia interiore od apportata e pervenuta eventualmente a sé esteriormente, quindi porre o sovrapporre a questa determinata riflessione, un proprio sentire, o sapere poi mettere questo, in relazione ad/con essa. Il tutto portato in pratica solo dal grado e misura in relazione diretta al singolo individuo della sua scelta, voglia o capacità nel momento in cui si presenta occasione di fare o porre in essere e divenire questo stesso processo.
Mauro Conti
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Re: La vita della gente

Messaggio da leggere da Mauro Conti »

Condivido in pieno soprattutto quando dici che la gente tende a conoscersi solamente passivamente e non attivamente.
Complessa la questione degli stimoli esterni. Quanto da zero a cento questi stimoli influiscono sul conoscersi attivamente? Ci portano verso la passività o verso l'attività? La conoscenza attiva di se stessi è dentro di noi? E' innata? Per tutti?
Mi fa piacere (e contemporaneamente mi conforta) sapere che tra gli stimoli esterni ci sia anche questo forum ad esempio, che ci da occasione per parlarne, per scambiarci le diverse visioni o posizioni. E se il parlarne (come sostiene la psicologia ad esempio) è un modo per "metabolizzare" la questione, siamo già a buon punto.
Sono un sostenitore della teoria dello scambio umano. Ma questa teoria ha diversi nomi con cui la potete trovare, sui testi o sul web ed è molto semplice (riassumo)
"Se due uomini si incontrano e si scambiano una moneta, entrambi torneranno a casa con una moneta in tasca;
ma se due uomini si incontrano e si scambiano un'idea, entrambi torneranno a casa con due idee in testa."
Gabriele Pecci
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Re: La vita della gente

Messaggio da leggere da Gabriele Pecci »

Concordo c'è un bravo e competente psicanalista/psichiatra Eugenio Borgna che sostiene ( come da titolo di un suo saggio) che "noi siamo un colloquio". Verissimo.

Per rispondere alle tue domande:

"Complessa la questione degli stimoli esterni. Quanto da zero a cento questi stimoli influiscono sul conoscersi attivamente? "

Sono la base su cui si costituisce e costruisce emozionalmente poi anche la comprensione su quelli interni, pensa solo ai primi anni di vita, ogni aspetto emozionale viene assimilato e in parte inizialmente già compreso solo di riflesso.

"Ci portano verso la passività o verso l'attività?"

Inizialmente come ti ho detto formano e costituiscono la base su/con cui poi possiamo comprendere/ci sia attivamente che passivamente.

Crescendo, aumentando così esponenzialmente sia gli stimoli dati, ma soprattutto quelli da noi recepiti, il cervello, quindi la mente, quindi la conoscienza e la possibile presa di coscienza su questi, attiva o passiva, avviene sempre di più tramite scelta e quindi scrematura, a seconda degli interessi, attivi o passivi riguardo a queste scelte. Questo avviene anche autonomamente, a volte, quando siamo molto concentrati su qualcosa, basta un "niente" (solitamente una voce, una musica, un profumo o qualsiasi altra cosa o aspetto sensoriale che scavalca la nostra concentrazione, e che a sua volta catturi interesse o chiami in causa la memoria su di esso) per distrarci.

"La conoscenza attiva di se stessi è dentro di noi? E' innata? Per tutti?"

La conoscenza di sé stessi e quindi coscienza, non è innata, non è nel DNA, ma per come ora la stai intendendo tale è un processo mentale attuato o meno tramite scelta in favore o sfavore di essa.

Tutti possiamo allo stesso modo (salvo complicanze cognitive) cioè, averla o non averla.

Quello che invece tutti abbiamo (salvo sempre complicanze cognitive importanti e rilevanti, basta pensare all' alzheimer ) è la conoscienza e quindi coscienza del corpo sul corpo, sia a livello conscio, ma soprattutto in larga misura inconscio, altrimenti il cuore non batterebbe, i reni non potrebbero espellere tossine, il sangue non circolerebbe, il cervello non elaborerebbe informazioni né comprenderebbe mappando sentimentalmente, quindi emozionalmente e continuamente, le stesse informazioni venute e pervenute nel corpo tramite e dal corpo stesso che non sono altro quindi che questi continui stimoli interni ed esterni del corpo verso il corpo.

Quindi tutti hanno, tramite questi processi, poi la possibilità data o scelta conscia, di attuare o meno una profonda o meno comprensione di sé. Ma essa rimane in questo caso sempre una scelta, una opportunità data e posta che io addirittura reputo invece anche come l'unico reale senso che si possa dare alla vita (lo scopo è la vita stessa), perché senza comprensione, senza la comprensione di noi stessi, possibile solo tramite comprensione di questi stimoli interni (consci ed inconsci) e per mezzo di questi anche la comprensione possibile degli stimoli esterni, ogni altro diverso senso dato alla vita poi, pone comunque il suo essere in divenire a partire da questa.


Senza la comprensione sentimentale ed emozionale che comprende sia gli automatismi interni, che le percezioni ed elaborazioni emozionali interne/esterne, più o meno conscie, attive o passive che siano, e con/su cui ci rapportiamo continuamente, non potremmo dare alcun altro senso a niente di ciò che è in noi o fuori di noi (nel/dal corpo).

Morale, noi, il nostro essere pensante e decisionale, (l'io o sé) non è altro che il corpo che risulta essere cosciente e quindi può comprendere sé stesso, il tutto frutto e risultato dell'evoluzione in noi avvenuta in essere e divenire.
Ultima modifica di Gabriele Pecci il 03/09/2022, 19:10, modificato 2 volte in totale.
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Re: La vita della gente

Messaggio da leggere da Gabriele Pecci »

"Se due uomini si incontrano e si scambiano una moneta, entrambi torneranno a casa con una moneta in tasca;
ma se due uomini si incontrano e si scambiano un'idea, entrambi torneranno a casa con due idee in testa."

Interessante comparazione, ma essa presenta un inganno se pur apparentemente realistico di tipo percettivo. Vero, per una moneta scambiata è sempre una a restare nella tasca di ciascuno. Vero anche che lo scambio di idee essendo binario (il discorso che facevo/vi prima) raddoppia ad entrambi il possibile (non sempre questo avviene, perché poi non sempre la si accetta o la si prende anche, come possibile alternativa al nostro diverso punto di vista e in seguito quindi sottoposta a reale valutazione, come dicevo prima) il guadagno in "saccoccia". E quindi mi dirai,

-bene, allora dov'è l'inganno percettivo?-

L'inganno percettivo è che noi reputiamo una idea, o qualsiasi altro scambio emozionale che viene a interagire con noi presumibilmente, come un processo apparentemente non fisico, ma "spirituale" , quando in realtà, se hai letto e compreso con attenzione analizzando parola per parola quello che ho scritto in precedenza, dovresti ora renderti conto che ogni processo mentale o scambio di esso viene compreso ed espresso solo fisicamente, sia dal corpo/io che lo mette in piano, sia dal corpo/io che lo riceve. Quello che tu comprendi in realtà nelle parole o emozioni sensoriali che vengono scambiate o a crearsi tra/in uno, due o più individui, e verso cose, contesti ambientali o sociali,situazioni, o ricordi di essi, qualsiasi cosa insomma, è solo la mappatura sensoriale/emozionale di queste tramite immagini/sonore, immagini/visive, immagini/olfattive, immagini/tattili e infine interpretazione e lettura delle stesse, tutto avvenuto solo dentro il tuo corpo, tramite un processo elaborativo derivato da un sentimento già immagazzinato in te, nell'arco di tutta la tua vita, a partire da quando eri infante e attuavi questo stesso processo solo per riflesso imitativo, ma sempre per immagini visive,sonore,tattili e olfattive, quindi informazioni sensoriali, originate, elaborate e processate da mappature continue nel tuo corpo, dal tuo corpo, e poi interiorizzate/immagazzinate all'interno di esso dove, tramite il rievocamento o memoria delle stesse, poi il corpo ti permetterà in seguito una nuova, simile, ma sempre diversa, futura/presente e quindi sempre passata lettura delle/sulle stesse emozioni sensoriali, ritornate così percepite di nuovo "presenti" quando esse interagiscono nuovamente tramite altre immagini sensoriali arrivate e percepite nuovamente tali da ulteriori stimoli interni/esterni al corpo, di nuovo pervenuti, e quindi nuovamente elaborati e memorizzati.

Mappature. Questa è la coscienza di sé stessi, il corpo che emozionalmente si comprende e agisce in base a suddetta comprensione conscia e inconscia, di e verso sé stesso. La riflessione ulteriore che facciamo o possiamo fare, per scelta in favore o sfavore di questo, è
invece il grado di consapevolezza che abbiamo singolarmente raggiunto o disvelato di/in noi stessi, cioè la realizzazione ora conscia alla nostra mente (che in un dato momento della vita, diverso o simile, ma per tutti prima poi "presente" dovuto a omeostasi, la mente realizzando il suo futuro divenire e quindi cessare, si dissocia parzialmente da questo aspetto creando una forma concettuale percepita di dualismo interno tra l'io/sé ed il corpo fisico) di essere essa stessa corpo e quindi parte funzionale di esso, cioè sull'in essere percepito in noi come " io o sé" (in nostra normale percezione a comando dei processi mentali agenti sul corpo, ma rimanendo e sentendosi però da questo distaccati) , come invece essi stessi corpo, e parte funzionali ed espressivi di esso, quindi in ogni singolo aspetto del nostro essere in divenire, sia questo mentale o fisico, sempre però come processi facenti parte del corpo, originati e attuati dal/sul corpo stesso si trattano, e solo per questo poi resi possibili in essere e divenire, quindi "solo" ( ma quanta meraviglia c'è in esso?) di materia e non "spirito" oppure "anima/essenza di Altra origine in gioco che dir si senta o si voglia, di/in/su, questi stessi processi.
Ultima modifica di Gabriele Pecci il 03/09/2022, 18:27, modificato 3 volte in totale.
Gabriele Pecci
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Re: La vita della gente

Messaggio da leggere da Gabriele Pecci »

Capisco che il testo così espresso non sia di facile o immediata lettura e soprattutto comprensione Mauro, non per demerito tuo naturalmente, ma mio, comprendi però che sono temi molto complessi da spiegare, faccio perciò il meglio che posso usando la mia limitata possibilità o padronanza linguistica/grammaticale che possiedo al momento.
Giancarlo Rizzo
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Re: La vita della gente

Messaggio da leggere da Giancarlo Rizzo »

L'inganno percettivo è che noi reputiamo una idea, o qualsiasi altro scambio emozionale che viene a interagire con noi presumibilmente, come un processo apparentemente non fisico, ma "spirituale" , quando in realtà, se hai letto e compreso con attenzione analizzando parola per parola quello che ho scritto in precedenza, dovresti renderti conto che ogni processo mentale o scambio di esso viene compreso ed espresso solo fisicamente, sia dal corpo/io che lo mette in piano, sia dal corpo/io che lo riceve. Quello che tu comprendi in realtà nelle parole o emozioni sensoriali che vengono scambiate o a situazioni, o ricordi di essi, qualsiasi cosa insomma, è solo la mappatura sensoriale/emozionale di queste immagini e infine interpretazione delle stesse, tutto avvenuto solo dentro il tuo corpo.
Quindi tutti hanno, tramite questi processi, la possibilità di attuare una profonda comprensione di sé. Ma essa rimane in questo caso sempre una scelta, una opportunità che io addirittura reputo come l'unico reale senso che si possa dare alla vita (lo scopo è la vita stessa). La comprensione di noi stessi è possibile solo tramite comprensione di questi stimoli interni (consci ed inconsci) e per mezzo di questi anche la comprensione degli stimoli esterni.
Morale, noi, il nostro essere pensante e decisionale, (l'io o sé) non è altro che il corpo che risulta essere cosciente e quindi può comprendere sé stesso, il tutto risultato dell'evoluzione in noi avvenuta, quindi "solo" ( ma quanta meraviglia c'è in esso!) di materia e non "spirito" oppure "anima/essenza di Altra origine in gioco che dir si senta o si voglia, di/in/su, questi stessi processi.

Usando le stesse parole di Gabriele ho riassunto il punto fondamentale di disaccordo con il mio pensiero. La descrizione che lui fa del meccanismo psicofisiologico dell’acquisizione degli stimoli fino alla formazione del Sé cosciente è assolutamente corretta. Però Gabriele non accetta che quello che descrive sia solo il meccanismo con cui il corpo lavora e definisce la consapevolezza del Sé un inganno psicofisiologico dovuto al funzionamento dei sistemi neurali. Lui si ferma lì e poco male sarebbe se questo ragionamento si fermasse alla descrizione teorica della realtà umana.
Invece Gabriele traspone il suo materialismo nella scelta etica e morale della vita riducendo lo scopo della vita di ciascuno alla mera sopravvivenza individuale e di specie.
L’esistenza di un essere spirituale consapevole, per altro sfortunatamente non dimostrabile scientificamente (religione moderna che non ammette obiezioni filosofiche),viene presentata come un inganno, un sdoppiamento dell’io assolutamente illusorio. Tanto dovevo precisare per esprimere il nostro disaccordo.
Gabriele Pecci
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Re: La vita della gente

Messaggio da leggere da Gabriele Pecci »

Se non avessi già vissuto sulla mia pelle per più di trent'anni e quindi anche già ampiamente vissuto conosciuto e perciò anche compreso potrei non aver niente da poter obbiettare in merito alla tua analisi ( cioè l'aspetto spirituale di cui parla Giancarlo, nel mio caso diverso dal suo chiaramente per i motivi spiegati, sono derivati dai singoli processi mentali attuati su ognuno in maniera diversa, a volte simile o anche sovrapponibile, ma mai perfettamente uguale, sul fine cercato o ricercato però di comprendere (anche così posto l'unico senso possibile è sempre la comprensione, ma in questo caso senza risposta) che è essenzialmente invece il medesimo, cioè mantenimento in maniera ignota, nel mio caso attribuita a Dio, nel suo allo spirito/consapevolezza in essere, di ciò che sarebbe la nostra vera essenza, quindi, anima o spirito od ogni altro termine a questi equiparabile o associabile prima e dopo la nostra morte, quindi un senso a noi incomprensibile riposto in Altro, ma Altro però anche presente in noi sotto forma di essenza o spirito appunto) nel modo che ho spiegato qui sopra , cioè tramite le stesse intuizioni che ora dopo trent'anni, dopo averci riflettuto profondamente sopra e aver così disvelato le stesse in maniera del tutto logica (disvelando guindi " l'inganno del mio io sul mio io, cioè del corpo/mente sul corpo ) mi hanno infine portato a rivoluzionare, come dicevo nel primo commento su questo post, il mio sentire. Con questo non rinnego nulla di quello da me vissuto e creduto con altrettante profonde convinzioni (ma senza risposta data naturalmente) in precedenza proprio perché oltre ad avermi sicuramente aiutato e portato a comprendere molto su me stesso pure dentro questo inganno, soprattutto mi ha permesso di comprendere molto a fondo ciò che invece ora pensa, crede o di cui è profondamente convinto, a suo modo, Giancarlo. Tutto quello che tu mi "accusi" di non accettare è quindi lo stesso che in maniera diversa da te, ma del tutto associabile in fondo, al tuo come anche ad ogni altro sentire che porti il mantenimento di coscienza tramite spirito, anima o essenza che dir si voglia, fuori dal corpo e fuori quindi dalla realtà, mantenendo o sperando di mantenere (per cercare di comprendere e quindi trovare risposta al senso di tutto questo) in essere la coscienza ivi presente, ho già accettato in passato e su cui ho riflettuto, per trenta e passa anni della mia vita. Questi uniti ai successivi ulteriori sette anni di vera fede, fede cioè senza più il bisogno di associare sopra a questa, un determinato credo, e infine gli ultimi sei/sette mesi di ancor più profonde intuizioni successive ai molteplici dibattiti prodotti proprio dai nostri scambi continui di opinioni a riguardo di questi temi. Tutto questo unito in essere e divenire per rivelare completamente l'inganno del mio io al mio io. Quindi essere pienamente ora cosciente, anche se molto è ancora da comprendere (dove però a differenza di prima questo è assolutamente possibile farlo) , questi aspetti del corpo sul corpo. Tanto ci è voluto.
Mauro Conti
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Re: La vita della gente

Messaggio da leggere da Mauro Conti »

Sono affascinato dalle vostre considerazioni e il dibattito è interessante. Almeno per me. I contenuti sono molti e stanno prendendo dei risvolti curiosi. Il vostro interscambio non è mai banale. Chapeau.
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