La fotografia

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Valerio Geraci
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La fotografia

Messaggio da leggere da Valerio Geraci »

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"Da questa parte"
Seguimmo Dustin in silenzio, nella direzione che ci indicava. Di notte, la scuola era un luogo decisamente meno familiare ed accogliente rispetto al giorno: il buio ci circondava e dalle aule vuote provenivano rumori indecifrabili e sinistri, che si confondevano con gli scricchiolii sopra le nostre teste e con il richiamo dei gufi e dei grilli nel cortile. Orfana delle centinaia di studenti che gridano e schiamazzano durante il giorno nei corridoi, la scuola sembrava molto più grande del solito, e questo non faceva che accrescere la nostra inquietudine: sembrava che qualsiasi pericolo potesse essere in agguato dietro ogni angolo. Tuttavia, l'unico essere vivente del quale probabilmente bisognava aver timore era George, il custode.
"Dustin, ho paura".
"Fate silenzio".
Dustin camminava alla testa del gruppo, rannicchiato e guardingo, il rumore dei suoi passi amplificato dal silenzio. Lo seguivamo io, Cody e Nancy, la più spaventata di tutti.
"Non ci volevo venire qui, Philip" mi bisbigliò nell'orecchio Nancy.
"Sta' tranquilla. Fra poco saremo fuori".
"Non sarebbe stato meglio venirci domani mattina?" chiese Cody, che chiudeva la fila.
"Siamo arrivati" Dustin si girò verso di noi per assicurarsi che ci fossimo tutti, dopodiché aprì la porta dell'aula di Fotografia.
Una volta entrati, Dustin si diresse con passo sicuro verso la cattedra e aprì il primo cassetto. Frugò per qualche secondo al suo interno, poi si raddrizzò, e un sorriso gli illuminò il volto. Teneva in mano una fotografia.
"Ve l'avevo detto. Venite a vedere".
Ci avvicinammo tutti alla cattedra, trattenendo il respiro.
"Cody, fa' luce" intimò Dustin all'amico. Questi infilò la mano nella tasca del gilet e ne estrasse una piccola torcia portatile, che emise un flebile raggio di luce, quanto bastava per illuminare la fotografia e svelarne i dettagli.
Restammo tutti senza fiato e per qualche istante rimanemmo a guardarci l'un l'altro, a bocca aperta. Poi rivolsi lo sguardo a Dustin, che aveva ancora stampata in faccia l'espressione entusiasta di poco fa.
"Dicevi la verità".
Guardai di nuovo la fotografia, per esaminarla meglio, nel tentativo di trovare un segno rivelatore di manipolazione, oppure qualche dettaglio che non avevo notato ad una prima occhiata, ma non ne trovai.
La fotografia era esattamente come l'aveva descritta Dustin e lo scetticismo iniziale venne sostituito da uno sgradevole turbamento. La foto di classe che avevamo scattato quella mattina appariva del tutto normale ad un occhio ignaro: eppure non c'era traccia dei nostri dodici anni nella folta barba di Dustin, o nella calvizie di Cody, o nei seni prosperosi di Nancy: nella foto, sembrava avessimo tutti almeno dieci anni di più.
"Com'è possibile?"
Dustin mi rivolse uno sguardo serio: "Non lo so davvero. Andiamo via adesso", sussurrò.
Ripose la fotografia nel cassetto e lo spinse nuovamente all'interno della cattedra, facendo attenzione a non fare troppo rumore. Uscimmo dall'aula in silenzio, immersi nei nostri pensieri: ci sarebbe stato tempo per discutere della faccenda una volta fuori, al sicuro. Strisciammo lungo le pareti e ripercorremmo il corridoio a ritroso, fino a trovarci al portone d'ingresso. Prima di uscire gettai un'ultima occhiata al corridoio, dopodiché ci ritrovammo nel cortile, dove ci attendevano la notte e la luce delle stelle.

"Dustin, penso che dovremmo dirlo a qualcuno" suggerì Cody, non appena fummo abbastanza lontani dall'ingresso della scuola da non destare sospetti. "Tutto ciò non ha senso".
"Lo so, è incredibile vero?" esclamò Dustin, girandosi di scatto con gli occhi spalancati e le mani a tenersi la testa sotto i lunghi capelli neri. "Ma non ditelo a nessuno per il momento, nemmeno ai vostri genitori. Rischieremmo la sospensione anche solo per esserci intrufolati a scuola di notte".
"Cosa hai in mente?" chiesi. "Intendi scoprire come possa esistere una fotografia che ci ritrae…" esitai, "nel futuro?"
"Dobbiamo scoprire di più su quella macchina fotografica. E dobbiamo parlarne col signor Newman. È l'unico oltre a noi ad aver visto la fotografia, sicuramente sa qualcosa."
Il signor Newman era l'insegnante di fotografia nonché colui che, quella mattina, aveva scattato la foto, per archiviarla nell'annuario scolastico. Era arrivato quell'anno nella nostra scuola, dopo aver insegnato fotografia in ambienti accademici e professionali in diverse zone del Paese e aver lavorato come fotografo ambientalista per molti anni. Era la sua prima esperienza in una scuola, e ai ragazzi dava l'impressione di un uomo riservato ma perbene.
Immersi nei nostri pensieri, eravamo arrivati davanti a casa di Cody. Lo salutammo, con la promessa di organizzarci l'indomani sul da farsi. Poi fu Dustin a congedarci di fronte all'ingresso della sua villetta.
"Mi raccomando: acqua in bocca, per il momento" ci ricordò, portandosi l'indice alla bocca. Dopodiché sparì dietro la porta a vetri.
Rimasi da solo con Nancy, e la accompagnai a casa.
"Cosa ne pensi?" mi chiese.
"Non lo so davvero… sembra tutto così assurdo. Ci dev'essere una sorta di… non so, anomalia spazio-temporale o qualcosa del genere. Come ha suggerito Dustin, il professor Newman deve sapere qualcosa, perciò dobbiamo parlarne con lui."
"Non sono sicura che sia una buona idea: se ci rimproverasse per essere entrati a scuola di notte, o anche solo per avere guardato nelle sue cose?"
"È un rischio che dobbiamo correre, Nancy. Se vogliamo scoprire la verità, non abbiamo altra scelta".

La campanella che annunciava la fine delle lezioni suonò in perfetto orario quel giovedì, alle 14 in punto. I miei pensieri erano focalizzati sulla fotografia, e l'attesa della fine delle lezioni mi era parsa interminabile. Raccolsi in fretta le mie cose dal banco e mi diressi spedito verso il cortile: era lì che ci eravamo dati appuntamento con gli altri, per poi dirigerci insieme verso lo studio del professor Newman.
Incontrai Cody nel corridoio.
"Sono piuttosto agitato" mi rivelò. "Non voglio che i miei genitori vengano a sapere che gironzolo per la scuola di notte".
Ero nervoso anch'io: non avevo idea di come avremmo affrontato l'argomento con il professor Newman, così non gli risposi. Speravo che ci avrebbe pensato Dustin, come al solito; in fondo l'idea era sua.
Raggiungemmo il cortile, sollevando il cappuccio delle felpe: tirava vento quel giorno, e l'aria era autunnale. Impiegammo qualche secondo per scovare Dustin e Nancy, seminascosti sotto un salice, in un angolo.
Ci guardammo per qualche secondo in silenzio, poi Dustin si fece coraggio. "Ho visto il professor Newman entrare nel suo studio poco fa, dopo la fine delle lezioni. È il momento di andare." E così dicendo fece dietrofront e si incamminò di nuovo verso l'ingresso della scuola, e poi dritto verso il primo piano, corridoio di destra, stanza 52, dove si trovava lo studio del professor Newman. Lo seguimmo, non senza una certa esitazione.
La porta dello studio era socchiusa, e dall'interno si udiva un rumore di passi.
"C'è una speranza, ti dico" la voce del professore era poco più che un sussurro, ma riuscimmo a distinguere ugualmente le parole attraverso la fessura nella porta.
Il professore camminava su e giù mentre parlava; era nervoso. C'era qualcun altro nella stanza.
"Dobbiamo accertarcene prima di poter fare supposizioni e prendere qualsiasi decisione sul da farsi" disse lo sconosciuto.
"Ma non capisci, Frank? Questo significa che avevo ragione! Quei ragazzi…" non terminò la frase.
Lo sconosciuto si alzò dalla poltrona sulla quale era seduto e si avvicinò al professor Newman, posandogli affettuosamente una mano sulla spalla. "Arthur" disse, guardandolo negli occhi, "per il momento, è meglio non parlarne con nessuno".
Così dicendo si congedò, e noi ci allontanammo dalla porta mentre l'uomo usciva, attenti a non catturare la sua attenzione. Era un individuo alto, sulla sessantina, con una bombetta a coprirgli i capelli grigi e una giacca a quadri bianca e rossa. Lo seguimmo con lo sguardo mentre si dirigeva verso l'uscita della scuola perso nei suoi pensieri, senza degnarci di un'occhiata.
Mi voltai verso Dustin. "Entriamo?", gli chiesi con lo sguardo. Dustin parve cogliere la mia domanda e fece un cenno verso gli altri. Lo seguimmo mentre bussava alla porta del professor Newman.
"Avanti". La voce del professore era assente, come se giungesse da lontano.
Per primo entrò Dustin, seguito da me, Nancy e Cody a chiudere la fila. Dustin si voltò verso quest'ultimo, facendogli cenno di chiudere la porta. Il professor Newman alzò lo sguardo e quasi trasalì nel vederci.
"Ragazzi" disse, alzandosi e sorridendo impacciato, "cosa posso fare per voi?"
"Abbiamo visto la foto, professore" esordì Dustin, arrivando subito al dunque. "Vogliamo una spiegazione".
La reazione del professore non lasciva adito a dubbi: spalancò gli occhi e distolse brevemente lo sguardo, massaggiandosi quel che restava dei radi capelli grigi sulla testa.
"Quale foto?". Fu un tentativo necessario a prendere tempo, ma Dustin era determinato a scoprire la verità.
"La foto che ci ha scattato ieri per l'annuario, professore. Quella in cui siamo… diversi".
"Non ho mostrato a nessuno quella foto, ed è rimasta qui nel mio cassetto personale da quando l'ho scattata, come avete fatto a vederla?"
"Non è importante, adesso. Penso che una spiegazione sia ciò di cui tutti noi abbiamo bisogno".
Il professor Newman fissò Dustin, e quando parlò lo fece in modo fermo e risoluto.
"Andatevene, o chiamerò la preside e informerò i vostri genitori che siete entrati nel mio studio senza permesso, rovistando fra le mie cose".
Ci fu un attimo di silenzio. Persino Dustin aveva paura, e il dubbio che forse sarebbe stato meglio andarsene e lasciar perdere la questione ci assalì. Fu Nancy a farsi avanti.
"Professore, sappiamo di aver sbagliato ma non era nostra intenzione creare problemi. Ora però abbiamo paura. Questa notte non ho chiuso occhio, professore. Sembra essere tutto così strano, vorremmo solo che ci dicesse la verità. La prego."
Il professor Newman guardò Nancy, dopodiché il suo sguardo tornò su Dustin, che non aveva smesso di fissarlo mentre la sua amica parlava.
Si voltò, guardando fuori dalla finestra. Ci fu qualche momento di silenzio, reso ancor più esasperante dalla tensione che attanagliava ciascuno di noi. Le parole che uscirono dalla bocca del professor Newman quando tornò a guardarci si abbatterono come una spada sulla tensione nella stanza, riducendola a brandelli.
"Vi dirò quello che so".

Il professor Newman estrasse dalla tasca una chiave, con la quale aprì un cassetto della libreria dietro alla cattedra. Prese una cartellina rivestita di pelle nera e si voltò verso di noi.
"Guardate qui" disse. Ci radunammo di fianco a lui, in cerchio; non avremmo potuto essere più incuriositi.
Il professore ci mostrò una fotografia all'apparenza del tutto normale: rappresentava il cortile di un palazzo piuttosto grande, ma chiaramente abbandonato alle piaghe del tempo. L'erba alta soffocava le aiuole, e piccole crepe cominciavano ad emergere vicino alle finestre rotte dell'edificio.
"Questa è la prima foto che ho scattato con quella macchina" disse, lanciando una breve occhiata all'apparecchio appoggiato sopra a una mensola. "È una foto degli studenti della mia classe di Fotografia all'Istituto Nazionale, dove insegnavo."
Guardai Cody per un momento, che ricambiò il mio sguardo confuso: nella foto non c'era nessuno.
"Un attimo" Dustin prese la parola. "Sta dicendo che ha scattato una foto a delle persone, ma nella foto quelle persone non ci sono?"
"Non solo questo. Tutto era diverso, anche l'ambiente circostante: vi assicuro, ragazzi, che l'Istituto Nazionale di Fotografia è uno dei più bei palazzi della città, e il giardino è sempre curatissimo e in ordine. I miei studenti erano qui", indicò un punto più o meno al centro del giardino, vicino a una grande fontana. "All'inizio ero scioccato, proprio come dovete esserlo voi. Perciò ho voluto approfondire la questione". Posò sul tavolo la foto in modo da mostrarci la successiva. Riconobbi subito il soggetto: era il palazzo del Municipio della città, uno degli edifici più importanti e maestosi di tutta la regione; nella foto era ridotto a un cumulo di macerie. I rampicanti abbracciavano la base dell'edificio, quel che rimaneva della facciata era ricoperto di graffiti e il portone d'ingresso era divelto. Eravamo sbigottiti nel vedere il Municipio in quello stato, e nessuno disse niente.
Il professore posò sul tavolo anche questa foto e ne prese una terza.
"Questa è la piazza del mercato. Era un sabato mattina, c'era molta gente per strada". Ancora una volta, la foto rappresentava un paesaggio desolante, cosparso di rovine di palazzi e vegetazione incontrollata, anche se qualcosa catturò la mia attenzione.
"Qui c'è qualcuno" dissi, indicando un punto vicino all'angolo della fotografia.
"Come dicevo, c'erano diverse persone davanti all'obiettivo, almeno una dozzina, forse più. Ricordo alcune coppie, un gruppo di amici, qualche anziano seduto al tavolo del bar, e una mamma con un bambino che giocava." Il professore fece una pausa, e indicò l'uomo che avevo notato poco prima. "Il bambino era qui."
"Quindi" chiese Nancy d'un tratto, "quel bambino che era alla piazza quel giorno, nella foto è un uomo adulto, com'è successo a noi? Allora perché non è successo lo stesso alle altre persone, professore?"
Il professor Newman ripose le foto nella cartellina e ci guardò ad uno ad uno.
"Ho una teoria, e credo di non sbagliare."
Si mise a sedere, prendendo fiato di fronte a quattro paia di occhi che lo fissavano impazienti.
"L'uomo che era con me poco fa, è una delle persone di cui mi fido di più al mondo; lavora per il governo. Lui è l'unico a sapere di questa storia, e insieme abbiamo elaborato una teoria. Ora, voi avete visto la foto, per cui non c'è motivo di tenervi all'oscuro, ma dovete promettermi di mantenere il segreto". Fece una pausa, attendendo un nostro cenno di assenso. Quando lo ottenne, continuò. "Crediamo che quella macchina abbia, in qualche modo, il potere di rappresentare il futuro. E ritengo che, a giudicare dalle foto che ho scattato, il futuro non sarà esattamente come vorremmo che fosse. Lo avete visto anche voi, sembra che non molto rimarrà in piedi e che, in qualche modo, l'umanità e la civiltà verranno essenzialmente spazzate via. Ma quel bambino è stato un'illuminazione. Vedete, i miei allievi all'Istituto Nazionale erano persone adulte, avevano tutti trenta o quarant'anni almeno. Quel giorno, in piazza, c'erano coppie e persone anziane, e quell'unico bambino. Io penso, ragazzi" sospirò, la voce rotta dal peso delle sue parole, "che la maggior parte di noi non ce la farà. Forse a causa di una guerra, di una pandemia, del cambiamento climatico o per Dio sa quale motivo, ma se non siamo presenti nelle foto, allora probabilmente non ci saremo. Ma quel bambino è presente; nella foto che abbiamo fatto per l'annuario, siete tutti voi presenti. Qualcosa deve pur significare: ecco, io penso che voi, così come il bambino nella foto, sopravvivrete, e pertanto l'umanità non è ancora condannata. Forse, c'è ancora una speranza. Io penso che voi ragazzi, voi avete la possibilità di cambiare le cose, di ricominciare e di salvare l'umanità dal futuro che l'aspetta e a cui la mia generazione, e la generazione dei miei padri e dei padri dei miei padri l'ha condannata. Voi potete ancora salvarci: voi siete il futuro".
Macrelli Piero
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Messaggio da leggere da Macrelli Piero »

Hai tempi d'oro elle short story, questa sarebbe stata una buona idea e lo è ancora nonostante è stata declinata in mille modi. Ma dopo mille modi c'è il millunesimo che qui purtroppo manca. Comunque per un amante del genere come me è stato comunque piacevole.
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Maria Spanu
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Messaggio da leggere da Maria Spanu »

Mi è piaciuto leggerlo, ti dico la verità mi aspettavo un finale molto più originale che, ahimè non è arrivato. La storia che le generazioni future salveranno il mondo è vera ma in parte, e comunque non lo si può dare per scontato. Dipende da come li cresciamo questi bimbi che salveranno il mondo(tutto cio' che dici dipenderà solo da noi e saremo gli unici colpevoli). Per questo non possiamo esserne sicuri matematicamente, se, attualmente stiamo crescendo dei buoni e bravi figli solo il tempo ce lo rivelerà. Detto questo, che è solamente una MIA opinione personale e soggettiva, il racconto scorre benissimo, i tempi sono perfetti e anche i personaggi; mi ricordano tanti teen movies con cui sono cresciuta, dai Goonies, a Ragazzi Perduti a Stand By Me. E anche, in certi punti, NIGHTMARE per la narrazione colma di mistero; sarebbe interessante leggere una deriva "horror/thriller" di questo racconto.
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Messaggio da leggere da Selene Barblan »

Il racconto è piacevole e scorrevole, mi piace il mistero e la partenza, con il punto di vista dei ragazzi, mi ricorda (aspetto positivo per me) alcuni film anni ottanta d’avventura. Secondo me la parte meno riuscita è proprio il finale. Quel lungo discorso oltre che essere piuttosto costruito e quindi forse lontano da come si svolgerebbe in realtà, spiega troppo e ha, per i miei gusti, un‘eccessivo carattere … morale? Insomma preferisco i racconti che fanno passare un messaggio, qualunque esso sia, in modo che passi quasi inosservato.
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Nunzio Campanelli
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Messaggio da leggere da Nunzio Campanelli »

Bel racconto, scritto bene e che si lascia leggere con facilità. Peccato per il finale che effettivamente appare scontato, fin quasi a scadere nell'ovvio. Non ti sto ad annoiare con suggerimenti non richiesti, dico solo che per buona metà il racconto è ottimo, e che meriterebbe un epilogo all'altezza. Un piccolo rilievo: non ho trovato valide ragioni per le quali utilizzare nomi esotici per i protagonisti. Credo che in italiano darebbero più spessore alla storia.
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Valerio Geraci
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Re: La fotografia

Messaggio da leggere da Valerio Geraci »

Grazie a tutti per i commenti. Rispondo a Nunzio dicendo che ho scelto di non dare nomi italiani ai personaggi proprio per richiamare quella filmografia e atmosfera anni Ottanta citata da qualcuno, tipicamente americana.
Un saluto!
Namio Intile
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Messaggio da leggere da Namio Intile »

Scrivi molto bene, Valerio. Il racconto ha una buona struttura, l'idea di fondo riesci a farla funzionare all'interno dell'impianto narrativo. L'intento morale nel finale, a mio avviso, ci sta pure. A parte quel padre di mio padre e via dicendo, che mi ricorda troppo una battuta di mille anni fa dei Monty Python in Brian di Nazareth. E mi ha fatto morire dal ridere.
Però un appunto te lo voglio fare. Questi ragazzini di dodici anni, per come parlano, per come si muovono, per quello che pensano, per l'indagine che svolgono, con tutte le conseguenze del caso compresa l'analisi fotografica, sembrano non dico liceali, ma universitari almeno. E il loro linguaggio, come il pensiero, mi pare troppo adulto. Questo particolare non da poco, a mio avviso, mette a dura prova la sospensione dell'incredulità. E quindi il patto tacito tra lettore e autore.
Basterebbe far crescere la loro età e dare qualche spunto in più sul perché Dustin avrebbe dovuto soffermarsi tanto su quell'immagine appena intravista, per mettere tutto a posto.
Buon lavoro, a rileggerti
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Valerio Geraci
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Messaggio da leggere da Valerio Geraci »

Namio Intile ha scritto: 19/10/2023, 15:42 Scrivi molto bene, Valerio. Il racconto ha una buona struttura, l'idea di fondo riesci a farla funzionare all'interno dell'impianto narrativo. L'intento morale nel finale, a mio avviso, ci sta pure. A parte quel padre di mio padre e via dicendo, che mi ricorda troppo una battuta di mille anni fa dei Monty Python in Brian di Nazareth. E mi ha fatto morire dal ridere.
Però un appunto te lo voglio fare. Questi ragazzini di dodici anni, per come parlano, per come si muovono, per quello che pensano, per l'indagine che svolgono, con tutte le conseguenze del caso compresa l'analisi fotografica, sembrano non dico liceali, ma universitari almeno. E il loro linguaggio, come il pensiero, mi pare troppo adulto. Questo particolare non da poco, a mio avviso, mette a dura prova la sospensione dell'incredulità. E quindi il patto tacito tra lettore e autore.
Basterebbe far crescere la loro età e dare qualche spunto in più sul perché Dustin avrebbe dovuto soffermarsi tanto su quell'immagine appena intravista, per mettere tutto a posto.
Buon lavoro, a rileggerti
Grazie mille per i complimenti e per i suggerimenti :) un saluto.
Cristina Flati
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Messaggio da leggere da Cristina Flati »

La prima cosa che mi è rimasta dopo la lettura del tuo testo è stata la tua bravura nello srotolare piano piano le vicende. Ci vuole poco per cadere nella trappola del "tell" e vomitare tutte le azioni come un automa. Invece, la lettura è stata lineare e avvincente, me la sono proprio goduta.
Prima di arrivare al finale mi aspettavo una chiusura più pessimistica/apocalittica, ma devo dire che hai agganciato molto bene l'epilogo che fa sorgere un po' di speranza.
Valerio Geraci
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Re: Commento

Messaggio da leggere da Valerio Geraci »

Cristina Flati ha scritto: 07/11/2023, 19:07 La prima cosa che mi è rimasta dopo la lettura del tuo testo è stata la tua bravura nello srotolare piano piano le vicende. Ci vuole poco per cadere nella trappola del "tell" e vomitare tutte le azioni come un automa. Invece, la lettura è stata lineare e avvincente, me la sono proprio goduta.
Prima di arrivare al finale mi aspettavo una chiusura più pessimistica/apocalittica, ma devo dire che hai agganciato molto bene l'epilogo che fa sorgere un po' di speranza.
Ciao Cristina, grazie per i complimenti, sono contento che il mio racconto ti sia piaciuto! :)
Athosg
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Messaggio da leggere da Athosg »

Un bel racconto che mi ha fatto ricordare alcune sensazioni che si vivono visitando luoghi abbandonati, dove si percepisce che un tempo quei luoghi erano vissuti da molte persone. Forse la chiusura morale è stat un tantino marcata, però ci sta. Ah, se avessi io quella macchina fotografica!
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