Approdo sulla Luna - ultimo viaggio

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Roberto Di Lauro
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Approdo sulla Luna - ultimo viaggio

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leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

A. D. 2589. Dopo la Grande Guerra del XXV secolo, che aveva ridotto a un cumulo di macerie radioattive le principali città delle Americhe e dell'Eurasia, nello stesso secolo, come se non fosse bastato, un intenso sciame fatto di meteoriti di media-piccola grandezza aveva colpito il pianeta Terra portando con sé un minerale sconosciuto. Il bombardamento meteorico, durato qualche mese, sebbene avesse quasi distrutto la rimanente civiltà terrestre, aveva contribuito a ridurre in vaste aree la radioattività ancora presente sul pianeta. L'unica area del globo scampata agli eventi del XXV secolo era stata la Nuova Zelanda, ma nonostante fosse sembrata un arcipelago felice lontano da tutto c'era molta frenesia tra i sopravvissuti; tutti volevano lasciare il pianeta.

Una coppia di amici di origini napoletane vive nell'isola sud, a Invercargill. Antonio, ingegnere aerospaziale e Giuseppe pilota di aerei civili e militari, entrambi convertitosi in piloti di navicelle per lo spazio, lavorano presso il centro di volo aerospaziale sito a Bluff (nell'isola sud), ed hanno il compito di organizzare i viaggi dalla Terra verso la stazione spaziale Lunare per i sopravvissuti.

– Peppino, quando hai un attimo di tempo controllami lo stato della radioattività nella troposfera sopra le Americhe.
– Perché cosa succede?
– Ho notato un'espansione delle nuvole radioattive, sembra si stiano dirigendo verso il polo Sud. Qui la gente è in preda al panico. Dobbiamo fare presto!
– Il segnale è disturbato, non ho capito l'ultima frase.
Antonio leggermente spazientito, causa accumulo stress lavorativo, ripete a voce più alta – ammafà ambress'!
– Antonio non ti preoccupare, ho capito!

Intanto tra i civili le scene di panico non mancano. I punti di ritrovo presso la stazione spaziale terrestre di Auckland, per l'imbarco verso la Luna, sono presi d'assalto. L'esercito vigila e spesso interviene con la forza. Nonostante sia passato del tempo dai tragici eventi la popolazione della Nuova Zelanda vive come può. Nell'isola nord (quella più calda), quelle che un tempo erano le ville dei ricchi del pianeta sono diventate case per il popolo. Gli ampi giardini, pieni di specie arboree tra le più varie, sono stati riconvertiti a zone agricole, seppur minime. Gli alberghi della costa, un tempo meta di turisti, ora sono la base per i pescatori, con il pescato diventata la prima fonte di sostentamento alimentare. Gli allevamenti animali, nonostante una diminuzione del numero, contribuiscono con quel che possono.

– Antonio per stasera porto altre 500 anime sulla Luna. Per domani dobbiamo essere presenti ad Auckland per il briefing con la base. Ci sarà anche il Generale. – dice Giuseppe mentre si trova nello spogliatoio per la preparazione del viaggio.
– Ok. Ci vediamo domani.

L'indomani, presso la base militare si svolge il briefing con tutti gli ufficiali, i tecnici e i piloti civili e militari impegnati nell'operazione di salvataggio dei sopravvissuti. Prende la parola il Generale Franz: – a 30 giorni da oggi dovremo evacuare i superstiti. Nonostante l'aiuto del minerale sconosciuto caduto sul nostro pianeta con la pioggia di meteoriti, nuvole radioattive permangono sul pianeta e si spostano tra i continenti. La qualità dell'aria si sta deteriorando. Non ci sono più condizioni di vita adeguate. Preparate tutto il necessario, aumentate i turni di volo e andiamocene via di qui!

I due amici, prese le consegne, s'imbarcano su un volo di linea verso la loro città nell'isola sud. Un intenso lavoro li attende, ancor più snervante, alle prese con il nervosismo e la paura della gente. Leggendo le consegne Antonio nota nella lista delle partenze per la stazione spaziale Lunare i nominativi di alcuni familiari e amici degli alti ufficiali tra i primi posti, mentre tra le ultime liste in partenza ci sono alcuni suoi amici e parenti. Durante il volo, seduti da soli in un angolo dell'aereo, con nessuno nelle vicinanze, dialogano tra loro.

– Peppino, ma sono io che non capisco o questi ufficiali e famigliole hanno fretta di andare via!?
– Non ne sono sorpreso. Qui l'aria diventa sempre più irrespirabile, più velenosa. L'effetto benefico del minerale sembra svanito. La radioattività è stata più forte; possiamo solo andare via.
– E a me di eseguire gli ordini con queste liste di fuga, mettendo per primi i soliti noti, non mi va proprio. – dice seccato Antonio.
– E che vorresti fare? – replica Giuseppe, guardando l'amico con occhi quasi impauriti.
– Ormai la nostra civiltà è alla fine. Si salverà solo qualche milione di abitanti. Molti sono già sulla Luna. La maggior parte della gente la porteremo noi, ma mi chiedo: ma chi porteremo in salvo? Quella stessa specie di persone che ci hanno portato all'estinzione? E nelle liste d'imbarco mi ritrovo per primi proprio loro?
– Non sarei così preoccupato. I piloti siamo noi, partiremo tutti. Nessuno sarò abbandonato. – dice Giuseppe.
– Lo spero proprio. La popolazione che stiamo portando sulla stazione spaziale Lunare sono lavoratori, artigiani, gente che sa fare. Immagina cosa accadrebbe se un parente di qualche artigiano o operaio venisse lasciato a morire sul pianeta per incuria dei militari. Non si conterebbero i casi di rivolte sulla stazione Lunare, e lì non possiamo permetterci atti vandalici, per non parlare di altro. – conclude Antonio con aria rattristata.
– Altro? Se con quella parola intendi che si possa arrivare ai sabotaggi sul lavoro, nei trasporti, alla conservazione dei cibi, saremo fritti tutti. – dice Giuseppe interpretando a modo suo l'ultima parte del discorso dell'amico.
– Vedo che arrivi subito al dunque, con interpretazioni ardite e sconvolgenti, ma mi sembri anche poco convinto, e ritornando a noi, sei d'accordo o no che dobbiamo pensare prima a noi e poi a loro? – chiede con una certa impazienza Antonio.
– Io direi di intensificare i turni di volo, carichiamo tutti e scappiamo da qui.

Si avvicina una hostess di colore. Ricorda a tutti di allacciare le cinture. L'aereo sta per atterrare.
Usciti dall'aeroporto, si dirigono verso la zona parcheggio. Giuseppe ricorda ad Antonio i nuovi turni di volo, previsti per il giorno seguente dal centro di volo spaziale di Bluff e soprattutto gli ricorda di non fare scherzi.
Il giorno fissato, all'ora concordata, dal centro di volo spaziale di Bluff vengono allestite alcune navicelle per lo spazio. La navicella di Antonio è in ritardo sulla tabella di marcia. Sembra non abbia carburante a sufficienza nei serbatoi. Viene allertato il personale della base e anche il comando militare. Giuseppe guarda tutta la scena dalla cabina di pilotaggio della sua navicella, e pensa tra sé cosa possa essere successo e quanta responsabilità possa avere il suo amico Antonio. Intanto, vengono fatti i controlli sui serbatoi e sembra tutto regolare. Ci si trasferisce nella cabina di pilotaggio e i tecnici notano che l'indicatore del carburante ha delle anomalie, non funziona bene. La navicella di Antonio viene fermata e i passeggeri fatti scendere. Va rivisto tutto l'impianto elettrico. Antonio si ritira nel suo alloggio, mentre Giuseppe e altri piloti decollano con i loro 500 passeggeri per navicella con destinazione la stazione spaziale Lunare.
Il giorno seguente si ripete la stessa scena prima della partenza. La navicella affidata ad Antonio ha problemi a decollare. Questa volta non è l'impianto elettrico, ma bensì quello idraulico. Tutti i passeggeri sono pregati di scendere, mentre tutte le altre navicelle della base partono per la Luna con i loro 500 passeggeri. Antonio si ritira nella zona ristoro del centro di volo, e mentre prova a rilassarsi, sul maxi schermo s'intravedono le immagini di una navicella esplosa in volo. Era partita dalla stazione spaziale terrestre di Auckland. Tutti i passeggeri e l'equipaggio muoiono nell'incidente.
In quell'istante entra nella zona ristoro Giuseppe, non ancora partito perché ha il turno pomeridiano. È visibilmente provato e con gli occhi lucidi. Non riesce a credere al disastro, e non ha nemmeno la forza di dire qualcosa, tanto è grande il dolore per la perdita dei suoi amici piloti e dei civili, ma anche per l'atroce dubbio che quell'incidente possa essere il risultato del sabotaggio del suo amico Antonio o di suoi complici. Lo guarda da lontano, non si avvicina ed evita lo sguardo diretto. Si dirige verso il lato opposto al maxi schermo, cercando un po' di pace.
Sul viso di Antonio non si scorge la minima espressione di dolore; è completamente apatico, con lo sguardo perso nel vuoto a contemplare quell'aria velenosa che un po' alla volta sta inquinando quel che rimane della natura del pianeta. Una cameriera della base gli si avvicina, lo vede immobile, con il viso un po' pallido, e credendo stia male lo tocca sulla spalla per vedere se reagisce in qualche modo, ma ciò che ottiene è solo uno sguardo incattivito con l'invito ad andare via. Dopo qualche istante Antonio si alza e si dirige verso l'uscita della base. I controlli della navicella sono ancora in corso, per cui ci vorrà ancora del tempo. Mentre rientra vede attraverso una vetrata il suo amico Giuseppe. Gli si avvicina, lo saluta e si siede vicino a lui.

– Tutto bene? gli dice come se nulla fosse accaduto.
– Non hai visto niente sul maxi schermo? Guardavi altro?
– Ho visto, e mi dispiace molto per i piloti e i civili.
– Ti devo credere?
– Dov'è il problema? Cosa c'è che non va?
– Non so, i tuoi ragionamenti dell'altro giorno non mi sono piaciuti. Rimandano ad un atteggiamento che va contro logica.
– Senti l'altro giorno sulle mie considerazioni hai tirato fuori la parola sabotaggio. Hai interpretato in un certo modo le mie domande, le mie idee, ma non posso essere responsabile di una tua cattiva interpretazione di una mia idea. Per cui non guardarmi come se io fossi il mostro della stazione spaziale terrestre. Tieni presente che tra i piloti ce ne sono tanti a cui farebbe piacere sabotare qualche navicella o creare altri danni a quelli che ci comandano, giusto per ricordare loro che in questa situazione emergenziale siamo tutti uguali. Niente caste!
– Bene. Recepito il messaggio. E ora? La tua navicella è ancora ferma?
– La stanno riparando. Questione di qualche ora.
– E tu non ne sai niente, giusto? dice Giuseppe facendo uno sguardo innocente.
– Cosa vuoi ti dica, l'impianto idraulico è saltato. Che ne so io!

Sulla stazione spaziale Lunare cresce la tensione.
I sopravvissuti si organizzano come possono, ma le scene di isterismo sono sempre più frequenti. Di tutti quei sopravvissuti solo poche decine hanno la preparazione tecnica per spostarsi con le navicelle come fossero piloti di aerei di linea, mentre tutti gli altri sono gente semplice, persone a cui sembra di essere parcheggiati lì sulla Luna senza grosse prospettive, se non per rimandare la data della loro fine. Tra di loro gli appartenenti alle caste religiose e militari si organizzano, per ricreare in piccolo ciò che rappresentavano sulla Terra.
Gli alloggi seguono questa logica. I migliori posti per il ristoro per i graduati e altolocati, mentre alloggi più scadenti per tutti gli altri.
I rifornimenti dei viveri vengono stoccati in aree dedicate e controllate rigorosamente dai militari.

Intanto, al centro di volo spaziale di Bluff dopo un po' di tentativi, anche Antonio, finalmente, riesce a partire per la stazione spaziale Lunare con i suoi 500 sopravvissuti. Gli si accoda Giuseppe partito per il suo turno di volo. Antonio arrivato a destinazione, finite le operazioni di sbarco e sistemata nell'hangar la sua navicella, si dirige nella saletta "Fior di Venere" della stazione spaziale Lunare. Poco dopo lo raggiunge Giuseppe.

– Finalmente mi posso riposare un po'. – esclama Antonio.
– E con oggi abbiamo portato un bel po' di gente. Riposiamoci per questa notte che domani ritorniamo sul pianeta e si ricomincia. – gli replica Giuseppe.

Mentre i due amici parlano tra loro, entra nella saletta il Generale Franz. I due si alzano per salutarlo.

– Generale la vedo stanco e provato, vuole un po' di acqua? – si premura Giuseppe.
– No grazie. Sono rientrato ora da Auckland, con un nostro mezzo militare. Dopo l'incidente alla navicella abbiamo avuto problemi con la popolazione locale. Sono inferociti. Ancora non abbiamo capito cosa diavolo sia successo. C'è anche qualcuno che parla di "sabotaggio". Voi avete sentito qualcosa in giro?

I due amici ammutoliscono all'istante. Pur senza uno sguardo d'intesa, che in quel momento davanti al Generale avrebbe potuto dare qualche sospetto, entrambi all'unisono confermano di non sapere niente di sabotaggi alle navicelle. Il Generale li guarda come farebbe un padre con i suoi figli, annuisce a quelle risposte pur vaghe, si siede su una poltrona, e chiede di essere lasciato solo per riposare.
Antonio e Giuseppe si appartano in un angolo della saletta, abbastanza distante da poter parlare senza essere sentiti e fuori dal raggio d'azione di una telecamera capace di leggere il movimento delle labbra.

Per cui, in piena sicurezza, Giuseppe confida ad Antonio: – Questa sera, quando sono atterrato ho visto scene che non mi sono piaciute. I precedenti atterraggi li ho fatti all'esterno del perimetro della stazione spaziale Lunare, ma questa volta mi hanno fatto atterrare più vicino agli hangar della base, e da lì ho visto, in un locale poco distante, quella fiumana di gente in fila come bestie. Una volta entrato nel locale, ho visto da vicino persone chiedere spiegazioni o semplicemente di passare avanti per esigenze personali non differibili, ma venivano respinti in malo modo. Non immaginavo quel trattamento. C'è modo e modo di accogliere le persone. Mi è parso di vedere scene di quei film del XX secolo dove la gente era sotto la dittatura di qualche pazzo criminale.
– Quando le risorse scarseggiano, e il tempo che si ha da vivere si restringe la gente tira fuori il peggio di sé. Non mi meraviglio più di niente ormai. – lo interrompe Antonio.
Giuseppe continua il suo discorso – Se siamo gli ultimi sopravvissuti del genere umano potremmo anche provare a eliminare tutti i privilegi di un tempo e trattarci da persone alla pari, non come padroni e animali. Avevi ragione quando ti sei chiesto "ma chi porteremo in salvo?".
Antonio con lo sguardo perso nel buio cosmico annuisce, dimostrando di essere d'accordo con il discorso del suo amico-collega, e ben sapendo che quelli potrebbero essere gli ultimi giorni della loro vita, si reca verso un mobiletto in legno di ciliegio con intagli orientali da cui estrae due bicchieri e vi versa dell'ottimo vino rosso. Il brindisi dei due amici è che possa essere di buon augurio per il loro proseguimento sulla stazione spaziale Lunare.
Ultima modifica di Roberto Di Lauro il 30/12/2023, 12:07, modificato 4 volte in totale.
Giovanni p
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Messaggio da leggere da Giovanni p »

Buonasera Roberto
Non so se ci siamo incrociati su nasf o micronasf comunque sia è un piacere leggerti.
Hai proposto un buon racconto strutturato bene malgrado non sia un amante delle cornici narrative.
Come dico spesso fossi in te proverei a riprenderlo per ampliarlo e renderlo qualcosa di più, per ora 4 mi è piaciuto.
Namio Intile
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Ciao, Roberto.
La struttura è piuttosto semplice, basata su sequenze dialogiche per lo più, e qualcuna narrativa.
Ci sono dei problemi di concordanza dei tempi, e di ripetizioni.

"A. D. 2589. Dopo la Grande Guerra del XXV secolo, che ridusse (per questa sequenza narrativa che funziona da antefatto utilizzi il passato. Ma in questo caso narri di avvenimenti precedenti al tempo della narrazione. E quindi dovresti adoperare i trapassati. Aveva ridotto) a un cumulo di macerie radioattive le principali città delle Americhe e dell'Eurasia, nello stesso secolo, come se non bastasse (fosse bastato), un intenso sciame fatto di meteoriti di media-piccola grandezza colpì (aveva colpito) il pianeta Terra portando con se un minerale sconosciuto. Il bombardamento meteorico, durato qualche mese, sebbene avesse quasi distrutto la rimanente civiltà terrestre, contribuì (aveva contribuito) a ridurre in vaste aree la radioattività ancora presente sul pianeta.

L'unica area del globo scampata agli eventi del XXV secolo è (qui viri al presente, ed è un errore. Tutti i tempi verbali successivi sono errati) la Nuova Zelanda, ma nonostante sembri un arcipelago felice lontano da tutto c'è molta frenesia tra i sopravvissuti; tutti vogliono lasciare il pianeta.
Una coppia di amici di origini napoletane vive (Finito l'antefatto potevi normalizzare al presente i tempi verbali, quindi diciamo da questo punto) nell'isola sud, a Invercargill (sull'isola più vicina al polo Sud) (Ma l'inciso enciclopedico era proprio necessario?). Antonio, ingegnere aerospaziale convertitosi in pilota aerospaziale, e Giuseppe, pilota di aerei civili, militari e aerospaziali, lavorano presso il centro di volo spaziale sito a Bluff (nell'isola sud), ed hanno il compito di organizzare i viaggi dalla Terra verso la stazione spaziale Lunare per i sopravvissuti. (Passo alle ripetizioni: aerospaziale lo scrivi tre volte in due righe e poi passi a spaziale. Francamente troppo).

Per il resto, la storia scorre in modo piuttosto lento a causa delle sequenze dialogiche. I protagonisti sono Peppino e Antonio in Nuova Zelanda, che per certi versi somigliano un po' ai celebri Totò e Peppino alla stazione di Milano, in versione più malinconica e apocalittica. Il racconto, a mio avviso, non ha una vera conclusione, ma sembra parte di un discorso più ampio, che in parte hai già postato nella gara scorsa.
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Messaggio da leggere da Roberto Di Lauro »

Giovanni p ha scritto: 13/12/2023, 20:16 Buonasera Roberto
Non so se ci siamo incrociati su nasf o micronasf comunque sia è un piacere leggerti.
Hai proposto un buon racconto strutturato bene malgrado non sia un amante delle cornici narrative.
Come dico spesso fossi in te proverei a riprenderlo per ampliarlo e renderlo qualcosa di più, per ora 4 mi è piaciuto.
Grazie del commento e della valutazione.
Su NASF cercherò di partecipare alle prossime gare, ma trattandosi di fantascienza e non di fantasia bisognerà che studi un pò.

Alla prossima gara.
Roberto Di Lauro
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Namio Intile ha scritto: 14/12/2023, 12:17 Ciao, Roberto.
La struttura è piuttosto semplice, basata su sequenze dialogiche per lo più, e qualcuna narrativa.
Ci sono dei problemi di concordanza dei tempi, e di ripetizioni....
Grazie del commento.
Farò sicuramente le modifiche proposte.

Per i prossimi testi che ho in preparazione, mi piacerebbe farli passare per la "Officina del Racconto".
Se mi dai istruzioni, comincio subito.
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Re: Approdo sulla Luna - ultimo viaggio

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Ciao, Roberto.
In offficina ci sono degli esercizi. Registrati e comincia a leggere i testi che avevo preparato. Se hai domande o perplessità le puoi evidenziare sul forum e io risponderò. Quando cominci ad orientarti, anche dando un'occhiata al lavoro degli altri partecipanti, potresti i cominciare con gli esercizi. Ne ho preparato una serie per ogni lezione. Per lo più dovresti preparare dei piccoli racconti.
Fammi sapere con un messaggio qui su BA.
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L'ho letto d'un fiato e l'ho adorato. Verosimile come storia, anche il fatto che due napoletani si possano trovare in Nuova Zelanda, perché no? Se fossero americani con la bandiera svolazzante, andrebbe meglio per il cinema mainstream. Ma qui sono napoletani, e questo rende il racconto molto originale e reale.
Il dubbio che si pone sui privilegi, inoltre, lo trovo azzeccato anche per i nostri tempi e lo trovo di particolare importanza in un contesto di crisi globale.
Un argomento piuttosto spinoso, il tuo, per nulla scontato (anche se già proposto nell'ambito cinematografico), che va dritto al punto dolente della nostra società. Come si sceglie chi salvare? È una domanda essenziale, io mi domando anche "Chi sceglie chi salvare?"
A presto, Roberto. È stato un vero piacere leggere il tuo componimento. Ci vediamo in Officina 👋
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Maria Spanu ha scritto: 20/12/2023, 18:57 L'ho letto d'un fiato e l'ho adorato. Verosimile come storia, anche il fatto che due napoletani si possano trovare in Nuova Zelanda, perché no? Se fossero americani con la bandiera svolazzante, andrebbe meglio per il cinema mainstream. Ma qui sono napoletani, e questo rende il racconto molto originale e reale.
Il dubbio che si pone sui privilegi, inoltre, lo trovo azzeccato anche per i nostri tempi e lo trovo di particolare importanza in un contesto di crisi globale.
Un argomento piuttosto spinoso, il tuo, per nulla scontato (anche se già proposto nell'ambito cinematografico), che va dritto al punto dolente della nostra società. Come si sceglie chi salvare? È una domanda essenziale, io mi domando anche "Chi sceglie chi salvare?"
A presto, Roberto. È stato un vero piacere leggere il tuo componimento. Ci vediamo in Officina 👋
Grazie per il commento e la valutazione.
Mi ha fatto piacere che hai gradito il racconto.
Nell'Officina del racconto cercherò di esercitarmi per migliorare sempre più la scrittura di un racconto.
Alla prossima, e auguri di buone feste.
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