
Ciò che sorge nel tempo deve fare naufragio




Descrizione: A partire dal pamphlet di Karl Jaspers, Lo spirito europeo, ho sviluppato considerazioni sulle radici più profonde dell'Europa e della sua frastagliata e variegata comunità di cittadini.
Incipit: "L'Europa ha sviluppato per ogni posizione la posizione opposta. Forse è propriamente solo così che essa è potenzialmente tutto. Perciò è disposta ad accogliere ciò che proviene dall'esterno non solo come opposizione, ma a rielaborarlo in se stessa come elemento della prorpia essenza"
Karl Jaspers è uno dei massimi filosofi del secolo passato. Medico, psichiatra, è famoso per la colossale Psicopatologia Generale, uno dei caposaldi della psicologia del Novecento. Amico di Heidegger, nonché collega nella medesima università, esistenzialista, si avvicina alla filosofia in età adulta. Il passaggio dalla psicologia alla filosofia e viceversa è una delle controverse caratteristiche della filosofia moderna. Jaspers diventa uno dei massimi filosofi del Novecento proprio perché psichiatra o è un grande psichiatra perché è un filosofo?
Il suo pensiero è comunque illuminante e imprenscindibile ed hai fatto bene a farne oggetto del tuo saggio.
Ne ho letto un'opera proprio recentemente, Genio e Follia, un saggio su Van Gogh e Strindberg, Swedenborg e Holderlin, dove il filosofo mette in relazione la psicopatologia con la creatività e fa il punto sulle psicosi schizofreniche.
Ma come non ricordare il suo Orientazione filosofica nel mondo? Va beh.
Pertanto non mi rimane che dirti che l'letto volentieri il tuo di saggio, che prende il titolo dal tema di una conferenza a cui partecipò Jaspers, una riflessione esaustiva e profonda sullo stato dello spirito europeo, a partire proprio dal pensiero di Jaspers, ma che mi pare poi sviluppata secondo le visioni e le considerazioni dell'autore, il quale ha bene dimostrato la propria autonomia e capacità di spirito critico e indipendente.
A proposito di Tramonto dell'Occidente o tramonto dell'Europa che dir si voglia, io ritengo che si sia già fatta sera, tanto per riprendere in negativo molte delle conclusioni di Galimberti (Non si è ancora fatta sera) forse maggiore esegeta e traduttore italiano di Jaspers e autore a me molto caro.
Sulla politica sono pessimista: credo che il vuoto attuale sia conseguenza e segno della trasformazione delle società moderne in società dominate dalla tecnica; per cui la regina delle tecniche di platonica memoria si trova costretta a subire i diktat delle scienze esatte, economia in primis. Le scelte della politica sono ormai limitate e dettate da insopprimibili ineluttabili e indiscutibili esigenze tecnico economiche (o sanitarie o energetiche o qualunque altra esigenza tecnica dettata magari dalle emergenze di turno che ormai si accavallano insistentemente) sulle quali le politiche e le riflessioni politiche o filosofiche non hanno più voce in capitolo. Tecniche ormai del tutto appannaggio di apparati burocratici non eletti e la cui legittimità non deriva dal consenso democratico ma da quello delle competenze tecnico scientifiche acquisite dai loro componenti o dalle autorità nel loro complesso. Un esempio per tutti è l'organizzazione dell'Unione Europea in ogni sua forma, un apparato burotecnocratico non democratico che autocostruisce e incrementa la propria legittimazione sulla ineluttabilità delle competenze causate dall'oggettività della realtà, per la quale esiste soltanto una soluzione esatta (quella tecnica) a ogni singolo problema.
E con la fine della politica e delle forme della tradizione occidentale (etica, morale, religione, ideologia, filosofia) si spegne la democrazia e ogni senso ogni direzione così come erano state pensate dalle forze della Tradizione, sostituite dall'autoaccrescimento illimitato dell'apparato che trova proprio in questo autoaccrescimento la propria unica terribile ragione d'essere.
La guerra senza senso e senza possibili vincitori di questi giorni pare a me la prova più evidente.
A proposito di fine della storia, non voglio fare l'esegeta di Fukuyama, ma forse fui uno dei pochi ad acquistarlo quel volume nel 1989 o 90. Non voleva dire quello per cui è passato alle cronache, forse vale la pena rileggerlo quel testo, veritiero e anticipatore per molti aspetti.Bello leggerti, a presto.
Riguardo a Fukuyama - che ho letto diversi anni dopo di te - concordo sulla tua considerazione. Il mio riferimento alla fine della storia non era una critica diretta all'autore americano, ma ai sostenitori della sua volgarizzazione, per altro da un bel po' non più in auge. La guerra attuale è l'ennesima prova che una visione tecnica della democrazia, come un manuale per montare i mobili Ikea, è non solo deteriore, ma anche deleteria. Ciò significa che la storia si sta riprendendo il suo spazio. Sta a noi interpretare i fatti recenti, affinché la direzione che prenderanno gli eventi non ci travolga come è successo nel primo Novecento.
Grazie ancora!
A rileggerti
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