Writer's Factor 2016

[Tuarag]

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(nessuna voce opzionale)

[url=https://www.braviautori.it/forum/viewtopic.php?f=116&t=4874][b][color=#BF0000]Racconti partecipanti alla composizione del Calendario BraviAutori 2015[/color][/b][/url]

Inserite qui di seguito i Vs. brani, completi di Titolo.

Lunghezza massima dei testi non superiore a mille caratteri (spazi inclusi) per garantire una buona leggibilità nel riquadro riservato su ogni pagina del calendario.

[Cristina Giuntini]

Prato

Odore di fritto. Una zaffata che mi allaga le narici, provocandomi un moto di disgusto. Ma che razza di olio useranno? Non sono sicuro di volerlo sapere.
Viviamo gomito a gomito, in questa città. Riusciamo a sbirciare nel salotto del vicino, figurarsi se non sentiamo gli odori. Involtini primavera.
Non so come facciano a mangiare quella roba. Del resto, strani lo sono: lavorano venti ore al giorno, parlano una lingua ostrogota, sputano per terra. Hanno servizi e negozi a parte. Vivono su di un altro pianeta. Non vogliono integrarsi. Cosa sono venuti a fare qui?
Una voce mi distrae: “Babbo, mi prendi in braccio?” Sorrido, e accontento mio figlio.
Quando mi giro verso la finestra lo vedo: anche lui ha il suo bambino in braccio, e gli sorride. Poi si volta, e mi saluta.
Istintivamente rispondo al saluto, ed è come se mi vedessi in uno specchio.
E se lo invitassi per una spaghettata, mi chiedo? Lui potrebbe portare del maiale in agrodolce.
Magari ne verrebbe fuori una bella serata.

[Giorgio Leone]

Non è sempre facile stabilire chi sia l’altro, inteso come quello differente o fuori dalla norma. Quando infatti entrano in gioco le diversità, nessuno pensa di essere l’altro. Però è anche sicuro che ognuno dei due è l’altro nei confronti dell’altro. Ad esempio, le Alpi dividono i francesi dagli italiani, ma nessuno dei due popoli definisce se stesso come transalpino. Eppure ognuno dei due chiama così l’altro.
Molto spesso è necessario ricorrere alla forza per decidere chi siano veramente gli altri, altrimenti non se ne esce. Ben lo sanno i nativi americani, gli aztechi, i maya e gli aborigeni australiani i quali pensarono ingenuamente che quelli in arrivo fossero gli altri perché venivano a casa loro, ma si sbagliavano di grosso.
Che pensieri profondi mi passano in testa oggi mentre aspetto. Ma ecco, lei ha messo il vaso sul davanzale, vuol dire che suo marito è partito. Apro il portone ed entro. Una volta tanto di dubbi non ce ne sono, in ascensore sta salendo l’altro.

[Ida Dainese]

Reginetta di bellezza

Deborah scosse i lunghi capelli e sorrise. Le sue amiche le stavano intorno come una corte di nobili dame. I cavalieri, cioè i ragazzi, la sbirciavano dai vari angoli del cortile della scuola, qualcuno, più ardito, le passò accanto gridandole un saluto contraccambiato da risatine.
Non si poteva dar loro torto, era una sciocchina ma era la creatura più bella di tutta la scuola.
Quel sabato dava una festa per il suo compleanno e ricevere un invito sarebbe stato un onore, se non altro per avere l’occasione di vedere la favolosa villa dove abitava. Marika fece una smorfia, inutile negarlo, sarebbe piaciuto anche a lei. Guardò Deborah avanzare nella sua direzione e trattenne appena il fiato. La dea le rivolse un sorriso imbarazzato e un “ciao” sommesso, scosse di nuovo i capelli e proseguì verso la bella auto del padre che era venuto a prenderla.
Marika sospirò, posò i palmi delle mani sulle ruote della carrozzella e con una spinta decisa si avviò dalla parte opposta.

[Anna Rita Foschini]

Il triangolo

- Sì, c'è un'altra persona, - sospira, - ma non è come credi...
Dopo mesi di sospetti e litigi, si è deciso a confessare. Non sono nemmeno arrabbiata, desidero soltanto capire.
- Voglio conoscerla - affermo risoluta. - Non farò scenate.
Così, due sere dopo ci ritroviamo seduti al tavolo di un bar.
- Non ha la dote della puntualità – ironizzo, consultando l'orologio. - Dieci minuti di ritardo...
- Scusate, il traffico... - la voce maschile mi fa trasalire. Una voce che conosco bene.
Il ventennale amico di famiglia siede tra noi due. Lo stesso sorriso di sempre, solo un po' più tirato.
- Adesso capisci? - mio marito mi afferra una mano. - Non c'è nessun'altra. Tu sei l'unica donna della mia vita, ma amo anche Enrico. Non so come sia successo, è successo e basta... - e abbassa lo sguardo, contrito.
Fisso gli occhi spavaldi di Enrico e ricordo quante volte, in vent'anni, mi sono rotolata insieme a lui tra le lenzuola. Scoppio a ridere. “Proprio un bel triangolo” penso, “un triangolo equilatero!”

[Patrizia Chini]

Io e l’Altro.
L’Io sta al di qua del muro al riparo, al sicuro. Guarda da lontano chi è in disgrazia. Sta bene nel proprio limbo, ha tutto ciò che gli serve. Non sogna cose diverse ma se dovesse desiderarne sa già che le avrà… “tutta l’acqua va al mare”. Chi ha già tanto, è destinato a averne di più e chi non ha niente continuerà a non averne. Ѐ facile la vita per l’Io che ha il cammino spianato, senza buche, senza intoppi, punto di partenza per raggiungere le mete più ardue. Io vede il resto del mondo come “altro da sé” e l’Altro è l’estraneo, il diverso.. Per un Io alto, il basso è l’Altro. Per l’Io che non ha problemi, chi ne ha è Altro da sé. Chi nasce in una zona di guerra, troverà sulla strada mine disseminate qua e là e se azzarda a tirar fuori la testa rischia di perderla sotto i colpi dei bazuca. Chi vive al sole non teme la pioggia…
Non mi dà fastidio la diversità ma la rigidità dell’Io che non riesce a uscire dai propri panni comodi per entrare nei panni scomodi di un Altro.

[Nunzio Campanelli]

Loro

Un disco di vinile su un vecchio giradischi.
Gli altoparlanti diffondono un fruscio che nemmeno tenti di spiegare ai giovanotti che girano per le stanze.
Non capirebbero.
Le note, ingiallite come una vecchia foto, sembrano nascere dentro di te, e cercano di mitigare il dolore di un vuoto.
Casa è piena di gente, ma loro non ci sono.
Lo avevi già capito dalle occhiate imbarazzate, dalle telefonate di scuse.
Ci sei cresciuto insieme, hai diviso tutto con loro, ma i tuoi amici non verranno più.
Sapevi che la malattia ti avrebbe rubato il futuro.
Il passato, però, no.
Stai male, ma non sei scomparso dal mondo, anche se non ti si vede più in giro. Continui a vivere, amare, odiare.
Persegui fini non sempre validi o edificanti.
Comunque utili.
Hanno spento il vecchio stereo, un telefonino e poco più può bastare.
Allora ti adagi sulla poltrona, smetti di pensare, chiudi gli occhi e la casa si svuota.
Finalmente solo, puoi ascoltare la tua musica, rilassarti e aspettare.
Oggi è sabato, tra poco loro busseranno alla porta.

[Daniela Rossi]

Se di cognome facesse Clooney

George ha trentacinque anni ed è diversamente abile. Io invece sono normodotato e posso fare molte ma molte più cose di lui: praticamente tutto.
Per me, ad esempio, è semplicemente uno scherzo raggiungere l’ufficio. George, invece, deve subire ogni giorno assurde ingiustizie. Il servizio bus per chi come lui ha un handicap non è sempre garantito. Ci sono mattine che spesso attende il pulmino sotto casa anche mezz’ora in più rispetto all’orario stabilito. E non importa, agli altri, se fa freddo o se piove e lui non riesce a reggersi un ombrello. E non importa, agli altri, se fa caldo e lui non riesce nemmeno a sventolarsi con un giornale, suda sette camicie e arriva già sfatto la mattina presto in ufficio.
Io ho la mia bella macchina, pulita e lucida perché resta in box. Calda d’inverno e fresca d’estate mi porta al lavoro in dieci minuti, senza tempi di attesa biblici e senza false parole dell’autista che ha sempre una scusa da raccontare a George.
Forse, se lui di cognome facesse Clooney, sarebbe tutto più semplice… Un bus, “what else?”

[Lodovico]

COMPAGNE DI SCUOLA

Lara prese l’iPhone dalla borsa e lo porse alla sua compagna.
«Chiama tua mamma, dille che ti porto a casa io.»
Giada, stizzita, nascose il suo cellulare rotto in tasca. La Mercedes le aspettava, a motore acceso, davanti al liceo.
«Alberto, portiamo a casa Giada.»
L’autista in divisa impostò il navigatore sull’indirizzo ricevuto.
«Vuoi una bibita? Qui nel frigo ho Coca, Sprite…»
Giada non si trattenne più.
«Ma tu hai mai sognato di possedere qualcosa senza poterlo avere?»
«Beh, veramente no.»
«Già, i tuoi possono comprare qualunque cosa, vestiti, auto, telefoni. Tu non conosci il piacere di avere un sogno, di arrivare a piccole cose, ma sudate, di inseguire i desideri per tanto tempo. Io lavoro in estate per potermi permettere una settimana di vacanze mentre tu passi dall’Australia al Canada per tre mesi…»
Giada, soddisfatta di sé, scese dall’automobile davanti a casa.
Lara scosse leggermente le spalle.
«Alberto, portami da Dolce e Gabbana, non ho niente da mettermi per il party di domenica.»

[Marco Bertoli]

Prigioniera

L’eco dello sparo non si è ancora spenta che già l’uomo è crollato sull’erba umida di rugiada. Una macchia scarlatta si spande sul bianco della camicia. Padrini e medico gli corrono accanto. Un rapido controllo e quest’ultimo scuote la testa.
«Spero che tu sia soddisfatta» ringhia il vincitore del duello. «Il tuo poeta era più abile con la penna che con la pistola. Rassegnati, mia cara. Non ci sarà mai nessun altro nella tua vita: io sono e resterò per sempre tuo marito!».
La donna lo guarda senza rispondere. Una lacrima le scivola sulla guancia pallida. Questo è il terzo amante che ha sacrificato alla sua voglia di libertà ma stavolta il suo olocausto non sarà vano. La mano scivola nella borsetta e raggiunge l’arma avvolta in uno straccio. Un dito sottile preme il grilletto.
Lo scoppio è simile a un secco colpo di tosse. Il despota davanti a lei sgrana gli occhi stupito, poi si abbatte sulle ginocchia con un gorgoglio indistinto.
«Dottore, corra. Anche il mio adorato Reginald è ferito!».

[Alberto Tivoli]

FOGLIE CADUTE

Quando lei lo baciò, immaginò un mandorlo in fiore.
— Farai tardi stasera? — gli chiese.
Sedette sulla panchina, di fronte al centro direzionale, oltre la strada percorsa dalle automobili che spazzavano le foglie rossicce. Fece passare il tempo studiando gli altri, quelli che entravano e uscivano con le mascelle affilate. Osservò i loro volti galleggiare sul fiume di veicoli, pinne dorsali tra le onde.
— Ti spiace, capo?
Guardò dei cenci stirarsi e ammucchiarsi avvolgendo membra che vibrarono e scricchiolarono come rami suonati dal vento. Sorrise.
— Mi dai qualcosa per un cornetto? — gli chiese l’uomo, immergendo il naso tra i fumi del caffè.
Pescò dalla tasca due euro e un badge aziendale. — Questo l’ho tenuto, ho detto di averlo perso.
L’altro scrollò le spalle. — Dietro l’angolo, a mezzogiorno, ti passano un pasto caldo.
— Mi insegnerai tu a vivere come voi? — chiuse gli occhi, immaginando un mandorlo spoglio.

[Giuseppe Bauleo]

QUALE ISLAM?

Io... non so se è stato Dio a creare il mondo. Quello che temo, è che sarà Dio a distruggerlo.

[Frinia]

L'INCONTRO

La stella madre sta trasformando il nostro mondo in gas e polveri.
E' ora di andare.
Porteremo altrove i semi dell'eternità e inizieremo una nuova avventura del vivere.
Il sistema planetario scelto è Ipte: il terzo pianeta, la nostra meta.
Lo spazio freddo e silente avvolge l'astronave: il viaggio sarà un lampo nella notte.
Il creato che ci accoglie è pieno di vita.
Oggi tenterò l'approccio con l'essere eretto che sembra dotato di intelligenza. Pare impressionato dalla mia capacità di adattare il colore e la trama della pelle, dalla sinuosità dei miei carnosi tentacoli, dalla forza attrattiva dei miei occhi glauchi.
La creatura non recepisce i miei segnali ma io leggo i suoi pensieri: selvaggi e mortali.
I miei tre cuori battono forte: sono il suo pasto!
Balza ferino, i denti aguzzi affondano nella mia testa molle: morirò presto.
Alla fine, la barriera mentale cede. La sua paura, il rimorso, lo stupore sono evidenti.
Poi, la luce.
Due specie si sono incontrate: diversamente uguali, in tutti i sensi.

Sandra Ludovici

[Cristina Biolcati]

Ode ad un torero

“Coraggio, fammi vedere la tua forza. Avanti, fatti sotto! Sono qui, e non posso più scappare”.
Mentre mi guardi e sai di avere dalla tua l’intera folla, io sono solo a far la parte del carnefice. Però i ruoli sono altri, lo sappiamo bene.
Nessuno si chiede a cosa valga essere una vittima: conta solo il coraggio che adesso dimostri, stando qui, davanti a me. Ma io, come tutti gli oppressi, non ho armi.
Non la capisco la mia fine, eppure sono pronto. Come lo è stato chi è venuto prima, assoggettandosi ad una tradizione senza senso. Sono qui. Non scapperò. Sono finito, adesso.
Sanguinano le mie narici, la mia schiena è spezzata. Densa è quella bava che mi preme sulla bocca.
Allora è proprio vero: me ne vado.
Sto morendo?
Ma quando la tua cappa rilucerà dal fondo della sera, spero tu perda un po’ di quel sorriso che al momento ti fa fiero. E nell’attimo in cui il mio corpo cadrà esanime, sotto la stoccata finale, mi auguro che anche da te giunga quel grido. Io, che ti sono stato avversario e degno.
Dall’arena e dagli spalti, celebri un unico grande coro quel che è stata la mia forza, e solo per me si oda fiero, “aca toro, olè”.

Cristina Biolcati

[Marina Paolucci]

Le parole del cuore

«Il caffelatte è pronto!» urlo dal cucinino che profuma di caffè tostato. «Dai che questa Primavera partecipiamo alla marcia di quartiere.»
«Do» replica Leila. Non è una nota musicale, bensì un diniego.
Quando mi raggiunge rido come una cavalla, felice di vederla.
Lei che cammina come una tartaruga, arriccia il naso e fa colazione.
Non conto quanto ci impiega. Ogni cosa abbisogna del tempo necessario per essere compiuta, nella misura personale di ciascuno.
«Dammi un bacio, principessa» le chiedo.
Lei mi bacia sulle gote con i baffi di caffelatte.
Smack! Smack! Smack! La sbaciucchio e la stringo al petto come quand’era piccola. Ora è una ragazza, alta quanto me, cresciuta di sola altezza.
La prendo per mano e la conduco davanti allo specchio.
«Chi è la più bella del reame?»
«Bian-ca-neve.»
«Per me, sei tu.»
«Do.»
«Invece sì.»
Faccio il broncio. Leila batte la mano paffuta sul mio braccio, poi punta lo specchio.
«Bella rea-me» indica se stessa.
Scoppiamo a ridere.
Quando si ama bisogna credere.