Yoko - Tratto dalla raccolta "Monogatari" contro le discriminazioni
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Yoko - Tratto dalla raccolta "Monogatari" contro le discriminazioni
Alzai lo sguardo verso le fronde degli alberi e per alcuni istanti non mi sentii poi così lontana da casa, sebbene fossi in realtà a migliaia di chilometri di distanza.
Dopo un attimo di malinconico smarrimento, riposi nuovamente quelle emozioni in un angolo recondito del mio cuore e finalmente raggiunsi la bottega di Giorgio.
Appena varcai la soglia, l’imponente uomo mi accolse con il più radioso dei suoi sorrisi.
«Ciao Yoko! Credevo fossi in Giappone a trovare i tuoi!»
«Sfortunatamente, quest’anno sono rimasta bloccata dagli esami universitari.»
«Capisco…» rispose lui distrattamente, mentre si apprestava a servire la clientela.
Io intanto mi posizionai in coda alla fila e attesi pazientemente il mio turno. Fu solo allora che venni praticamente scavalcata da un distinto signore in giacca e cravatta.
Costui sembrava piuttosto attempato, eppure si portava dietro un laptop di ultima generazione. Lo piazzò quindi sul bancone e, senza nemmeno scusarsi per essermi passato avanti, prese a lamentarsi con il titolare.
«Giorgio, devi assolutamente aiutarmi. Il mio pc non fa nulla di ciò che gli chiedo.»
«Dipende da cosa chiedi. Se pretendi ti faccia un caffè, difficilmente potrà accontentarti!» rispose l’altro divertito, forse già aspettandosi le imminenti richieste del cliente.
«Ho solo installato questo software per il mio nuovo lavoro, lo vedi? É tutto programmato, eppure più tento di utilizzarlo e più ne resto deluso.»
Mentre l’uomo spiegava il problema, al contempo sventolava freneticamente la licenza. Il tecnico fu quindi costretto a sfilargliela dalle mani per leggere le specifiche, poi gli rivolse un'unica domanda: «Hai verificato la compatibilità?»
«Certo che il mio laptop è compatibile!» rispose il cliente stizzito, «Il modello è nuovo di zecca, eppure si perde in capricci.»
Giorgio lo squadrò palesando un’espressione a metà tra divertimento e rassegnazione, poi annuì.
«Tranquillo, ti aiuterò. Però sai, prima dovresti cortesemente attendere il tuo turno.»
Entrambi si voltarono verso di me, provocandomi un lieve imbarazzo.
«Oh, non importa, posso aspettare! Penso che il signore abbia più urgenza.»
Per qualche motivo, ero piuttosto incuriosita dalla situazione e desideravo sapere come sarebbe andata a finire.
Senza farselo ripetere, il cliente tornò così ad esporre le proprie perplessità alla paziente attenzione di Giorgio, che nel frattempo avviò il laptop in cerca di risposte.
«Nel caso tu abbia scadenze a breve termine, io prenderei in considerazione la sostituzione del dispositivo. Potrei valutartelo e.…»
«Eh no! Ormai ho questo e me lo tengo. Dovrà adattarsi alle mie esigenze.»
Fermo sulle sue posizioni, l'uomo eseguì il software e attese tre minuti buoni, poi cercò di svolgere qualche semplice operazione.
Giorgio lo osservava in silenzio e a braccia conserte, mentre il volto del cliente si faceva gradualmente paonazzo. Sembrava stesse per uscirgli un treno dalle orecchie!
«E muoviti! Perché sei così lento?» infierì l'uomo sbattendo nervosamente il mouse sul bancone, come se tale gesto potesse arrecare dolore al dispositivo e indurlo di conseguenza a rispondere più in fretta.
«Devi avere pazienza!» lo rimproverò finalmente Giorgio, «Il tuo computer ha bisogno di tempo per elaborare questo software.»
«Ma io non ho tempo!»
“Tutto e subito”, ecco il motto della società odierna, a prescindere dalle possibilità di ciascuno.
La tecnologia ci sta abituando alla rapidità, eppure spesso tendiamo a dimenticare che essa è ispirata al corpo umano. Infatti, se io avessi parlato in giapponese a quell'uomo senza munirlo neanche di vocabolario, difficilmente sarebbe riuscito a capirmi. Punendolo avrei solo ottenuto di danneggiargli l’autostima e quindi provocargli un sovraccarico, proprio come è accaduto al suo laptop.
Giorgio tentò di spiegare il medesimo concetto al testardo cliente.
«Il processore, ovvero Il “cervello” del tuo pc, è destinato all’utilizzo di altri tipi di software. Se cercherai di mettergli pressione si bloccherà.»
«Sciocchezze!» replicò con arroganza, «Un computer è un computer. Saranno tutti uguali, no? Basta programmarli ed eseguono ogni comando! Anche il mio collega Mario ha un laptop, eppure riesce a lavorare benissimo.»
Dopo questa affermazione, il negoziante sbottò.
«Invece non puoi metterli tutti sullo stesso piano!»
Seguì un attimo di imbarazzante silenzio, poi l’uomo ritirò il suo pc e fece per allontanarsi.
«Meglio rivolgersi ad un tecnico più competente. Quando non sapete che pesci prendere, iniziate a screditare i nostri dispositivi e indurci ad acquistarne di nuovi. Tanto sono sempre gli altri ad avere i migliori, vero?»
«Mai detto nulla di simile.» si affrettò a chiarire Giorgio, arrestando il furioso passo dell’uomo. «Guarda che il tuo pc è l'eccellenza nelle funzioni per cui è programmato.»
«E allora spiegami qual è il suo problema.»
«Nessuno! Magari non sarà il migliore a svolgere certi compiti, mentre in altri è perfetto.»
Giorgio abbandonò il linguaggio tecnico in favore di termini più semplici e diretti. Così facendo, il botta e risposta portò entrambe le parti ad un punto di incontro.
«D’accordo, ma è comunque necessario che questo laptop svolga le funzioni di lavoro.» concluse il cliente in tono rassegnato.
Finalmente anche il volto del mio amico si distese.
«Non preoccuparti, adesso faccio qualche scansione e intanto ti suggerisco altri software equivalenti. Oppure alcuni tool utili a migliorare la stabilità del sistema. Ti avverto, però: dovrai avere pazienza e rispettare i suoi tempi.»
Il cliente ringraziò, seppur con velata riluttanza, poi si accomodò su uno sgabello e tornò a lamentarsi.
«Mi ci mancava solo un pc scadente! I colleghi dotati di computer migliori mi faranno sempre pesare la differenza!»
Giorgio tentò nuovamente di rassicurarlo.
«Loro saranno anche più veloci, eppure se tu mi darai ascolto potrai riuscire ad ottenere risultati addirittura inaspettati.»
Aver bisogno del vocabolario per capire il giapponese non significa essere inferiore a chi lo conosce già. Semplicemente tu parli una lingua differente, che altri invece neanche comprendono.
All’improvviso realizzai cosa mi incuriosiva tanto nella discussione tra Giorgio e il cliente.
A quei tempi, la mia coinquilina era insegnante di sostegno presso la scuola elementare di zona. Spesso la vedevo preoccupata nei confronti di alcuni studenti con disturbi dell’apprendimento, le cui difficoltà venivano addirittura rinnegate dagli stessi genitori.
«Mio figlio deve imparare a cavarsela da solo! Non voglio che si senta inferiore ai compagni!»
È la tipica affermazione di chi, credendo di agire nell'interesse del proprio ragazzo, rifiuta categoricamente le indispensabili modalità di supporto a cui invece ha diritto. Come se si cercasse di far girare a forza uno specifico software in un computer incompatibile.
Inevitabilmente, lo studente finisce comunque per sentirsi inadeguato. Sono i suoi stessi genitori, seppur in buona fede, a trasmettergli un insegnamento tanto latente quanto subdolo: "Chi ha bisogno di aiuto è inferiore”.
Di fatto, nessun bambino nasce carico d'odio: la discriminazione è qualcosa che si impara, e spesso proprio dagli adulti. Io stessa realizzai di non aver mai compreso fino in fondo cosa significa vivere con un disturbo dell’apprendimento.
In Giappone esistono disposizioni diverse rispetto all’Italia, ad esempio nella mia scuola i ragazzi certificati si recavano alcune ore a settimana in un’aula a parte, assieme ad un insegnante di supporto. Ciò li metteva inevitabilmente a disagio di fronte a noi compagni, perché vedevamo in loro soltanto dei portatori di handicap.
Quando giunsi in Italia, la mia coinquilina mi raccontò di aver avuto molte difficoltà a causa della dislessia, ma da grande è comunque riuscita a diventare una bravissima insegnante. Come ciò sia avvenuto lo capii solo grazie a Giorgio e i suoi computer, talvolta danneggiati da pressioni e aspettative degli stessi proprietari.
Se un dispositivo finisce per bloccarsi o spegnersi possiamo trovare il modo di aggiustarlo, ma tra uomo e macchina c'è una significativa differenza: la percezione di sé.
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Il racconto procede con il PdV della protagonista, per come si presenta all'inizio, ed è accompagnata dalla narrazione dalla voce narrante che è un io narrante. E fin qui ci siamo.
Il racconto sembra strutturato come una fiaba, col suo intento moralistico e l'io narrante un po' didascalico nelle conclusioni, e dotata persino di una morale finale (qui però come se fosse una favola). Hai provato un po' a contaminare i generi, e non c'è nulla di male, a patto che tu riesca a non appesantire troppo il racconto con le spiegazioni.
infatti, se devo esser sincero, io la proposizione finale l'avrei proprio omessa.
A parte ciò il racconto scorre molto bene, è gradevole, e mi ho apprezzato come da un evento minimo (la visita a un riparatore) tu abbia preso lo spunto per far nascere una storia con il messaggio che volevi proporre al lettore.
Dal punto di vista formale ti segnalo qualche problema con la concordanza dei tempi (la vecchia e cara consecutio temporum). La protagonista presenta se stessa con un "Mi chiamo Yoko" e continua così finché l'io narrante "Desideravo appunto" non vira al passato. Devi allinearli i tempi verbali: tutti al presente o al passato.
Identica sorte nel finale: " All’improvviso ho realizzato cosa mi incuriosiva" dove in generale viri al presente (a parte quell'incuriosiva all'imperfetto nella stessa proposizione).
La mancata concordanza dei tempi verbali è generalmente un errore, sebbene non manchino le eccezioni.
Separi correttamente i discorsi diretti con i caporali, ma dovresti però seguire la punteggiatura nell'utilizzo corretto di maiuscole e minuscole all'uscita dal discorso diretto.
Poi, se posso dirlo, dovresti limitare l'utilizzo dei punti di esclamazione, che si trovano ovunque e spesso a sproposito.
Ho apprezzato comunque l'intento, brava davvero, l'idea d'insieme è buona e basterebbe poco per renderlo un ottimo racconto. A mio avviso, se rinunciassi alle puntualizzazioni della voce narrante magari mettendole in bocca ai personaggi li renderesti anche più vivi, empatici; che è la cosa che più conta in un racconto, sia pure simile a una fiaba.
Per il mio modestissimo parere ti trovi sulla retta via, basta seguirla.
Discorso a parte quello della tecnologia, che adoperi come una sorta di metafora. Io sono dell'avviso che non sia neutra, ma così andrei a parare altrove e quindi mi fermo.
A rileggerti
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Re: Commento
Tuttavia, mi vedo costretta a chiarire che probabilmente l'intento di questo racconto è stato un po' frainteso.
Il fatto che la narrazione abbia uno sfondo giapponese è solo una mia scelta stilistica (una sorta di "marchio" che accomuna le mie opere), in questo caso secondaria. Il fulcro non è l'ambientazione, bensì solo e soltanto trasmettere consapevolezza delle conseguenze che hanno le discriminazioni, attraverso metafore comprensibili a bambini e adulti "ottusi". Non è quindi una fiaba o un racconto strettamente dedicato ai bambini, ma un metodo di comunicazione alternativo e al tempo stesso diretto. Ecco perché Yoko può e deve essere didascalica nelle conclusioni.
Tornando alla location, prima di scrivere questo racconto ho svolto un accurato lavoro di documentazione. Ho parlato con persone che vivono in Giappone, dove purtroppo i ragazzi con disturbi dell'apprendimento non ricevono lo stesso supporto imposto in Italia per legge. Sarebbe stato quindi incoerente ambientare il racconto in Giappone, ma a raccolta già avviata non potevo più cambiare lo sfondo. Ecco perché Yoko è una ragazza giapponese che ha studiato in Italia: inizialmente i disturbi dell'apprendimento le erano pressoché sconosciuti e sicuramente anche incompresi, così come il tipo di lettore a cui desidero arrivare.
Chiarito ciò, rispondo alle sue perplessità dal punto di vista formale.
Il discorso nelle caporali inizia generalmente con la lettera maiuscola. Se esso si conclude con punto interrogativo o punto esclamativo (il punto fermo invece va sempre all'esterno), all'uscita del discorso non serve la lettera maiuscola (tranne ovviamente quando c'è il punto fermo).
Questa perlomeno è stata la mia scuola. Anche qui parliamo di scelte stilistiche, ma l'importante è attenersi sempre allo stesso schema, altrimenti sì che sarebbe un errore.
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Re: Yoko - Tratto dalla raccolta "Monogatari" contro le discriminazioni
Ma questo il lettore non può saperlo. Magari dovresti trovare il modo per informarlo di questa peculiarità nipponica nel trattare i ragazzi che soffrono di disturbi dell'apprendimento (ma qui sei sicura che vada in modo tanto diverso al di là dei bei titoli?), quanto basta per poi potersi informare da soli almeno. Perché il taciuto, almeno nel mio caso, non ha funzionato.
Ho gradito la tua risposta in generale e in particolare: sull'uscita dai caporali seguiamo due vie diverse, ma hai ragione sulla coerenza.
Sulla fiaba sono stato frainteso, il tuo racconto non è certo una fiaba, ma volevo dire che ha degli elementi in comune con quel genere, quali ti ho elencato.
A ogni modo, il racconto è valido, il mio voto positivo e spero di rileggerti con qualche altro racconto.
Commenta i racconti altrui se vuoi (mi pari brava anche in questo) e non preoccuparti di eventuali voti negativi.
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Re: Yoko - Tratto dalla raccolta "Monogatari" contro le discriminazioni
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Re: Yoko - Tratto dalla raccolta "Monogatari" contro le discriminazioni
Grazie mille Sì, in effetti avevo intenzione di spiegare la differenza tra Italia e Giappone su come vengono trattati i disturbi dell'apprendimento, ma poi ho realizzato che il racconto si sarebbe dilungato troppo, spostando l'attenzione su altro. In ogni caso ne prendo atto e troverò una soluzione, grazie per avermi messo la pulce nell'orecchio.Namio Intile ha scritto: ↑07/08/2020, 10:31 "Tornando alla location, prima di scrivere questo racconto ho svolto un accurato lavoro di documentazione. Ho parlato con persone che vivono in Giappone, dove purtroppo i ragazzi con disturbi dell'apprendimento non ricevono lo stesso supporto imposto in Italia per legge. Sarebbe stato quindi incoerente ambientare il racconto in Giappone, ma a raccolta già avviata non potevo più cambiare lo sfondo. Ecco perché Yoko è una ragazza giapponese che ha studiato in Italia: inizialmente i disturbi dell'apprendimento le erano pressoché sconosciuti e sicuramente anche incompresi, così come il tipo di lettore a cui desidero arrivare."
Ma questo il lettore non può saperlo. Magari dovresti trovare il modo per informarlo di questa peculiarità nipponica nel trattare i ragazzi che soffrono di disturbi dell'apprendimento (ma qui sei sicura che vada in modo tanto diverso al di là dei bei titoli?), quanto basta per poi potersi informare da soli almeno. Perché il taciuto, almeno nel mio caso, non ha funzionato.
Ho gradito la tua risposta in generale e in particolare: sull'uscita dai caporali seguiamo due vie diverse, ma hai ragione sulla coerenza.
Sulla fiaba sono stato frainteso, il tuo racconto non è certo una fiaba, ma volevo dire che ha degli elementi in comune con quel genere, quali ti ho elencato.
A ogni modo, il racconto è valido, il mio voto positivo e spero di rileggerti con qualche altro racconto.
Commenta i racconti altrui se vuoi (mi pari brava anche in questo) e non preoccuparti di eventuali voti negativi.
Mio fratello ha un disturbo dell'apprendimento e nostra madre è insegnante, infatti ho tratto il racconto proprio da un episodio avvenuto con un genitore della sua scuola.
Le leggi in Italia ci sono, ma spesso sta al genitore impugnarle, perché purtroppo ho visto molti insegnanti rinnegare addirittura l'esistenza dei disturbi dell'apprendimento. In Giappone invece i ragazzi dislessici vengono trattati per legge con diagnosi di "autismo", ma al tempo stesso ho sentito parlare di università in cui vengono forniti loro gli strumenti adeguati e si sono laureati senza problemi.
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Re: Yoko - Tratto dalla raccolta "Monogatari" contro le discriminazioni
Significa "racconti" o "storie" in giapponese
La sinossi poi spiega brevemente l'intento della raccolta.
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personalmente non ho trovato errori o refusi, a parte i tempi verbali già segnalati.
le descrizioni son obuone, anche se migliorabili dal punto di vista delle sensazioni.
la storia in sè è carina, anche se trovo un po' retorico il finale.
in ogni caso è un buon lavoro.
http://scrittoripersempre.forumfree.it/
Autore presente nei seguenti libri di BraviAutori.it:
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sono alle primissime armi in questo forum, quindi entro un po' in punta di piedi, sperando di non fare danni…
A parte questo, il tuo racconto è gradevole, l'idea di base è molto buona, mi piace l'idea di usare la tecnologia come metafora per affrontare un tema tanto importante. Anche io, come i precendenti commentatori, ho trovato un po' didascalico il finale. Forse inquadrando il racconto insieme agli altri della raccolta, acquisterebbe di forza, in quanto il tema emergerebbe con maggiore evidenza, eliminando la necessità di inserire tutta una serie di commenti. Come opera a sè, credo che sarebbe meglio attenuare in ogni caso alcune spiegazioni, cercando di inserirle in modo più organico all'interno del testo. Ad esempio, il discorso finale potrebbe essere espresso direttamente dal negoziante, lasciando solo come chiusa il fatto che l'interesse della narratrice per quell'episodio è agganciato ad un vissuto personale, oppure si potrebbe sviluppare un discorso a tre, facendo entrare direttamente la narratrice nella conversazione tra i due.
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Re: Yoko - Tratto dalla raccolta "Monogatari" contro le discriminazioni
Se invece state solo rispondendo, non serve specificare.
Ricordatevi anche che il testo del commento deve essere lungo almeno 200 battute.
Vi rimando alle istruzioni delle Gare letterarie.
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Re: Yoko - Tratto dalla raccolta "Monogatari" contro le discriminazioni
Ora il racconto è aggiornato alla versione più recente
Re: Yoko - Tratto dalla raccolta "Monogatari" contro le discriminazioni
Grazie Massimo, sapevo che avrei fatto pasticci perchè non avevo capito del tutto il regolamento, scusami. Ho corretto sia qua che nell'altro post i miei commenti, scusa anche per i voti dati (che non potevo dare), adesso spero di aver capito come funziona, cercherò di essere più attento!Massimo Baglione ha scritto: ↑07/08/2020, 17:40 Ricordatevi di specificare esattamente "Commento" come titolo del messaggio usato per commentare le opere in Gara (senza prefissi come "Re: " o altri suffissi), altrimenti non verranno conteggiati dal sistema, grazie!
Se invece state solo rispondendo, non serve specificare.
Ricordatevi anche che il testo del commento deve essere lungo almeno 200 battute.
Vi rimando alle istruzioni delle Gare letterarie .
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Re: Commento
Ti ringrazio Credimi, è ispirato alla realtà, ma il vero contesto è ben peggiore di un computer...Francesco Pino ha scritto: ↑11/08/2020, 10:27 Mi sembra un po' eccessiva l'ottusità del cliente... sembra quasi un bambino capriccioso.
A parte questo trovo che il racconto sia abbastanza riuscito e l'idea di introdurre in argomento serio in quella maniera mi piace.
Sono d'accordo con chi dice che dare una "fonte" giapponese al racconto rappresenta un buon marchio di fabbrica.
Purtroppo di adulti che si comportano come bambini capricciosi è pieno il mondo, ne so qualcosa anche a livello personale.
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Premesso che il messaggio della storia è più che condivisibile e che non so quale sia la legislazione in Giappone sui DSA, devo dire che questo racconto mi pare più un "saggio tematico" che non una storia vera e propria, in quanto troppo appesantito, a mio parere, dalle considerazioni, paragoni e informazioni fornite dall'io narrante a scapito di dialoghi e trama.
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Re: Yoko - Tratto dalla raccolta "Monogatari" contro le discriminazioni
Il racconto è volutamente creato per indurre le persone a riflettere, tramite le considerazioni dell'io narrante (che semplicemente riflette il profilo di qualcuno in grado di esaminare la situazione). L'unico obiettivo della mia raccolta è che il messaggio arrivi in modo chiaro e inequivocabile, lasciando meno spazio possibile all'interpretazione.
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Quando parliamo usiamo un linguaggio più semplice e fluente con dei vocaboli un po' meno ricercati rispetto a quelli che hai usato tu in alcune occasioni.
"iniziate a screditare i nostri dispositivi e indurci ad acquistarne di nuovi". Difficilmente io userei indurci ad acquistare.
Questo renderebbe i dialoghi forse un pochino più credibili e meno forzati.
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Ci sono aspetti che mi sono piaciuti come, per esempio, il paragone tecnologia-essere umano.
Trovo che con un po' di ritmo in più ed altre accortezze il tutto potrebbe risultare molto più fluido e gradevole
Museo letterario
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Unire la scrittura all'immagine è un'esperienza antica, che qui vuole riproporsi in un singolare "Museo Letterario". L'alfabeto stesso deriva da antiche forme usate per rappresentare animali o cose, quindi tutta la letteratura è un punto di vista sulla realtà, per così dire, filtrato attraverso la sensibilità artistica connaturata in ogni uomo. In quest'antologia, diversi scrittori si sono cimentati nel raccontare una storia ispirata da un famoso capolavoro dell'Arte a loro scelta.
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Cuori di fiele
antologia di opere ispirate all'ineluttabile tormento
A cura di Roberto Virdo'.
Contiene opere di: Marcello Rizza, Ida Daneri, Francesca Paolucci, Enrico Teodorani, Mario Flammia, Francesca La Froscia, Ibbor OB, Alessandro Mazzi, Marco Fusi, Peter Hubscher, Marco Pugacioff, Giacomo Baù, Essea, Francesco Pino, Franco Giori, Umberto Pasqui, Giacomo Maccari, Annamaria Ricco, Monica Galli, Nicolandrea Riccio, Andrea Teodorani, Andr60.
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La Gara 67 - Cavalieri di ieri, di oggi e di domani
A cura di Ida Dainese.
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Gara d'autunno 2023 - Cuore di mamma - e gli altri racconti
A cura di Massimo Baglione.
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Gara di primavera 2020 - Tre capitani, e gli altri racconti
A cura di Massimo Baglione.
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