Il passeggero
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Il passeggero
Sua moglie Suzie e la loro figlia Pauline, ormai ci avevano fatto l’abitudine: non erano certo contente degli orari di lavoro troppo flessibili di Jack, tuttavia ogni sera lo aspettavano pazientemente per cenare insieme come una famiglia unita.
Quella sera Jack timbrò il cartellino alle ventidue. Ben quattro ore di straordinari, il cui compenso sarebbe stato di qualche misera manciata di euro. Spesso Jack si domandava se avesse senso quello che faceva: lavorare fino ad orari assurdi, avere poco tempo per la famiglia e portare a casa uno stipendio appena sufficiente per sopravvivere. Il problema più grande però stava nel fatto che non si poteva dire di no al capo.
Attraversò il piazzale del parcheggio e salì sulla sua vecchia Ford Fiesta. Ogni volta che si sedeva su quella macchina, Jack ricordava di quanto fosse ormai antiquato quel catorcio e di quanto gli sarebbe costata la manutenzione. Acquistare un auto nuova per lui era fuori discussione.
Attraversò il cancello dell’azienda, pensando mestamente che tra meno di otto ore lo avrebbe varcato nuovamente in senso inverso.
Imboccò la lunga statale che da vent’anni ormai percorreva due volte al giorno, cinque giorni su sette. Il tragitto casa lavoro non era troppo lungo, né tanto meno impegnativo: quattro chilometri di rettilineo, interrotti da una leggera curva a sinistra e poi sempre dritto, fino alle prime case del centro abitato, dove viveva da quando di anni ne aveva soltanto cinque.
Nemmeno il traffico era molto intenso: a parte qualche macchina e pochi camion, si poteva dire che quella strada fosse quasi deserta. Chissà con quale coraggio la chiamavano strada statale.
Mancavano circa duecento metri alla curva, quando Jack vide sopraggiungere i fari di un grosso autotreno dalla corsia opposta. Aveva sempre odiato incrociare quei giganti su ruote, specie in prossimità di una curva.
Jack impostò la traiettoria, sterzando leggermente a sinistra. Non appena la vecchia Ford Fiesta imboccò la curva, qualcosa andò storto: il volante rimase bloccato nella sua posizione, togliendo a Jack ogni possibilità di correggere la traiettoria e condannandolo di fatto ad un probabile quanto inevitabile impatto contro il muso del grosso veicolo.
- Dannato catorcio! - imprecò Jack, cercando invano di controsterzare per tornare sulla propria corsia di marcia. Vide i fari del tir avvicinarsi rapidamente, sempre più vicini al cofano della sua auto.
Non ebbe il tempo di dire altro. Chiuse gli occhi. Le braccia erano rigide come due bastoni di legno, mentre i denti stretti, a fatica trattenevano le urla di terrore dentro la sua bocca.
Sollevò le palpebre dopo un tempo imprecisato, scoprendo un fortissimo bagliore giallo che accecò la sua vista. Chinò la testa, posando lo sguardo sull’orologio al polso destro: le lancette erano immobili.
Il tempo sembrava essersi fermato e jack avvertiva un senso nauseante di sospensione.
Udì un suono, come il verso di un animale provenire dal sedile di fianco a lui. Si voltò di scatto e vide un uomo anziano vestito interamente di nero. I radi capelli bianchi e la folta barba incolta incorniciavano un viso scheletrico e rugoso, che avrebbe potuto avere anche trecento anni. Gli occhi erano due biglie nere, prive di ogni espressività.
Jack lo osservò sbigottito. Non ricordava di aver caricato un estraneo in quel tratto di strada, eppure lui era lì. Lo poteva toccare con le sue mani e ne sentiva persino l’odore, un misto di acqua di colonia e rose, che lo rendevano più reale che mai. Non era frutto della sua fantasia.
- Immagino ti starai domandando chi sia – esordì il vecchio, rivelando un tono di voce fermo e deciso.
Jack lo squadrò meglio e vide una targhetta luccicante appesa al suo collo. Riuscì a distinguere perfettamente le lettere che vi erano impresse, ma non fu in grado di dare un significato alla parola che queste formavano: LEVID.
- Oh non badare a questo. È il mio tesserino, ma è un po' datato. Oltretutto chi lo ha stampato si è divertito a scombinare le lettere del mio nome. Ma che importa in fondo. Mi chiamano in mille modi su questo pianeta. Torniamo a noi, mio nuovo pallido e tremolante amico. Si da il caso che ti resti poco tempo ancora, quindi sarà meglio che tu prenda una decisione in fretta. Da quel che vedo penso che potrei concederti due sole possibilità. -
Jack guardò sconvolto le labbra rinsecchite del vecchio muoversi al ritmo delle sue parole, e ne ascoltò la voce cavernosa. Non era in grado di formulare nessuna frase di senso compiuto. La sensazione di irrealtà lo stava soffocando sempre più, impedendogli ogni ragionamento.
- Che sciocchi siete voi uomini. Sprecate il vostro tempo ad inseguire cose inutili o a cercare spiegazioni per fenomeni che mai comprenderete. E tra tutti i vostri affari e impegni, dimenticate di quanto il tempo fugga dalle vostre mani. È sempre bello guardarvi nell’ultimo istante, quando la vita sfuma dai vostri volti bianchi e spaventati. -
Jack continuava a tremare. Quella voce, ora pesante e stanca, sembrava il lamento di mille anime condannate a morte.
- Non perdiamoci in chiacchiere, inutile creatura! Anche se non mi sembri un tipo molto loquace. Come ti accennavo ti restano solamente due possibilità. Puoi chiudere gli occhi, darmi la mano e lasciare che il tempo riprenda il suo corso. Ovviamente quando questo accadrà, ti sfracellerai contro il muso di quel camion. Tranquillo. Non soffrirai assolutamente. Probabilmente non te ne accorgerai nemmeno. Sarai come un moscerino schiacciato sul parabrezza di una macchina. Ti potrà sembrare brutto, ma pensa alle mille possibilità che si apriranno per te dopo. Risposte ad ogni domanda, zero pensieri, nessun problema e il passaggio ad una dimensione celata agli occhi dell’umanità. Pensaci bene! Non è una brutta prospettiva. C’è chi impiega ore, giorni, mesi o addirittura anni di agonia per lasciare questo squallido mondo. Per te sarebbe molto più veloce. -
Jack fu sul punto di chiudere gli occhi e lasciarsi andare una volta per tutte. Le parole dello straniero lo avevano quasi convinto. Stava per allungare il braccio e stringere la mano del suo passeggero, quando questo riprese il suo inquietante monologo.
- No! Non ancora! Ti rimane un’altra possibilità, ricordalo. Puoi chiudere gli occhi ed immaginare che io non sia reale. Puoi stringere quel volante e cercare di raddrizzare la traiettoria di questo cesso con le ruote. Potrebbe funzionare. Ti prenderai un bello spavento e di me non avrai alcun ricordo. Un’occasione sprecata direi io, ma che vuoi farci. La vita è tua, sei tu a scegliere. -
Affascinato da quella prospettiva, Jack iniziò a rivalutare la sua posizione.
- Ovviamente tutto ha un prezzo, sciocco omuncolo! Se propendi per la seconda opzione, posso dirti che sopravviverai e vestirai quelle spoglie mortali per molti anni ancora, forse fin troppi. Sai, a volte la morte non è la cosa peggiore che potrebbe capitarti. Da oggi in poi l’inferno potrebbe anche farti visita a casa. Prendi per esempio Suzie, tua moglie: lei non sa ancora che quei dolori alla vescica si stanno trasformando in un orrendo cancro che la porterà sotto terra tra non più di tre anni. Eh già amico. Dovrai cavartela senza lei, e non sarà facile da solo, quando tua figlia Pauline a sedici anni vorrà uscire con quel tossico del suo ragazzo. Io non la farei salire su quella macchina la sera del suo diciottesimo compleanno. Potresti trovarti in problemi ancor più grandi. A te la scelta Jack, vieni con me o vivi all’inferno da oggi in poi … -
Jack chiuse gli occhi. Allungò la mano verso l’anziano e con un gesto cercò di colpirlo, come si colpirebbe il peggiore dei propri nemici.
- Fanculo! Tu non sei reale! - gridò Jack.
Il passeggero svanì davanti ai suoi occhi in una nube di fumo. Posò le mani sul volante dell’automobile e riaprì gli occhi.
Un colpo di clacson violentissimo, lo stridere delle gomme, il rumore delle lamiere che sfregano tra loro. Poi il silenzio.
Jack deglutì, toccandosi ogni parte del corpo per convincersi di essere ancora intero. Premette il pulsante per azionare la segnalazione luminosa di pericolo e scese dalla vettura.
Vide l’autista del camion corrergli incontro, poi guardò con aria sollevata la vecchia Ford.
- Mi costerà una fortuna sistemare la fiancata e lo specchietto, ma non è un problema. Perlomeno sono ancora vivo e questa è già una cosa per cui esser felici – borbottò tra se Jack.
In quel momento si era già scordato del suo incontro.
- Laura Traverso
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Certo che da un patto col diavolo ci si aspetterebbe delle opzioni più vantaggiose; secondo me fa bene Jack a giocarsi le sue carte, pure alla luce delle fosche previsioni sul suo futuro e su quello dei suoi cari.
Sui nomi anglofoni concordo con Giorgio.
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Anche la struttura va bene. Quanto al racconto in sé, di patti con il demonio è piena la letteratura; qui poi più che con il demonio, che avrebbe il compito di tentarti - è dalla tentazione che nascono tutta una serie di situazioni - , il patto è con la Morte (anche qui la letteratura è disseminata di accordi in extremis con la Signora con la Falce), e lì è tutto un altro paio di maniche. A ogni modo, l'originalità non è un valore in sé. Però questa confusione tra Morte e Demonio, questa sostanziale uguaglianza tra due ineguali, è una contraddizione che priva il racconto di equilibrio.
E ancora il protagonista - che dovrebbe andare all'inferno se gli si presenta il demonio in macchina - non dice nulla per giustificarsi, non ha pensieri alternativi, non espone il suo punto di vista e, di più, non ispira al lettore alcun sentimento, non un'emozione. E anche il demonio, che si lamenta dei suoi possibili clienti, pare proprio un altro Sé, troppo tenero e accondiscendente per essere quello che dovrebbe essere.
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Due precisazioni più utili (o almeno spero):
1. "Puoi chiudere gli occhi ... Probabilmente non te ne accorgerai nemmeno" be', se ne sta accorgendo eccome che sta per morire, è già in un loop temporale in compagnia del diavolo.
2. Il diavolo non è onniscente, secondo la teologia, quindi non può prevedere il futuro, non può svelare quelle atrocità, infine è un punitore, non ha potere decisionale su chi possa vivere o meno.
Si lascia leggere, non l'ho trovato sgradevole.
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La Gara 67 - Cavalieri di ieri, di oggi e di domani
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Gara d'autunno 2023 - Cuore di mamma - e gli altri racconti
A cura di Massimo Baglione.
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Gara di primavera 2020 - Tre capitani, e gli altri racconti
A cura di Massimo Baglione.
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A cura di Roberto Virdo'.
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