Un portiere di notte

Spazio dedicato ad Anonimania 2023 (febbraio)

Moderatore: Il Guru

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Un portiere di notte

Messaggio da leggere da Il Guru »

leggi documento Spiacente ma, in questo browser, la lettura a voce non funziona.

Il telefono gli illuminò il viso con la sua luce bluastra, il portiere alzó la cornetta e la appoggió all’orecchio, tenendola con il mento.
— Sì, signore, di qualsiasi cosa abbia bisogno…
Prese la Montblanc e tolse il tappo.
— Come? Certo... Le mando qualcuno a ripulire. Se ha bisogno di altro non esiti a farcelo sapere.
Scrisse il numero della stanza su un foglio e premette dei tasti sul computer.
— La ringrazio di aver scelto il Grand Hotel.
Riagganciò il telefono.
Da una porta nascosta nel muro comparve un gruppo di persone coperte da capo a piedi da delle tute bianche e il viso nascosto dietro a mascherine chirurgiche con il filtro, mostrò loro il numero della stanza dove dovevano andare. Sparirono appena ricevuto l’ordine.
Prese il foglietto e lo gettò nel caminetto alle sue spalle, controllando che non restasse niente.
Sistemò il nodo della cravatta con la mano, guardando le fiamme fino a quando gli occhi non si arrossarono. Il fumo che aleggiava nella stanza lo fece tossire.

Il portiere sedette alla reception: una scrivania di mogano stile Impero, con tre cassetti chiusi a chiave. Sopra aveva il computer, un Olivetti M300, il telefono e un blocco per gli appunti.
Un basso lampadario illuminava a malapena i tappeti gettati sul pavimento grezzo; il vetro, una volta magnificente, era offuscato dalla fuliggine e dalla sporcizia degli anni.

La luce verde sopra la porta d’ingresso e il rumore della posta pneumatica annunciarono l’arrivo di un ospite.
Indossava una tunica nera che gli copriva anche le scarpe. Si trascinò fino alla reception, il viso era coperto da una maschera con un becco lungo come quello di un uccello.
Il portiere allungò la mano verso il tubo pneumatico alla sua destra, estrasse dal bossolo la chiave della stanza, la soppesò nella mano e la rigirò; era d’oro con uno zaffiro incastonato. Ne fu rapito. Con un tremito respinse il pensiero di possederla.
— Benvenuto al Grand Hotel.
— Ringrazio, i bagagli? disse l’ospite.
La sua voce era familiare, il tono profondo, deformato dalla maschera, lo riportava ai viaggi in auto, quando c’erano ancora i suoi genitori, tante estati scandite e marchiate da quella voce.
Gli porse la chiave,
— I suoi bagagli sono già in camera… Grazie di aver scelto il Grand Hotel.
— Bene, molto bene.
Il portiere strinse i denti fino a farsi male. I ricordi erano dolorosi.
L’uomo gli passò a lato e una zaffata lo investì, riconobbe lavanda, menta, aglio, aceto e ne venne nauseato per un istante. Inspirò profondamente e tossì, per colpa del lieve odore di fumo. Ascoltò la grigia porta metallica richiudersi, prima un cigolio seguito da un sonoro clang. Era di nuovo solo.

Il portiere non era mai entrato in una camera del Grand Hotel e così nessuno dei colleghi che aveva visto passare negli anni.
Alcuni però millantavano di averle viste…
Questi raccontavano di meraviglie irraggiungibili!
Favellavano di camere anche di sette stanze. Di statue e quadri dal valore inestimabile, provenienti direttamente dalle collezioni del Louvre, del Met o dei Guggenheim. Poi biblioteche private, alcune con libri antichi e autografi. Tutto ovviamente smontato e rimontato su misura per l’ospite. Poi di piscine interne alle camere, se non saune, spa. E qualunque cosa il loro cuore voglia.
Basta chiedere al portiere che certamente lo procurerà.
Chissà quale sia la verità, si è chiesto a volte il portiere, ma non ci sono risposte per loro. Comuni mortali.

La luce verde brillò sopra la porta seguita dall’aria compressa della capsula. Fece ritorno nella realtà. Entrò una donna, con un vestito che mostrava più di quello che copriva, le movenze le aveva viste in televisione, molte molte volte.
La maschera che portava era di un demone giapponese: rossa con due corna, la bocca deformata in un’espressione malvagia.
— Benvenuta al Grand Hotel.
Le porse la chiave, lei indossò un guanto di pelle nero e la prese. Scappò alle sue spalle, lasciando una nuvola di biancospino dov’era fino a un secondo prima.
Clang, la porta alle sue spalle lo isolò di nuovo dal mondo esterno.
Il portiere si chinò sulla scrivania, richiamato dalla luce blu del telefono. Raccolse la cornetta stropicciandosi gli occhi.
— Certo, ragazza o ragazzo? Mando subito qualcuno.
Digitò la richiesta sul computer.
— Certo, non c’è problema, anche una Beretta…Come dice… della polvere rosa… mi faccia controllare.
Picchiò sulla tastiera.
— Certo, a breve sarà in camera sua. La ringrazio di aver scelto il Grand Hotel.

Il fuoco ardeva e il portiere rabbrividiva. Tossiva e gli facevano male le ossa.

La luce sopra la porta diventò rossa, entrò un ragazzo quasi identico a lui, con la camicia bianca e i pantaloni neri, il viso rasato di fresco, senza accessori o gioielli e quasi senza un odore.

Il portiere di notte uscì dal Grand Hotel, il sole faceva capolino dalle pareti grezze e sporche della struttura.
Lui alzò gli occhi verso l’astro del mattino. Il tepore si espanse sul suo corpo. Inspirò l’aria fresca.
La luce abbacinante gli ferì le palpebre.
Trattenne il respiro per quanto riuscì, pizzicori e formicolii si espansero sul suo petto; un orecchio iniziò a fischiare.
Annaspò per respirare ancora. Aprì gli occhi e guardò il Grand Hotel, abbassò la testa.
Quando aveva iniziato questo lavoro spesso vomitava appena era fuori.
Ora non più.
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Messaggio da leggere da Il Guru »

Il racconto mi piace molto, ha quegli elementi che solleticano il mio divertimento con il surreale.
I personaggi sono bizzarri e viene voglia di seguirli fino nelle loro stanze.
Adoro il fatto che ogni cliente abbia un suo odore o profumo, questo dà loro una maggiore dimensionalitá.

Se diventasse un libro, io lo comprerei. Ovviamente ogni singola stanza deve avere una storia dove la fantasia spazi ai suoi limite e il caos sia l'inizio di tutto.

Brava Ombra!

VOTO: 5
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Messaggio da leggere da Il Guru »

Riassunto: Si narra quel che succede nel turno di lavoro notturno di un portiere di albergo. E succede di tutto, ma il portiere affronta ogni evento con estrema professionalità.

Brava anche quest’Ombra.
Attraverso i pensieri e le parole del portiere entriamo in contatto con un mondo sommerso, rivelato unicamente da indizi minori. È un vedo/non vedo ben condotto, con il protagonista che non perde mai di vista il suo obiettivo: rispondere alle richieste per soddisfare i clienti, senza mai perdere la calma, lasciar trasparire le sue emozioni, andare dove non deve o fare domande che non dovrebbe fare. L’ambiente del Grand Hotel che traspare si rivela inquietante il giusto: si intuisce che possa accadere di tutto, dal traffico di sostanze stupefacenti all’omicidio, passando magari per il traffico di organi, anche senza raccontare davvero: bastano due clienti in arrivo e due telefonate di clienti già presenti, anche se un paio in più non avrebbero guastato.
Alla fine si resta come il portiere: domande ce ne sarebbero, ma non si osa chiedere; si vorrebbe entrare nelle stanze finito il turno, invece si lascia l’Hotel e il racconto, passando il testimone a chi verrà dopo.

Il testo è scorrevole e, in generale, scritto discretamente. Mi permetto tuttavia qualche nota - a discrezione dell’Ombra se accogliere o meno: lo dico per primo, in più di un caso la forma scelta dall’Ombra può avere il suo perché, mentre il suggerimento proposto potrebbe danneggiarne lo stile, dunque è tutto da valutare, da parte dell’autore (o dell’autrice).

“Da una porta nascosta nel muro comparve un gruppo di persone coperte da capo a piedi da delle tute bianche e il viso nascosto dietro a mascherine chirurgiche con il filtro, mostrò loro il numero della stanza dove dovevano andare. Sparirono appena ricevuto l’ordine.”

Propongo:
“Da una porta nascosta nel muro comparve un gruppo di persone, coperte da capo a piedi da tute bianche, il viso nascosto dietro a maschere chirurgiche(*). Mostrò loro il numero della stanza dove dovevano andare; sparirono appena ricevuto l’ordine.”

(*) dopo gli anni che abbiamo passato, si potrebbe omettere anche “maschere” (che si legge meglio di “mascherine” ) e nessuno crede ne esistano col filtro. Piuttosto, si sarebbe potuto scrivere dietro a FFP3, che oggi pure i ragazzini sanno cosa siano. Notare comunque che non è l’unica modifica, in quella frase

“(…) l’arrivo di un ospite.
Indossava una tunica nera che gli copriva anche le scarpe. Si trascinò fino alla reception, il viso era [← toglierei “era”, la frase sta in piedi lo stesso e risulta più spedita]coperto da una maschera con un becco lungo come quello di un uccello.”

“Il portiere allungò la mano verso il tubo pneumatico alla sua destra, estrasse dal bossolo la chiave della stanza, la soppesò nella mano e la rigirò; era d’oro [← virgola] con uno zaffiro incastonato.”

— Ringrazio, i bagagli? disse l’ospite.
Le regole della separazione tra discorso diretto e indiretto/narrazione prevedono che, se la frase che li contiene entrambi è sulla stessa riga, tra il discorso diretto e la narrazione ci sia un trattino lungo, così:
— Ringrazio, i bagagli? — disse l’ospite.


“La sua voce era familiare, il tono profondo, deformato dalla maschera, lo riportava ai viaggi in auto, quando c’erano ancora i suoi genitori, tante estati scandite e marchiate da quella voce.”
Propongo:
“La sua voce era familiare. Il tono profondo, deformato dalla maschera, lo riportava ai viaggi in auto, quando c’erano ancora i suoi genitori; tante estati scandite e marchiate da quella voce.”


Gli porse la chiave,
— I suoi bagagli sono già in camera… Grazie di aver scelto il Grand Hotel.

Qui non sono sicuro: credo che, per andare a capo, dopo chiave ci voglia il punto. La frase però dovrebbe proseguire sulla riga, ma con due punti (o anche un punto) al posto della virgola:

Gli porse la chiave: — I suoi bagagli sono già in camera… Grazie di aver scelto il Grand Hotel.

“Il portiere strinse i denti fino a farsi male.[← due punti?] I ricordi erano dolorosi.”

“L’uomo gli passò a lato e una zaffata lo investì,[←punto e virgola o anche punto] riconobbe lavanda, menta, aglio, aceto e ne venne nauseato per un istante.”

“Inspirò profondamente e tossì, per colpa del lieve odore di fumo. Ascoltò la grigia porta metallica richiudersi,[← due punti?] prima un cigolio[← virgola?] seguito da un sonoro clang. Era di nuovo solo.”

“Poi di piscine interne alle camere, se non saune, [← una “e”, al posto della virgola?] spa.”

“Chissà quale sia la verità, si è chiesto a volte il portiere, ma non ci sono risposte per loro. Comuni mortali.”
Propongo:
“Chissà quale sia la verità, si è chiesto a volte il portiere, ma non ci sono risposte per i comuni mortali.”
Oppure:
“Chissà quale sia la verità, si è chiesto a volte il portiere, ma non ci sono risposte per lui, un comune mortale.”

“Entrò una donna, con un vestito che mostrava più di quello che copriva,[← punto e virgola?] le movenze le aveva viste in televisione, molte molte volte.”

“Scappò alle sue spalle, lasciando una nuvola di biancospino dov’era [aggiungere: “stata”] fino a un secondo prima.”

— Certo, non c’è problema, anche una Beretta…Come dice…[← aggiungere punto interrogativo dopo i tre puntini] della polvere rosa[← aggiungere punto interrogativo prima dei tre puntini] … mi faccia controllare.

“La luce sopra la porta diventò rossa,[← punto, punto e virgola o due punti] entrò un ragazzo quasi identico a lui, con la camicia bianca e i pantaloni neri, il viso rasato di fresco, senza accessori o gioielli e quasi senza un odore.”

"Il portiere di notte [<- ci sta, ma sarebbe più corretto "notturno"] uscì dal Grand Hotel, il sole faceva capolino dalle pareti grezze e sporche della struttura.
Lui [← toglierei “Lui”: non ci si può confondere] alzò gli occhi verso l’astro del mattino. Il tepore si espanse sul suo corpo"

“Aprì gli occhi e guardò il Grand Hotel,[← punto e virgola? Punto?] abbassò la testa.”

“Quando aveva iniziato questo lavoro [← virgola?] spesso vomitava appena era fuori.”

VOTO: 4
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Messaggio da leggere da Il Guru »

L'autore non ha voluto addentrarsi nel mondo che ha costruito e il racconto è rimasto un'esplorazione a volo radente.

Tuttavia l'idea narrativa è accattivante e lo stile, a volte troppo asindetico, si nota e si apprezza.

Voto: 3
Aquatarkus
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Re: Un portiere di notte

Messaggio da leggere da Aquatarkus »

Buona l'idea e, a parte alcune ripetizioni, buona anche la forma. Manca un finale che renda il racconto qualcosa di più del primo promettente paragrafo di uno scritto più lungo. Voto: 3
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Per la forma ti segnalo:

— Ringrazio, i bagagli? disse l’ospite.

Dopo il punto interrogativo avrei chiuso il discorso diretto con il segno grafico adoperato per aprirlo. Alcune case editrici adoperano il tuo sistema, ma quando inserisci la cornice devi indicare la chiusura del discorso diretto. Dopo il punto interrogativo va la maiuscola. Le regole grammaticali non vengono toccate dall'entrata e uscita del discorso diretto.

Basta chiedere al portiere che certamente lo procurerà.
Chissà quale sia la verità, si è chiesto a volte il portiere, ma non ci sono risposte per loro. Comuni mortali.

Qui i tempi verbali li trasporti al presente. È un errore, perché adoperi i tempi al passato nel resto della narrazione.

Sarebbe bastato chiedere... lo avrebbe procurato.

...quale fosse... si era chiesto... non c'erano...

Quel favellare, mi è saltato all'occhio... è un termine desueto e per giunta mal adoperato in quel contesto, di chiacchiere tra colleghi.



Quanto alla struttura, le descrizioni sono preponderanti nel testo narrativo e provano a creare un'atmosfera rarefatta ed esclusiva, quale regna in questo Grand Hotel. Ahimè, non riesci a convincermi e quel riferimento alle sette stanze mi pare peccare di una certa ingenuità, caro autore. Una camera con sette stanze è un appartamento e in un'epoca in cui basta andare su Airbnb per affittare una villa da dieci stanze con piscina e spa annessa per 500 €/die non mi pare poi che sette stanze siano un così esclusivo lusso. A parte la chiave d'oro con zaffiro, quello, te lo concedo, è un lusso esclusivo visto che gli alberghi ormai neanche hanno più le chiavi.

Che poi i portieri di notte non abbiano mai visto le camere mi pare incongruo, ma questa è una mia considerazione personale. Forse perché nelle camere si svolgono operazioni particolari, ma quelle le lasci solo intendere dal tipo di frequentatori e dagli operatori che intervengono; loro sì possono entrare, seppur con tuta bianca e mascherina.

L'impianto potrebbe essere quello di un racconto metaforico. Ci ho pensato a lungo, ho letto e riletto, ma francamente la metafora, o l'allegoria, non mi è balzata agli occhi. La maschera col becco sappiamo a cosa si riferisce, ma i profumi, e ciò che si svolge dentro le camere? Cosa rappresentano. Cosa rappresenta il Grand Hotel?

E soprattutto, perché quel titolo? Un, dico, un portiere di notte. Non il portiere di notte. Quindi un portiere qualsiasi, non quello del racconto in particolare. E perché mai? E perché quando usciva gli veniva da vomitare? Per quello che si svolgeva all'interno? Mah.

Dunque non metaforico o allegorico, ma onirico e surreale? Ma anche qui, mi sfugge il senso, se il senso c'è. Mi riesco a comprendere ciò che l'autore vuole significare con questo racconto, che per me, lettore, rimane oscuro.

Mi spiace

Voto: 2
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Messaggio da leggere da Il Guru »

L’abitudine al male, o presunto tale, permea completamente il racconto. Potrebbe essere tranquillamente un thriller o un horror, ma tutto viene lasciato solo supporre. Stupende le descrizioni, sia dell’ambiente, sia dei personaggi che si avvicendano, sia del pensieri del protagonista. Scrittura lineare, semplice ma molto efficace; qualche errore c’è (un uso del “del” come partitivo un po’ esasperato, ma comunque colloquiale) ma si nota poco. Trama molto elementare e adatta a un racconto breve, senza sovrapposizioni e proprio per questo chiarissima. Non riesco purtroppo a dargli il massimo dei voti perché manca, a mio avviso, una reale interazione fra il protagonista e i vari personaggi che si avvicendano; so che probabilmente era proprio questo l’intento dell’autore ma forse si creano troppe aspettative a riguardo, che poi vengono disattese. Nel complesso comunque
VOTO: 4
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Messaggio da leggere da Il Guru »

Il racconto ha quel tipo di parvenze surreali, quasi oniriche, a tratti, che personalmente apprezzo molto, per via del fatto che non si è portati a farsi chissà quali domande sul contesto in cui la storia è inserita. È palese che l'intenzione dell'autore sia quella di concentrarsi sui fatti, sui dialoghi, sui personaggi, per quanto questi ultimi appaiano per poco tempo, e, verso la fine, sul portiere stesso, senza scendere più di tanto nel dettaglio. Un racconto di atmosfera, insomma, godibile, seppur forse bisognoso di quel "mordente" in più che lo avrebbe caratterizzato ancora meglio.

VOTO: 4
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