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Mi sono sbagliato

(saggio filosofia, brevissimo - per tutti)
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68 visite dal 13/06/2022, l'ultima: 1 mese fa.
18 recensioni o commenti ricevuti
Autore di quest'opera:
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nwGiancarlo Rizzo
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Descrizione: da definire...

Incipit: Mi sono sbagliato. Quando analizzo la mia esistenza e in particolare il momento in cui ho consapevol…


Mi sono sbagliato
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Recensioni: 18 di visitatori, 26 totali.
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recensore:

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Recensione o commento # 1, data 22:44:36, 13/06/2022
Se avessi ragione anche la morte arriverebbe nel passato, perché tu ne saresti sempre consapevole nella tua consapevolezza del Sé. Quindi l'io morirebbe nel passato insieme al corpo e il sé rimarrebbe presente in essere. Allora ti chiedo quindi, come può comprendere qualcosa il sé senza l'Io? Il sé può essere proprio per questo solo parte o dissociamento dell'io stesso, dato che tu comprendi il sé già in vita, ma non puoi più farlo dopo la morte, questo secondo la logica anche nella tua stessa analisi.

Poi Balbi ti ha appena mostrato in quel video secondo l'astrofisica che l'universo tutto si muove nel proprio spazio tempo alla velocità della luce poi in relazione alla massa e gravità esercitata da qualsiasi corpo al suo interno, detto in altre parole ti riporto il commento che ho scritto ora sotto il testo di "presente" di ibieffe.

"Ora se io non ho compreso male il video postato qui in uno dei miei commenti, mi pare di aver compreso che tutto comunque si sposta nel tempo, sempre in relazione al suo movimento, comunque alla velocità della luce, quindi in ogni intervallo di un secondo da noi percepito, noi ci siamo spostati nel tempo e nostro personale spazio, di un secondo, quindi di 299. 792. 458 m/s nello spazio/tempo poi calcolato in relazione alla nostra massa (corpo) e alla massa o effetto di gravità terrestre in cui ci troviamo, (quindi non corrispondente esattamente alla velocità della luce stessa, ma nemmeno troppo distante da essa) il tutto poi relazionato alla effettiva velocità di un fascio di luce nello spazio vuoto.

Quindi il tempo da noi percepito tale in essere e divenire è l'esatto intervallo o differenza (di spazio/tempo) risultante tra queste due misure.

Ecco perché viviamo e percepiamo tutto solo nel passato del presente stesso.
"



recensore:

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Recensione o commento # 2, data 22:57:05, 13/06/2022
Questo quindi, questa differenza è ciò che noi chiamiamo passato/presente.

Perciò questo è il tempo della tua stessa comprensione (l'io), cioè il tempo/spazio che questa energia già presente al tuo interno, impiega quindi per essere elaborata quasi istantaneamente dal corpo (qui più veloce del pensiero stesso), corpo che poi a sua volta in maniera molto più lenta trasmette gli ordini vitali ricevuti via neuronale (compreso il possibile utilizzo di pensiero/azione) dove necessita a se stesso per vivere in primis e sopravvivere poi.

Come puoi tu quindi avere qualcosa che comprendi ma non percepisci andando questa più veloce della tua comprensione stessa?

Come puoi anche solo affermare che questo è il tuo sé, quando credi che lo puoi comprendere in divenire e quindi in essere, ma non percepire?

Ti ricordo che quello che non percepisce l'io poi non lo puoi nemmeno comprendere.

Per questo credo che essa, questa forma/fascio/energia/informativa/vitale che abbiamo sempre "presente" in noi possa essere solo energia che esula dalla nostra totale possibile coscienza, quindi agisce, è presente solo a livello totalmente inconscio.

Rilevandola infatti tale solo per deduzione logica, sapendo ed essendo consci in ogni momento dato di essere in vita, senza necessitare per comprendere questo del pensiero, quindi non necessita dell'Io in essere, ma solo in comprensione o intuizione di essere all'interno del corpo stesso.

Se Balbi ha appena asserito che tutto nello spazio/tempo si muove quasi alla velocità della luce, vuol dire che se un animale o una pianta o un sasso, riescono a fare questo, tutto ha anche la stessa energia diventata poi vitale o meno, al suo interno, sempre presente.

Ma anche che solo noi ne abbiamo coscienza, dato che solo noi comprendiamo lo scorrere stesso del tempo in quanto tale.

Quello che riesce a fare questo quindi non è il sé, ma l'io che al massimo poi per i motivi già più volte espressi si dissocia nel sé che poi tu nel tuo personale sentire associ a questa energia stessa.



recensore:
avatar di Giancarlo Rizzo
nwGiancarlo Rizzo
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risposta dell'autore, data 23:10:29, 13/06/2022
Se avessi ragione anche la morte arriverebbe nel passato, perché tu ne saresti sempre consapevole nella tua consapevolezza del Sé. Quindi l'io morirebbe nel passato insieme al corpo e il sé rimarrebbe presente in essere.
R. Secondo me è proprio così: quando Io muore insieme al corpo, libera il SÉ dal vincolo del nostro spazio-tempo. Il SÉ è l'Essere che senza l'Io torna nella sua dimensione spirituale. Questa è solo un'ipotesi necessaria per spiegare le conseguenze di quello che asserisco. Il fatto che io abbia ragione dipende dalla logica che ho spiegato nel post.

Allora ti chiedo quindi, come puoi comprendere qualcosa il sé senza l'Io?
R. Nessuno è in grado di dire se dopo la morte la consapevolezza dell'individuo si comporterà nello stesso modo.
Il sé può essere per questo solo parte o dissociazione dell'io stesso, dato che tu comprendi il sé già in vita, ma non puoi più farlo dopo la morte, questo secondo la logica anche nella tua analisi.
R. L'ipotesi scombina la base su cui su fonda quel ragionamento.

Poi Balbi ti ha appena mostrato in quel video secondo l'astrofisica che l'universo tutto si muove nel proprio spazio tempo alla velocità della luce in relazione alla massa e gravità esercitata da qualsiasi corpo al suo interno, detto in altre parole ti riporto il commento che ho scritto ora sotto il testo di "presente" di ibieffe.
L'universo sembra che si muova, invece è fermo. Relativamente al nostro movimento, il SÉ vede, illumina, comprende, i teorici fotogrammi dalle differenze dei quali si nota il movimento dell'universo stesso.

"Ora se io non ho compreso male il video postato qui in uno dei miei commenti, mi pare di aver compreso che tutto comunque si sposta nel tempo, sempre in relazione al suo movimento, comunque alla velocità della luce, quindi in ogni intervallo di un secondo da noi percepito, noi ci siamo spostati nel tempo e nostro personale spazio, di un secondo, quindi di 299. 792. 458 m/s nello spazio/tempo poi calcolato in relazione alla nostra massa (corpo) e alla massa o effetto di gravità terrestre in cui ci troviamo, (quindi non corrispondente esattamente alla velocità della luce stessa, ma nemmeno troppo distante da essa) il tutto poi relazionato alla effettiva velocità di un fascio di luce nello spazio vuoto.
Quindi il tempo da noi percepito tale in essere e divenire è l'esatto intervallo o differenza (di spazio/tempo) risultante tra queste due misure.
R. Perfettamente d'accordo, lo avevo già detto anch'io tempo fa: il ritardo della comprensione dell'Io rispetto al presente del SÉ.
Ecco perché viviamo e percepiamo tutto solo nel passato del presente stesso.
R. Tutto questo avviene nel nostro spazio-tempo, nel nostro universo. In verità è come se tutto fosse già successo e noi spostandoci lo vediamo "relativamente" al nostro punto di vista.



recensore:

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Recensione o commento # 3, data 23:50:56, 13/06/2022
Non regge se ti ostini a chiamarlo sé (cioè parte centrale della tua comprensione).

Se lo chiami spirito regge, ma è uguale a dire Dio ci raccoglie dopo morti e si va dove si va.
Cioè semplicemente atto di fede senza vera logica dato che non comprendi però lo spirito stesso, con o senza il bisogno di Dio.

Il discorso vero però per cui non regge è che se tu associ il movimento dell'universo solo alla nostra comprensione vissuta nel presente come ti spieghi che abbiamo dati di movimento/espansione avvenuti dall'inizio del big bang, quindi prima che noi avessimo consapevolezza del nostro sé che si muove e fa muovere tutto l'universo da noi percepito tale?

Se abbiamo in possesso dei dati cioè, non solo percezioni che confermano questa espansione nello spazio/tempo precedente la nostra esistenza, come puoi affermare questo? I dati, i numeri rimangono gli stessi ieri, oggi e domani leggibili da tutti e chiunque allo stesso modo a prescindere dalla realtà singolarmente percepita di ognuno.

Se rileviamo lo spostamento di un qualsiasi oggetto prima di questa stessa possibile consapevolezza venuta in essere, prima dell'uomo stesso, vuol dire che il tempo e lo spazio si muovono e muovevano anche senza di noi, quindi non è fermo. Lo è se visto dalla prospettiva di un raggio di luce, dove esso stesso però in presenza di un buco nero non riesce più a uscire se entrato nell'orizzonte degli eventi dello stesso, quindi anch'esso subisce il collasso temporale se finito all'interno di una massa supermassiccia. Quindi esiste un tempo/spazio rallentato e dilatato talmente tanto che nemmeno il raggio di luce può più uscirvi. Dove cioè lo spazio/tempo collassa su se stesso, ma per fare questo vuol dire che prima era per forza in movimento fuori da esso.

Altrimenti se fosse tutto fermo saremmo tutti dentro o quantomeno sulla soglia di un buco nero in questo momento, dove allora si che sarebbe solo il nostro punto di vista a continuare a muoversi, mentre per qualsiasi altro osservatore esterno saremmo invece apparentemente sempre fermi.



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Recensione o commento # 4, data 00:27:24, 14/06/2022
Per farla più semplice:

Domani uno muore,

La terra continua a girare per tutti tranne che per lui giusto?

Dopodomani muoiono tutti, secondo la tua teoria la terra ora non dovrebbe più girare perché senza la nostra consapevolezza del sé è ferma?

Se siamo solo noi che percepiamo la differenza del movimento chiaramente, non essendoci più nessuno a saperla girare è come se fosse ferma, ma entrambi sappiamo che non succede questo nella realtà, non essendosi fermata per tutti quando è morto il primo tizio. Quindi non avrebbe senso nemmeno che si fermasse anche se morirebbero tutti. Proprio perché non è singolare ma universalmente oggettiva con o senza di noi che la osserviamo coscientemente a favore di questo.

Oppure se esistono le ossa di dinosauro, vuol dire che hanno vissuto prima di noi, quindi hanno subito entropia nei loro corpi che noi poi accertiamo in 65 milioni di anni.

Quindi o è tutto finzione e ritorniamo all'ologramma, oppure non regge di logica messa così.

Per l'ologramma ecco un'altro video di Balbi che ripete paro paro le cose che avevo detto anche a bravoautore (poi sei libero di vederla comunque come vuoi chiaramente).

(link)



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nwGiancarlo Rizzo
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risposta dell'autore, data 09:46:57, 14/06/2022
Il discorso vero però per cui non regge è che se tu associ il movimento dell'universo solo alla nostra comprensione vissuta nel presente come ti spieghi che abbiamo dati di movimento/espansione avvenuti dall'inizio del big bang, quindi prima che noi avessimo consapevolezza del nostro sé che si muove e fa muovere tutto l'universo da noi percepito tale?

Non ho mai detto che la nostra consapevolezza fa muovere tutto l'Universo da noi percepito !
Forse ho capito dove nasce l'equivoco: noi non siamo eterni. Facciamo parte dell'universo che esiste per conto suo che è apparso (non si sa da dove, da quanto e perché) molto prima di noi.
L'evoluzione complessiva ha fatto comparire sulla Terra (e altrove, non sappiamo) la Vita nelle forme che conosciamo. Sappiamo poco di come funziona la vita ma NON sappiamo COSA è la vita. Cosa è quello "spirito" vitale che partendo da un ammasso di atomi e particelle non solo costruisce molecole e cellule ma le fa vivere come individui: non basta dire "energia vitale" per definire la vita.
La vita entra sulla Terra ad un certo punto dell'evoluzione, molto dopo la nascita dell'universo. A un certo punto dell'evoluzione appare l'uomo ( come animale più intelligente ). Solo da pochissimo l'uomo scopre di esistere ma non sa da quando. Forse il "salto" avviene 60.000anni fa?
Ora, tutto questo è già avvenuto o meglio, l'universo è stato creato già con questa forma di un tutt'uno che si estende nello spazio-tempo immobile, noi compresi. Considerazioni che ho già espresso.
Non è stato creato per noi o per nostro uso e consumo; ci siamo dentro e non sappiamo il perché (ci facciamo domande). Quello che ho capito è che l'universo è fermo; la nostra consapevolezza è nel presente perché viaggia alla velocità della luce nella direzione opposta al BigBang, lasciando dietro di noi, nel passato, attimi di esistenza successivi. Tutti abbiamo la consapevolezza di essere in un certo punto dell'universo, circa nello stesso tempo e viviamo più o meno la stessa esperienza interiore.
L'universo non siamo noi e non è la nostra consapevolezza. Noi siamo spettatori e inquilini a tempo limitato.
E quando dico noi intendo l'uomo fisico con il suo io.
Ma quando dico consapevole intendo che sull'uomo è intervenuto un salto che lo ha reso diverso nel SÉ.
Vediamo l'effetto ma non la causa.
Tutto questo fa parte di una deduzione logica che non ha la possibilità ( per ora ) di essere scientificamente (sigh!) provata ma che trova l'accettazione da parte dell'intuizione personale di tutti, nulla più!



recensore:

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Recensione o commento # 5, data 11:57:21, 14/06/2022
"Ora, tutto questo è già avvenuto o meglio, l'universo è stato creato già con questa forma di un tutt'uno che si estende nello spazio-tempo immobile, noi compresi."

come può essere, o è fermo o si estende una delle due. Comunque ho capito ciò che intendi.

Ho una opinione differente a riguardo, tutto e mi trovo d'accordo su questo, come hai detto per la parte evolutiva, la parte che invece differisce è che come sai, per i motivi già espressi, secondo me è energia e non spirito, ne tantomeno essa è poi legata al sè, visto che è all'interno di ogni singola materia, non solo la nostra, materia che si sposta come detto anche nel video, nel tempo e nello spazio relativo alla sua massa gravitazionale che per noi è il corpo e anche la terra stessa (quindi con questo sfasamento, nella sua risultante percepiamo in essere e divenire solo il passato), dove noi tramite l'io siamo gli unici esseri viventi (per ora o a nostra saputa) a comprendere questo meccanismo stesso. Massa che a sua volta quindi riposta dentro, ha energia vitale (o fascio informativo vitale), sempre presente nel suo tempo che quindi si sposta dentro essa sempre alla stessa velocità (nel presente).
Quando moriamo l'energia in noi presente diventa poi non più comprensibile, non avendo più l'io, ne leggibile dal corpo stesso essendo deceduto in essere e divenire, questo fa si che diventiamo praticamente equiparabili ai sassi in essere, quindi energia priva di vita, ma ancora con una massa corporea in decomposizione, massa che continua ad ogni modo, come i sassi, a spostarsi nel tempo e nello spazio, essendo tutto si già iscritto nel tempo, (solo ipotizzando però di accompagnare e osservare il tutto da un raggio di luce, dove il tempo/spazio risulta comunque in movimento, non essendo esso di velocità infinita, ma finita, quindi comunque misurabile entropicamente nel suo attraversare il tempo/spazio stesso, altrimenti non ci sarebbero gli anni luce, ne la velocità stessa della luce, sarebbe essa semplicemente infinita se l'universo fosse tutto fermo a quella velocità, ma noi sappiamo che non è fermo, dato che l'universo è ancora in espansione e noi percepiamo entropia in ogni singolo aspetto di esso (è ininfluente che percepiamo il passato, perché esso comunque è il passato di un sempre presente in divenire poi passato stesso). Arriverà perciò poi il tempo che a noi probabilmente risulterà totalmente sconosciuto (così come c'è ne è già stato uno prima di noi) in cui tutto semplicemente terminerà di esistere, così come tutto è stato fatto iniziare ad esistere in essere e divenire.



recensore:
avatar di Giancarlo Rizzo
nwGiancarlo Rizzo
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risposta dell'autore, data 16:22:07, 14/06/2022
Namio diceva che il nostro è un discorso tra sordi. Forse è vero ma io ci riprovo.
Dalle cose che mi dici, ho capito che non sono riuscito a spiegarmi. Siamo d'accordo sulla descrizione dell'universo e della sua evoluzione nel suo spazio–tempo dove vediamo la luce e consideriamo tutte le leggi che abbiamo scoperto. Comprendo anche la nostra presenza come uomini viventi e consapevoli.
Fermo.
Ora immagina che tutta l'evoluzione sia già avvenuta e che l'universo si sia cristallizzato in tutti i passaggi teorici tra un momento e l'altro del tempo e dello spazio entropia compresa.
Immagina l'universo visto dall'esterno ( ma è solo per fami capire) come se fosse ripreso da un video in tutti i suoi infinitesimi fotogrammi.
Immagina la pellicola srotolata e ferma: questo è attualmente l'universo.
Ogni fotogramma è diverso dal precedente perché per esempio, le galassie sono sempre più distanti tra loro e questo si vede documentato nel tempo.
Le galassie, in realtà, non si stanno allontanando, lo hanno già fatto.
E noi guardando i fotogrammi in successione vediamo il movimento delle galassie. Nello stesso modo vediamo succedere tutto quello che si riduce a leggi cosmiche. E tra un fotogramma e l'altro vediamo l'evoluzione dell'uomo con le sue leggi fisiche e psichiche compreso l'IO. Tutto già avvenuto e fermo.
La nostra consapevolezza si sposta da un fotogramma all'altro. Non si sposta nulla nemmeno l'IO.
Quello che doveva fare è stato fatto. Il SÉ prende conoscenza dei momenti diversi dell'IO, attimo per attimo. Ogni momento diverso dell'uomo è visto nel passato dalla consapevolezza del SÉ.
È il SÉ che legge fotogramma dopo fotogramma la storia dell'io, del mondo visto dall'IO, dell'universo pensato o immaginato dall'IO attimo dopo attimo. Il passaggio tra un fotogramma e l'altro è alla velocità della luce: quella è la velocità della consapevolezza. Se fosse più veloce vedrebbe l'universo che aspetta nel futuro di essere osservato.
Non è difficile capire, quanto tentare di farmi capire: lo vedo!
L'universo c'è, anche quando noi non lo osserviamo; c'era prima di noi e se scomparissimo ci sarebbe anche dopo di noi. È lì, fermo. Perché e per chi non lo sappiamo. Ma fino a che noi esistiamo riusciamo a vederlo solo nel modo che ho tentato di spiegare.



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Recensione o commento # 6, data 16:50:06, 14/06/2022
Questo è e sarebbe infatti la visione di un ipotetico (ma certo in esistenza in essere) Dio o Tutto. Cioè solo l'essere che è fuori dal concetto stesso di spazio/tempo. Se avresti detto per Dio l'universo è fermo ti avrei dato subito pienamente ragione infatti è la stessa identica cosa che penso e ho già espresso in passato (il battito di mani che per Dio può significare se relazionato al nostro tempo che non è, un secondo, come per noi significare miliardi di trilioni di anni luce, cioè la stessa nascita, sviluppo/evoluzione/espansione e fine dell'universo stesso). Ma questo infatti esula completamente da noi o tutto ciò che è l'universo e cosa racchiude o inscrive al suo interno, essendo questo un concetto di infinito che non ci appartiene minimamente se l'universo e quindi realtà che ci racchiude è di tipo finito. Non capivo il tuo ragionamento perché tu difatti lo associavi allo spirito che quindi esulerebbe fuori dalla tua realtà, quindi la fede in un dubbio di un ipotetico ricongiungimento spirituale (non in senso biblico) ad Esso, cosa che io invece per i motivi ripetuti anche ora escludo categoricamente. Per me l'energia che tu chiami o definisci consapevolezza, é sempre parte della realtà finita e li rimane. Per la visione superpartes (quella che avrebbe Dio) sono d'accordo con te, anche se non condivido poi la tua teoria che per noi è già comunque tutto fermo (dato che neanche per un fascio di fotoni lo è), questo lo è solo appunto per un essere che osserva però il tutto stando fuori dalla realtà stessa. Per Esso è esattamente come tu descrivi la visione dell'universo, ma senza più bisogno di nessuno spirito o energia movente alla velocità della luce per essere fatto, essendo questa ora nulla, assolutamente di nessuna rilevanza posta, se tolta dal concetto stesso di spazio e tempo. Motivo stesso in più per non reputarla di qualche reale importanza fuori dalla nostra realtà stessa.



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Recensione o commento # 7, data 17:03:23, 14/06/2022
Il punto Giancarlo è proprio questo se tu hai anche una minima comprensione del "sé" per te, ed "energia" per me, (per me il sé è sempre l'io, dal mio modo di vedere le cose) che ti permette di leggere e sovrapporre quindi comprensione a questa energia, se tu percepisci di essere vivo, allora l'energia stessa è legata comunque (nel suo stesso essere sempre presente) al tuo presente/passato cioè rimane finita nel tuo spazio e nel tuo tempo, fa anch'essa parte di quegli stessi fotogrammi che appaiono visti da fuori della realtà stessa. Poi liberissimo di avere un dubbio, io non ho chiaramente la certezza su questo, ma credo però fermamente che sia la risposta più logica, l'unica che in realtà ti può dare una risposta (e lo ha fatto, oltre che rendere enormemente più chiaro molto di ciò che siamo) proprio perché rimane iscritta nel tuo stesso spazio e tempo.

Il resto Giancarlo è solo fede, fede in un dubbio di salvezza, in un oltre la morte, in un dopo.

Ho ricorretto, se rispondi, prima però rileggi che era poco chiaro il mio pensiero nel punto iniziale.

Comunque non ne verremo mai a capo perché quello che tu reputi il sé /spirito io lo reputo l'inganno dell'Io, e quello che per me è il tuo sé/spirito è solo qualcosa che ho dentro di me che letta dal mio io mi da modo di comprendere (questo sicuramente) di essere in vita (se è questa stessa che poi emana informazioni vitali al corpo non posso averne certezza, ma solo ipotizzarlo) consciamente o sub consciamente che sia di questa stessa energia che agisce comunque a livello inconscio, , essendo già iscritta prima che il mio cervello inizi anche solo a svilupparsi cognitivamente, quindi appartenente ad un livello prettamente evolutivo di specie, dove nel nostro caso a differenza di quello animale (dove è sempre comunque presente, anche in un sasso probabilmente lo è come in ogni forma di materia data, vivente o meno che sia, ci rende poi consci di tutto questo tramite l'io).



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Recensione o commento # 8, data 18:07:33, 14/06/2022
Rifletti bene su questo poi altro non ho per volerti o doverti convincere (cosa che non è comunque nelle mie prerogative, o intenzione di fare, ma solo darti ulteriore spunto di riflessione come i tuoi scritti hanno fatto a suo tempo con me).

questo passaggio forse può darti uno spunto te lo ripropongo:

"Per la visione superpartes (quella che avrebbe Dio) sono d'accordo con te, anche se non condivido poi la tua teoria che per noi è già comunque tutto fermo in essere (dato che neanche per un fascio di fotoni lo è), questo lo è solo appunto per un essere che osserva però da fuori dalla realtà stessa, fuori dal concetto stesso di appartenenza o legame dato allo spazio e al tempo. Per Esso è esattamente come tu descrivi la visione dell'universo, ma senza più bisogno di nessuno spirito o energia alla velocità della luce per essere fatta e data, essendo questa ora nulla, assolutamente di nessuna rilevanza posta, se tolta dal concetto stesso di spazio e tempo. Motivo stesso in più per non reputarla di qualche reale importanza fuori dalla nostra realtà stessa."



recensore:
avatar di Giancarlo Rizzo
nwGiancarlo Rizzo
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risposta dell'autore, data 20:13:50, 14/06/2022
Sostanzialmente tu affermi che l'universo, noi compresi, utilizza un'energia che si manifesta in modi assolutamente diversi ma che è comune a tutto. Dalla scienza sappiamo che l'universo è in movimento, che segue leggi che man mano scopriamo e che è compreso in uno spazio-tempo che comprende la fisica della propagazione dell'energia come la luce, ecc. ecc. L'esperienza intima di ciascuno tiene conto della relatività del tempo e dello spazio che vengono percepiti esclusivamente come passato. Non c'è altro al di fuori di questo universo. Non esiste spirito o altra dimensione oltre quella che già conosciamo da 250.000 anni. La nostra specie forse è l'unica che ha la consapevolezza di esistere grazie all'evoluzione la quale segue una programmazione inserita già all'origine come progetto complessivo. Tutto questo non esclude il concetto di Dio autore ma questo fa parte di una fede che non ci interessa perché diamo per scontato che è inutile indagare sulla natura divina in quanto al di fuori della nostra possibilità di comprensione.

Sostanzialmente io affermo che l'universo ha una forma stabilita ed è fermo. Dal nostro punto di vista relativo, come esiste il passato, così esiste il futuro : tutto è fermo e strutturato. Questo non esclude il concetto di un Dio autore, ma questo fa parte di una fede che non ci interessa perché diamo per scontato che è inutile indagare sulla natura divina in quanto al di fuori della nostra possibilità di comprensione. La nostra specie forse è l'unica che ha la consapevolezza di esistere grazie all'evoluzione la quale segue una programmazione inserita già all'origine come progetto complessivo. La consapevolezza di sé è la scoperta di una essenza effettiva, la cui esistenza (per ora non dimostrabile) è l'unica che può spiegare come i concetti di passato e futuro passino da un presente fermo come l'universo stesso.

E con questo avrei concluso.



recensore:

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Recensione o commento # 9, data 20:32:08, 14/06/2022
In relazione a noi e al contesto di cui noi facciamo parte e siamo iscritti è esattamente (con molti approfondimenti rilevanti al suo interno, come anche la tua li ha), come da te riassunta la mia visione. Ottimo sunto.



recensore:
avatar di Namio Intile
nwNamio Intile
(collaboratore)

Recensione o commento # 10, data 15:38:20, 16/06/2022
Quindi, come sosteneva Jung l'Io è la ragione, l'anima razionale, e l'Es la percezione, l'anima emotiva. L'Es vive dunque nel presente come percezione attualizzata in divenire e l'Io nel passato come ragionamento e quindi a partire da ciò che è stato.
Ma entrambi, l'Io e l'Es - non ti pare? - vivono nel medesimo corpo e sono inscindibili. Corpo che non può che vivere nel presente, ma un presente che per forza di cose è un'estensione, dal passato al futuro. Non un tempo frazionato, ma esteso, perché estese sono le nostre percezioni e il nostro modo di pensare per cui noi siamo la nostra memoria e noi siamo parte della memoria collettiva e plurale costituita da ogni entità universale.
Avevo ripreso in mano l'altro giorno un'edizione del 1969 della Grammatica e Logica di Port Royal. La quale è una delle pietre angolari della linguistica illuministica. Attirato dall'introduzione di Raffaele Simone, all'epoca sconosciuto neo laureato in filosofia e oggi uno dei maggiori linguisti e filosofi italiani.
Nell'introduzione alla Grammatica e Logica di Port Royal un allora giovanissimo Raffaele Simone scrive: "È noto che, a partire dal XII secolo, nella cultura medievale assume una posizione sempre più segnalata lo studio della grammatica. Nel curriculum di tutti i dotti, dai teologi ai giuristi ai medici, compare sempre un corso di grammaticalibus basato costantemente sull'interpretazione dei diciotto libri delle institutiones di Prisciano. Nell'ambito di questa rinascita di interessi grammaticali di verificano i primi accenni di una congiunzione di logica e di grammatica… per l'imporsi del modello d'indagine aristotelico noto nel medioevo tramite le traduzioni boeziane del De Interpretatione e delle Categoriae, già opere aristoteliche in cui si era verificata la fusione tra logica e grammatica e un primo tentativo di fondare la linguistica non su basi linguistiche, ma su basi metafisiche. Applicando alla grammatica le categorie metafisiche aristoteliche si è verificato nel medioevo il passaggio, almeno in vi di tentivo, dallo stato di arte e quello di scienza in senso stretto. Questo cambiamento avviene dotando la grammatica di una base logico-filosofica il cui centro è costituito dalle tesi aristoteliche per cui il linguaggio è il rispecchiamento del pensiero, e il pensiero è uguale per tutti gli uomini; sicché, se ne inferisce, se le varie lingue significano un pensiero unico per tutti, è necessario che la loro varietà materiale sia solo un caso accidentale e contingente e che invece esista una struttura grammaticale universale che rende possibile tutte le lingue particolari… "
Ecco, l'esempio preso da un campo piuttosto neutro come la linguistica dimostra come la metafisica platonica aristotelica abbia influenzato e influenzi ogni campo dello scibile in Occidente.
Quando Jung pensa l'Io e l'Es, anima razionale ed emotiva, non fa altro che riproporre la vecchia logica disgiuntiva tra anima e corpo, res cogitans e res extensa di cui l'Occidente è imbevuto fino al midollo.
Cogito ergo sum, dove la mente è separata dal corpo e può pensare il corpo come visto dall'esterno.
È di questi giorni il dibattito sul suicidio assistito. Ma perché vuole morire qualcuno, mi chiedo, se la mente sussiste indipendentemente dal corpo? L'esperienza ci insegna invece che è proprio il nostro corpo il centro, l'apertura al mondo, le infinite possibilità che abbiamo di rapportarci al mondo e di fare esperienze vive. Quando il corpo viene meno, per un incidente o per vecchiaia, ecco che questa apertura al mondo termina. Terminano le possibilità, con buona pace dell'Io e del Cogito ergo sum.
Nell'Eucarestia, se si ci fa caso, viene offerto il Corpo, o la carne, e il Sangue di Cristo. Il corpo. E il sangue che per la cultura ebraica era il luogo in cui risiedeva la vita ( da cui la pratica kosher di macellazione che impedisce di ingerire sangue perché nel sangue appunto risiede la vita). Quindi anche nell'ebraismo e nel primo cristianesimo è fondamentale l'esperienza del corpo visto come unicum e non affetto dalla logica disgiuntiva greco platonica. Logica disgiuntiva che, come si evince dal brano del professor Simone, non fa altro che riproporre anche in linguistica quella reductio ad unum, quell'oggettivizzazione che ha permesso la nascita delle scienze e l'affermarsi del metodo scientifico come appendice finale in occidente del pensiero platonico e aristotelico.
A mio avviso dunque continuare a pensare nell'alveo di quella tradizione non può fare altro che riproporre i medesimi schemi in cui a cambiare sono solo i nomi. Chiamalo Io o chiamalo anima cosa cambia? Chiamalo Spirito o chiamalo Big Bang cosa cambia?



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risposta dell'autore, data 16:31:26, 17/06/2022
L'uomo è Uomo se insieme al corpo comprendiamo anche le sue funzioni immateriali, mentali, psichiche, ecc. La capacità di pensare, se intendiamo ad esempio l'organizzazione delle azioni nella loro reazione a stimoli o nella loro programmazione volontaria, esiste nell'uomo tanto quanto nell'animale. Anche la cellula sa di essere un individuo diverso dai suoi simili. E sa "pensare" inteso come software che gestisce la propria vita.
Ma dal mio punto di vista non è vero che noi "siamo" la nostra memoria in quanto risultato di quello che ci è successo, quanto piuttosto quello che oggi siamo si "appoggia" alla memoria e all'esperienza del nostro passato. Così come non è vero che noi "siamo parte" della memoria collettiva e plurale proprio perché ciascuno partecipa, nella sua individualità, ad una entità universale.
La questione individuo determina il concetto dell'IO. Nell'Io convogliano tutte quelle caratteristiche o peculiarità o funzioni, che permettono al corpo di vivere nel senso più completo dell'essere vivente. Quindi un qualsiasi essere vivente deve essere concepito come un unicum indissolubile dalle sue caratteristiche.
Però le caratteristiche sono utili non per dissociare o disgiungere le funzioni ma per comprenderne il funzionamento specifico in modo scientifico. Può non piacere ma il metodo scientifico è quello che ci permette la conoscenza del mondo in cui viviamo nel modo più efficiente.
Quello scientifico non è l'unico modo possibile per affrontare la realtà soggettiva e oggettiva; si può impostare la conoscenza in funzione di altri presupposti e anche altri valori. L'Oriente e le sue culture millenarie allettano spesso chi è stufo della "vecchia logica disgiuntiva tra anima e corpo, res cogitans e res extensa di cui l'Occidente è imbevuto fino al midollo".
La mia esperienza soggettiva è stata quella di subire il risveglio dal buio dell'incoscienza in un giorno qualsiasi della mia vita. Un giorno mi sono accorto di essere il padrone di una macchina vivente, quella che era andata avanti nella vita senza che me ne accorgessi. È successo all'improvviso e senza premeditazione da parte mia. È successo a tutti, naturalmente, ma io ho ritenuto che fosse un avvenimento importante.
Dissociazione dell'IO? Illusione, inganno? No; scoperta di una realtà intima effettiva, reale.
La mia logica assolutamente Occidentale è quella che mi fa dire che se io penso a qualcosa, questo è diverso da me. Se penso al mio IO, questo è diverso dal colui che lo pensa. Potrà apparire un gioco di parole, ma è una verità vera come la certezza che io sono io! Tutti sanno di essere SÉ stessi.
"Cogito ergo sum, dove la mente è separata dal corpo e può pensare il corpo come visto dall'esterno" Illusione creata dalla paura di morire? Ridicolo.



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Recensione o commento # 11, data 22:05:14, 17/06/2022
Tanto ridicolo che ci siamo cascati tutti dentro infatti, se così non apparisse sul primo pensiero a riguardo non sarebbe una dissociazione. Quindi per riuscire è ovvio che ti deve risultare chiarissimo senza nessun problema o dubbio, la divisione dell'io dal sé.

Il fatto che risulti tale (ridicolo) avvalora solo la mia tesi.

Il fatto Giancarlo, ridicolo o meno, questo però poi sui fatti da una risposta totalmente logica ai nostri comportamenti e modi di essere che ci caratterizzano di più, fatti oggettivamente poi validi e presenti in ognuno, applicati solo ad un diverso sentire.



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Recensione o commento # 12, data 22:15:35, 17/06/2022
Infatti nell'animale non c'è poi la dissociazione dell'Io dato che questo non comprende nel proprio presente/passato la propria ın essere e divenire futura/presente morte, non necessita di questo ulteriore passaggio, dal momento che l'Io dell'animale è conscio nel momento vissuto solo del suo presente/passato, ma non del suo futuro/presente in divenire.

Nell'uomo invece, l'io è cosciente quindi riconosce e accetta/rifiutando il divenire in essere del problema posto in essere, dovuto al problema in se (è il problema quindi ad essere oggettivamente in/a sé non l'io, questo almeno inizialmente, fino alla sua dissociazione/aggiramento mentale dell'io dello/dallo stesso problema in essere).

Quindi ora l'io dominato dalla paura (esempio dell'orso) fugge fisicamente? Non può, che fare allora?, può fuggire in apparenza da questa, solo mentalmente, come secondo te?

Per provare questo processo basta pensare alla propria morte direttamente nel presente/passato cioè al suicidio. Ci vuole "coraggio" per suicidarsi se non si ha poi la "giusta alienazione emotiva". Questo solo perché ne abbiamo una paura totalizzante, dato che conosciamo e comprendiamo perfettamente che essa stessa comunque arriverà, avendola vista nel prossimo, ma ignoriamo totalmente poi il nostro divenire in essa. Ed è qui che entra in gioco la dissociazione, non conoscendo il divenire (essa avviene nell'istantaneo presente di ognuno) possiamo (l'io) beneficiare di questo dubbio venutosi a creare, creando quindi la condizione mentale più idonea (il sé), per riuscire ad accettarla almeno in divenire, associando poi al creatosi sé, cioè la percezione di essere anche Altro, ora percepita come assolutamente reale dall'io, io che rimane quindi legato indissolubilmente solo al corpo mortale come l'io stesso è perfettamente conscio di essere, mentre il sé ora si può legare liberamente dall'io, ad un concetto a noi ignoto, infinito, come il qualcosa che sappiamo per deduzione logica essere fuori dalla realtà stessa, per accettarla (la morte) almeno in divenire (in essere ne siamo sempre coscienti) solo quindi come un passaggio necessario; religiosamente, attraverso un sentimento di fede, come anche, scientificamente, sperando, non potendolo nei fatti dimostrare, verso Altro, o in alternativa a questo prolungando al meglio nel tempo la vita del corpo stesso.

Per entrare in questa logica però ci vuole tempo, nel mio caso quasi 20 anni di dubbi esistenziali sul percepire reale la fede in me (cioè alla vita dopo la morte, dove il primo necessario passo è comprendere questa stessa fede o speranza, come un atto di egoismo esistenziale appunto), seguiti poi dalle riflessioni/intuizioni illuminanti di questo ultimo periodo. Noi siamo abituati anche linguisticamente parlando, al concetto di sé diverso dall'io, questo fatto unito poi al dissociamento mentale presente in noi fin da bambini di questo stesso, percepiamo ora perfettamente realistica e logica questa divisione stessa. Ma nel tempo se tu provi anche solo a cambiare punto di vista logico su questo aspetto, poi ti si apre un mondo, ma non un mondo illusorio, ma oltremodo realistico e di molta più ampia comprensione sull'uomo stesso.



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risposta dell'autore, data 07:58:21, 18/06/2022
Come già detto il problema della morte è un tuo problema che nonostante tutti i discorsi fatti evidentemente ti pesa. Infatti di tutto quello che ho scritto hai ripeso solo l'ultima frase scritta solo per motivare te.
Il problema della libertà è molto più importante per me; il fatto di essere costretto a vivere dentro un corpo fisico, a ragionare in modo univoco, a dipendere da una natura limitata; questi sono i miei problemi, non la morte che è una semplice conseguenza come altre di questa natura.
L'essere cosciente di essere diverso, Altro, è il dramma che mi spinge alla ricerca della soluzione dell'esistenza, non della vita. Esci dalla paura di morire e pensa fuori dal tuo io, dove c'è lo Spirito.



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Recensione o commento # 13, data 11:49:54, 18/06/2022
Non temevo la morte con la fede, non la temo ora con la ragione, Giancarlo quando scrivo non parlo necessariamente di te e di me che possiamo a seconda dei punti di vista pensare la morte come un problema (per me non lo è mai stato, non da quando ho compreso determinate cose quantomeno (una ventina di anni fa) ti ho anche già detto che ho avuto pure una sorta di esperienza premorte (ora consciamente associata all'io) e non avevo nessuna paura, quindi non scrivo perché questo è un mio cruccio, ma perché questa è la paura più grande comunque in essere dell'uomo a prescindere da noi due singolarmente dove può invece essere anche minore magari, ma che comunque, come per tutti, ci ha inizialmente portato l'io, in gioventù, a dissociarsi nel sé.



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Recensione o commento # 14, data 12:08:57, 18/06/2022
E comunque la libertà del/dal corpo in ogni caso tu secondo la tua visione la otterresti in essere solo dopo la morte fisica e quindi di tutto ciò che è stato fatto e compreso nel/dal tuo io all'oggi. Quindi se nutri la speranza o un dubbio/speranza in questa possibile libertà del tuo essere/spirito dal corpo, poi per forza di cose temi anche la morte, perché essa per te rappresenta un 50% di essere o salvezza/libertà o condanna. Per questo cerchi spasmodicamente risposte.

Io invece accettandola come dato di fatto, accetto anche il suo terminare la mia esistenza in essa. Cioè libero al termine di tutto da tutto questo stesso vivere, non volendo ne cercando più nessun altro poi o dopo questo, né in essere, né tantomeno in divenire, ma al contempo proprio per questo, apprezzo anche appieno la stessa vita che ora ho in essere.



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risposta dell'autore, data 13:58:55, 18/06/2022
A ridaje! lo vedi che è un incubo? Che c'entra: "poi per forza di cose temi anche la morte, perché essa per te rappresenta un 50% di essere o salvezza/libertà o condanna" "E comunque la libertà del/dal corpo in ogni caso tu secondo la tua visione la otterresti in essere solo dopo la morte fisica e quindi di tutto ciò che è stato fatto e compreso nel/dal tuo io all'oggi".
Hai reminiscenze religio-cattoliche?
Tornando allo spirito, tu puoi dire che non è dimostrabile scientificamente l'esistenza e che la logica ti conferma questo.
Io dico che la scienza non è in grado di spiegare certi fenomeni che accadono realmente e che l'unica ipotesi logica sarebbe l'esistenza dello spirito.



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Recensione o commento # 15, data 17:02:50, 18/06/2022
Non sono mai stato cattolico, ti sto solo spiegando il perchè necessiti spiegazioni/risposte dove sai già poi di non poterne trovare. Comunque chiudiamo questo argomento sulla morte. Se tu mi ripeti le stesse cose è ovvio che ti rispondo poi alla stessa maniera non ti pare?

Come fai a spiegarti logicamente una cosa che non comprendi?

Un conto è dire fuori da questo universo esiste per logica qualcosa che ha dato il là scatenante, qualcosa che a noi rimane completamente ignoto, diverso è dire che all'interno della tua comprensione, o del tuo corpo in essere è presente parte di questo "infinito" che esce dal corpo quando poi si muore. Se vuoi chiamarlo spirito, chiamalo spirito Giancarlo, se vuoi o cerchi la libertà dal corpo tramite questo, va bene, ma poi non ti lamentare se ti rispondo sempre alla stessa maniera, dato che, libertà o paura della morte (la paura quindi di non potere godere di questa eventuale libertà e non in senso strettamente religioso quindi), sono assimilabili allo stesso concetto.

Per me rimane energia fisica che anima, non, è "anima" all'interno del corpo ( quindi nel vero senso del termine cioè permette il movimento autonomo dello stesso), non la chiamo spirito (concetto che invece include in sè altro in essere e divenire, o esula comunque da questo stesso movimento) perchè non mi giova realmente a niente qualcosa che tanto non posso comprendere, quindi logicamente tutto finisce con la morte del corpo e della mia comprensione di esistenza ad esso legato, punto. Questa è la mia idea, la tua è un possibile Altro dopo il corpo, non c'è modo di provare che la mia è esatta (sebbene sicuramente più logica per i motivi appena detti) come neanche la tua, quindi questo alla fine diventa, impostato a questa maniera, solo un discorso a loop.



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Recensione o commento # 16, data 16:17:03, 16/06/2022
Namio hai appena espresso/riassunto praticamente con parole differenti parte del mio pensiero/teoria infatti.

quindi sai perchè si vuole morire da vivi?

normalmente la paura primordiale della sicurezza di una propria futura, sempre aleggiante sul presente però (presente solo percepito, ma in essere passato, sui fatti di pensiero o azione attuati) morte del corpo, questa è sempre maggiore di ogni emozione, quindi impulso o pulsione emotiva data o inferta dalla vita.

ecco quando una persona decide consciamente, quando cioè l'io (la nostra comprensione lo chiamo io, ma in pratica è questo) decide di togliersi la vita, in realtà, questo è solo l'atto d'amore egoistico più grande che un io può compiere su "sè" stesso (il sè per me è solo la dissociazione dell'io in Altro (da sè appunto), altro che quindi ora non si crede o percepisce più l'io stesso in essere, quindi magari potrebbe essere visto e percepito ora proprio come spirito o anima in "sè", quindi speranza di salvezza, un dubbio portato e autoimposto proprio per sfuggire e quindi accettare la morte come "un passaggio" e non come la fine stessa dell'io nel corpo, essendo, come hai anche tu ricordato, inscindibile da questo) e al contempo l'atto più egoistico possibile perpetuato verso il prossimo.

questo succede per il semplice fatto che se l'io vede e percepisce ora la morte tramite il sè (da lui creato) quindi come una liberazione dal corpo, nella scienza invece, per chi non crede religiosamente, il sè ricerca al loro opposto contrario, proprio il prolungamento tendente all'essere in divenire infinito di questo (il corpo), e quindi dalle sofferenze di vario genere e grado, fisico/emotive, da questo portato, allora se gli impulsi di dolore del proprio essere in vita superano anche la paura/rifiuto/accettazione (come passaggio a… ) della morte stessa, l'io vede questa via di fuga, cioè la morte prematura del corpo come l'uscita migliore dal suo stesso penare in vita (essendo comunque già perfettamente conscio che sarebbe in ogni caso solo una questione di tempo o di circostanze prima della stessa venuta in essere di questa).



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Recensione o commento # 17, data 18:04:28, 16/06/2022
Lascia perdere l'Io e il Sé, non servono più di quanto non servano anima e spirito. Il desiderio di morte del tetraplegico Mario, da cui sono partito, è una fuga da un corpo che non serve più, che non rappresenta più l'originaria apertura al mondo, questo mi pare evidente. Il corpo inteso come casa in cui abita la nostra possibilità di vivere nel mondo. Discorso diverso per coloro che desiderano la morte senza che il corpo sia diventato inabitabile. In apparenza diverso. Perché in realtà il meccanismo che fa altrimenti del corpo una casa inabitabile si chiama alienazione. Ed è un meccanismo quello dell'alienazione che ha alla base, che ha come suo fondamento l'oggettivazione della persona. L'oggettivazione nasce quando lo sguardo dell'altro diventa giudicante valutante vagliante e non solo. È un processo che trasforma l'uomo in cosa con conseguente riduzione dell'autostima, della capacità di provare sentimenti, di vivere il proprio corpo capacità cognitive comprese. L'alienazione di conseguenza è una compressione dell'essere. È uno stato in cui abitare il corpo diventa una sofferenza, un dolore. E nella sofferenza l'apertura al mondo si riduce e si contrae come se il corpo stesso fosse malato e il corpo in sé diventa l'unico punto di riferimento, l'universo chiuso in cui si trasforma il corpo aperto al mondo.
Ti faccio un esempio di oggettivazione. Se devi camminare nudo per casa, immagino che tu lo faccia e basta senza porti domande. Se invece devi farlo per strada lo eviti, perché subentra il senso del pudore. Il pudore è appunto lo sguardo oggettivizzante degli altri. Se devi stare nudo di fronte a tua moglie non hai problemi, perché la conosci e il suo sguardo vede te come persona. Ma quello di un passante è uno sguardo estraneo, se ti vede nudo ti giudica, e questo giudizio oggettivizzante provoca in te disappunto e imbarazzo. Quindi non è lo stare nudo in sé che provoca il pudore, ma lo stare nudo davanti agli occhi degli altri.
Naturalmente esistono poi altre forme di alienazione, ma qui divento mortalmente OT.



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avatar di Giancarlo Rizzo
nwGiancarlo Rizzo
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risposta dell'autore, data 08:46:17, 18/06/2022
Quell'oggettivazione è la capacità di staccare la ragione dall'emotività per riuscire a giudicare dall'esterno, in maniera obbiettiva un oggetto, un evento, un essere.
Bene, è una cosa positiva. Non si tratta di trasformare qualcosa o qualcuno in oggetto.
Vero è che se tutto viene coinvolto in questo modo di osservare il mondo c'è il rischio di perdere il legame con la parte emotiva e di perdere anche la consapevolezza dell'insieme ( che poi in ultima analisi è la visione più importante), ma è un metodo che è alla portata della mente umana (e anche del suo equilibrio etico) che così facendo riesce ad effettuare analisi che non si potrebbero fare dall'interno senza esserne condizionati.
Chiamiamo le cose in qualsiasi modo, l'importante è che, al di là delle parole spesso insufficienti, ci sia la comprensione dei concetti.



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Recensione o commento # 18, data 18:25:52, 16/06/2022
Si io prima mi riferivo a chi consciamente anche senza problemi relativi a un deficit serio del corpo decide di suicidarsi, ma il mio come il tuo discorso è valido in ogni caso, e mi sembra che stringi stringi infatti con parole diverse poi diciamo le stesse cose nei fatti. L'io lo chiamo io per convenzione, ma esso è, e descrive semplicemente la totalità di/nel pensiero (della mente) e comprensione del mondo interiore ed esteriore, oggettivamente e soggettivamente, in relazione al corpo, quindi che ci caratterizza sempre, anche in essere e divenire.





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